18 agosto 2013 - XX Domenica del Tempo Ordinario: L'opera di Gesù è liberare il fuoco...
News del 17/08/2013 Torna all'elenco delle news
L'opera di Gesù è liberare il fuoco. C'è quello del giudizio finale e c'è il fuoco della Pentecoste; il fuoco di Dio sul mondo è il dono dello Spirito, il suo amore che scaturisce dalla morte del Figlio. Gesù la chiama battesimo, una vera immersione nel proprio sangue. L'amore assomiglia al fuoco perché sempre passa per la prova.
Anche le proposte di Gesù portano fuoco, provocano rovesciamenti sociali e familiari e ricevono anche reazioni violente perché sono decisive e chiedono risposte definitive. Scegliere Gesù e il suo Vangelo è anteporlo a tutto e a tutti, amici e familiari compresi. Lo aveva già profetato il vecchio Simeone quando abbracciando il piccolo Gesù lo indicò come "segno di contraddizione".
Il discorso sul fuoco e sul battesimo di sangue è tra Gesù e i discepoli. Gesù è consapevole della sua missione. Il fuoco è il giudizio di Dio. La sua luce accusa il peccato del mondo e smaschera la falsa pace che convive col male. Soprattutto, il fuoco gettato da Gesù sulla terra è il Dio-con-noi realizzato in pienezza nella persona di Gesù. Se dinanzi a Mosé Jahvé parlava da un roveto di fuoco, tanto più fuoco di presenza è la carne del Figlio di Dio.
San Pietro Crisologo paragona il fuoco di Gesù a quello dei contadini che preparano i terreni alla semina: falciano le erbacce, tagliano le spine e bruciano le sterpaglie. Così il campo, pulito e concimato dal fuoco, accoglie il seme della Parola che farà frutto. Fuoco e battesimo di sangue, pace e divisione sono nel cuore del mistero cristiano come mistero d'amore.
La divisione che c'è anche tra le persone più care dice che la comunione è il frutto di un cammino travagliato di conversione. Il bene reciproco fra nuora e suocera è strada quotidiana di preghiera, di pensiero, di accoglimento e apprezzamento reciproco.
Omelia di don Angelo Sceppacerca
Il fuoco di Gesù
Non si direbbe un discorso di Gesù: fuoco, divisione, tutti contro tutti! Ma che succede? Gesù si presenta con un linguaggio radicale, estremo. Era partito deciso perché la sua meta è Gerusalemme, il luogo dove morirà in croce e poi risorgerà. Il fuoco e il battesimo sono dono della Pasqua che vivrà in prima persona a Gerusalemme: si tratta del dono dello Spirito che scaturisce dall'evento Pasquale. Tale dono comporta per coloro che lo ricevono delle scelte radicali, comporta una vita nuova, comporta la morte dell'uomo vecchio, quello incentrato su stesso, per far nascere un uomo nuovo, quello che vive da figlio di Dio. Questo cambiamento è stato per i discepoli e poi per la Chiesa un motivo di divisione. Non sempre i cristiani sono capiti... Oggi coloro che fanno scelte radicali per il vangelo sono derisi, ci sono mille motivi umani per vedere come certe scelte sembrano agli occhi di molti delle scelte ridicole. Gesù anticipa con le sue parole questa situazione di possibile divisione.
Non sempre scegliere il vangelo suscita fascino, comprensione e adesione... quando Gesù fa sul serio le folle si diradano... e forse anche noi quando facciamo sul serio, quando amiamo come il vangelo ci invita a fare, diveniamo un segno di inciampo, di contraddizione, spezziamo logiche di profitto o di successo personale; il vangelo fa scandalo nella società dell'immagine e del consumo!
Dice Gesù: "Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, ma la divisione". Se per "pace" intendiamo quieto vivere, sonno delle coscienze, storia che continua a srotolarsi tra le ingiustizie e le iniquità di sempre, allora Gesù ha ragione a dire: "guerra". Se "divisione" significa distacco dal male, presa di coscienza di ciò che non va, che ferisce l'uomo, se significa discernimento fra ciò che va messo al primo posto (Dio) e ciò che, per quanto importante, è secondario (tutti gli altri valori), allora Gesù ha ragione a portare la divisione. Così ci insegna la persecuzione che hanno subito i profeti (come Geremia); così ci insegna S. Paolo nella lettera agli Ebrei, quando dice: "Pensate attentamente a Cristo che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità da parte dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato".
