24 marzo 2013 - Domenica delle Palme: il trionfo e la passione
News del 22/03/2013 Torna all'elenco delle news
Prima i rami d'ulivo, i mantelli stesi a terra a mo' di tappeti, l'Osanna al Figlio di Davide e poi... la condanna il «crocifìggilo». Vengono denunciate così palesemente, le tremende contraddizioni dei comportamenti umani: un effimero trionfo tributato a Cristo riconosciuto Figlio di Davide, Re e Signore e poi, forse le stesse voci che l'osannano, gridano perché sia crocifisso e fatto tacere per sempre. Comprendiamo così il significato recondito delle nostre peggiori passioni e gli effetti devastanti di una miopia spirituale, che oscura il bene e ci immerge in pensieri e in trame di morte. Fa sempre piacere poter acclamare qualcuno da cui attendiamo soluzioni facili ed immediate ai nostri più pressanti problemi. Gesù che aveva rifiutato di essere acclamato Re, dopo la moltiplicazione dei pani, che dirà a Pietro, che tenta di difenderlo con la spada, il mio Regno non è di questo mondo, oggi acconsente di entrare trionfalmente a Gerusalemme, la città santa, per far comprendere che, prima di essere vittima degli uomini, egli, come vero Re, va incontro liberamente alla passione e alla morte. La sua passione è sì una terribile trama ordita dai suoi nemici e causata dai nostri peccati, ma innanzitutto è un disegno divino, una manifestazione palese dell'amore misericordioso del Padre, una esigenza della giustizia divina, una docile ed umile accettazione da parte di Cristo Gesù. Ecco perché accetta di essere acclamato re: è un altro modo per preannunciare la sua gloriosa risurrezione, il suo trionfo sulla morte. Il nostro Osanna quindi lo rivolgiamo a colui che già contempliamo nella fede come nostro vero ed unico Re e Signore, come redentore nostro e come colui che da trionfatore ci precede nella gloria. Le nostre acclamazioni non cesseranno perciò in questa domenica, ma diventeranno il nostro perenne rendimento di grazie, la nostra lode senza fine, che esploderanno in un gioioso Alleluia pasquale.
Nella lettura del testo evangelico possiamo sottolineare come Luca racconta la passione e la morte di Gesù.
Tutti gli evangelisti raccontano la passione di Gesù, ma ciascuno si sofferma su aspetti diversi dell'inesauribile ricchezza della personalità di Gesù e mette in risalto la sua sofferenza e morte da una differente prospettiva. Luca sottolinea questi aspetti:
· Evidenzia l'apertura dei pagani al messaggio di Gesù. Pilato dichiara per tre volte che Gesù è innocente (Lc 23,4.14.22) e lo condanna a morte solo perché incapace di reagire alle insistenze dei capi giudei (vv. 23-24). Poi, alla morte di Gesù, è un ufficiale romano a lodare Dio per primo (v. 47).
· Narra alcuni particolari della compassione e del perdono di Gesù, nonostante il suo dolore. Portando la croce al Calvario, Gesù si preoccupa delle donne che lo seguono (vv. 27-31); giustifica presso il Padre i suoi crocifissori e chiede che li perdoni (v. 34); promette al ladrone pentito di riservargli un posto con sé, in paradiso (v. 43).
· Presenta Gesù circondato dalla gente. Diversamente da Marco, che vuole evidenziare come Gesù sia stato abbandonato nella sua passione, Luca parla della gente che è con lui: una gran folla di popolo (v. 27), alcune donne (v. 27), il buon ladrone (vv. 40-41), il centurione (v. 47), volendo indicare l'ampiezza della Chiesa futura. Egli presenta, inoltre, Gesù che consegna al Padre il suo spirito, con piena fiducia nei suoi insondabili disegni.
Omelia di don Roberto Rossi
L'amore eterno penetra nel tempo
Sono i giorni supremi, i giorni del nostro destino. «Volete sapere qualcosa di voi e di Me? - dice il Signore -. Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Volgete lo sguardo a Colui che è posto in alto».
Il giorno prima, giovedì, l'appuntamento di Dio è stato un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è Dio? Il tuo lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma Tu sei tutto matto. E Lui a ribadire: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i piedi. Il cristianesimo è scandalo e follia.
E io, nella vita, di fronte all'uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello del Salvatore? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lavapiedi dell'uomo?
Ve la immaginate una umanità dove ognuno corre ai piedi dell'altro? Dove ognuno si inchina davanti all'uomo, come il gesto emozionante del vescovo di Roma che si inchina, al balcone di San Pietro, al suo primo apparire, chiedendo preghiera e benedizione, dando venerazione e onore a ogni figlio della terra?
La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).
Dio è così: è bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede più sacrifici a me, sacrifica se stesso per me.
E noi qui disorientati, che non capiamo. Ma poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Dopo duemila anni sentiamo, come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c'è attrazione e seduzione, c'è bellezza. La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morir d'amore. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.
Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto d'amore totale. La croce è domanda sempre aperta, so di non capire. Alla fine però ciò che convince è di una semplicità assoluta:
Perché la croce / il sorriso / la pena inumana?/ Credimi / è così semplice / quando si ama. (Jan Twardowski)
Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre. Una notazione temporale che ha il potere di riempirmi di speranza: perché dice che è fissato un limite alla tenebra, un argine al dolore: tre ore può infierire, ma non andrà oltre, poi il sole ritorna. Così fu in quel giorno, così sarà anche nei giorni della nostra angoscia.
«Ciò che ci fa credere è la croce, ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce, la vittoria della vita» (Pascal).
Omelia di padre Ermes Ronchi
Domenica delle palme e Settimana santa
Non credo lasci indifferenti quanto la Chiesa celebra oggi, chiamata Domenica delle Palme: è come se il sipario del cielo si aprisse per mostrarci dal vivo, in Gesù, Suo Figlio, quanto il Padre ci ami.
Come davanti ai grandi eventi che colpiscono, ciò che si celebra da oggi a Pasqua, è l'Evento per eccellenza, che dovrebbe zittire le voci della nostra vita chiassosa e, a volte, senza senso, per non perdere una sola briciola dell'Amore che si svela.
È l'Evento, quasi incomprensibile, di Gesù che inventa un paradossale trionfo, secondo i nostri poveri criteri umani, ma che è un'epifania di Chi Lui veramente è.
Un trionfo avvolto nella umiltà e recitato da gente semplice, che ha conservato ancora lo spazio per lo stupore e la capacità di riconoscere il divino che è tra noi.
Quell'asinello, il più umile e, se vogliamo, ridicolo degli animali, è il carro del trionfo.
Nulla a che fare con i trionfi cui siamo abituati tra noi uomini.
Quello di Gesù è vera proclamazione dell'amore, che è semplicità, umiltà meravigliosa, come un ti amo detto sospirando. I nostri trionfi sono invece frutto dell'apparenza o, peggio, della superbia, ben lontana dal donare amore.
La gente, oggi, è ancora sensibile al fascino di quelle palme, che vengono benedette e date, come un invito ad accodarci ai semplici, che "stendevano i loro mantelli al passaggio di Gesù, acclamando: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, pace in cielo e gioia nel più alto dei cieli. E quel ramoscello d'ulivo, che riceviamo oggi, è per noi il segno della gioia di accogliere Gesù che passa, per donarci quella pace del cuore, di cui abbiamo bisogno, tutti e tutto il mondo. Non ci importano le tante voci di gente incapace di seguire la folla dei festanti.
Forse assomigliano ai farisei, che dissero a Gesù: Maestro, rimprovera i tuoi discepoli. E Gesù rispose: Vi dico che se questi taceranno, grideranno le pietre. (Lc. 19, 28-40)
Noi vogliamo, se possibile, entrare nella mente e nel cuore di Gesù che, se da una parte gioiva della fede dei semplici, dall'altra certamente già vedeva la folla del sinedrio, davanti a Pilato, che, con urla scomposte e piene di odio, griderà: Crocifiggilo!.
Per loro non sarebbe più stato il Maestro pieno di dolcezza e di umiltà, che si faceva vicino ai semplici, spargendo gioia e pace, ma lì, davanti a Pilato, irriconoscibile per la corona di spine sulla testa, il manto rosso sulle spalle per irriderlo, esposto all'odio dei suoi nemici, come dirà Pilato, sarà: Ecce Homo.
Che male ha fatto, chiederà Pilato. La risposta sarà sempre la stessa: Crocifiggilo.
Non è davvero facile che l'uomo di tutti i tempi sappia riconoscere, in Gesù, Colui che viene nel nome del Signore e porta Pace.
Non ci basta sapere che Dio viene tra noi, è vicino, in mezzo a noi, sempre, con la semplicità e l'umiltà di chi non cerca da noi un trionfo, ma vuole solo donarci serenità.
Siamo malati di tanto egoismo, che ci impedisce di vedere ciò che vedono i semplici, gli umili: il Cielo. Troppe volte ci facciamo abbagliare dai trionfi del mondo, che chiama gloria e festa i carri di carnevale, che sgomita per salire sul carro del vincitore senza neppure rendersi conto di cadere spesso nel ridicolo.
Bisogna essere davvero ciechi per non capire ciò che è davvero la gioia del cuore, da Chi viene, per poter entrare nella festa della domenica delle Palme.
Sempre l'evangelista Luca, immediatamente dopo l'entrata trionfale in Gerusalemme, racconta un particolare che svela come Gesù sappia leggere nei cuori e, scoprendo di essere rifiutato dall'uomo che Egli tanto ama, provi una profonda amarezza e tristezza.
