27 gennaio 2013 - III Domenica del Tempo Ordinario: Oggi si è compiuta questa scrittura
News del 11/01/2013 Torna all'elenco delle news
La liturgia di oggi ci fa ripartire dall'inizio del Vangelo. È un invito per tutti, un'affettuosa e dolce proposta: per chi lo ha già letto tante volte, per chi non lo ha mai aperto, per chi si accorge di quanto deve conoscerlo. Ascoltarlo e leggerlo ci aiuta a comprendere il senso vero della nostra vita, cioè la vocazione cui ognuno di noi è chiamato. Riprendere in mano il Vangelo può apparire poco per una generazione che consuma facilmente parole e situazioni, che le enfatizza, alla ricerca vorace del nuovo perché accetta così poco di andare in profondità. Leggere sempre lo stesso Vangelo è la disciplina dell'uomo saggio che sa estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Qualche volta sembra di ripetere quello che già si sa, ma con il tempo e con la fatica del cuore, ne scopriamo il senso e capiamo cosa chiede oggi. Quanto è utile darsi una regola, ogni giorno, di un tempo in cui leggere il Vangelo e pregare! È l'invito di questa domenica in cui ascoltiamo quei versetti dell'inizio del Vangelo di Luca che non vengono normalmente proclamati. Leggiamo il Vangelo per non ridurre tutto a noi, per trovare cuore, sentimenti, perdono! Leggiamolo, per avere quella potenza che usciva dal corpo e dalla parola di Gesù; perché la tempesta del mondo trovi la bonaccia in quella parola che dice oggi al vento ed al mare di calmarsi.
La prima tappa che l'evangelista ricorda è Nazareth. Qui Gesù tiene la sua prima predica. È sabato e, com'è suo solito, si reca in sinagoga. Durante la preghiera sinagogale ogni adulto israelita può leggere e commentare la Scrittura. Quel giorno si presenta Gesù. Il ministro offre a Gesù il rotolo delle Scritture aperto al libro del profeta Isaia. Abbiamo ascoltato il brano letto da Gesù: "Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore". Terminata la lettura, Gesù chiude il rotolo. Tutti hanno gli occhi fissi su di lui; la meraviglia è notevole. Per quanto si può arguire dal Vangelo Gesù non si era mai fatto notare a Nazareth; non aveva seguito corsi di rabbino, né aveva operato cose straordinarie. Solo ultimamente si era sentito che aveva iniziato a parlare in altre cittadine della Galilea. È la prima volta che predica a Nazareth. Cosa dirà? La liturgia, quasi a forzarci ad entrare in questa scena evangelica, ci propone anche l'antica assemblea del popolo d'Israele radunato attorno al sacerdote Esdra. "Tutto il popolo piangeva, -è la prima lettura- mentre ascoltava le parole della Legge". Piangeva perché, finalmente, il Signore era tornato a parlare, a raccoglierli e a offrire loro la speranza di una vita più bella. Non erano più un popolo abbandonato, senza speranza e senza parole. Si accese in loro la speranza che il mondo sarebbe stato visitato dal Signore.
Gesù arrotola il volume e lo depone. Siede. Tutti lo guardano con grande attenzione, sottolinea l'Evangelista, come a farci rivivere quei cuori sospesi nell'ascolto e nell'attesa. "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi". Gesù non commenta, compie! "Oggi". La speranza non è più un sogno lontano, probabile, indefinito, quasi fosse ridotta ad un modo per sopportare meglio le difficoltà del presente. Il tempo non scorre più senza un orientamento. Dopo la Sinagoga di Nazareth tutti possiamo aiutare il Signore perché si compia per tanti il Vangelo. "Oggi" ti vengo a trovare! "Oggi" inizio a dire quelle parole di amore che non so più pronunciare o che sono sempre rimaste dentro! "Oggi" vado oltre il rancore, la paura, il giudizio; "oggi" scelgo di essere generoso, cambio atteggiamento, volto. "Oggi" chiedo perdono a chi ho offeso o tradito. "Oggi" ti aiuto, pover'uomo che chiedi ed hai bisogno di tutto. "Oggi" vogliamo che i malati dell'Africa trovino le cure che un mondo ingiusto vuole negare. "Oggi" possiamo aiutare ad uscire dalla prigione amarissima della solitudine, dall'oppressione della violenza e della guerra. Non rimandiamo sempre al domani, per pigrizia e paura, per sciocco ottimismo. Oggi alziamo gli occhi e guardiamo i campi che già biondeggiano. Apriamo gli occhi del cuore e crediamo nell'amore, potenza del Signore, che egli dona ai suoi, speranza dei poveri e degli oppressi. È l'oggi di Dio. Che non finisce mai.
