23 dicembre 2012 - IV Domenica di Avvento: Maria, guidaci a incontrare Gesù Bambino

News del 18/12/2012 Torna all'elenco delle news

Quarta ed ultima di Avvento: si chiude un ciclo di preparazione spirituale al Santo Natale. Quattro settimane per riflettere sulla nostra condizione di cristiani che attendono con speranza l'annuale venuta del Salvatore.
La parola di Dio di questa ultima domenica di Avvento ci aiuta a preparare degnamente questo incontro con il Signore con lo stesso atteggiamento interiore di Maria, Giuseppe, Elisabetta e Zaccaria: i quattro personaggi che sono oggi richiamati, direttamente e indirettamente, nel testo del vangelo e che meglio di ogni altra persona vicina al Signore possono favorire questo annuale incontro con Gesù. Il Vangelo della Visitazione della Beata Maria Vergine a Santa Elisabetta ci da i parametri essenziali di come vivere questo Natale: nella gioia, nella carità, nella riconoscenza a Dio, nella fede sincera e sentita. Non può esserci vero Natale nel nostro cuore e nella nostra vita se non ci apriamo a questo incontro, a questo intimo rapporto con il Signore, sul modello di quella esperienza di maternità che Maria ha sperimentato in modo del tutto singolare. Anche noi siamo chiamati a fare rinascere nella nostra vita Gesù Cristo, perché ogni festa è sempre una nuova opportunità per dialogare con Cristo nella carità. Leggendo il testo del Vangelo di Luca comprendiamo esattamente tutto questo.
Alla carità deve pure corrispondere un atteggiamento di umile attesa, come ci rammenta il brano della prima lettura della parola di Dio di oggi, tratto dal profeta Michea, che parla di Betlemme, come il più piccolo villaggio della Giudea da cui nascerà il Salvatore. Dio non va in cerca di grandi cose, ma di piccole e insignificanti realtà umane e terrene ove manifestare meglio la sua divina natura e potenza. Non cerca i palcoscenici delle grandi e rinomate città e luoghi che fanno da garanzia e credenziale al successo e all'affermazione. Si sceglie piccole creature e piccole realtà con le quali si può meglio dialogare e ove è possibile riporre la parola della gioia e della speranza. Oggi che si cercano i vari palcoscenici per raggiungere spasmodicamente il successo, Gesù ci indica la strada della riservatezza, del silenzio, della povertà e dell'umiltà espressa anche attraverso Betlemme, vista dal profeta Michea come il villaggio più adatto ad accogliere la nascita del Messia. Una grande lezione di vita, una vera scuola di umiltà alla quale dobbiamo tutti ispirarci.
Dal testo della seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, comprendiamo l'importanza dell'esempio di Cristo per noi, che necessitiamo di punti di riferimento certi. Egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.
Cristo dalla grotta di Betlemme alla croce di Gerusalemme rimane l'unico Salvatore del mondo ieri, oggi e sempre. Il suo sacrificio sulla Croce è una risposta d'amore al Padre e all'umanità. Il fare la volontà del Padre è costato a Cristo la morte in croce, che è la più grande e stupenda opera dell'amore di Dio. Betlemme e il Calvario sono strettamente legati in un unico grande mistero d'amore. Un mistero condiviso dalla Vergine Maria che accoglie Cristo nel suo grembo verginale ed è presente sul Calvario mentre Cristo dona la sua vita per l'umanità. Gesù, Maria insieme a San Giuseppe, la sacra famiglia di Betlemme siano il modello per tutti noi affinché il Natale diventi davvero nel Signore la festa del cuore e della famiglia.
Sia questa la nostra preghiera, rivolta a Dio, ma con un forte appello all'intercessione della Vergine Maria, perché faccia di questo Natale 2009 una vera festa della vita e della gioia per noi tutti e per il mondo intero. "O Dio, che hai scelto l'umile figlia di Israele per farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché imitando l'obbedienza del Verbo, venuto nel mondo per servire, esulti con Maria per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode". Amen. 

