25 dicembre - Solennità del Natale del Signore: la nascita di Dio nella nostra storia possa davvero provvedere a che noi rinasciamo a noi stessi...
News del 21/12/2012 Torna all'elenco delle news
A Natale non celebriamo un ricordo, ma una profezia. Natale non è una festa sentimentale, ma il giudizio sul mondo e il nuovo ordinamento di tutte le cose. Quella notte il senso della storia ha imboccato un'altra direzione: Dio verso l'uomo, il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio a un campo di pastori. La storia ricomincia dagli ultimi.
Mentre a Roma si decidono le sorti del mondo, mentre le legioni mantengono la pace con la spada, in questo meccanismo perfettamente oliato cade un granello di sabbia: nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della storia. La nuova capitale del mondo è Betlemme.
Lì Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia... nella greppia degli animali, che Maria nel suo bisogno legge come una culla. La stalla e la mangiatoia sono un 'no' ai modelli mondani, un 'no' alla fame di potere, un no al 'così vanno le cosé. Dio entra nel mondo dal punto più basso perché nessuna creatura sia più in basso, nessuno non raggiunto dal suo abbraccio che salva.
Natale è il più grande atto di fede di Dio nell'umanità, affida il figlio alle mani di una ragazza inesperta e generosa, ha fede in lei. Maria si prende cura del neonato, lo nutre di latte, di carezze e di sogni. Lo fa vivere con il suo abbraccio.
Allo stesso modo, nell'incarnazione mai conclusa del Verbo, Dio vivrà sulla nostra terra solo se noi ci prendiamo cura di lui, come una madre, ogni giorno.
C'erano in quella regione alcuni pastori... una nuvola di ali e di canto li avvolge. È così bello che Luca prenda nota di questa unica visita, un gruppo di pastori, odorosi di lana e di latte... È bello per tutti i poveri, gli ultimi, gli anonimi, i dimenticati. Dio riparte da loro.
Vanno e trovano un bambino.
Lo guardano: i suoi occhi sono gli occhi di Dio, la sua fame è la fame di Dio, quelle manine che si tendono verso la madre, sono le mani di Dio tese verso di loro.
Perché il Natale? Dio si è fatto uomo perché l'uomo si faccia Dio. Cristo nasce perché io nasca. La nascita di Gesù vuole la mia nascita: che io nasca diverso e nuovo, che nasca con lo Spirito di Dio in me.
Natale è la riconsacrazione del corpo. La certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatto sua, in qualche sua parte è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra.
Il creatore che aveva plasmato Adamo con la creta del suolo si fa lui stesso creta di questo nostro suolo. Il vasaio si fa argilla di una vaso fragile e bellissimo. E nessuno può dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perché Creatore e creatura ormai si sono abbracciati. Ed è per sempre.
Omelia di padre Ermes Ronchi (La storia ricomincia dagli ultimi)
Messa della Notte del 24-25 dicembre 2012 (Anno C): Liturgia e Liturgia della Parola
Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore
Nell'Avvento abbiamo risvegliato in noi il desiderio, l'attesa di Dio: il Natale è la risposta di Dio che viene incontro alla nostra sete, al nostro bisogno di lui. Vivere il Natale significa percorrere, con il Vangelo, tutto il cammino interiore dell'uomo in ricerca di senso, incrociare gli idoli che gli si offrono, sperimentarne la radicale insufficienza e poi d'improvviso incontrare la luce: il Vangelo di Luca è quello più coinvolgente, con la sua bellezza che irrompe nelle zone più oscure, la gioia dentro l'angoscia, la forza dentro la debolezza, la ricchezza dentro la povertà, perché Dio è con gli ultimi, perché dal cielo è venuta una luce che ha rischiarato la notte oscura della solitudine umana e un angelo ha parlato ai pastori: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo. Oggi, nella città di Davide, è stato generato per voi un Salvatore, che è Cristo, Signore" (Lc.2,10-11). Nella Bibbia l'angelo del Signore annuncia una notizia che non può venire che dal cielo: il messaggero di Dio è portatore di una parola che rivela ciò che l'uomo da solo non può scoprire. Così i pastori ascoltano una novità meravigliosa "al di là di tutto ciò che l'uomo può concepire o immaginare" (Ef.3,20): a loro è annunciato il "Vangelo di Natale". Luca ha appena narrato che "mentre (Giuseppe con Maria) si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto: diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia". E San Paolo dice: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal.4,4). Maria, una ragazza di Nazareth, ha partorito il suo figlio, e l'angelo ha annunciato: "è stato generato per voi un Salvatore". Nel parto di Maria, si realizza il mistero di Dio che si incarna: "la pienezza del tempo" è il compimento del progetto di Dio. Ciò che Paolo dice con un linguaggio teologico, Luca l'annuncia con un linguaggio narrativo, ma nel messaggio dell'angelo ai pastori risuona l'annuncio cristiano fondamentale, il kerigma essenziale della fede: nel figlio generato da Maria si è incarnato il Figlio di Dio; la carne umana è piena di Dio. E' accaduto un evento: l'angelo di Dio ne rivela il senso inimmaginabile. Il Figlio di Dio nato da donna è il Salvatore: scendendo nella carne dell'uomo, la debolezza dell'uomo è riempita della grandezza di Dio; è il Cristo, il Signore: è il Messia che porta Dio stesso all'umanità, che scendendo nella fragilità umana, la innalza all'altezza di Dio.