Nella seconda parte del vangelo c'è il rimprovero quando non sappiamo giudicare il nostro tempo, quando non sappiamo giudicare ciò che è giusto. E' importante questo richiamo a riconoscere i segni dei tempi, cioè a discernere e riconoscere ciò che è secondo Dio e ciò che non è secondo Dio, riconoscere ciò che Dio sta operando e attuando nella storia delle persone, dei popoli, dell'umanità in modo che noi stessi possiamo metterci con piena coscienza e impegno in questo cammino della storia della salvezza.
Questo ci aiuta a non sentirci mai a posto, ma sempre alla ricerca di ciò che il Signore ci chiama a vivere e a fare giorno per giorno, secondo il suo stile e il suo amore. Come cristiani, non si tratta di rimanere attaccati alle nostre esperienze o tradizioni, ma di essere fedeli al Signore, di andare dietro a Lui che è sempre creativo e operante nella storia degli uomini. E' la sua opera che conta e noi siamo chiamati a collaborare al suo regno di amore, di giustizia, di pace vera. Ecco allora che è importante saper leggere e discernere i segni dei tempi, (non essere fuori del tempo), portare avanti la vita cristiana secondo le indicazioni che il Signore ci dà per il presente e per il futuro. E il Signore sempre opera nell'umanità cose grandi e sempre ci offre indicazioni di vita rinnovata e piena di fuoco, cioè di fervore per il suo regno e per il bene di tutti.
Omelia di don Roberto Rossi
Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la divisione
Se ci venisse il prurito di delineare un profilo buonista di Gesù, la pagina evangelica di oggi basterebbe a farcene passare la voglia. Ed è da notare che questa pagina porta la firma di Luca, l'evangelista fregiato meritatamente del titolo di scriba mansuetudinis Christi (scrittore della dolcezza di Cristo), ma che sorprendentemente dà largo spazio a quei tratti della storia o del messaggio di Gesù che suonano talmente radicali da apparire crudeli. Come nel brano che abbiamo ascoltato.
1. Non dobbiamo mai perdere di vista il contesto in cui il passo evangelico è collocato. Da qualche capitolo, s. Luca ha iniziato il racconto del grande viaggio di Gesù alla volta della città santa, un viaggio iniziato con un drammatico colpo di gong: "Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, (Gesù) si diresse decisamente verso Gerusalemme", letteralmente "impietrì la sua faccia". Questo lungo pellegrinaggio, oltre che raccontato, viene dal terzo evangelista descritto come un "viaggio interiore" - un vero e proprio viaggio dell'anima - come risulta da quella sorta di numerose "feritoie" che punteggiano il racconto e ci permettono di affacciarci sul panorama sconfinato e quanto mai attraente dei sentimenti più intimi dell'umanissimo cuore del Figlio di Dio. Come si riscontra qui, dove il desiderio intenso che ha di giungere alla sua ora, viene espresso da Gesù come "angoscia": "C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato finché sia compiuto".
Parole così accorate rivelano il dramma vissuto da Gesù: è venuto a portare luce e pace, e si ritrova sempre più incompreso e rifiutato. Per essere fedele alla missione affidatagli dal Padre, è costretto a urtare la suscettibilità di scribi e farisei e a cozzare contro il "sistema", da essi ritenuto intoccabile. Le sue parole e i suoi gesti provocano reazioni sempre più violente da parte di quanti si sentono messi sotto accusa. La sua vicenda si sta mettendo male: certamente non porterà al trionfo della sua causa, ma solo alla sua morte.
Gesù lo sa, ed è deciso ad andare fino in fondo. Si sta ripetendo la storia di Geremia (1ª lettura). Durante la sua missione, quest'uomo dal cuore sensibile, è stato costretto a denunciare le illusioni del suo popolo, che coltivava un nazionalismo in cui il calcolo politico e il ricorso a mezzi violenti dominavano incontrastati. Accusato di disfattismo e di collaborazionismo con il nemico, dovette affrontare una dura opposizione. Gettato un giorno in una vecchia cisterna, fu salvato solo dall'intervento di uno straniero indignato per quel trattamento disumano. È la storia di ogni profeta: più la sua personalità è forte, più il messaggio è rinnovatore e anticonformista, e più la persecuzione diventa feroce. Il profeta è un tipo scomodo, un vero segno di contraddizione. Non può illudersi di avere vita facile.
