Il culto in diocesi

Il culto della Madonna della Consolazione nell’Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova.


A cura di don Luigi Cannizzo



“MARIA MADRE DELLA CONSOLAZIONE AVVOCATA DEL POPOLO REGGINO”
 
  Una delle feste più importanti della provincia di Reggio Calabria è quella della Madonna della Consolazione, che si celebra solennemente in città dal sabato al martedì dopo la prima domenica che segue l’8 settembre di ogni anno.
  Reggio Calabria, «da secoli, ha una profonda devozione a Maria Santissima, che venera, sotto il titolo della Consolazione; una devozione che è entrata nella storia non solo religiosa, ma anche civile della città; che ha dato origine e forma a manifestazioni religiose e popolari, che fanno parte ormai del patrimonio culturale del popolo reggino. Reggio si esalta e si ritrova nella sua Patrona, sente la Madre di Dio particolarmente vicina, da Maria si sente protetta e difesa».
 La prima celebrazione nota della festa risale al 21 novembre 1592, conseguentemente al primo soccorso mariano al popolo di Reggio Calabria durante la peste che colpì  Reggio Calabria e Messina nel 1576 e che si protrasse poi per molti anni.
  Per quanto riguarda le origini, secondo la tradizione un quadro della Madonna sarebbe stato ritrovato da un contadino mentre zappava la terra ed inseguito, la medesima effige avrebbe parlato ad un frate cappuccino in preghiera dinanzi ad esso per chiedere alla Vergine aiuto e protezione e far scampare dalla città la pestilenza. La Vergine che accordò tale favore alla popolazione reggina chiese al frate che si facesse da quel giorno in poi, ogni anno, una solenne processione di ringraziamento.
  La leggenda vuole che il dipinto, trasportato più volte nel Duomo della città, riappariva miracolosamente presso il luogo dove era stata ritrovato e dove poi sarebbe sorta la Basilica dell'Eremo, nella quale il quadro viene ancora oggi custodito.
  Ogni anno, all’inizio dei festeggiamenti e fino alla domenica successiva al 21 novembre, l’immagine viene trasferita dalla Basilica dell’Eremo al Duomo di Reggio Calabria.
  Alla vigilia dell’inizio dei festeggiamenti molti fedeli si recano alla collina dell’Eremo, dove si trova il quadro della Madonna, che generalmente viene fatto risalire alla fine del 1400.
  Il giorno dopo, di sabato, il quadro viene portato a spalla, sulla pesante Vara dai pescatori, da volenterosi e dai numerosi portatori dalla Basilica dell’Eremo verso la Cattedrale, dove viene celebrata l’eucaristia e così si iniziano i festeggiamenti che si protraggono per ben quattro giorni consecutivi e che hanno termine con la processione del martedì.
  I festeggiamenti presentano alcuni elementi comuni ad ogni altra festa, quali luminarie, concerti bandistici, gare pirotecniche, ma anche elementi particolari, come le sfilate di carri allegorici con riferimenti a situazioni locali, l’offerta del Cereo Votivo da parte dell’Amministrazione Comunale, le danze popolari, le esposizioni e le fiere dell’artigianato locale e nazionale.