L'angelo è il primo "evangelizzatore": "Non temete, dice infatti: ecco, vi porto il lieto annuncio ("vi evangelizzo"), una grande gioia che sarà per tutto il popolo. Oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo, Signore": il messaggio è estremamente preciso, certamente è l'annuncio che la comunità cristiana fa risuonare in tutto il mondo. Ed è per noi, oggi: noi che riteniamo di essere cristiani di lunga data, cristiani più per ormai tenue appartenenza sociologica che per accoglienza personale della fede, cristiani spesso annoiati e intristiti, ben lontani dall'essere esultanti per la gioia del lieto annuncio ricevuto, siamo invitati a riascoltare l'annuncio fondamentale della nostra fede. Se non siamo adagiati ormai nella nostra annoiata banalità, se abbiamo risvegliato il bisogno di senso, il desiderio di Dio, a noi è dato un annuncio e poi l'invito: "Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia".
Attorno all'annuncio dell'angelo, Luca costruisce tutta una scena che svolge il ruolo di un discorso sulla salvezza, delineando tutta la teologia di Paolo: "Io non mi vergogno del Vangelo perché è potenza di Dio, per la salvezza di chiunque crede" (Rom.1,16).
Se Luca colloca l'evento della nascita di Gesù, nel contesto "dell'editto di Cesare Augusto che ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra" "quando Quirinio era governatore della Siria", non è tanto per la sua sensibilità storica, quanto piuttosto per la sottile ironia con cui vuole contrapporre l'orgoglio del potere umano che si innalza nella sua illusione di dominare il mondo, all'onnipotenza di Dio che si abbassa per salvare il mondo, amandolo. Ma nella stesso tempo Luca guida la nostra ricerca di verità: per noi chi conta veramente, l'imperatore di turno, o Dio? E Dio dove sta veramente: in chi pensa di avere il mondo nelle proprie mani o in chi è a servizio di tutti? Evidentemente parlando di censimento, Luca non può non pensare a Davide ripreso da Dio per il suo grande peccato di volere conoscere esattamente la grandezza del suo potere (1 Cron.21,8): Davide deve imparare ad essere strumento nelle mani di Dio, servo di un Dio che va sempre più rivelandosi come "Colui che discende per liberare il suo popolo". A Davide, Dio ha promesso "una casa, una famiglia, un regno che non avrà fine" (2Sam.7): adesso, nelle trame del potere intessute dai politici, si innesta la forza irresistibile di Dio che agisce attraverso l'ubbidienza di Giuseppe che dalla Galilea, da Nazareth "sale" verso la Giudea: è della casa e della famiglia di Davide, ma ormai è ben lontano da ogni forma di potere. E Dio agisce attraverso Maria, "la sua sposa che era incinta": di lei Luca non dice nulla se non che "Dio ha guardato la piccolezza della sua serva.ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili". Tutto converge verso la grande rivelazione: Dio è Colui che si abbassa, si annienta, si incarna perché Dio è Amore. E tutto questo non è un mito: è un evento reale. "Maria ha partorito il suo figlio, lo ha avvolto in fasce, l'ha deposto in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio": "E' nato per noi un salvatore, Cristo, Signore": tutto è solo e semplicemente umano, spogliato da qualsiasi sovrastruttura. Dio nell'uomo: non ci sono privilegi, orpelli, distinzioni che attirino l'attenzione.
