6 gennaio 2012 - Solennità dell'Epifania del Signore: Cerchiamo l'uomo per trovare Dio
News del 05/01/2012 Torna all'elenco delle news
A Natale è Dio che cerca l'uomo. All'Epifania, è l'uomo che cerca Dio. Ed è tutto un germinare di segni: come segno Maria ha un angelo, Giuseppe un sogno, i pastori un Bambino nella mangiatoia, ai Magi basta una stella, a noi bastano i Magi. Perfino Erode ha il segno: dei viaggiatori che giungono dall'Oriente, culla della luce, a cercare un altro re.
Perché un segno c'è sempre, per tutti, anche oggi. Spesso si tratta di piccoli segni, sommessi; più spesso ancora si tratta di persone che sono epifanie di bontà, incarnazioni viventi di Vangelo, che hanno occhi e parole come stelle. L'uomo è la stella: «percorri l'uomo e troverai Dio» (sant'Agostino). Perché Dio non è il Dio dei libri, ma della carne in cui è disceso.
Come possiamo diventare anche noi lettori di segni, e non scribi sotto un cielo vuoto?
I. Il primo passo lo indica Isaia: «Alza il capo e guarda!». La vita è estasi, uscire da sé, guardare in alto; uscire dal piccolo perimetro del sangue verso il grande giro delle stelle, dalle mille sbarre dietro cui si rinchiude e si illude il Narciso che è in me, verso l'Altro. Aprire le finestre di casa ai grandi venti.
II. Mettersi in strada dietro una stella che cammina. Per trovare Cristo occorre andare, indagare, sciogliere le vele, viaggiare con l'intelligenza e con il cuore. Cercare è già un po' trovare, ma trovare Cristo vuol dire cercarlo ancora. «Andando di inizio in inizio, per inizi sempre nuovi» (Gregorio di Nissa). Andando però insieme, come i magi: piccola comunità, solitudine già vinta; come loro fissando al tempo stesso gli abissi del cielo e gli occhi delle creature.
III. Non temere gli errori. Occorre l'infinita pazienza di ricominciare, e di interrogare di nuovo la Parola e la stella, non come fa uno scriba, ma come fa un bambino. Come guarda un bambino? Con uno sguardo semplice e affettuoso.
IV. Adorare e donare. Il dono più prezioso che i Magi possono offrire è il loro stesso viaggio, lungo quasi due anni; il dono più grande è il loro lungo desiderio. Dio desidera che abbiamo desiderio di lui.
«Per un'altra strada ritornarono al loro paese». Anche il ritorno a casa è strada nuova, perché l'incontro ormai ti ha fatto nuovo: «Cercatore verace di Dio è solo chi inciampa su una stella, scambia incenso ed oro con un ridente cuore di bimbo e, tentando strade nuove, si smarrisce nel pulviscolo magico del deserto...» (D.M.Montagna).
Omelia di padre Ermes Ronchi
Cercatori
Se sei un cercatore di Dio, oggi è la tua festa.
Se sei uno che non si accontenta del "sentito dire", oggi è il tuo giorno.
Se il tuo cuore è inquieto, siediti comodo e leggi con attenzione la pagina splendida che Matteo ci regala.
Lo scrivo subito a scanso di equivoci: non erano tre e nemmeno re (dove sta scritto nel Vangelo?). Ciò che è certo è che venivano da lontano, da Oriente, forse dall'Arabia. Matteo li definisce con la parola greca "magoi", che sta ad indicare astronomi, astrologi, studiosi del cielo.
La loro è la storia di un cammino, di una partenza lontana, di una ricerca, di un desiderio. Si fidano di una stella, trovano la loro strada tracciata nel cielo.
Matteo è abilissimo nel descrivere il contrasto tra la dinamicità e la ricerca dei magi, e la staticità e la chiusura di Erode, dei sacerdoti e degli scribi.
Loro così vicini non hanno visto nulla, non hanno capito niente. L'avevano lì, a due passi, bastava aprire gli occhi. Ma la stella era nel cielo, e loro – i potenti – erano troppo preoccupati a tenersi ben stretti ai loro scranni di potere. (Quanto ci assomigliano!)
I magi, invece, da lontano hanno visto quella luce, senza saperlo hanno incarnato la profezia di Isaia: "Cammineranno le genti alla tua luce." (Is 60, 3). Hanno visto e sono partiti. Senza sapere verso dove. Partiti e basta.
