29 settembre 2013 - XXVI Domenica del Tempo Ordinario: amici dei poveri, nel cuore di Dio

News del 24/09/2013 Torna all'elenco delle news

La parabola del ricco senza nome e del po­vero Lazzaro è una di quelle pagine che ci portia­mo dentro come sorgente di comportamenti più umani. Il ricco è senza nome perché si identifica con le sue ric­chezze, spesso il denaro di­venta come la seconda na­tura, la seconda pelle di una persona. Il povero ha il no­me dell'amico di Gesù, Laz­zaro. Il Vangelo non usa mai dei nomi propri nelle parabole, solo qui fa un'eccezio­ne, per dire che ogni povero è un amico di Dio.

«Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell'inferno». In che cosa consiste il peccato del ricco? Nella cul­tura del piacere? Negli ec­cessi della gola? No. Il suo peccato è l'indifferenza: non un gesto, non una briciola, non una parola al povero Lazzaro. Il vero contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza, per cui l'altro neppure esiste, è solo un'ombra fra i cani. Lazzaro è così vicino da inciampar­ci, e il ricco neppure lo vede. Il male più grande che noi possiamo fare è di non fare il bene.

Il povero, è portato in alto; il ricco è sepolto in basso: ai due estremi della società in questa vita, ai due estremi dell'abisso dopo. Allora ca­piamo che l'eternità è già iniziata ora, che l'inferno è solo il prolungamento delle nostre scelte senza cuore. Nella parabola Dio non è mai nominato, eppure in­tuiamo che era presente, pronto a contare ad una ad una tutte le briciole date al povero Lazzaro, a ricordarle per sempre.

«Ti prego, manda Lazzaro con una goccia d'acqua sul dito (il ricco vede il povero in funzione di se stesso dei suoi interessi) mandalo ad avvisare i miei cinque fratelli...!» «Neanche se vedono un morto tornare si converti­ranno!». Non è la morte che conver­te, ma la vita stessa. Dio è nella vita. Chi non si è posto il problema di Dio e dei fra­telli davanti al mistero ma­gnifico e dolente che è la vi­ta non se lo porrà nemme­no davanti al mistero più piccolo che è la morte.

Non sono i miracoli o le vi­sioni a cambiare il cuore. Non c'è miracolo che valga il grido dei poveri: sono pa­rola di Dio e carne di Dio: «qualsiasi cosa avete fatto a uno di questi piccoli l'avete fatto a me!» Nella loro fame è Dio che ha fame, nelle lo­ro piaghe è Dio che è piaga­to. La terra è piena di Lazza­ri. Cerchi Dio? Non è nel ric­co, benedetto nella sua pro­sperità; è nel piccolo, nello straniero, nel più piagato. È lì dove un uomo non ha at­torno a sé nessuno, se non dei cani. Lì dove io ho pau­ra di essere, Lui c'è. Se Gesù dà al povero il nome del suo amico Lazzaro, ogni povero abbia anche per me un no­me d'amico.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Il ricco, il povero e la Vita che continua

La parabola riproduce fedelmente una realtà cui ci siamo assuefatti: parte dell'umanità vive in una condizione spensierata di agiatezza, accanto a un'altra parte che lì vicino non ha neanche i mezzi di sussistenza. Non possiamo cogliere rilievi moralistici dal testo: non si può arguire che l'uomo ricco si fosse macchiato di azioni nefande, né che il povero sia moralmente ineccepibile. Semplicemente, il ricco fa il ricco, non curandosi del povero alla sua porta, e il povero viene consumato dalla sua miseria. Dove non arriva la sensibilità degli uomini giunge la compagnia degli animali che cercano di alleviare le sofferenze del povero come la natura ha loro insegnato. La scena cambia in modo drastico con la morte di entrambi che per il povero è l'inizio di una nuova vita ("seno di Abramo" significa la pienezza di vita oltre la morte), mentre per il ricco c'è un suggello lapidario ("fu sepolto") di una esistenza dissipata in cose secondarie. A quel punto è tutto chiaro per il ricco che non si è ancora convertito appieno, tant'è vero che chiede due volte ad Abramo di usare Lazzaro come suo schiavo personale (prima per portargli una goccia d'acqua, poi per andare dai suoi fratelli). Nel ricco c'è la nostra opulenta civiltà consacrata ai beni materiali, ci siamo noi. Mosè, i profeti, Gesù, in una parola la Bibbia, ci ricordano qual è il senso del nostro cammino in questo mondo, vicini a chi ha ricevuto di meno di noi e solleciti nella carità e nella giustizia.