La gloria di Dio sta nell'uomo: Luca costruisce una festa in cielo e nel cielo sono portati i pastori, i poveri, gli esclusi, i peccatori. E' una liturgia nuova, più grandiosa di quella del Tempio: il luogo ordinario della vita dei pastori è diventato il luogo della presenza di Dio.
Tutto questo è annunciato a noi, oggi, perché riviviamo l'esperienza dei pastori: " Si dicevano l'un l'altro: andiamo a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere. Andarono, trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia". Hanno visto un bambino simile ai loro bambini: ma l'angelo ha rivelato che Dio ha preso il posto dell'uomo per dargli il suo posto in cielo, ha preso la vita dell'uomo per dargli la sua, Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio. Tutto è così normale, piccolo, umile eppure tutto è infinito come Dio: sperimentare Dio nella fragilità del bambino è l'esperienza dei pastori che hanno cominciato ad annunciare al mondo. E' l'esperienza di Maria che "custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore", è l'esperienza della Chiesa lungo i secoli, è la nostra esperienza oggi: abbiamo ricevuto l'annuncio che Dio sta dentro la nostra carne, ogni giorno ne scopriamo il significato e ne gustiamo la gioia. Non possiamo non condividere la gioia con tutti i nostri fratelli e sorelle.
Omelia di mons. Gianfranco Poma
Messa dell'Aurora del 25 dicembre 2012 (Anno C): Liturgia e Liturgia della Parola
La gioia che proviene da un Evento
La gioia del Natale non è quella che ci deriva dalla propaganda immancabile dei consumi che, quando esagerata e deviante, tende a confonderci e a disorientarci screditando il vero senso della festa, per la quale sembrerebbe Natale solo l'evenienza di questa o quella marca di panettone o la corsa al regalo elettronico e alla pelliccia più esaltante; non è neppure quella che potrebbe provenire da un concetto astratto, da una scoperta scientifica o dal sensazionalismo di una notizia foriera di novità passeggere, ma semplicemente la gioia indefinita e del tutto speciale di un Evento realizzatosi una volta sola nella storia, che ha il suo riverbero in tutte le epoche e che anche ai nostri giorni non cessa di stupirci e di affascinarci: Dio, nonostante la sua indiscutibile magnificenza e grandezza, si è fatto Bambino. Il Verbo, Parola Creatrice costerno al Padre e partecipe della sua stessa sostanza, si è fatto carne, cioè ha assunto tutta le precarietà e le debolezze umane, confondendosi con gli uomini di un periodo determinato della storia ai fini di assumere la storia umana fino in fondo. Che Dio abbia creato il mondo ha già il suo fascino, ma ancora più esaltante e magnifico è che Egli abbia voluto spogliarsi di tutte le sue certezze per noi.
Si tratta della gioia che è vano procacciare nel marasma delle disillusioni umane e che solo lo stesso Verbo Incarnato può garantire, perché Lui solo può avere interesse a che l'uomo ritrovi se stesso in Dio.
Pochissimi giorni fa' il libro di Michea ci invitava a guardare Betlemme sotto l'aspetto geografico, in sintonia con la dimensione profetica di città piccola e dimessa e allo stesso tempo privilegiata: "E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti." (Mic 5, 1)
Il profeta prometteva che il re di Israele sorgesse proprio da questo sparuto villaggio di Giudea, a significare come Dio esalta e privilegia l'umiltà e la mansuetudine resistendo ai superbi e agli altezzosi: nessuno infatti si sarebbe mai immaginato che il Salvatore potesse incarnarsi in una dimensione così sottomessa della storia, deliberando per una situazione familiare così precaria e una città così insignificante, stando alle interpretazioni degli stessi Israeliti: l'Onnipotente Eterno Dio, Creatore di tutte le cose nasce da donna, sotto la legge, per riscattare tutti quelli che sono sotto la legge (Gal 4, 4 - 5) e per intrattenersi con gli uomini svelando a tutti i misteri del Regno dei Cieli.
