Il Giudaismo postbiblico e la protezione divina nel deserto - Cammino Quaresimale a cura di don Nicola Casuscelli: quarta parte

News del 06/03/2013 Torna all'elenco delle news

Il giudaismo post-biblico

     Il giudaismo postbiblico attende la liberazione d’Israele dal deserto secondo la tipologia di Osea su questo tema. Gli Esseni interpretano la loro ritirata nel deserto di Qumran in senso escatologico, come preparazione della retta via.
    
     BREVE ESEGESI DI DEUTERONOMIO 8, 2-18
    
     Il brano di Dt 8,2-18, ponendo in particolare rilevanza i vv 2-4 e 15-16, suppongo metta ben in evidenza quanto fin qui detto circa il deserto come luogo di castigo e di prova per il popolo di Israele, ma anche come luogo in cui la provvidenza divina nulla ha fatto mancare durante i quarant’anni di peregrinazione.
    
     Testo
1 Baderete di mettere in pratica tutti i comandi che oggi vi dò, perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in possesso del paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri.
2 Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. 3 Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. 4 Il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. 5 Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te.
6 Osserva i comandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue vie e temendolo; 7 perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; 8 paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; 9 paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. 10 Mangerai dunque a sazietà e benedirai il Signore Dio tuo a causa del paese fertile che ti avrà dato. 11 Guardati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi comandi, le sue norme e le sue leggi che oggi ti do. 12 Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, 13 quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, 14 il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile; 15 che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; 16 che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice nel tuo avvenire.
17 Guardati dunque dal pensare: La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze. 18 Ricordati invece del Signore tuo Dio perché Egli ti dá la forza per acquistare ricchezze, al fine di mantenere, come fa oggi, l’alleanza che ha giurata ai tuoi padri.
    
     Esegesi
     Mosè, in questo discorso, mostra come Israele debba ascoltare la parola del Signore dopo essersi stabilito nella Terra Promessa ed aver ivi prosperato.
     Mosè stabilisce un drammatico contrasto tra due periodi storici: il periodo del deserto in cui Israele era guidato e nutrito miracolosamente in un ambiente arido e ostile (vv 2-6 e 14-17) e il periodo dell’insediamento in cui Israele sperimenta un paese fertile ed una coltivazione prospera (vv 7-10 e 12-13).
     Nel deserto Israele è stato condotto per essere umiliato e provato (v 2). Perché tale umiliazione? Perché tali prove? Il Signore umilia per rendere Israele conscio della propria dipendenza, e lo prova per metterlo in una posizione in cui appaia il suo vero orientamento.
     In questo brano, le antiche tradizioni riguardanti il deserto sono riorganizzate. Non c’è qui nulla del familiare argomento di infedeltà  nel deserto; sono aggiunti nuovi dettagli: p.e. la miracolosa protezione dei piedi e dei vestiti. Questo luogo inospitale è “lo spazio in cui Dio controlla l’ambiente”. Egli taglia i rifornimenti di cibo ordinari, cosicché la manna possa chiaramente apparire per quello che essa è effettivamente: un cibo miracoloso che fa comprendere ad Israele che esso vive di ciò che esce dalla bocca di Dio. La parola ebraica per “ciò che proviene da” la bocca di Dio (mosà) ricorda la parola per il comandamento di Dio nel v 1 (miswah). Nel deserto Israele visse della manna che usciva dalla bocca di Dio; nel paese vivrà del comandamento che esce dalla bocca di Dio. Il v 6 traspone il cammino nel deserto del v 2, nella metaforica via o modello di vita.
     La rappresentazione del deserto dei vv 2-6, retoricamente enfatizzata, è giustapposta alla rappresentazione, similmente enfatizzata, del paese, che abbonda di acqua e ricco di frutti e minerali metallici. Il contrasto non è tra la sterilità del deserto e la fertilità del paese, è, piuttosto, tra il diretto e visibile nutrimento di Dio nel deserto e l’indiretto ed invisibile nutrimento di Dio nel paese. La potenza è divina in entrambe le sfere, ma richiede un differente tipo di vista per percepire la potenza divina nel paese.
     Quando il popolo, soddisfatto della naturale abbondanza del paese, benedice il divino datore della buona terra, deve fare attenzione a non dimenticare il suo Dio che nel deserto gli insegnò a non vivere di solo pane (v 3), ma anche della parola divina che richiede un’assoluta fedeltà.
     Ai vv14-17, il periodo nel deserto è di nuovo rappresentato come un luogo di prova, di contrasti tra un luogo ostile ed un Dio protettore. La prova della protezione divina nel deserto rese impossibile ad Israele attribuirsi la propria salvezza, pericolo che ora, nella Terra Promessa, potrebbe sorgere.
    

testo di don Nicola Casuscelli, vicedirettore dell' Ufficio Liturgico diocesano e presidente della Commissione pastorale liturgica.