12 aprile 2015 - II Domenica di Pasqua: una domenica ed un anno sulla misericordia!

News del 08/04/2015 Torna all'elenco delle news

Come è noto, qualche settimana fa il papa ha indetto a sorpresa un Anno Santo straordinario. Egli parla spesso dell'infinita misericordia di Dio, che tende le sue braccia a tutti e, se accoglie qualcuno con maggior calore, è proprio chi della sua misericordia ha più bisogno. L'imminente giubileo trae motivo da questo suo ripetuto richiamo: ecco perché l'ha voluto chiamare Anno Santo della Misericordia. In realtà, su questo aspetto del Dio Padre di Gesù Cristo aveva insistito anche un recente predecessore di Francesco, san Giovanni Paolo II, il quale allo scopo aveva voluto denominare quella di oggi "domenica della divina misericordia". Oggi, per ricordare che i fatti pasquali appena celebrati (la Passione e la Risurrezione di Gesù) sono i segni, anzi la suprema espressione della bontà di Dio verso di noi. Si può prevedere che l'anno santo annunciato avrà in questa domenica uno dei suoi vertici.

Se guardiamo al vangelo odierno, tuttavia, vien da denominare questa la domenica di Tommaso. I fatti (Giovanni 20,19-31) sono noti. Poche ore dopo essere risorto, Gesù si presenta agli apostoli, vince il loro stupore mostrando le piaghe delle mani e del costato e, quando li vede gioiosi per averlo ritrovato vivo, dice: "Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". Sono parole brevi ma di significato densissimo, su cui tuttora poggia in larga misura la vita cristiana; parole forse non ancora del tutto esplicitate nelle loro conseguenze, e in ogni caso meritevoli di un commento più ampio di quello possibile qui. Anche perché le incalza il seguito, che al normale lettore dei vangeli appare di più forte impatto.

Quell'incontro tra Gesù e i suoi apostoli avviene il giorno stesso della risurrezione, al tramonto. Dal gruppo è assente in quel momento l'apostolo Tommaso, il quale, quando in seguito gli altri gli riferiscono l'accaduto, si rifiuta di credere: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo". Otto giorni dopo, quindi come oggi, "i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e (...) disse a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!" Tommaso, possiamo immaginare stravolto da un'esperienza senza pari, risponde con un'esclamazione che dice tutto: "Mio Signore e mio Dio!" E Gesù conclude con uno sguardo al futuro: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto".

Queste ultime parole riguardano gli uomini dei secoli a venire, sino al presente. Gli apostoli, le pie donne e pochi altri hanno fatto esperienza diretta del Risorto, l'hanno visto e ascoltato e toccato, hanno camminato e mangiato con lui; gli innumerevoli cristiani venuti dopo di loro si sono riconosciuti nella condizione di chi non ha visto eppure ha creduto. Vedere, toccare, misurare, calcolare, sperimentare, sono verbi che esprimono l'atteggiamento dello scienziato: rispettabile, anzi lodevole, ma altro, rispetto all'atteggiamento di chi considera le realtà trascendenti. Qui le "prove" sono d'altro genere; la fede si deduce dagli effetti che produce; in fatto di fede, ciò che si vede e si tocca è solo un segno di ciò che, di natura sua, non si può vedere né toccare. Non si può: e sta forse qui la motivazione di quanti, insieme con i giochi infantili basati sui cinque sensi, lasciano anche la fede, scoprendo che i sensi non bastano a motivarla. Bisognerebbe spiegare loro che la fede infantile, giustamente abbandonata, non va confusa con una fede adulta, che non vede e non tocca ma motivazioni per credere ne ha quante ne bastano e avanzano.

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

O Dio di infinita misericordia, perdonaci

La seconda domenica di Pasqua per decisione di San Giovanni Paolo II, papa, è stata indicata, da un punto di vista liturgico, della divina misericordia.

Il Risorto, che appare agli apostoli, con i segni della passione, il giorno stesso della sua risurrezione, si rivolge ai suoi discepoli, ma manca Tommaso, ancora frastornati e dubbiosi, con queste consolanti parole: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». La Chiesa ha il mandato da Cristo stesso di perdonare i peccati in suo nome; per cui docile allo Spirito Santo, tutti gli apostoli sono i missionari della misericordia e della riconciliazione. La Chiesa è quindi luogo della riconciliazione e della misericordia infinita di Dio, come la stessa comunità cristiana prega all'inizio della celebrazione di questo giorno nella colletta: "Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo, accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l'inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti".