Il vangelo è un messaggio forte per noi, che ogni giorno incontriamo situazioni di povertà, di emarginazione e di miseria. Anzi possiamo dire che se questa parola di Dio è valida sempre, essa fotografa molto bene la situazione del mondo di oggi, dove una piccola parte dell'umanità vive nel consumismo e nello spreco e la maggior parte dell'umanità vive nella miseria.

La dottrina sociale della Chiesa da molto tempo ormai ci invita a prendere coscienza dei veri problemi del mondo e ad attuare un impegno cristiano, che non si limita a qualche elemosina, ma cerca di andare alle cause delle diseguaglianze, delle ingiustizie, dello sfruttamento, con opere di condivisione e di solidarietà. In una situazione già tanto grave si inseriscono ora i preoccupanti problemi di questi giorni.

La Parola di Dio ci traccia una via per la nostra conversione. Paolo ci esorta a divenire veri uomini e donne di Dio che, proprio perché credenti, seguono la via della giustizia e tendono, con il desiderio e con scelte concrete, verso la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza. Atteggiamenti che contrastano certamente con la posizione di coloro che, forti della propria ricchezza, si ritengono "a posto" ed irreprensibili.

Bisogna fare attenzione a quello che ci dice la Bibbia: "L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono", "Alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore".

L'ammonimento che il Signore Gesù ci rivolge, attraverso la parabola del ricco e di Lazzaro, non è soltanto un fatto di giustizia sociale, puramente umana. È realtà che tocca la profondità della nostra fede e la nostra sorte nell'eternità. "Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato", ci ricorda san Paolo nella lettera ai Galati. Meriteremo il paradiso nella misura in cui avremo condiviso le nostre cose e la nostra vita con i fratelli bisognosi: "Avevo fame, avevo sete? venite benedetti dal Padre mio?" (Mt. 25). Invece la sorte dei malvagi, dice la Bibbia, sarà terribile.

Per noi è invito a impegnarci per la giustizia, come uomini e come credenti, sapendo che il bene comune, la solidarietà e la pace sono il sogno di Dio Padre sull'umanità. È invito a divenire uomini e donne di speranza che credono veramente nella potenza della Parola del Signore, l'unica parola che deciderà le sorti del mondo .

Alcune domande: Quante cose superflue ho? Quanta parte della mia vita la passo nello spreco? Quali sono i momenti in cui sperpero energie e soldi in cose inutili, nel consumismo, nello sfarzo, nella moda?? Ho voglia di cominciare a vivere nella sobrietà per aver la possibilità di condividere le cose che ho, col prossimo bisognoso? Che cosa succederebbe nella mia vita se dessi ai poveri tutto ciò che invece sperpero nelle cose inutili, nel superfluo?

Omelia di don Roberto Rossi

 

Scegliere il paradiso o l'inferno

Il vangelo di oggi sembra l'antitesi, il rovescio di quello di domenica scorsa. Là un amministratore che aveva agito in favore dei creditori e dei poveri, qui un ricco che si disinteressa del povero Lazzaro.

A una lettura superficiale la parabola potrebbe dire: "I ricchi vanno all'inferno e i poveri in paradiso". Letta così è un invito per i poveri a sopportare con pazienza la miseria di quaggiù perché lassù, di là, avranno la loro rivincita. Così i poveri rimarranno sempre poveri e i ricchi sempre ricchi.

Ma il senso della parabola è molto più profondo e indica quello che ti accadrà se tu vivrai disinteressandoti, facendo finta di non vedere qualcosa che c'è e che dovresti vedere, ma che per comodità non vuoi vedere.