1.  Testimonianze storiche
  Penso sia necessario prima di esporre il cursus storico della nascita e del progressivo sviluppo del culto in onore della Madonna della Consolazione da parte del popolo reggino, accennare al fatto che in realtà alcuni strumenti che ancora oggi possediamo, quali opuscoli, libretti di preghiere e di devozione, novenari, immaginette, poesie ed canti, in onore della Vergine, costituiscono un patrimonio ricco e vario della cultura e della religiosità della popolazione reggina. Infatti, questi sussidi e questi strumenti messi nelle mani dei fedeli, anche se spesso disomogenei nel linguaggio, nelle espressioni e nella forma, ma diffusi largamente tra il popolo credente, rappresentano la manifestazione di una tipica religiosità popolare nata al di fuori dei riti e delle parole prescritti dalla liturgia della Chiesa. In altri termini il sentimento religioso del popolo, non potendo accontentarsi nel corso dei secoli di una adesione spesso distante e lontana dal sentire comune, popolare e devozionale, che veniva proposto dalle forme e dalle espressioni del culto liturgico ufficiale, aveva cercato «appagamento ed espansione in altre forme più consone alla sua mentalità e ai suoi bisogni. E dobbiamo riconoscere che l'introduzione del linguaggio volgare nelle pratiche religiose ha fatto molta strada. Infatti nell’era moderna ci si è venuti largamente adattando e rassegnando, come ad un fatto inevitabile e forse irreversibile, alla incomprensione della liturgia da parte dei fedeli ed alla loro conseguente estraneità di fronte ad essa». Solo grazie alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II e l’ammissione dell’uso delle lingue volgari e delle varietà rituali nella liturgia, è stato possibile comprendere la possibilità di conciliare ed armonizzare, sebbene con grosse difficoltà, liturgia e pietà popolare.
  Per esaminare il processo storico ed evolutivo del culto in questione è necessario raccogliere ed analizzare le fonti che ci permettano di risalire il più possibile, in maniera scientifica, ai fatti reali legati al sorgere del culto, disgiungendoli da varie narrazioni spesso intrise di credulità e devozione popolare legate al diffondersi del culto alla Madre della Consolazione, per giungere attraverso l’analisi dell’avvicendarsi dei fatti accaduti realmente lungo tappe storiche fino a giungere ai giorni nostri. Tra le fonti dunque dobbiamo prendere in esame dopo una breve, ma utile catalogazione, tutto ciò che può realmente servire alla ricomposizione reale della devozione mariana della popolazione reggina.
  Per quanto riguarda una prima serie di fonti legate alla credenza popolare, possiamo dividere questi libretti devozionali in due gruppi: da un lato le composizioni semplici e senza pretese, dall’altro le composizioni elaborate e di tono più sostenuto ed autorevole, collocando questa letteratura popolare nella sua giusta luce ed inquadrandola nelle vicende storico - ambientali del tempo.
  Infatti, tra le composizioni in onore della Vergine, molte si riferiscono ad episodi o avvenimenti realmente accaduti. Essi però, nella fantasia popolare, assumevano contorni vaghi ed erano avvolti in un’atmosfera soprannaturale. Il popolo cioè, invece di dare ai fenomeni una spiegazione razionale e scientifica, li interpretava simbolicamente. In un secondo momento abbiamo tentato di vedere quali di queste composizioni erano più genuine e più sentite dal popolo. Perciò una gran parte delle preghiere e dei canti riguarda produzioni popolari, facilmente assimilabili e comprensibili dal popolo. Altre invece sono composizioni più elaborate che si avvicinano di più al culto liturgico e sono opera di sacerdoti o persone colte che risentono ovviamente dell’influsso dei documenti ufficiali della Chiesa. Questo gruppo di fonti infatti, rivelano uno sfoggio di erudizione che si manifesta attraverso i continui riferimenti ai Padri della Chiesa e ai teologi; perfino gli argomenti devozionali sono trattati con sottigliezza teologica e ciò emerge chiaramente nelle ripetute citazioni in latino. Ovviamente il popolo spesso incolto o del tutto analfabeta capiva pochissimo o spesso nulla di queste preghiere, il più delle volte incomprensibili per il contenuto troppo elevato o per il linguaggio forbito ed inconsueto. Tuttavia questi libretti di devozione, anche se non sempre hanno risposto pienamente alle esigenze di chiarezza e di semplicità, vanno considerati come tentativi di alimentare ed illuminare nel popolo la devozione mariana. Tra questi in particolare i canti e le invocazioni popolari, rivelano nella loro specifica essenzialità e ripetitività, i contenuti della fede popolare espressa come richiesta di aiuto, intercessione e consolazione e come desiderio di protezione e di rassicurazione che spinge i fedeli annualmente verso i diversi santuari e i luoghi di culto.
  Un altro gruppo di fonti, certamente più autorevoli, con un impronta di matrice storica e liturgica la troviamo negli scritti di alcuni esponenti del clero calabrese come il Can. Giorgio Calabrò, Mons. Natale Licari, Mons Pietro Tramontana ed infine Mons. Antonio De Lorenzo che tra tutti si distinse per i suoi scritti completi dal punto di vista del metodo scientifico di ricerca e compilazione a partire dall’analisi della veridicità delle fonti.
  Tale premessa ritenevo necessaria per la comprensione del culto mariano in onore della Madre della Consolazione che va giustamente inquadrata attraverso le categorie temporali e spaziali. Tenuto conto di queste premesse, ci siamo accostati alle produzioni devozionali cercando di cogliere i motivi di fondo, i riferimenti mentali, più o meno espliciti, a problemi concreti che si celavano dietro ad una semplice canzoncina o preghiera, talvolta dal tono dimesso e semplice, talvolta dal tono artificioso e arido. Questi piccoli sussidi di preghiera e di meditazione elaborati un po’ alla buona per i devoti ci aiutano a capire e a individuare certe caratteristiche del comportamento popolare in materia religiosa e devozionale e ci permettono di risalire allo sviluppo delle celebrazioni e del culto in genere nei confronti della Patrona della Chiesa reggina.

