3 gennaio 2016 - II Domenica dopo Natale: il potere di diventare figli di Dio

News del 02/01/2016 Torna all'elenco delle news

«In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». Giovanni inizia il suo Vangelo con un volo d'aquila, un inno immenso che ci impedisce di pensare piccoli pensieri, che opera come uno sfondamento sulle pareti dei nostri giorni verso l'eterno, verso l'"in principio", verso il "per sempre". Per assicurarci che c'è come un'onda immensa che viene a infrangersi sui nostri promontori, che siamo raggiunti da un flusso continuo che ci alimenta, e che non abbiamo in noi la nostra sorgente.

La fede è l'esperienza che in gioco nella nostra vita c'è una forza più grande di noi, un bene grande che alimenta il nostro amore, una vita piena che può riempire la nostra piccola vita.

«A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Il potere, non solo la possibilità o l'opportunità; ma una energia, una vitalità, una forza: il Verbo viene nel mondo e in noi come una forza di nascite. Cristo nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso. Nasca dall'alto. Il Verbo di Dio è un seme che genera secondo la propria specie. Dio non può che generare Figli di Dio.

Tutte le parole degli uomini ci possono solo confermare nel nostro essere carne, realtà incompleta, fragile e inaffidabile. Ma il salto, l'impensabile accade con il Natale, con la Parola che entra nel mondo e porta la vita stessa di Dio in noi. Ecco la vertigine: la vita stessa di Dio in noi. Questa è la profondità ultima del Natale. Dio in me. Destino di ogni creatura è diventare sillaba di Dio, carne intrisa di cielo, figlio. «Il cristianesimo non è rinuncia, è ingrandimento sconfinato del nostro essere» (Giovanni Vannucci).

«In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini». La vita stessa è luce per gli uomini, e chi ha passato un'ora sola a vivere amore oppure ad addossarsi il pianto di un sofferente è più vicino al mistero di Dio di chi ha letto tutti i libri. Chi sa della vita sa di Dio.

«E il Verbo si fece carne». Dio ricomincia da Betlemme. Il grande miracolo è che Dio non plasma più l'uomo con polvere del suolo, dall'esterno, come fu in principio, ma si fa lui stesso polvere plasmata, bambino di Betlemme e carne universale. E se tu devi piangere, anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire, anche lui conoscerà la morte.

Da allora c'è un frammento di Logos in ogni carne, qualcosa di Dio in ogni uomo. C'è santità e luce in ogni vita.

E nessuno potrà più dire: qui finisce la terra, qui comincia il cielo, perché ormai terra e cielo si sono abbracciati. E nessuno potrà dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perché creatore e creatura si sono abbracciati e in quel neonato, a Betlemme, uomo e Dio sono una cosa sola.

Omelia di padre Ermes Ronchi (Vertigine del Natale: il potere di diventare figli di Dio)

 

Siamo destinatari di un dono impensabile

La celebrazione del Natale è accompagnata da una serie di feste che concorrono a conferirgli un clima di letizia e nello stesso tempo ne mettono in luce particolari aspetti. Domenica scorsa, festa della famiglia di Nazaret, l'attenzione era sul fatto che venendo nel mondo Gesù ha voluto, come tutti gli uomini, avere una famiglia, con i benefici e le difficoltà che la cosa comporta. Questa domenica si colloca tra due solennità di speciale rilievo: quella appena celebrata del 1° gennaio, e quella imminente del prossimo giorno 6.

La solennità dell'altro ieri è da sempre una grande festa; ma, a differenza di quanto in genere si pensa, non perché era capodanno: l'anno liturgico segue un calendario diverso da quello civile. Nell'ottica della fede, era festa perché, ricorrendo l'ottavo giorno dal Natale, del neonato Bambino si celebrava la Madre: anzi, questa è la principale delle feste della Madonna, perché ne richiama il maggior titolo di gloria, quello di essere la Madre di Dio.

Quanto poi all'imminente festa del 6 gennaio, essa dà evidenza a un altro aspetto basilare del Natale: Gesù è nato nel nascondimento; solo pochi pastori e poi i Magi ne hanno avuto notizia; ma egli è venuto per farsi conoscere, da tutti gli uomini di tutti i tempi: di qui il titolo della celebrazione, "Epifania", che significa "Manifestazione".

Anche il passo evangelico di oggi, costituito dalla pagina iniziale del vangelo secondo Giovanni, si collega con il Natale, presentandone per così dire l'antefatto e le conseguenze. Mentre gli evangelisti Matteo e Luca espongono le vicende relative alla nascita di Gesù a Betlemme, Giovanni si direbbe abbia cura di rispondere a due inespresse domande di ogni lettore attento: chi sarà mai questo Bambino, che nasce in una stalla ma tra segni tanto straordinari? E come e perché la sua nascita riguarda anche me?