Ogni volta che il Vangelo viene proclamato, come in questo giorno, si compie questo "oggi" di Dio, l'oggi della liberazione, l'oggi della festa, l'oggi del Vangelo. Ogni volta che si apre il Vangelo dobbiamo sentirci dire: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". L'oggi di Dio entra nei nostri cuori, nelle nostre giornate, anche se tutto quel che accade intorno ci spinge a non credere più a nulla, a non ritenere possibile che questo "oggi" straordinario possa giungere, per rassegnarci tutti all'ineluttabile. Noi crediamo, invece, che l'oggi del Signore - quella festa di cui abbiamo ascoltato nella prima lettura - arrivi per ogni uomo e per ogni donna, in tutti i luoghi della terra, anche in quelli nei quali sembra più impossibile.
Omelia di mons. Vincenzo Paglia
Gesù, il compimento
Dopo la parentesi in compagnia di Giovanni, la liturgia ci riporta tra le pagine di Luca, l'evangelista che accompagnerà il nostro cammino fino al prossimo Avvento.
Nella narrazione del terzo evangelista, per quattro volte Gesù entra in una sinagoga e ogni volta si trova a dover affrontare situazione di conflitto. Quello che la liturgia di propone oggi - cucendolo subito dopo il solenne prologo - è il primo dei quattro ingressi, che si chiude addirittura con la decisione di uccidere Gesù.
La fama del Rabbì di Nazareth inizia a viaggiare di bocca in bocca, la Sua parola è guidata dallo Spirito Santo e in tutte le sinagoghe viene lodato per il suo insegnamento.
Beh, non proprio in tutte, perché a Nazareth - come vedremo la prossima settimana - le cose vanno un po' diversamente...
Gesù si alza per leggere la scrittura, ma al posto del brano previsto dalla liturgia sinagogale, trova - e il verbo greco utilizzato dice il trovare dopo una ricerca - il brano di Isaia 61, l'investitura del Messia. Due sono i temi presenti in questo testo letto da Gesù: l'annuncio della liberazione e la predicazione dell'anno di grazia, il grande giubileo previsto dal libro del Levitico.
Vorrei attirare la vostra attenzione su una seconda infrazione commessa da Gesù nella sinagoga. Dopo l'anarchica scelta di un brano alternativo da quello previsto dal protocollo liturgico, il Rabbì di Nazareth si permette pure di mutilare il testo e di tralasciare il versetto che annuncia il giorno di vendetta di Dio (Is 61,2b). C'è una apertura nuova, c'è una visione di Dio che Gesù inizia ad annunciare fin da questo suo discorso programmatico.
Il Rabbì di Nazareth si siede come un maestro pronto ad insegnare. Tutti gli occhi sono su di Lui. Aspettano un commento a quella Parola scelta e ritagliata dal rotolo di Isaia. Ma Gesù non spiega il brano e non fa applicazioni morali, annuncia invece un compimento. Lui è il messia atteso, è la buona notizia, è la mano che scioglie le catene, è la luce che libera dal buio, è la verità che dona vera libertà. Lui è il compimento di ogni promessa.
Tra i "Ritagli dello Spirito" (www.oratoriotirano.wordpress.com) trovate nuovi testi per la vostra riflessione personale. Buona lettura!
Omelia di don Roberto Seregni robertoseregni@libero.it
Oggi: è l'oggi di tutti i tempi
Il Vangelo di oggi è costituito da due parti.
Nella prima Luca spiega che ha fatto una ricerca per creare un documento che raccontasse tutto ciò che riguardava Gesù di Nazareth, basandosi sulle testimonianze che ha trovato. L'ha scritto per il suo amico Teòfilo, forse senza rendersi conto di quanta gente l'avrebbe poi letto.
Nella seconda parte vediamo come Gesù comincia la sua evangelizzazione in Galilea, di ritorno dal Giordano dove battezzava come Giovanni Battista.
Oltre al Tempio di Gerusalemme, i giudei avevano in ogni paese una Sinagoga dove si radunavano per la preghiera del Sabato e vi era l'uso di dare la parola alle persone di passaggio come segno di accoglienza e anche per avere eventuali notizie: era il loro telegiornale.
Gesù approfitta di questa consuetudine per evangelizzare e i suoi compaesani, sapendo che ultimamente ha viaggiato e che ha anche fatto cose fuori dal comune, di ritorno al suo paese gli conferiscono la parola.
Gesù si alza, legge un testo di Isaia che dice:
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.
Poi arrotola il volume, lo consegna all'inserviente e si siede. Dopo di che fa la predica più bella e completa di tutta la sua vita dicendo semplicemente:
Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi.
