31 marzo 2013 Solennità di Pasqua - Resurrezione del Signore: Sono risorto e sono sempre con te...
News del 27/03/2013 Torna all'elenco delle news
Un grande augurio per questa divina e sublime Festa, che riguarda tutti noi ed è la vera sorgente della speranza e della felicità: la Santa Pasqua.
La Gioia che Gesù ci dona raggiunga tutti e dia alla nostra vita il 'vero respiro' del cuore, che sgorga proprio dal Divino Amore del Padre.
La Pasqua è, per noi cristiani, la più grande festa dell'anno liturgico.
Vogliamo metterci per un giorno nei panni degli Apostoli, di Maria SS.ma, Sua Madre, e di quanti amavano Gesù, pronti a seguirLo fino in fondo. E Lo amavano sul serio, 'scelto' come 'il Tutto della vita'.
Per Maria SS.ma poi Gesù era 'il figlio prediletto'. Un figlio 'venuto dal Cielo', è proprio il caso di dirlo: annunziato dall'arcangelo Gabriele, nato per opera dello Spirito Santo, circondato da tante profezie e fatti straordinari, ma anche il Figlio dell'uomo, 'intessuto' nel Suo verginale grembo, `sangue del suo sangue'.
I 30 anni, vissuti 'insieme' a Nazareth, nella semplicità e povertà, dovevano essere stati per Lei una vera esperienza di 'vivere con Dio', anche se l'ombra della Croce era sempre presente, a cominciare dalla Natività a Betlemme. Con il cuore sempre pronto a ricevere e conservare ciò che sentiva, vedeva ed accadeva al Figlio, chi meglio di Maria poteva affermare quanto poi anche l'apostolo Paolo dirà di sé: 'Per me vivere è Cristo'?
Un grande Bene, un Dono celeste, come nessun altro: un vivere in pienezza, che non può avere nulla di migliore da contrapporre.
E Maria lo aveva accolto, questo Dono, vivendolo fino in fondo, accompagnando Gesù nella Sua missione, fino a percorrere la via del Calvario, 'stando' sotto la Croce, completamente unita a Lui. Ma ora Gesù era morto, era stato sepolto.
Scomparso dalla loro vista, ma non dalla loro vita.
Quanti non amavano Gesù, forse avevano ritrovato una misera e umana tranquillità di chi non sa, ancora oggi, riconoscere il Bene che è Dio per tutti, e quindi non possono amarLo.
Sapevano — come sappiamo — che le futilità, di cui tante volte riempiamo la nostra esistenza, ci nutriamo, sono come i fiori di cartapesta, ma si accontentavano, anzi forse preferivano questo: `uomini di dura cervice', arroccati nel proprio ego.
Per Maria e gli Apostoli deve essere stato davvero angosciante e triste quel venerdì e sabato santo.
Sulla nostra misera terra era apparsa, in Gesù, il Figlio fatto uomo per noi e come noi, la Grazia, ossia l'Amore stesso del Padre.
Gesù aveva camminato per un tratto di storia con noi e tra noi uomini.
Immensamente bello anche solo sapere che Dio 'fatto uomo', abbia sperimentato il sapore della nostra terra, fatto di speranze, ma anche di tante tristezze.
Ma quel sabato santo la terra, l'umanità si sentiva nuovamente tremendamente sola.
Voler cancellare le impronte di Dio tra noi – anche oggi – è cancellare l'alito di Vita di Dio in noi. Ma non era possibile che Gesù, la Vita, fosse stato spazzato via dalla morte, dall'odio o meglio dall'ottusità degli uomini... come pare continuino a voler fare oggi, stupidamente.
L'Amore, ricordiamocelo, è sempre una vita che resta, e non conosce fine.
Gesù lo aveva affermato più volte: 'Il terzo giorno risusciterò...Io sono la resurrezione e la vita'.
Grande giorno la Pasqua... come se il passato di noi uomini, pellegrini senza patria dopo il peccato originale, orfani senza gioia, improvvisamente fosse spazzato via, facendoci entrare in un mondo nuovo, 'nelle braccia del Padre', aperte per sempre ad accoglierci... sempre che noi 'rientriamo in noi stessi' e crediamo in Lui, 'tornando a Casa'.