La devozione del popolo Reggino
  Come più volte affermato tra la Chiesa e la Vergine i legami non sono soltanto numerosi e stretti: sono essenziali. Sono intessuti dal di dentro. Questi due misteri sono più che solidali: si può persino affermare che essi sono un unico mistero. È un fatto significativo e degno di nota: le stesse difficoltà che si riscontrano nei riguardi della Chiesa si ritrovano, spesso, in certi credenti, nei riguardi della Vergine.
  Oltre il rapporto di maternità spirituale, per cui è Madre della Chiesa, Maria è il modello dell’atteggiamento spirituale con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri. È anche immagine di tutta la Chiesa, quale modello e maestra di vita spirituale per i cristiani, assumendo così un valore esemplare, universale e permanente.
  Alla luce di ciò «l’orientamento antropologico del culto mariano non è una nota di secondaria importanza e deve essere messa in particolare evidenza, perché a questa annotazione l’uomo contemporaneo è particolarmente sensibile. Maria si presenta così come il modello compiuto del discepolo del Signore, interpretando i sentimenti del pellegrino in viaggio verso la Gerusalemme celeste, promotore della giustizia che libera l’oppresso e della carità che soccorre il bisognoso, ma soprattutto testimone operoso dell’amore che edifica Cristo nei cuori».