Massimo della sintesi. Ogni predica dovrebbe annunciare esattamente questo. Proviamo ad analizzare questa frase.
Oggi: è l'oggi di tutti i tempi. Dio opera nel presente, nell'oggi, e invita anche noi a fare altrettanto dicendoci che ad ogni giorno basta la sua pena. Chi vive di ricordi o di sogni vive male. La realtà è il presente ed è lì che posso incontrare Dio, il prossimo e me stesso.
Oggi si adempie, anzi si è già adempiuta questa scrittura, questa profezia o promessa. Si è adempiuta e si sta ancora adempiendo, perché il Signore è presente oggi, in mezzo a noi.
Oggi Dio aiuta l'uomo bisognoso. Gesù lo annuncia e fa da garante, per questo può dire che la Parola si compie e questo deve rivelare ogni predica.
Chiediamo al Signore il dono di vederlo per poterlo raccontare.
Omelia di padre Paul Devreaux
I poveri, principi del Regno di Dio
Luca ci racconta la scena delle origini, scena da stampare nel cuore. Lo fa quasi al rallentatore, per farci comprendere l'estrema importanza di questo momento. «Gesù arrotola il volume, lo consegna, si siede. Tutti gli occhi sono fissi su di lui». Risuonano le prime parole ufficiali di Gesù, «oggi la parola di Isaia diventa carne»: si chiudono i libri e si apre la vita. Dalla carta scritta al respiro vivo. Dall'antico profeta a un rabbi che non impone pesi, ma li toglie, non porta precetti, ma libertà.
L'umanità è tutta in quattro aggettivi: povera, prigioniera, cieca, oppressa.
Sono i quattro nomi dell'uomo. Adamo è diventato così, per questo Dio diventa Adamo.
Con quattro obiettivi: portare gioia, libertà, occhi nuovi, liberazione. E poi con un quinto perché spalanca il cielo, delinea uno dei tratti più belli del volto di Dio: «proclamare l'anno di grazia del Signore», un anno, un secolo, mille anni, una storia intera fatta solo di benevolenza, perché Dio non solo è buono, ma esclusivamente buono, incondizionatamente buono. I primi destinatari sono i poveri. Sono loro i principi del Regno, e Dio sta alla loro ombra. È importante: nel Vangelo ricorre più spesso la parola poveri, che non la parola peccatori. La Buona Notizia non è una morale più esigente o più elastica, ma Dio che si china come madre sul figlio che soffre, come ricchezza per il povero, come occhi per il cieco, come libertà da tutte le prigioni, come incremento d'umano.
Dio non mette come scopo della storia se stesso, ma l'uomo; il Regno che Gesù annuncia non è un Dio che riprende il potere su una umanità ribelle e la riconduce all'ubbidienza, per essere servito, ma il Regno è un uomo gioioso, libero da maschere e da paure, dall'occhio luminoso e penetrante, incamminato nel sole.
Un sublime capovolgimento. Dio dimentica se stesso, non di sé si ricorda, ma di noi: non offre libertà in cambio di ossequio, ama per primo, ama in perdita, ama senza contraccambio.
La parola chiave del programma di Gesù è libertà, ripetuta due volte.
Come mi libera Cristo? «Cristo è dentro di me come una energia implacabile, fintanto che tutto il nostro essere non diventa luminoso; dentro di me come germe in via di raggiungere la maturazione; come un sogno di pienezza di vita, indomabile e attivo, un desiderio di libertà» (G. Vannucci); come un lievito mite e possente che trasforma il mio pianto in danza, il mio sacco in veste di gioia.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Ruminare i Salmi - Salmo 19,8
Salmo 19,8
CEI La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima.
TILC La parola del Signore è perfetta: ridà la vita.
NV Lex Domini immaculata, reficiens animam.
1Corinzi 12,13 tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito
Luca 4,14 Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito
Guerrico d'Igny: Questa legge del Signore è la carità, legge di fuoco che il dito del Signore scrive sulla tavola del cuore ("Lex Domini immaculata convertens animas" charitas est: lex utique ignea, quae est in dextera ejus, quae cum digito Dei scribitur "super latitudinem cordis", et ipsum cor amoris incendio, et eos ignito fervere facit eloquio.)
La legge della nuova alleanza è lo stesso Spirito Santo effuso dal Messia crocifisso e risorto, che disseta e rinvigorisce il cuore, edifica e anima la Chiesa.
La legge del Signore è perfetta, ridà vita.
http://www.youtube.com/watch?v=y-usTBB7ZoA
http://youtu.be/y-usTBB7ZoA
Omelia di don Marco Pratesi
27 gennaio 2013 - III Domenica del Tempo Ordinario (Anno C):Liturgia e Liturgia della Parola