Cerchiamo di vivere insieme la Pasqua, mettendoci nei panni degli apostoli e di quanti non avevano cessato di sperare.
E' comprensibile l'atteggiamento di stupore e di incredulità in chi era stato vicino a Gesù e Lo aveva visto morire in croce, martoriato.
Assomiglia tanto alla nostra incredulità di fronte all'annuncio che un giorno risorgeremo.
Se pensassimo che verrà anche per noi la Pasqua, quando saremo noi a risorgere e - speriamo - entreremo nella gloria del Risorto, come vivremmo più intensamente la nostra esistenza quaggiù!
Un pensiero che dovrebbe accompagnarci sempre, per dare alla vita quotidiana la giusta prospettiva con il senso dell'attesa di quel giorno.
Se vivessimo in tale consapevolezza, cambierebbe tanto di noi, che a volte ci affidiamo alla vita come una situazione 'provvisoria' senza futuro.
Per questo la Pasqua ci aiuta ad entrare nel Mistero della vita con Cristo. Il saluto dei primi cristiani era: 'Gesù è risorto! Alleluia!', come conferma della loro fede.
Così Paolo VI spiegava l'Alleluja: "Per noi questo Alleluia conserva il duplice significato originale di lode e di gioia, l'una e l'altra riferite al Signore ed erompenti dall'anima, piena, ad un tempo, di entusiasmo religioso e di gaudio spirituale. Anche noi oggi facciamo nostra l'esultanza commossa della Chiesa. Possiamo dimenticare questo avvenimento, che fa ricordare a noi e in noi rivivere la resurrezione di Cristo? La sua vittoria sulla morte? La sua promessa, già in via di iniziazione mediante la virtù e il sacramento del Battesimo che anche noi un giorno risorgeremo? Possiamo dimenticare che sul fatto prodigioso, reale e soprannaturale della resurrezione del Signore, si fonda la nostra certezza che Gesù è il Salvatore del mondo e quindi il nostro impegno a fare della nostra vita una testimonianza che appunto si chiama cristiana?
E tutto questo noi diciamo con la acclamazione convenzionale: Alleluia! Atto di fede, di fiducia, di gaudio, di vittoria, che in sé riassume una somma di verità e di sentimenti. E questo atteggiamento di lieto vigore dell'anima si va diffondendo fra tanti cristiani anche di oggi, tempo difficile: essi sono disinvolti e allegri a un tempo: e sta bene. Ma così sia, ad una condizione che li preservi dal decadere in naturalismo gaudente, che rischia di diventare illusorio. Occorre custodire nel tempo questa nostra fede e con essa la gioia interiore e la propria esteriore serenità. Sia l'Alleluja il canto che ci accompagni fino a quando sarà pieno in cielo con Cristo Signore!".
Esprimo così i miei auguri a tutti voi, carissimi, con un piccolo brano che scrissi anni fa, in occasione della S. Pasqua.
`Ci doveva essere un grande silenzio sul Calvario, quel mattino.
Il silenzio della paura, forse, per quello che era successo con la crocifissione di Chi meritava, per la Sua bontà, un grande altare.
L'ignoranza, l'odio, l'inferno che alle volte diventa il cuore dell'uomo, credevano di averla spuntata addirittura su Dio, che è l'Amore.
Forse ci fu chi, quella notte, si era compiaciuto del male fatto, ma si può essere felici quando crocifiggiamo Gesù con i nostri peccati?
Regnava anche il silenzio dell'attesa, quel mattino!
Silenziosamente si alzò il sipario della Vita, come se il mondo aprisse gli occhi per la prima volta. Era la Pasqua di resurrezione di Cristo, nostro Signore.
Finalmente era spuntato il Giorno del Signore, giorno che non conosce tramonto e fa tramontare definitivamente il giorno dell'uomo, che è sempre notte.
Tutto il creato, quel mattino, deve aver spalancato gli occhi, sbalordito e commosso di aver ritrovato i passi del Suo Signore. Ogni fiore deve aver fatto cadere l'ultima goccia, che lo chiudeva nella notte, come una lacrima di gioia, vestendosi a festa. Era il giorno del Signore!
ancora oggi il giorno del Signore. Alleluia!