Tra liturgia e pietà popolare
  Il culto della Madonna della Consolazione è legato a importanti episodi della vita del popolo reggino storicamente accaduti. Si tratta di una pratica religiosa ancora viva in tutte le classi sociali, ma, in modo particolare, presso la gente umile, che invoca la Vergine quale rifugio, consolazione, speranza di futuro gaudio. Ciò ci permette di comprendere come alla radice del culto ci sia il bisogno della fuga dalle ostilità del mondo e della natura e l’attesa della sicurezza dalla protezione della grande madre di tutti, appunto la Madonna.
  La invocazione della protezione ha quasi una consistenza fisica: si esprime in atteggiamenti collettivi, acquisisce le dimensioni del dolore e della gioia, diventa un processo di liberazione dalle paure e dalle angosce, dalle persecuzioni e dalle violenze. Persino quando crolla la fiducia in chi governa, il popolo si rifugia nel divino. Infatti, confidando nell’intervento soprannaturale, le miserie della realtà presente sembrano diventare più sopportabili.
  Ed ecco che, di fronte alla cultura della classe dominante, il popolo se ne crea un’altra più consona alla sua mentalità, meno legata alle liturgie ufficiali, più espressione di un bisogno di grazia attuale, con funzione liberatoria dalla realtà talvolta contraria e ostile al bene comune. Del resto i testi delle invocazioni, delle novene, delle preghiere alla Vergine Consolatrice esprimono il bisogno degli ultimi di far sentire la loro voce nel contesto religioso e sociale, ecco perché si ricorre a Maria, che essendo stata consolata da Dio con la risurrezione del figlio Gesù, è in grado di sostenere e consolare tutti quelli che sono provati dallo sconforto, dal dolore e dalla miseria quotidiana, spesso caratteristica della gente del Sud.
  A Maria il popolo si rivolge per chiedere aiuto e protezione in questa terra e di poter vivere sostenuti dalla Grazia divina per ottenere la salvezza eterna: in questo Maria è riconosciuta come Aiuto dei cristiani e Porto di salvezza eterna.
  Inoltre la gente del luogo, nel corso dei secoli, spesso provata dall’indigenza e dalla povertà trova in Lei il paradigma della povera d’Israele alla quale con fiducia ci si può rivolgere per essere sollevati e confortati, la gente anzi vuole percepire materialmente la vicinanza della Consolatrice: le immagini, le medaglie che raffigurano la Madonna, spesso potate addosso, acquistano il valore simbolico di proteggere chi le indossa, come pure l’abito votivo color celeste con trine rosse.
  La Vara, l’enorme «macchina da trasporto della venerata effigie» deve essere portata esclusivamente a spalla dapprima soltanto come privilegio riservato ai pescatori e ai marinai146, che assolvono ormai da molti secoli questo compito; anche se dalla metà del XX secolo ad oggi per disposizione diocesana essa è affidata ai portatori della Vara, provenienti dai diversi ambiti sociale, che in più di cinquecento unità a turno si danno il cambio per sostenere il peso di oltre dodici quintali, lungo il tragitto della processione religiosa dall’Eremo alla Cattedrale. Essa deve ogni anno fare lo stesso percorso, deve rimanere in Duomo nel tempo stabilito e la Vergine deve essere festeggiata nel migliore dei modi. Guai a trasgredire o modificare il rituale della cerimonia. Il popolo è molto legato alla tradizione e con molta lentezza si lascia attirare dalle novità o si convince che certi atteggiamenti sono ormai superati.
  La gente effettivamente tiene molto alle manifestazioni esteriori ed a modo suo è sincero. Però, dobbiamo pure notarlo, le pratiche liturgiche non vengono trascurate. Infatti, sia prima della festa di settembre al Santuario sia durante la permanenza del quadro in Cattedrale, molti praticano la devozione dei Sette Sabati accostandosi ai sacramenti, in particolare la riconciliazione e l’eucaristia.
  È interessante accennare alle modalità con cui la Chiesa Diocesana si pone dinanzi ad un fenomeno così massiccio di partecipazione alle funzioni religiose di devozione a Maria. La Chiesa ha sentito sempre il bisogno di tenere sotto il suo diretto controllo il popolo dei devoti, affinché esso non deviasse verso una celebrazione dove il pagano e il religioso si confondessero e affinché non si accentuasse il divario fra la religione prescritta e quella vissuta, ricorrendo talvolta a pronunciamenti ufficiali come accadde nel 1916 e nel 1949. Da allora la preoccupazione passò di pastore in pastore della Comunità Diocesana affinché il culto mariano in città venisse progressivamente svuotato da legami alla tradizione e i festeggiamenti si potessero risolvere e limitare solo alle celebrazioni liturgiche in cui Maria viene invocata Consolatrice ed Avvocata del popolo di Reggio e venisse inquadrata sempre più la figura materna della Vergine all’interno della celebrazione dell’unico mistero pasquale del Cristo.
  Da notare purtroppo che il popolo reggino, anche quando osserva le indicazioni pastorali dei vescovi, astenendosi da manifestazioni esterne ed esasperate, non riesce a concepire la devozione come qualcosa di esclusivamente spirituale ed interiore, staccata dalle espressioni sensibili; che difficilmente può essere separata dal comportamento devozionale della massa dei fedeli, e ciò anche contro le sollecitazioni delle Autorità ecclesiali che chiedono in definitiva solo una partecipazione attenta, attiva e spirituale alla liturgia che si preoccupa di celebrare le opere grandi che Dio ha compiuto per la salvezza del mondo mediante la figura di Maria.
  Ecco perché alla luce degli insegnamenti conciliari la Chiesa propone ai fedeli di Maria un cammino di purificazione del culto da una serie di elementi che poco hanno a che fare con esso, ma al contrario sono il vuoto risultato di credenza e devozione popolare spesso ridotta a sentimentalismo e di matrice individualistica. Questo processo che è risultato lento e faticoso nel corso della storia, oggi ha prodotto i suoi frutti facendo sì che l’assemblea credente che si porta all’Eremo o in Cattedrale per pregare Maria, guardi principalmente al Mistero di Cristo proposto e celebrato nella liturgia attraverso i riti e le preghiere.