Come Abramo, padre della fede.
Appunto.
Matteo spalanca l'annuncio del Vangelo: quella luce brilla su tutti i popoli. Il Messia nato della grotta di Bethlemme è per tutti.
Ciò che fa la differenza non è un'appartenenza ad un popolo, ad una etnia, ad una famiglia, ma la ricerca sincera e coraggiosa di quella Luce, del Messia, del Cristo.
Ciò che conta è la domanda che mi porto dentro, è il desiderio che non si lascia saziare dai surrogati, è lo sguardo che non pretende di capire e di far combaciare tutto e subito.
Questo vale anche per noi.
Non conta se sei cattolico da generazioni e generazioni, se sei "vicino" alla parrocchia, se non ti sei perso un incontro di catechesi, se sei nel consiglio pastorale o se fai parte di questo o quel movimento...
Puoi fare tutte queste cose, magari farle benissimo, con grande devozione, ma se il tuo cuore non è sulle tracce di quella stella, se non sei in cammino dietro a quella luce, se non sei alla ricerca di Dio, tutto è inevitabilmente esposto alla sterilità.
A volte ci accontentiamo di "fare" i cristiani.
La ricerca dei magi, il loro cammino, il loro sguardo, ci deve smuovere a "essere" cristiani, fino in fondo.
Totalmente Suoi.
Omelia di don Roberto Seregni (Cercatori)
Cercare dopo essere stati cercati
Rileva Ravasi che la presenza di una stella nei libri della Bibbia non è affatto casuale e assume un'importanza rilevante. Già nel libro dei Numeri (24, 17), in una circostanza del tutto singolare e allusiva (cap. 23), il re Balak chiede al mago Balaam di maledire Israele ritenuto suo nemico; l'uomo "dall'occhio penetrante", al contrario, rivolge parole di conforto verso gli avversari del monarca facendo ricorso non alla magia ma alla fedeltà a Dio, che era favorevole alla stirpe di Giacobbe e alla fine conclude con un oracolo: "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele... " alludendo alla promessa del Messia Salvatore. L'Apocalisse (2, 28) identifica in Cristo la "stella del mattino", cioè il Messia promesso che ha fatto ingresso nella storia. Dove non si parla propriamente di stella, si fa riferimento alla luce, al fulgore, il barbaglio di provenienza divina che è di orientamento per tutti gli uomini e che spesso la Scrittura mette in contrasto con le tenebre: Isaia, al cap. 9, afferma che "il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce..." e Giovanni nel suo prologo evangelico parla di Gesù come "la luce vera che illumina ogni uomo; che splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno vinta." Il ricorso alla luce è frequente nella Bibbia e sia associa alla vittoria di Dio sulle forze del male, alla sovranità di Cristo Messia Salvatore sul peccato.
La stella rappresenta la presenza orientativa del Signore che illumina e conduce gli uomini alla verità. Così anche a proposito dei personaggi che da sempre sono al centro dell'attenzione nella liturgia odierna dell'Epifania: i maghi vedono una stella e si mettono in cammino intenzionati ad adorare il Signore. Paragonabili al mago Balaam che aveva abbandonato i suoi propositi di magia, hanno percepito
la presenza del divino che li coinvolgeva, si sono lasciati interpellare, si sono posti in atto di attenzione e di disposizione di animo e finalmente si sono messi in viaggio per adorare il Bambino.
Protagonista di tutto è lo stesso Signore Incarnato, che già nella greppia era stato di richiamo per i pastori, cioè per esponenti di una certa categoria sociale fra le più deprezzate del tempo, escluse dalla possibilità di salvezza perché ignoranti, villani e incapaci di conoscere la Legge. Proprio a loro, che erano sempre stati esclusi dal numero dei "giusti" eletti graditi a Dio ed erano relegati fra i peccatori, il Bambino, anche se silente e dimesso, era stato latore per mezzo terzi dell'annuncio di "una grande gioia", quella della salvezza e della liberazione.
