7 luglio 2013 - XIV Domenica del Tempo Ordinario: vademecum del missionario, ovvero essere e non fare i missionari

News del 02/07/2013 Torna all'elenco delle news

Il brano del Vangelo di Luca (Lc 10,1-12.17-20) rappresenta in qualche modo il vademecum del missionario, cioè l'elenco delle cose fondamentali che l'evangelizzatore, perciò ogni battezzato inviato nel mondo ad annunciare che «il regno di Dio è vicino», deve conoscere e fare. Prima di tutto c'è una questione di metodo che dà, però, sostanza alla missione: l'evangelizzazione implica una scelta comunitaria, perché il missionario non è un lupo solitario, anche se deve prendere coscienza della scarsità di risorse umane disponibili, rispetto all'abbondanza della messe costituita da quanti non hanno ancora conosciuto o hanno dimenticato il messaggio salvifico di Gesù. Il rimedio proposto da Gesù per far fronte a questa "carenza di personale", non è il lancio di una campagna di reclutamento e di raccolta fondi per le vocazioni, come si potrebbe invece pensare secondo schemi efficientistici di tipo militare o aziendale, ma si... "accontenta" della semplice preghiera.

C'è poi la consapevolezza di essere inviati come «agnelli in mezzo ai lupi», ma ciò non deve indurre il missionario a dotarsi di "armi e bagagli" per far fronte a quella situazione di estrema insicurezza e di provvisorietà. Anzi, tra i lupi bisogna andarci a piedi nudi, con umiltà, entrando in punta di piedi nelle case per portare la pace alle persone che si incontrano, «mangiando e bevendo di quello che hanno». Così, al suo ritorno - che prelude comunque ad una ripartenza, vicina o lontana che sia -, il missionario si fa portatore di gioia perché fortificato dalle tante insidie superate con la forza della fede. Ma, sebbene i segni della grazia di Dio si mostrino più evidenti all'occhio umano nel permettere al missionario di «camminare sopra serpenti e scorpioni» e nel poter affermare: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome», Gesù invita i discepoli designati per la missione a non menar vanto di quelle doti "miracolose", quanto piuttosto a rallegrarsi per essere stati scelti come inviati, accogliendo il suo radicale invito alla sobrietà: «non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada».

Che dire, allora, della corsa al "fare" di cui sono protagoniste le innumerevoli istituzioni missionarie, impegnate a costruire scuole, ospedali, acquedotti, strade, e a fornire ogni altra sorta di servizi di primaria ed urgente necessità in campo sociale, a favore delle popolazioni più povere e marginalizzate del mondo? A tale riguardo, quel vademecum di Gesù fornisce con chiarezza le indicazioni utili per "essere" missionari e non per "fare" i missionari. La distinzione, in questo caso, tra il fare e l'essere assomiglia per certo verso a quella sottile ma sostanziale precisazione di Paolo VI, riportata nell'enciclica Evangelii Nuntiandi, quando afferma che «il mondo oggi non crede ai maestri, ma crede ai testimoni, e, se crede ai maestri, è perché sono anche testimoni». Giustamente papa Francesco ha ribadito più volte che la Chiesa non fa parte delle ONG, cioè le organizzazioni non governative, come vengono qualificate quelle Associazioni ed entità private che si dedicano alla realizzazione dei cosiddetti progetti di sviluppo e di emergenza nell'ambito della cooperazione internazionale. Le finalità filantropiche e solidaristiche, alle quali quelle organizzazioni sono votate, non possono certo contenere l'insieme valoriale e spirituale del Vangelo annunciato attraverso l'azione missionaria della Chiesa, che nell'evangelizzazione ha imperniato la sua straordinaria operosità dentro gli innumerevoli ambiti della promozione umana. Nonostante i grandi e unanimi riconoscimenti che la Chiesa raccoglie come frutti del suo impegno materiale a favore dei poveri, il Vangelo di Luca è lì a ricordare che non di questo bisogna vantarsi, quanto piuttosto dell'essere consapevolmente parte del popolo di Dio. Perché andare in missione è un cammino che richiede un bagaglio leggero, il bastone del pellegrino e la libertà del nomade: obbliga a lasciare la propria casa, con una ricompensa sicura: la "mobilità della tenda", per seguire Gesù nella costruzione del Regno.