Eppure ci sono ancora tanti uomini e donne che si affaticano stupidamente e tragicamente a costruirsi un Golgota, convinti di creare 'giorni di uomini', illusi di poter, ancora una volta, oscurare il giorno del Signore.
Ma ci sono anche - per Grazia di Dio - oggi, uomini e donne (e tra questi voi che mi leggete) che si fanno riempire gli occhi di stupore e il cui cuore trabocca di amore, raccontando le meraviglie del mattino della Resurrezione. Sono uomini e donne 'pasquali', che con gioia e sincerità sanno farsi lavare nel sacramento della Penitenza dal Sangue di Cristo, per essere perdonati e continuare a vivere, giorno per giorno, nella Gioia del Risorto.
Viene da pregare con le parole della sequenza della Messa di Pasqua:
"Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via?
La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto e vi precede in Galilea.
Si, ne siamo certi: Cristo, nostra speranza è risorto,
Tu, Re vittorioso, portaci la Tua salvezza".
Omelia di mons. Antonio Riboldi
Sono risorto e sono con Te
Dai tempi più antichi la liturgia del giorno di Pasqua comincia con le parole: "Sono risorto e sono sempre con te; tu hai posto su di me la tua mano." Si tratta dell'antifona di ingresso della Messa nella quale si dà voce a Gesù subito dopo la sua risurrezione.
Egli si rivolge al Padre, il Dio della vita, con il quale torna ad essere unito passata l'esperienza buia del Calvario e del sepolcro. Gesù riconosce che la mano del Padre lo ha sorretto anche nella prova più dura, e così Egli ha potuto rialzarsi e risorgere.
La frase è tratta da un Salmo, il 138 e lì l'autore, il re Davide, immaginava un viaggio attraverso tutte le dimensioni dell'universo: "Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: 'Almeno l'oscurità mi copra...', nemmeno le tenebre per te sono oscure... per te le tenebre sono come luce".
Nel giorno di Pasqua la Chiesa ci dice: Gesù Cristo ha compiuto per noi questo viaggio. La notte fu illuminata a giorno e le tenebre divennero luce. Nell'oscurità impenetrabile della morte Egli è entrato come vincitore.
Perciò nelle parole dell'antifona è come se Cristo stesso si rivolgesse al Padre dicendo: "Sì, ho fatto il viaggio fin nelle profondità estreme della terra, nell'abisso della morte e ho portato la luce; e ora sono risorto e sono per sempre afferrato dalle tue mani".
Questo saluto del Risorto a Dio lo possiamo intendere anche come una parola che Egli rivolge a noi: "Sono risorto e ora sono sempre con te".
Il giorno di Pasqua il Signore dice a ciascun credente: "La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa inciampare, cadrai nelle mie mani. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce."
Gesù dopo avere fatto esperienza della condizione umana e dei diversi moti che agitano il cuore degli uomini a motivo della sua passione morte e resurrezione è in grado di comprendere le nostre storture e di indirizzare gli animi di chi si affida a Lui verso sentieri di vita e di luce.
Così Egli dimostra di essere il vero pontefice, colui che unisce il cielo e la terra, Dio e gli uomini. Questa è propriamente la funzione del sacerdote e comprendiamo che è dal Gesù di Pasqua che proviene ogni sacerdozio nella Chiesa.
La condizione più triste per il singolo uomo e per la società è quella fotografata dalle parole della Maddalena la prima mattina di Pasqua: "Hanno portato via il Signore dove pensavamo di trovarlo e non sappiamo dove l'hanno posto!"
È lo smarrimento esistenziale che prende chi non ha più un punto di riferimento davanti al quale mettersi a pregare, chiedere perdono dei propri peccati e attingere fiducia per l'avvenire.
Ma la ricerca di Maria Maddalena non restò senza esito. Come sentiamo dal Vangelo secondo Giovanni subito andò ad avvisare gli Apostoli, in particolare Pietro e Giovanni, e poi lei stessa beneficiò di una apparizione del Risorto.