Ora, sempre lo stesso Signore fanciullo, affascina altri personaggi che provengono dall'Oriente, li coinvolge e li seduce guidandoli attraverso questo straordinario astro della volta celeste. Non si tratta di... maghi propriamente detti, ma di sapienti studiosi della volta celeste e dei fenomeni astrali, dalla speculazione sottile e raffinata, abituati ad interpretare la realtà empiricamente attraverso la posizione degli astri e le presunte interferenze delle stelle sulla vita degli uomini. Potremmo paragonarli agli attuali astrologi o astronomi e comunque possiamo definirli dei pensatori scientisti e razionalisti, del tutto estranei alla prospettiva della Rivelazione e lontani dall'idea di una Trascendenza personale. Insomma degli filosofi speculativi agnostici. Che osservassero un fenomeno galattico del tutto speciale come la Cometa non deve affatto stupire, visto che era loro consuetudine lo studio degli elementi celesti, ma che essi in siffatto fenomeno astrale riscontrino un contenuto di provenienza divino deve affascinarci ed entusiasmarci. Infatti, proprio loro nonostante la loro innata miscredenza e distanza dal mondo religioso, a differenza di tanti altri "credenti" da sempre abituati al linguaggio religioso teologico e da sempre orientati verso una determinata concezione di vita secondo la volontà di Dio, affrontano un viaggio privo di certezze e forse anche ignari della loro destinazione, avendo come unica guida quell'astro che li conduce, loro malgrado a percorrere chilometri e chilometri di strada fino alla sperduta e sconosciuta cittadina insignificante di Betlemme. E proprio loro, una volta giunti, prostrati in adorazione, depongono le offerte più emblematiche e allusive si sensibilità di fede e di amore verso l'Assoluto, riconosciuto il Verbo fatto Bambino: 1) oro, il simbolo della regalità che afferma appunto il carattere regale di questo Bambino; 2) incenso, che simboleggia la divinità e riconosce quindi nel Fanciullo il Re dell'universo; 3) mirra, il materiale con il quale si imbalsamavano i cadaveri e che richiama l'attenzione sulla futura morte dello stesso Re per la Resurrezione.
Da tutto questo risulta evidente anche il termine stesso Epifania (epi-faino): si tratta infatti della rivelazione o manifestazione di Dio su di noi. Non per niente nella Chiesa delle origini veniva celebrata lo stesso giorno del Natale: Dio che si Incarna, si manifesta automaticamente.
Epifania è insomma la manifestazione di Dio che nella vita di tutti i giorni ci interpella invitandoci ad abbandonare la fissità e l'ostinazione dei nostri canoni di vita e di pensiero per orientarci sempre verso di sé e per instaurare con sé una comunione di amore che ci coinvolga inesorabilmente e senza esclusioni; è l'apparire di Dio nella storia dell'uomo convincente e dirompente che non fa violenza a nessuno ma che allo stesso tempo mostra le sue perfezioni e le sue garanzie.
Conseguentemente, l'Epifania è anche il mettersi in discussione e il cercare dell'uomo che si interroga sulla verità e, riscontrando che nella rivelazione la Verità stessa lo ha raggiunto. Essa per prima, vi aderisce spontaneamente con l'apertura del cuore e l'omissione delle ostentazioni delle sua certezze presunte. Il cercare dell'uomo conseguente alla manifestazione di Dio è paragonabile al viaggio dei Maghi che si mettono in discussione e intraprendono ambiti fino ad allora del tutto estranei alle loro consuetudini e aspettative.
In questa Solennità riscopriamo la necessità di rinnovare la nostra convinzione quotidiana che Dio è presente nella nostra vita, e che la Sua Compagnia già in se stessa è prerogativa atta a colmare i nostri vuoti e le nostre lacune infondendo certezza e speranza nel presente e nel futuro... Quindi a valutare maggiormente l'efficacia della Parola; rimane tuttavia il fatto che questo costituisce pur sempre una questione di cuore, vale a dire: finché ci si preclude e ci si nasconde dietro alle nostre certezze l'Epifania non apporterà mai nulla di nuovo in noi.
Quindi, sulla scia dei Magi occorre rompere i legami eccessivi della razionalità e degli ambiti umani e lasciare spazio alle esigenze del cuore, eseguendo un atto di affidamento libero e spontaneo al Mistero una volta che Questo ci si è reso presente nell'ottica della fede e della speranza... E anche noi andremo a Betlemme.
Omelia di padre Gian Franco Scarpitta
Liturgia della Solennità dell'Epifania del Signore (Anno B): 6 gennaio 2012
Liturgia della Parola della Solennità dell'Epifania del Signore (Anno B): 6 gennaio 2012