Omelia dei Giovani Missiotalia (Anita Cervi e Beppe Magri)

 

L'annuncio, contagio buono

Partono senza pane, né sacca, né denaro, senza nulla di superfluo, anzi senza nemmeno le cose più utili. Solo un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico a sorreggere il cuore. Senza cose.

Semplicemente uomini.

Perché l'incisività del messaggio non sta nello spiegamento di forza o di mezzi, ma nel bruciore del cuore dei discepoli, sta in quella forza che ti fa partire, e che ha nome: Dio.

La forza del Vangelo, e del cristianesimo, non sta nell'organizzazione, nei mass-media, nel denaro, nel numero. Ancora oggi passa di cuore in cuore, per un contagio buono.

Partono senza cose, perché risalti il primato dell'amore. L'abbondanza di mezzi forse ha spento la creatività nelle chiese. Il viaggio dei discepoli è come una discesa verso l'uomo essenziale, verso quella radice pura che è prima del denaro, del pane, dei ruoli. Anche per questo saranno perseguitati, perché capovolgono tutta una gerarchia di valori.

Gesù affida ai discepoli una missione che concentra attorno a tre nuclei: Dove entrate dite: pace a questa casa; guarite i malati; dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio. I tre nuclei della missione: seminare pace, prendersi cura, confermare che Dio è vicino.

Portano pace. E la portano a due a due, perché non si vive da soli, la pace. La pace è relazione. Comporta almeno un altro, comporta due in pace, in attesa dei molti che siano in pace, dei tutti che siano in pace. La pace non è semplicemente la fine delle guerre: Shalom è pienezza di tutto ciò che desideri dalla vita.

Guariscono i malati. La guarigione comincia dentro, quando qualcuno si avvicina, ti tocca, condivide un po' di tempo e un po' di cuore con te.

Esistono malattie inguaribili, ma nessuna incurabile, nessuna di cui non ci si possa prendere cura.

Poi l'annuncio: è vicino, si è avvicinato, è qui il Regno di Dio. Il Regno è il mondo come Dio lo sogna. Dove la vita è guarita, dove la pace è fiorita.

Dite loro: Dio è vicino, più vicino a te di te stesso; è qui, come intenzione di bene, come guaritore della vita.

E poi la casa. Quante volte è nominata la casa in questo brano! La casa, il luogo più vero, dove la vita può essere guarita. Il cristianesimo dev'essere significativo nel nostro quotidiano, nei giorni delle lacrime e della festa, nei figli buoni e in quelli prodighi, quando l'amore sembra lacerarsi, quando l'anziano perde il senno e la salute. Lì la Parola è conforto, forza, luce; lì scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio, a sostenere la casa.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

