La religione investe tutta la vita
News del 29/08/2009 Torna all'elenco delle news
La nostra religione e' un impegno che investe tutta la vita
C'è sempre stato il rischio, fin dai tempi di Gesù, di fare della nostra religione un fatto esteriore, un'osservanza di regole di vita fine a stessa, senza toccare la profondità dell'essere, di quel cuore di cui parla spesso la Bibbia e specialmente le letture di questa Domenica XXII del Tempo Ordinario dell'Anno Liturgico. Anche oggi il rischio c'è, anzi è aumentato in ragione di una quasi totale indifferenza verso la religione, proprio da parte di coloro che si dicono cristiani ma non praticanti. Un rischio che bisogna scongiurare in ragione anche di un diverso modo di presentare la fede e la religione non come obbligo di regole da osservare esteriormente, ma come una necessità della propria vita, senza la quale non è possibile svolgere un'esistenza pienamente umana.
Il forte richiamo che ci viene oggi dalla Parola di Dio, a vivere coerentemente con la scelta della nostra fede, è quanto mai opportuno ed esigente, perché ci troviamo di fronte all'urgenza di dare una testimonianza di credibilità del nostro essere cristiani, come lo era al tempo di Mosé, di cui ci parla la prima lettura, o al tempo di Gesù, di cui ci parla il Vangelo di oggi o della chiesa primitiva, quella apostolica, di cui ci parla la seconda lettura odierna.
Analizzando e commentando i vari testi posti alla nostra attenzione e meditazione per questa Domenica ci rendiamo personalmente conto di quanto cammino c'è bisogno ancora di fare per arrivare a quella sapienza del cuore e della mente, di cui tutti abbiamo necessità per essere sicuri di camminare sulla giusta strada. Ecco perché la preghiera iniziale della liturgia eucaristica di oggi invita a rivolgerci a Dio Padre perché nella nostra vita siamo coerenti con quanto professiamo con la bocca: "Guarda, o Padre, il popolo cristiano radunato nel giorno memoriale della Pasqua, e fa' che la lode delle nostre labbra risuoni nella profondità del cuore: la tua parola seminata in noi santifichi e rinnovi tutta la nostra vita". Questa parola, che ci interpella e che chiede precise risposte come sempre.
I Dieci Comandamenti, di cui si fa menzione della Prima Lettura, tratta dal libro del Deuteronomio (Dt 4,1-2.6-8), vanno attuati nella loro interezza e senza aggiungere né togliere nulla: "Mosè parlò al popolo dicendo: "Ora dunque, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore Dio vostro che io vi prescrivo e li metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente. Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?".
Da parte sua il Salmo 14 ci ricorda il comportamento che dobbiamo avere per essere graditi a Dio. Dobbiamo agire con giustizia, rispettare il prossimo, non fargli torto, difendere la verità, rifiutare di vivere come i nemici di Dio. Sono, infatti, "i puri di cuore" quelli che "abiteranno nella casa del Signore", ovvero sono le persone che con la loro vita sanno pensare ed agire per il bene degli altri. "Signore, chi abiterà nella tua tenda? Colui che cammina senza colpa, agisce con giustizia e parla lealmente, chi non dice calunnia con la sua lingua. Non fa danno al suo prossimo e non lancia insulto al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore. Chi presta denaro senza fare usura, e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre".
Sulla stessa lunghezza d'onda si colloca la Seconda Lettura tratta dalla lettera di san Giacomo apostolo (Gc 1,17-18.21b-22.27), nella quale ci si invita ad essere cristiani operosi e non solo cristiani che ascoltano la parola senza far corrispondere ad essa un impegno coerente di vita: "Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature. Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo". E' quanto mai ovvio, perciò che una vera religione sta nel fatto che alla fede in Dio deve corrispondere un amore disinteressato e generoso verso i fratelli, specialmente quelli che sono in necessità e nel bisogno".
In questa prospettiva si comprende come la carità sia il cuore ed il centro della religione cristiana e che le stesse leggi e prescrizioni sono in funzione, ma mai in sostituzione, del vero amore che deve investire tutto il cuore, cioè tutta la persona umana nell'essenza stessa della persona. E in questa prospettiva si legge con facilità il testo della pagina del Vangelo di questa Domenica, ove l'Evangelista Marco ci presenta una particolare questione discussa da Gesù con i Farisei (Mc 7,1-8.14-15.21-23): "In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame –, quei farisei e scribi lo interrogarono: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?". Ed egli rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini". Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini". Chiamata di nuovo la folla, Gesù diceva loro: "Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: prostituzioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo".
Chiarezza assoluta da parte di Gesù, nessun fraintendimento, posizione chiara la sua, concetti precisi e riferimenti puntuali. La sua presa di posizione di fronte a discussioni inutili e senza senso, solo per fare elucubrazione o esercizi di filosofia, Gesù parla con lealtà e dice ciò che pensa e quale sia la sua scuola, quale l'indirizzo che il Maestro vuole dare ai suoi veri discepoli: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
C'è il rischio di confondere la legge dell'amore e della misericordia con leggi umane ed oppressive della dignità dell'uomo e magari farle passare per leggi che hanno valore cristiano e religioso, quando in realtà sono norme e precetti non veramente evangelici.
Sapersi interrogare anche oggi nei nostri ambienti cristiani sul modo in cui traduciamo il vangelo in norme e precetti è quanto mai un'esigenza ed un dovere di fronte al proliferare di religioni e culture diverse, con le quali siamo chiamati a confrontarci e a dialogare non per sminuire l'integrità e l'ortodossia della nostra fede, bensì per presentare il volto più bello ed autentico della nostra religione che come ci ricorda l'Apostolo Giacomo è "soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo".
Testo di padre Antonio Rungi
tratto da www.lachiesa.it