La risposta è appunto nell'esordio solenne del quarto vangelo (1,1-18), uno dei brani-chiave dell'intera Bibbia. "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta". Puntualizziamo: il Verbo (cioè la Parola) è il Figlio di Dio, Dio come il Padre, depositario della vita che egli comunica agli uomini. I simboli di cui l'evangelista si avvale, luce e vita, sono tra loro connessi ed esprimono con chiarezza gli effetti dell'ingresso del Verbo nel mondo degli uomini. Sono effetti spirituali, per i quali però vale la stessa dinamica che si registra sul piano fisico: se si spegnesse il sole, spiegano gli scienziati, la terra diventerebbe fredda e buia; mancando la luce, apportatrice di calore, non vi sarebbe più alcuna forma di vita. Sul piano dello spirito la luce è Dio, il calore è Dio, la vita è possibile grazie a lui: e lui si è comunicato agli uomini, vincendo le tenebre costituite dal male, dai malvagi.

Dice poi Giovanni: "A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo ma da Dio sono stati generati". Credere in lui (il "nome", nel linguaggio biblico, indica la persona) significa trascendere i limiti della generazione umana per acquisire un dono incommensurabile, impensabile anche dalla più fervida immaginazione, incredibile se non ce lo dicesse lui stesso: il dono di diventare figli di Dio. E prosegue: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria, la gloria del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità".

Ecco dunque l'antefatto, ed ecco le conseguenze della nascita di Gesù; ecco la spiegazione profonda degli avvenimenti di Betlemme. Per dirla con la forza sintetica di Sant'Agostino, "il Figlio di Dio si è fatto uomo, perché gli uomini si facciano figli di Dio".

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

Abbiamo contemplato la sua gloria

Il Verbo era presso Dio Bereshit (In principio) è la prima parola della Scrittura ma anche il nome del primo libro (Genesi): In principio Dio creò il cielo e la terra(Gen 1,1); l'atto creativo di Dio dà origine al tempo, alle cose, alla storia. Giovanni, all'inizio del suo vangelo, scava ancora più a fondo perché si pone prima dell'atto creativo per dirci chein principio era il Verbo. Soltanto Giovanni e soltanto nel Prologo Gesù è indicato come Verbo (o logos). Il senso di questa parola lo ritroviamo nei libri sapienziali in cui la Sophia (sapienza) è mediatrice della creazione: Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo (Sap 9,9). Così il Verbo: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste; il Signore è la Parola creatrice del Padre non solo perché ne è la realizzazione ma soprattutto perché conosce il cuore del Padre e il suo progetto di salvezza. Tutto il suo essere e la sua volontà è orientata verso Dio. Il termine pròs - verso tradotto con presso - ci svincola da una idea statica di una Trinità immanente suggerendoci la dinamica dell'orientamento del Verbo verso Dio dal cui incontro scaturisce tutta la creazione.

E il Verbo si fece carne Tutto il mistero dell'incarnazione fluisce dall'orientamento del Verbo verso il Padre così carico di amore che prima si fa creazione per poi incarnarsi in essa. Il senso ultimo del Verbo, Pensiero e Progetto di Dio, è quello di dare all'uomo il potere di diventare figli di Dio: In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato (Ef 1,4-6). Per questo il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.  La Parola creatrice, che scende dall'alto dei cieli, è anche Parola che sale dalla esperienza storica degli uomini che si sono lasciati illuminare dalla luce vera, e lo hanno saputo accogliere: quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. Giovanni non dice che la Parola si è fatta Uomo, ma carne (sarx), proprio nella debolezza e nella fragilità della carne (cf Gv 3,6). La carne è tratta dalla polvere del suolo ed è destinata a ritornarvi, ha in sé i segni della morte ma è anche abitazione del Verbo, pienezza della vita, luogo della manifestazione della sua gloria.

Abbiamo contemplato la sua gloria Non è necessario mettersi a cercare Dio nell'altrove, la carne dell'uomo è il santuario in cui Dio ha scelto di abitare e manifestare la sua gloria: la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa" (Gv 17,22). Nella carne dell'uomo contempliamo la gloria di Dio, lì è possibile vedere l'amore di Dio, la Croce di Cristo che si rivela in tutta la sua crudezza, ma anche la sua potenza. Nella miseria della carne nuda, affamata e assetata, malata prigioniera e pellegrina (cf Mt 25,31-46) che è accolta dall'uomo si scopre la Gloria dell'amore di Dio che nell'uomo zampilla come acqua viva (cf Gv 4,14) perché ha creduto nel suo nome.

Omelia di don Luciano Cantini

 

Liturgia e Liturgia della Parola della II Domenica dopo Natale (Anno C) 3 gennaio 2016

tratto da www.lachiesa.it