2. Torniamo sulle due immagini utilizzate da Gesù per esprimere il suo pensiero fisso della Pasqua. Egli ne parla in termini di "battesimo" e di "fuoco". Il battesimo sta a dire che egli desidera ardentemente immergersi "fino al collo" nelle acque del dolore e della morte per esprimere l'amore del Padre verso l'umanità peccatrice. Ma anche il fuoco - prima ancora che la Pentecoste - evoca la Pasqua: lo notava acutamente Giovanni Paolo II, riferendosi alla tradizione biblica del fuoco dal cielo che bruciava le oblazioni presentate dagli uomini: "Lo Spirito Santo come amore e dono discende, in un certo senso, nel cuore stesso del sacrificio che viene offerto sulla croce: egli consuma questo sacrificio col fuoco dell'amore" (DeV 44).
Le due immagini del battesimo e del fuoco si fondono perfettamente nel compimento della Pasqua, la Pentecoste, secondo la profezia di Giovanni: "Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Lc 3,17). Con queste due espressioni simboliche Gesù dà un significato profetico alla sua morte violenta. Essa sarà come un incendio e una inondazione attraverso i quali si manifesterà il giudizio di Dio a favore di Gesù. Possiamo riassumere questi passaggi con una massima, che non è riportata in nessun vangelo canonico, ma è attribuita a Gesù: "Chi è vicino a me, è vicino al fuoco". Radicalissimo Gesù!, verrebbe da esclamare.
Ma più che ammirazione, Gesù esige da noi conversione e decisione. Anche per i discepoli, il metro per misurare la fedeltà alla "causa" è lo stesso adottato dal Maestro: è il metro della radicalità. "D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre". Gesù non parla affatto un linguaggio politically correct: non è venuto a portare la pace, ma la divisione (la "spada", dice Mt 10,34). Di fronte a lui nessuno può rimanere indifferente o neutrale. Bisogna scegliere: o con lui o contro di lui. Non si può fare fifty-fifty: la "divisione" portata da Gesù fa saltare certi equilibri umani; provoca lacerazioni, perfino all'interno dei rapporti familiari. La parola del vangelo è "tagliente come una spada": mette a nudo le piaghe intime del cuore, e insieme le storture della società. Il suo "radicalismo" non lascia spazio ai compromessi; è un fuoco che brucia e consuma tutte le mediocrità.
3. Se si vuole andare dietro a Gesù, urge decidersi: non si può giocare al rimando, rinviando scelte che impegnano e accontentandosi di qualche opera buona, tanto per fare qualche saldo con la propria coscienza. Ma non si può neanche giocare al ribasso, pensando che basti rettificare qualche "cosetta" che non va nel nostro comportamento: scatti di nervosismo, distrazioni durante le preghiere, parole poco perbene. Gesù non ci chiede di ripulire i comportamenti, ma di cambiare le scelte dalle quali i comportamenti derivano. E prima ancora occorre cambiare mentalità. La persecuzione da parte dei poteri dominanti, l'opposizione delle mode correnti, non sono i segni della nostra debolezza o del fallimento della nostra causa. Sono una cosa normale per noi, come fu per il Signore; sono il segno della nostra fedeltà.
Possibile - sembra esplodere Gesù - sappiamo leggere i segni del cielo atmosferico che ci fanno prevedere la pioggia o il caldo, e non sappiamo discernere i segni di "questo tempo"! Questo tempo: non si tratta del futuro, ma del tempo presente. È questo tempo che occorre saper giudicare, per leggervi i messaggi di Dio e per riuscire a decidere da noi stessi ciò che è giusto. Oggi - non domani - è il tempo della conversione e quindi della salvezza. Ma se non ci decidiamo, non lo sarà né oggi, né domani.
Omelia di mons. Francesco Lambiasi
Liturgia della Parola della XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 18 agosto 2013
tratti da www.lachiesa.it