10 maggio 2013 - Convegno al Seminario Arcivescovile sul tema: Chiesa, Concilio e Comunicazione

News del 26/04/2013 Torna all'elenco delle news

Iniziativa organizzata nell'ambito della Settimana della Comunicazione, si svolge a partire dalle ore 17.00 di venerdì 10 maggio 2013 nell'Aula Convegni del Seminario Arcivescovile "Pio XI" di Reggio Calabria.

Intervengono:

Mons. Vittorio Mondello, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova

Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, autore del volume: Il Vaticano II e la comunicazione

Pasquale Triulcio, professore di Storia della Chiesa presso l'ISSR di Reggio Calabria

Giuseppe Putortì, professore di Sociologia della Comunicazione presso l'ISSR di Reggio Calabria.

Modera:

Francesco Chindemi, direttore responsabile RTV News


Info
:

Seminario Arcivescovile “Pio XI”
Via Pio XI, 236 - Reggio Calabria

tel. 0965.51049

http://www.seminariorc.it


Fulcro del convegno, organizzato nell'ambito della Settimana della Comunicazione, è il volume di Dario E. Viganò. Nel testo l’autore illustra la complessità del contesto storico e religioso nel quale si colloca l’annuncio del Vaticano II e rileva come il Concilio sia iniziato con uno stile di pontificato assolutamente nuovo in un’epoca in cui, a livello internazionale, si registra un cambio sociale reso evidente dai consumi culturali e dal processo di sviluppo del sistema dei media. L’autore inoltre pone particolare attenzione sull’importanza del Decreto Inter mirifica, approvato il 4 dicembre 1963: un documento che segna la presa in carico della comunicazione di massa da parte della Chiesa Cattolica portando il Concilio a fare i conti con un modello di comunicazione a cui la Curia romana era poco abituata. Dichiara l’autore: «Cosa resta da fare? Probabilmente re-immaginarci nel movimento dello Spirito che caratterizzò il Vaticano II e imparare ad ascoltare senza giudizi e pregiudizi. La questione che emerge con forza supera la necessaria competenza mediale circa linguaggi, formati e strumenti e invita tutti noi a vivere l’esperienza credente come “una ginnastica del desiderio” [sant’Agostino] delle cose del Cielo. Come dire, la necessità di “rinascere dall’alto” [Gv 3,3] perché la nostra vita, la nostra testimonianza e la nostra comunicazione siano opera dello Spirito, unico capace di attrarre nel seno del Padre».

Dario Edoardo Viganò è professore ordinario di “Teologia della comunicazione” presso la Pontificia Università Lateranense e direttore del Centro Lateranense Alti Studi (CLAS). Insegna “Linguaggi e mercati dell’audiovisivo” presso il Dipartimento di Scienze Politiche della LUISS “Guido Carli” dove è membro del Comitato direttivo del Centre for Media and Communication Studies “Massimo Baldini”. È direttore del Centro Televisivo Vaticano, di cui è anche Segretario del Consiglio d'Amministrazione, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della “Rivista del Cinematografo”. 

 

Articolo di Laura Guadalupi su www.mediapolitika.com

Il Vaticano II e la comunicazione. Una rinnovata storia tra Vangelo e società è il titolo dell’ultimo libro di Dario Edoardo Viganò, direttore generale del CTV, Centro Televisivo Vaticano.
Il volume è stato presentato lo scorso 6 marzo presso la Libreria Paoline Multimedia, a Roma, dove il giornalista Rai Rosario Carello ha intervistato l’autore.

Il tema della comunicazione è stato centrale durante il Concilio Vaticano II e lo è tutt’oggi, il che rende questo libro di grande attualità. Partendo dalla descrizione del contesto storico in cui si inserisce l’annuncio del Vaticano II, si arriva a profilare una delle caratteristiche dei giorni nostri: l’erosione del sacro. Nelle parole dell’autore, ciò avviene nelle produzioni mediali quando linguaggio e simboli della fede, presi di mira dalla pubblicità, vengono “fagocitati” da una “girandola mediatica che utilizza tutto ma, utilizzandolo, lo svuota di significato”. Eroso, privato del suo contenuto, il sacro subisce una “riappropriazione differente dal punto di vista semantico”. Come mai un lavoro storico sulla comunicazione si chiude con questo discorso? Perché tra le eredità del Concilio, risponde Viganò, c’è “la responsabilità di trovare le parole, oggi, per raccontare la verità della fede, verità che non è argomentativa, è testimoniale”.

L’autore parla di come lo sviluppo dei media abbia portato il Vaticano II a doversi confrontare con un modello di comunicazione a cui si era poco abituati. Il rapporto con i giornalisti è descritto come difficile, all’inizio. In seguito, però, conclusa la prima sessione, i padri conciliari si rendono conto della necessità di dover comunicare anche all’esterno le questioni centrali del dibattito. Verranno quindi approvate l’Inter mirifica e altri documenti di grande interesse come la Gaudium et spes.
Dopo il Concilio, la comunicazione della Chiesa è diventata dipendente dal carisma personale del Papa? A questa bella domanda l’autore risponde distinguendo tra comunicazione del Papa e comunicazione della Chiesa: non esiste una chiesa di Giovanni XXIII, una di Paolo VI, un’altra di Giovanni Paolo II. La chiesa è una sola. Un papa contribuisce a quest’unico, grande progetto con se stesso, la sua storia e le sue capacità. In questo senso, quindi, nella comunicazione del pontefice, fa molto il carisma personale. Altro è la comunicazione della Chiesa, gestita da suoi media propri, organismi che con la stessa capacità professionale e la medesima passione si mettono al servizio di chiunque sia il Papa.

In piena sintonia con il concetto di universalità della Chiesa, che non appartiene a nessuno, se non a Dio, vogliamo concludere con le parole di Benedetto XVI pronunciate durante la sua ultima Udienza Generale. È un modo per riportare il focus sull’attualità, pur astenendoci dal prendere parte alla ridda di voci sollevatesi da ogni dove. Riportiamo uno stralcio dell’unica vera fonte di informazione che, da sola, basterebbe a sfatare tutte le interpretazioni fantasiose ascoltate in queste settimane.

Sono parole che vengono dal cuore di un uomo di fede. Umile, coraggioso, libero. Colto e carismatico. Di un carisma delicato, che trasforma il cuore senza passare dalla pancia, ma con gli strumenti sottili del ragionamento, dove fede e ragione sono gli emisferi della stessa anima.
Forse troppe qualità, troppo incomprensibili per i nostri tempi, così spesso accelerati ed epidermici.

<<[…] E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore […]>> (fonte: www.vatican.va)