Questo vangelo, infatti, non parla dell'al di là ma dell'al di qua. Non dice che cosa capiterà di là ai ricchi e ai poveri se vivranno in una certa maniera di qua, ma dice quello che ci capiterà in questa vita se vivremo come il ricco e cioè disinteressandoci di quello che urla alla nostra porta.

Ci sono due personaggi: il ricco e il povero. Il ricco ha tutto: vestiti di porpora e bisso (segno di grande agiatezza e di alta posizione sociale), una casa, cibo a volontà per cui ogni giorno mangia lautamente e abbondantemente, fratelli, cioè relazioni, amici, amore; ha una sepoltura (cosa che solo i ricchi potevano permettersi a quel tempo). Il ricco ha tutto, non gli manca niente. L'unica cosa che non ha è il nome. Non è cattivo tanto è vero che si preoccupa dei suoi fratelli; non è malvagio; non fa niente di male.

Poi c'è Lazzaro. Lazzaro, invece, non ha proprio niente. Non ha casa, non ha cibo né amici (è solo con i cani!) e non ha nemmeno sepoltura. Lazzaro è indifeso, è mendicante, bisognoso, malato e ricoperto di piaghe, affamato e solo. L'unica cosa che possiede è un nome: Lazzaro, che vuol dire "Dio aiuta".

Per la Bibbia il nome è la persona stessa. Conoscere il proprio nome vuol dire conoscersi, avere potere su di sé, avere un'identità, una strada, qualcosa da realizzare, essere vivi. Nella Genesi l'uomo dà il nome agli animali, alle piante, alle cose, come a dire che egli ha potere sulle cose. Lazzaro, Dio aiuta, è il suo nome. Il suo nome è la sua vita: ha bisogno di Dio, ha bisogno che qualcuno lo aiuti, che Dio si prenda cura di lui e che lo salvi dalla sua condizione.

Il ricco, invece, no. Quasi sempre i ricchi del vangelo di Lc non hanno nome (12,13-21; 16,19-31; 18,18-23). Il ricco non ha nome perché è incosciente, inconsapevole, perché vive nella superficie delle cose, vive disinteressandosi di ciò che succede alle porte della sua casa e per questo non ha potere sulla sua vita.

Il ricco neppure si accorge di Lazzaro: ma come avrà fatto a non vederlo? Eppure era lì... alle porte di casa sua... tutti i giorni che mendicava, chiedeva e urlava il suo disagio.

Questo è il suo problema e la sua condanna: non accorgersi. Questo, dice il vangelo, è ciò che ti succederà se vivrai non vedendo il Lazzaro che è in te: non accorgendoti, cioè, del bisogno, del disagio che urla, che strepita, che vuole la tua attenzione alle porte della tua casa.

Vivi come quel ricco, insensibile, senza lasciarti toccare da ciò che reclama il tuo intervento, la tua attenzione, e le tue cure, e ti condannerai in questa vita a tormenti e disagi senza fine. Vivi nella superficie delle cose e ti troverai, in questa vita, all'inferno.

L'inferno o il paradiso ce lo scegliamo noi: chiacchiera, non farti mai domande che ti scombussolano, non porti mai questioni profonde, non scavare in te, evita le difficoltà, i problemi, sotterra ciò che ti dà fastidio e ciò che è scomodo, non ascoltare le voci della tua anima, vivi nella superficie e vedrai cosa ti capiterà, finirai così, come quel ricco, all'inferno.

Lazzaro sono io. Quante volte ti sei trovato a mendicare amore!continua....

Leggi tutta l' Omelia di don Marco Pedron


Liturgia
e Liturgia della Parola della XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 29 settembre 2013

tratti da www.lachiesa.it 


Immagine: Lazzaro ed il ricco Epulone, illustrazione tratta dall'Evangeliario di Echternach.
Pannello superiore: Lazzaro alla porta dell'uomo ricco. Pannello centrale: L'anima di Lazzaro è trasportata in Paradiso da due angeli: Lazzaro nel petto di Abramo. Pannello inferiore: l'anima del ricco è trasportata da due diavoli all'inferno, il ricco è torturato nell'inferno.