È significativo comunque che siano stati gli Apostoli a constatare per primi le tracce del mistero e a darne poi l'annuncio pubblico. Come troviamo riportato in san Luca, la professione di fede della Chiesa primitiva si era fissata nella formula breve: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!"
La Chiesa in quanto tale gode di una garanzia di santità che viene dalla presenza del Signore risorto che anche oggi non smette di ripetere a ciascuno e a tutti: "Sono risorto e nella storia rimango sempre con voi!"! Alleluja!!!
Omelia di don Daniele Muraro
Dal buio della notte all'alba della vita
E' ancora buio e le donne si recano al sepolcro di Gesù, le mani cariche di aromi. Vanno a prendersi cura del corpo di lui, con ciò che hanno, come solo le donne sanno. Al buio, seguendo la bussola del cuore.
Gesù non ha nemici fra le donne. Solo fra di loro non ha nemici.
Come il sole, Cristo ha preso il proprio slancio nel cuore di una notte: quella di Natale - piena di stelle, di angeli, di canti - e lo riprende in un'altra notte, quella di Pasqua: notte di naufragio, di terribile silenzio, di buio ostile, dove veglia un pugno di uomini e di donne totalmente disorientati.
Notte dell'Incarnazione, in cui il Verbo si fa carne. Notte della Risurrezione in cui la carne indossa l'eternità, in cui si apre il sepolcro, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba. E nel giardino è primavera. Così respira la fede, da una notte all'altra.
Pasqua ci invita a mettere il nostro respiro in sintonia con quell'immenso soffio che unisce incessantemente il visibile e l'invisibile, la terra e il cielo, il Verbo e la carne, il presente e l'oltre.
Il primo segno di Pasqua è la tomba vuota. Nella storia umana manca un corpo al bilancio della violenza; i suoi conti sono in perdita. Manca un corpo alla contabilità della morte, il suo bilancio è negativo. La storia cambia: il violento non avrà in eterno ragione della sua vittima.
Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Il bellissimo nome che gli danno gli angeli: Colui che è vivo! Io sento che qui è la scommessa della mia fede: se Cristo è vivo, adesso, qui. Non tanto se vive il suo insegnamento o le sue idee, ma se la sua persona, se lui è vivo, mi chiama, mi tocca, respira con me, semina gioia, e ama. Non simbolicamente, non apparentemente, non idealmente, ma realmente vivo.
Perché Cristo è risorto? Dio l'ha risuscitato perché fosse chiaro che un amore così è più forte della morte, che una vita come la sua non può andare perduta.
«Forte come la morte è l'amore»! dice il Cantico. Il vero nemico della morte non è la vita, ma l'amore. Nell'alba di Pasqua non a caso chi si reca alla tomba sono quelli che hanno fatto l'esperienza dell'amore di Gesù: le donne, la Maddalena, il discepolo amato, sono loro i primi a capire che l'amore vince la morte.
Noi tutti siamo qui sulla terra per fare cose che meritano di non morire. Tutto ciò che vivremo nell'amore non andrà perduto.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Ruminare i Salmi - Salmo 118 (Vulgata/liturgia 117),17 (Domenica di Pasqua, anno C)
CEI Non morirò, ma resterò in vita
NV Non moriar, sed vivam
Una osservazione: La traduzione CEI suggerisce un semplice prolungamento della vita terrena, eliminando così la prospettiva dell'oltre-morte. E' meglio invece mantenerla aperta, come il testo ebraico permette e come fanno le versioni antiche, e tradurre: Non morirò, vivrò!
Giovanni Crisostomo: è una profezia della risurrezione: la morte non è più la morte
Atti 10,39-40:...lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno...
A partire dalla risurrezione di Cristo, la mia esistenza non si svolge sotto il segno della morte, ma della vita.
Non è più un essere-per-la-morte, ma per-la-vita.
Non è un cammino verso il buio, ma verso la luce.
Tieni viva in te la parola della risurrezione
http://www.youtube.com/watch?v=NMqr-mHBtCU
http://youtu.be/NMqr-mHBtCU
Omelia di don Marco Pratesi
Liturgia e Liturgia della Parola della Messa della Solennità di Pasqua-Risurrezione del Signore domenica 31 marzo 2013