Già la prima comunità cristiana vive questa profonda esperienza di riconciliazione, misericordia e perdono, nella frazione del pane, nella condivisione dei beni, nell'ascolto dell'insegnamento che gli apostoli trasmetteva ai primi cristiani con il coraggio della fede che veniva loro dal Risorto. Lo stile di amicizia e fraternità che caratterizzava la prima comunità cristiana di Gerusalemme è sottolineato nel testo degli Atti degli Apostoli che è una descrizione, molto precisa ed circostanziata della vita della comunità cristiana. Leggiamo, infatti, che "la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.

Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. La Chiesa della misericordia sta tutto in questo atteggiamento di ascolto, apertura, accoglienza e condivisione. Nessun di quanti venivano alla fede si trovava nel reale bisogno di aver necessità di qualcosa e non reperirlo all'interno del gruppo. Dalla misericordia come dimensione spirituale del cristiano, alla misericordia che è attenzione anche ai bisogni concreti della persona il passo è stretto.

Nella seconda apparizione, otto giorni c'è anche Tommaso, è il discorso di Gesù si sposta sul tema della fede. Tommaso incredulo ha la possibilità, ora, davanti al Cristo apparso, sempre con i segni della passione, di verificare fino in fondo la verità della risurrezione del maestro. La fede necessità di tempo per essere autentica, necessità di maturazione mentale, umana e spirituale per consolidarsi. Tommaso è il tipo esempio di chi non crede immediatamente e che ha bisogno di tempo per riflettere, decidersi e dare una risposta convincente. Alla fine dei conti, forse è meglio una fede che passa attraverso il dubbio che la fa crescere, maturare e potenziare, rispetto ad un fede immediata, ma più soggetta ai fallimenti successivi, soprattutto in casi di particolari problemi personali, familiari o in generale. La fede dei deboli, di chi va in panico di fronte al primo scuotersi di canne e foglie che fanno cadere le presunte certezze del credere, quando tutto va bene. Tommaso riporta alla nostra fragilità, umanità, al nostro bisogno di vedere, toccare e non solo di credere per sentito dire o per una naturale e spontanea trasmissione della fede che avveniva nelle nostre famiglia, almeno fino a qualche anno fa. Ora tutto è opinabile, tutto è discutibile e a mettere in crisi la fede ricevuta sono piccoli, adulti e anziani, sono persone di ogni categoria sociale e molto spesso anche persone di chiesa, dubbiosi su molte questioni dottrinali, morali, di insegnamento dato dalla Chiesa di tutti i tempi e soprattutto dei nostri giorni.

Il tema della fede è anche richiamato nel brano della seconda lettura della domenica della misericordia, tratta dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, nella quale l'apostolo prediletto di Gesù, afferma che "chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato". La fede porta all'amore, si esplicita e manifesta in un amore verso Dio e verso i fratelli, al punto tale che San Giovanni dice che "in questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi". Fede, carità sono i punti cardini di ogni cristiano che vuole camminare sulla strada del Risorto e vuole essere testimone nel mondo di questo dono singolare che ha ricevuto con il battesimo: "Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità".

Chiediamo al Signore, attraverso l'intercessione di Maria, donna di fede, carità e speranza il dono delle virtù teologali, perché il mistero della Pasqua, di morte e risurrezione di Cristo, possa invadere la nostra vita e trasformarla in una vita di luce e di bontà infinità, ripartendo dal grande sacramento della misericordia e della riconciliazione. Tale sacramento dobbiamo sentirlo come indispensabile per sperimentare la vera risurrezione spirituale, in questo anno in cui davanti a noi si aprirà la porta del giubileo della misericordia, indetto da Papa Francesco. Al Santo Padre va tutto il nostro grazie, per aver intercettato la volontà di Dio in questo preciso momento della storia della chiesa e dell'umanità indicendo questo anno di grazia e di misericordia per tutti i fedeli della chiesa cattolica e per tutto il genere umano.

Omelia di padre Antonio Rungi

 

Liturgia e Liturgia della Parola della II Domenica di Pasqua della Divina Misericordia (Anno B)

tratto da www.lachiesa.it