La Gioia di Donarsi

In questo brano evangelico troviamo l'essenza della missione cristiana e le esigenze della stessa. Il testo si apre con l'indicazione che tutto parte da Gesù. È Lui il protagonista dell'agire missionario. Nel contesto della missione cristiana bisogna prendere coscienza che si è designati..Qualcuno si fida di noi, della nostra fragile umanità... in questo siamo destinatari di un amore grande. Dio mette un tesoro immenso e prezioso in vasi di creta e continua a costruire il suo Regno servendosi di ciò che il mondo considera debolezza. La missione ha carattere universale: a tutte le genti, nessuno è escluso (Cf Gen 10 parr. Mt 28,19; Lc 24,47). Come discepoli si è inviati... si può tranquillamente affermare che il compito è profetico: cioè vivere nella propria vita, per trasmetterla agli altri, l'esperienza del profeta... Colui che diviene il porta-parola di Dio, il messaggero autentico e fedele dell'amore di Divino. Il missionario deve comunicare l'esperienza che Egli stesso fa dell'amore di Dio e come questo amore trasforma la vita e costruisce le coscienze. In questo modo il messaggio che si vuole trasmettere diventa un messaggio autentico e credibile. Pregate... come in tutti i momenti importanti e significativi del vangelo di Luca la preghiera ha un ruolo fondamentale... centrale. Tutto è legato alla preghiera, ma si può dire che il segreto della riuscita della missione risiede nella preghiera. Se si legge il testo ci si accorge che al momento dell'invio il primo comando è la preghiera. La sproporzione ingente tra la quantità della messe e quella della presenza dei discepoli è colmata dalla preghiera. Per cui la preghiera dice che è Dio il vero protagonista della storia della salvezza e niente è impossibile a chi prega... per l'uomo di preghiera tutto diventa possibile e tutto viene rischiarato. Anche nell'odierno contesto di squilibrio sarebbe utile e indispensabile riscoprire il valore della preghiera; iniziare ad essere meno burocrati e più uomini di preghiera; riscoprire il valore della Messa, Meditazione, Liturgia delle Ore etc. La preghiera è la forza che smuove tutto... sicuramente il cuore di Dio e forse anche quello degli uomini. Bisogna imparare a vivere un po' di più in ginocchio. Li invia a coppie... se vogliamo il primo annuncio è fatto a se stessi. È nella comunione fraterna la base del regno di Dio. Quando due o più persone, legate da uno stesso ideale e da una stessa persona, esprimono amore gli uni per gli altri, allora c'è un buon fondamento per il prosieguo dell'opera che si deve costruire. È nell'amore reciproco la migliore testimonianza. L'insegnamento che ne deriva è quello di imparare ad essere fratelli all'interno della Chiesa Universale e, prima ancora, in quella particolare. Alcune volte non si possiede il senso basilare della fratellanza e corriamo da soli senza alcuna prospettiva o, peggio, senza un piano su cui lavorare. Si sviluppa spesso la convinzione che possiamo farcela da soli. Ma il vangelo dice che non è così... si deve lavorare in comunione e per la comunione. Come agnelli in mezzo a lupi... ancora un'altra esagerazione! I missionari sono chiamati ad inserirsi in un contesto che è reticente alla proposta cristiana. Le promesse prospettate dall'annuncio evangelico non trovano spazio nella mentalità degli uomini. Il vangelo e la vita degli uomini camminano su strade divergenti... si è collocati in un contesto di prova e contrasto. È un po' quello che succede oggigiorno: ogni occasione è buona per screditare la Chiesa e il suo operato. Ma la cosa più grave è che quest'opera di demolizione parte dall'interno e non solo dall'esterno... i nemici di Gesù sono coloro che mangiano alla stessa mensa. Assurdo!!! Una buona parte di Cristiani continua a vestire i panni di Giuda... a consegnare Gesù e la Chiesa a coloro che vogliono distruggerla. E qui sia apre lo scenario dei nostri tempi... della nostra storia. Di fronte a questa situazione ecco i consigli di Gesù: non portate... un forte richiamo alla sobrietà. Il senso di controllo e di moderazione in tutto è la carta di identità che dice come noi siamo chiamati ad un compito più alto e più nobile e che non ci perdiamo dietro le mode del mondo... siamo pellegrini sulla terra perché cittadini del cielo. Non salutate... non è segno di scostumatezza o chiusura. Ma semplicemente si vuole sottolineare che la missione non permette di perdere tempo in cose che ci distolgono dal retto cammino. Dite: Pace... non è il saluto di cordialità che si scambiano due o più persone. Ma la pace evangelica è segno di benedizione divina apportatrice di salvezza. È segno della vita, della novità, del rinnovamento di vita che il Regno di Dio porta all'umanità. Allora la pagina evangelica dice che abbiamo una grande responsabilità: annunciare, raccontare Gesù Cristo al mondo, sulla scia di Gesù Rivelatore del Padre. Per cui la missione è la prova del nove del nostro essere alla sequela di Gesù... se lo sappiamo annunciare significa che Egli vive in noi.