Chi di noi ha avuto il dono di un pellegrinaggio in Terrasanta, credo che abbia bene nel ricordo, nella discesa ripida verso l'Orto degli Ulivi, un angolo che si stacca dalla strada e che è chiamato Dominus flevit: Il Signore pianse. È un luogo suggestivo, da cui si può vedere Gerusalemme e, in particolare, la spianata del tempio. È da lì che Luca racconta: "Quando fu vicino alla città, Gesù la guardò e si mise a piangere per lei. Diceva: Gerusalemme, se tu sapessi, almeno oggi, quello che occorre alla tua pace! Ma non riesci a vederlo. Ecco, Gerusalemme, per te verrà un tempo nel quale i tuoi nemici ti circonderanno di trincee. Ti assedieranno e premeranno su di te da ogni parte. Distruggeranno te e i tuoi abitanti e sarai rasa al suolo, poiché tu non hai saputo riconoscere il tempo nel quale Dio è venuto a salvarti" (Lc. 19, 41-44)
Gesù, sentendosi non accolto dagli uomini, per i quali stava donando l'intera vita, non ha parole di vendetta. Lui è l'Amore del Padre misericordioso, che ha cercato di fare breccia nel nostro cuore.
In fondo siamo noi uomini a essere i diretti destinatari di questo incredibile amore, che può davvero ridare senso e valore alla nostra vita, troppe volte chiusa al bene.
Visitando quel luogo, il Dominus flevit, come Gesù, osservando l'atteggiamento del mondo nei Suoi confronti, viene davvero da piangere.
Quanto siamo stolti, noi uomini, che voltiamo le spalle a Chi ci ama, per abbandonarci a chi fa di tutto per sradicare da noi ogni seme di bene e di gioia!
Meraviglioso amore di Dio, che non punisce chi gli volta le spalle, ma sa spingere il suo amore fino a versare prima le lacrime e poi il suo sangue, per far breccia nel cuore degli uomini!
Ma poteva e può Dio amarci di più?
Pare quasi incredibile che Dio ci ami tanto, da versare lacrime nel vedersi non capito, non accolto o respinto! E questo perché Lui sa bene che l'uomo può conoscere la vera pace e gioia, il vero senso della vita, solo se sa accogliere il Suo Amore.
Credere di poter trovare felicità altrove, voltandogli le spalle, è andare incontro ad una tragica realtà, che si esprime in quel gemito inenarrabile: Gerusalemme (e siamo noi!) se tu sapessi, almeno oggi quello che occorre alla tua pace! Ma tu non riesci a vederlo. Ecco, verrà il giorno in cui i tuoi nemici ti circonderanno....e sarai rasa al suolo, perché non hai saputo riconoscere il tempo in cui Dio è venuto a salvarti.
Abbiamo forse tante volte pensato ad un Dio indifferente alla nostra vita, lontano da noi....non abbiamo tenuto conto che Lui invece ci ama da morire di amore!
E come a ricordarci tanto Amore, che si fa Dolore e Lacrime, oggi la Chiesa ci presenta il racconto della passione di Gesù, secondo Luca. Quanti di noi vivono di Gesù, come affermava l'apostolo Paolo, fanno della lettura della Passione, il centro della loro passione.
E chi non avrebbe voluto raccogliere quelle lacrime di Gesù, lacrime di amore che hanno un valore davvero immenso, per farle proprie, ed essergli così di conforto?
Chi non vorrebbe essere come lavato da quelle lacrime, sicuro di ritrovare la bellezza della vita?
Pensando alle lacrime di Gesù, pare di vedere l'oceano di lacrime della nostra umanità.
Chi non ha conosciuto le lacrime per essersi visto respinto nell'amore?
Quanti uomini, donne, giovani, che avevano trovato il bello della propria vita nel sentirsi amati e nel poter amare, nel vedersi rifiutati, per seguire altri, hanno davvero versato fiumi di lacrime!
Quante mamme, quanti papà hanno pianto di nascosto nel vedere i figli preferire l'inganno del mondo alla loro casa!
Quante lacrime, oggi, si versano per le violenze della guerra: popoli in fuga senza domani, incapaci forse di piangere, ma solo perché sono finite le lacrime!
Questa settimana santa è proprio il tempo di meditare a fondo se, per caso, Gesù non pianga per noi, per la nostra rovina o come asciugare le lacrime di chi, per un lutto dei propri cari, per una malattia, vive piangendo.
È l'augurio che vorrei fare a tutti: meditiamo a lungo su quelle lacrime di Gesù, per capire non solo quanto ci voglia bene, ma anche per accorgerci se, forse, piange proprio per noi.
E, dopo esserci lasciati lavare dalle lacrime di amore di Dio, impariamo a farci vicini a tanti, ma tanti, che piangono e cercano conforto, affetto e comprensione.
Ma impariamo anche a dire Grazie al nostro Dio, che ha un cuore così grande, che non nasconde il dolore, quando non Lo amiamo e sa piangere per ognuno di noi, per me...
Qui è il vero Volto del Padre. Qui è la vera Pasqua. Che sia così per ognuno di noi.
Omelia di mons. Antonio Riboldi
Liturgia e Liturgia della Parola di Domenica delle Palme 24 marzo 2013 (Anno C)
tratti da www.lachiesa.it