28 aprile 2013 - V Domenica di Pasqua: Amarci come Gesù ci ama

News del 19/04/2013 Torna all'elenco delle news

C'è da chiedersi perché Gesù chiama "il comandamento dell'amore", che riassume in sé tutta l'esperienza cristiana, "nuovo". È un comandamento, infatti, che fa parte della tradizione religiosa in genere e dell'AT in particolare.
La novità di questa raccomandazione è che va ricompresa alla luce della relazione che Gesù ha vissuto con i suoi, relazione che ha spinto Gesù all'amore fino alla morte. In virtù di questo amore Gesù può dire: "Vogliatevi bene perché io vi voglio bene" .
Allora questa raccomandazione, nella sua universale ovvietà, trova la sua novità nel fatto che Gesù la propone alla luce della relazione che Egli ha vissuto con i suoi.
"Amatevi gli uni gli altri". Qui si riassume tutto l'insegnamento di Gesù, che così fa la scelta di ricondurre il problema dell'uomo al mondo sostanzialmente in un problema di relazione.
L'essere umano è fatto per entrare in relazione con gli altri. Nessuno si può realizzare da solo, ma solo attraverso rapporti di collaborazione. L'esistenza dell'uomo, la sua maturazione, la sua felicità, il suo equilibrio, la sua realizzazione passano attraverso le relazioni di conoscenza, di collaborazione, di comunicazione e dunque di comunione. Solo se l'uomo vive relazioni positive, che gli consentono quello sviluppo della vita, quella realizzazione che noi chiamiamo felicità, si realizzerà pienamente.
Tutto quello che rientra in questa prospettiva conduce all'obiettivo, alla crescita, alla realizzazione personale, il resto, potrà anche consentire un risultato importante, ma non serve!
«A che serve conquistare il mondo intero se poi perdi l'anima». A che serve realizzarsi sotto tutti i punti di vista se poi la vita è povera di comunione, che è il senso stesso dell'esistenza?!
Dietro la raccomandazione di Gesù c'è la consapevolezza che solo nelle relazioni con gli altri si gioca il tutto per tutto della vita... il resto è accessorio!
Sono convinto di questo? Sono disposto a giocarmi in questo senso? L'organizzazione della mia vita è al servizio di questo? L'occupazione fondamentale della mia vita è questa? Sto giocando il tutto per tutto su questo? O ci sono altri obiettivi, anche buoni, che da questo mi distolgono?
Il lavoro principale, quotidiano è applicarci a migliorare le nostre relazioni: questo dà senso pieno alle nostre giornate, alla nostra storia. A che serve lavorare, se questo obiettivo fondamentale quotidiano viene trascurato? Se, a fine giornata, le migliori relazioni possibili con gli altri ne hanno sofferto? Se dovevo parlare con qualcuno, incontrare un altro... e tutto questo resta in sospeso? Se mi sono mancati quella telefonata, quell'amico, quella parola da dire, quello sguardo... Se non ho avuto il tempo di guardarmi in faccia con la persona con cui vivo?
Non è da ricercare in ciò la nostra insoddisfazione?
Buona domenica e buona settimana! 

Omelia di don Luca Orlando Russo (Come io vi ho amato!)


Lasciarsi amare per capire la verità

Amatevi, come io vi ho amato. Lo spe­cifico del cristiano non è amare (lo fanno molti, dovunque, sempre, e alcuni in un modo che dà luce al mondo) ma a­mare come Cristo. Con il suo modo unico di inizia­re dagli ultimi, di lasciare le novantanove pecore al sicuro, di arrivare fino ai nemici.
La prima caratteristica dell'amore evangelico: a­mare come Cristo. Non: quanto Cristo, impresa impossibile all'uomo, il confronto ci schiaccereb­be. Nessuno mai amerà quanto Lui. Ma come Lui: con quel sapore, in quella forma, con quello stile.
Con quel suo amore crea­tivo, che non chiude mai in un verdetto, che non guar­da mai al passato, ma apre strade. Amore che indica passi, almeno un passo in avanti, sempre possibile, in qualsiasi situazione. A­more che ti fa debole ep­pure fortissimo: debole verso colui che ami, ma in guerra contro tutto ciò che fa male.
La seconda caratteristica: «Come io ho amato voi». L'amore cristiano è anzi­tutto un amore ricevuto, accolto. Come un'anfora che si riempie fino all'or­lo e poi tracima, che di­venta sorgente. L'amore non nasce da uno sforzo di volontà, riservato ai più bravi; l'amore viene da Dio, non dalla mia bravu­ra: amare comincia con il lasciarsi amare. Non sia­mo più bravi degli altri, siamo più ricchi. Ricchi di Dio.
È un amore che perdona ma non giustifica ogni sbaglio. Giustifica la fragi­lità, lo stoppino smorto, la canna incrinata, ma non l'ipocrisia dei pii e dei po­tenti. Ama il giovane ricco ma attacca l'idolo del de­naro.
Se il male aggredisce un piccolo, Gesù evoca immagini potenti e dure come una macina al col­lo.
Amore guerriero e lot­tatore.
Ma se il male è con­tro di Lui allora è agnello mite che non apre bocca.
Terza caratteristica «Ama­tevi gli uni gli altri»: tutti, nessuno escluso; guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il mio amore e chi no. È l'uo­mo. Ogni uomo, perfino l'inamabile. Gli uni gli al­tri significa inoltre reci­procità. Non siamo chia­mati solo a spenderci per gli altri, ma anche a la­sciarci amare: è nel dare e nel ricevere amore che si pesa la beatitudine della vita.
Amore è intelligenza e ri­velazione; amare è capire più a fondo: Dio, se stessi e il cuore dell'essere. Co­me Gesù quando fa emer­gere la verità profonda di Pietro: «Mi ami tu, ades­so?». E non gli importa di quando nel cortile di Cai­fa', Cefa', la Roccia, ha avu­to paura di una serva. A­more che legge l'oggi, ma intuisce già il domani del cuore. E ripete a Pietro e a me: il tuo desiderio di a­more è già amore. 

Omelia di padre Ermes Ronchi

Liturgia e Liturgia della Parola della V Domenica di Pasqua (Anno C): 28 aprile 2013