tratto da www.laparrocchia.it


I numeri parlano

Nella Bibbia i numeri parlano non solo per il loro valore aritmetico, quantitativo, ma spesso anche per un loro significato simbolico: richiamano fatti, esprimono concetti; parlano, con l'attrattiva delle cose non dichiarate ma alluse, lasciandone al lettore attento la piena comprensione. Si intende, il lettore di duemila anni fa: di qui la necessità di spiegare quello che oggi può non essere più tanto chiaro. Un esempio: il numero degli apostoli non è casuale; Gesù ne ha scelti dodici, perché dodici erano le tribù componenti il popolo d'Israele; quando perciò si legge che egli li ha mandati nei villaggi ad annunciare il suo arrivo, è sottinteso che egli era venuto per tutto il suo popolo. Il brano di oggi, poi, dice che "il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Nella concezione di allora, settantadue erano i popoli componenti l'umanità: se ne deduce che egli intendeva la propria missione non limitata al solo Israele, ma estesa al mondo intero. E questo è proprio il compito da lui affidato alla sua Chiesa, come ha esplicitato prima di salire al cielo: "Andate, fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Matteo 28,19-20).

Convertire il mondo intero: il compito era da far tremare; inoltre, le condizioni con cui egli ha accompagnato il mandato a quei settantadue lo rendevano ancora più arduo. Nessun dispiegamento di forza o potenza, ma anzi in povertà e mitezza, consapevoli dei rischi: "Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali... Mangiate quello che vi sarà offerto". Il mandato è riassunto nella formula "Il regno di Dio è vicino", accoglietelo: e non è un'imposizione ma un invito, perché prevede anche l'ipotesi che sia rifiutato. Non può non stupire il fatto che pur con queste carenze di mezzi il vangelo sia stato accolto nei secoli da un numero incalcolabile di uomini: è la dimostrazione che ciò è avvenuto non per forze umane ma per la potenza di Dio, il quale assiste, guida, esorta, parla ai cuori e alle menti. In realtà, chi diffonde il vangelo è lui; è lui il vero timoniere della "barca di Pietro", che senza di lui si sarebbe infranta chissà quante volte sugli scogli della storia. E tuttavia, per realizzare il suo piano di salvezza egli ha voluto e vuole aver bisogno degli uomini; lo dice anche nel vangelo di oggi, avvalendosi di un'immagine attinta al mondo agricolo con cui lamenta la loro insufficienza: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!"

Lo scarso numero degli operai disposti a mietere il grano maturo è un dato costante: ci fossero stati più missionari, chissà quanto più numerosi sarebbero oggi i cristiani. Oggi poi il dato si avverte realistico: sono in corso di costituzione le unità pastorali, vale a dire l'accorpamento di più parrocchie, con un maggiore coinvolgimento dei laici nell'attività pastorale. E' giusto e doveroso farlo, perché la Chiesa non è dei preti ma dei battezzati, e tutti ne sono corresponsabili; ma l'operazione si è resa necessaria anche per la scarsità di preti: i quali tuttavia hanno un compito loro proprio imprescindibile; senza di loro la Chiesa non sarebbe più la Chiesa. Perciò riguarda non solo loro, ma anzitutto loro l'esortazione che Gesù ha fatto seguire alla costatazione sul grano maturo: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe". Il campo è di Dio; occorre pregare, perché i chiamati a lavorarci accolgano l'invito.

Omelia di mons. Roberto Brunelli

Liturgia e Liturgia della Parola della XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) 7 luglio 2013