Dio, che potrebbe nascere nella carne in una possente dimora regale, attorniato da innumerevoli sicurezze, sfarzi e comodità che gli garantirebbero l'esercizio della sua autorità indiscussa, preferisce nascere nella piccolezza e nell'umiltà di un paesino sperduto, per di più dal grembo di una umilissima fanciulla, che lo accudisce in un alloggio ostile e rude come quello della mangiatoia! Perché il Creatore decide di diventare Bambino sotto queste condizioni storiche che la nostra umanità interpreta come assurde, impensabili e inaudite? Semplicemente perché Egli prende le distanze dal comune sentire proprio dell'umanità e dalle pretese arrivistiche e ambiziose che caratterizzano le nostre scelte, non ama esaltarsi torreggiando sulla massa, come avviene nei nostri ambiti sociali e professionali, non predilige la grandezza e la caparbietà dietro la quale l'uomo tende a nascondersi per venire meno alla propria realizzazione di maturità e dignità personale; decide piuttosto di assumere quegli aspetti dell'umano che noi definiamo ignobili e aberranti e che tutti vorremmo evitare: la miseria, l'annientamento, l'abbandono. Nelle vesti di un Bambino indifeso, Dio smentisce se stesso per esaltare tutti gli uomini, ma soprattutto per solidarizzare con quanti sono vittime della stessa umanità, ossia con i poveri, gli emarginati, i diseredati, i dimenticati: Dio si mostra solidale soprattutto con coloro che subiscono le ingiustizie della convivenza umana, le discriminazioni sociali, le oppressioni e le ingiustizie di chi presume di esercitare un potere disgregante sugli altri; nascendo nella carne Dio sottomette la propria carne alle intemperie, alla fame e alle insicurezze per sperimentare il dolore di quanti anche oggi subiranno le stesse sofferenze. Per questo il Natale del Signore appartiene esclusivamente ai poveri e agli sfiduciati, che da sempre sono stati resi oggetto dell'amore privilegiato di Dio e che sederanno accanto a Lui nel giorno del giudizio per corrispondere assieme a Lui a ciascuno secondo i propri meriti. Natale è il giorno in cui il Tutto si perde volontariamente nel Nulla, la Grandezza si concede alla frammentarietà infinitesima e la Gloria si perde nella miseria e nel deprezzamento degli uomini, pertanto possiamo essere certi che se vogliamo trovare il Signore con certezza lo potremo rinvenire nei poveri e negli affranti e per estensione anche negli ammalati, nei sofferenti e in coloro che hanno smarrito la fiducia e la speranza.
Tuttavia in questo giorno celebriamo che "il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi", per percorrere i cammini di tutti gli uomini, di qualsiasi appartenenza sociale e culturale, volendo condividere le ansie e i problemi di tutti e come afferma Paolo a Tito"si è manifestata la grazia salvatrice di Dio a tutti gli uomini", senza alcuna eccezione, pertanto
siamo tutti spronati a rinnovare la fiducia e la speranza e a non perderci di coraggio nelle sfide del quotidiano, in tutti gli aspetti della vita, in cui le lotte, gli oneri e le delusioni sono all'ordine del giorno e non di rado vi è anche chi si lascia catturare dalla morsa della disperazione. Gesù viene a condividere la nostra storia percorrendone le tappe più impegnative e deprimenti perché il Lui possiamo trovare un alleato certo, pronto a schierarsi dalla nostra parte; mentre in questi mesi l'Italia conta oltre 240000 posti di lavoro in meno e si perdono moltissime prospettive per il futuro dei giovani, Gesù fatto uomo, vivente in mezzo a noi, che viene a visitarci con la sua salvezza, si rivolge alla gioventù odierna perché trovi orientamento in Lui, che ha condiviso le insicurezze professionali da umile apprendista artigiano, che ha patito le asperità consumandosi nella fatica per tanti anni prima di partire per il suo ministero di annuncio e che anche nella vita pubblica si è trovato a chinarsi sulle varie situazioni di miseria e di sofferenza. Occorre infatti non perdersi d'animo e perseverare nel bene con rinnovato entusiasmo e vigore, nonostante le avversità che incombono nella vita di tutti i giorni e il Signore Bambino che ha vissuto l'umanità fino in fondo, a questo ci sprona tutti quanti, garantendo la sua amicizia e la sua vicinanza.
Omelia di padre Gian Franco Scarpitta
Messa del Giorno del 25 dicembre 2012 (Anno C): Liturgia e Liturgia della Parola