Omelia di padre Antonio Rungi
 

Beata Colei che ha creduto

Nella quarta domenica di Avvento, ormai alla vigilia del Natale, la Liturgia ci invita a vivere l'attesa della nascita di Gesù, gustando l'intensa esperienza dell'incontro di Maria con la cugina Elisabetta. Anche in questa pagina (1,39-48), Luca rivela la sua raffinatezza di artista, guidandoci a gustare tutta la ricchezza di un evento così umano fino a svelarci che proprio nella carne umana si fa presente Dio. Cosa c'è di più umano del grembo di una donna nel quale fiorisce una vita nuova? Quale gioia più intensa di quella di una donna anziana, che tutti ritenevano sterile, quando prende coscienza che dentro di lei si muove un bambino? Luca ci descrive la gioia trepidante di Maria, giovane ragazza, e il suo partire veloce per incontrare l'anziana cugina Elisabetta: forse Maria, giovane, ha avvertito il bisogno di confidarsi, di capire, di avere i consigli di una persona più anziana, mentre Elisabetta, timorosa per una gravidanza in età avanzata aveva bisogno del conforto e dell'entusiasmo della più giovane cugina. La gioia di due donne che portano dentro di sé la vita: Luca ci fa percorrere tutto il cammino dell'esperienza vissuta da loro, dal saluto, dall'accoglienza gratuita, alla percezione che solo una donna può sentire, di una vita che nasce dentro, alla gioia, al senso divino di una realtà così umana. E Luca, mostrandoci Maria che, accolto il lieto annuncio, corre a portarlo ad Elisabetta perché lei pure lo condivida, coinvolge anche noi, perché comprendendo la bellezza di ciò che ci viene detto, ne diventiamo gli annunciatori: un evento tanto normale, come l'incontro di due donne incinte, illuminato dalla Parola, diventa la rivelazione della presenza del mistero di Dio nella storia. (.....)

Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!. Certamente questa è la frase centrale di tutto il brano: se con i suoi orecchi Elisabetta ha ascoltato il saluto di Maria, lo Spirito Santo la rende capace divedere l'invisibile e di comprendere ciò che è accaduto in Maria. In Maria Dio ha parlato, rompendo tutte le logiche umane; a lei ha chiesto di affidarsi alla forza creatrice dello Spirito di Dio: Maria ha creduto, è diventata la serva del Signore, ha lasciato che lo Spirito solo operasse in lei, in lei tutto è grazia, lei è grazia. Per Maria Elisabetta pronuncia una delle beatitudini del Vangelo: Beata colei che ha creduto che ci sarà compimento per le parole dette a lei dal Signore. Maria è beata perché ha creduto: Luca ci mostra che in Maria si realizza ciò che Paolo, con il suo linguaggio teologico, ha chiamato la giustizia mediante la fede. Maria ha lasciato spazio alla totale gratuità dell'amore di Dio e ha sperimentato che nessuna parola è impotente presso Dio.

Comprendiamo perché Zaccaria scompaia dalla scena così animata dall'incontro delle due donne, raffinatamente costruita da Luca, nelle quali la Parola di Dio, vivificata dallo Spirito, è operante nel grembo delle due madri: Zaccaria, il sacerdote, è l'uomo della giustizia della Legge, che non crede all'infinita potenza dell'Amore gratuito di Dio (Lc.1,21), che rimarrà muto fino a quando avrà il coraggio di proclamare che nel figlio della sua vecchiaia Dio è dono(Giovanni). La sorprendente giustizia della grazia, operante in Maria per la sua fede, dà compimento alla insufficienza della giustizia della legge. L'incontro di Maria con Elisabetta diventa così una scena di evangelizzazione.

In tutto questo evento ciò che ci sorprende è il totale silenzio di Gesù: lui, pure proclamato da Elisabetta il mio Signore, è il visitatore, operante attraverso la Madre, ma invisibile e silenzioso. E possibile stabilire un parallelo con l'episodio dei discepoli di Emmaus: la visita di Maria ad Elisabetta è l azione compiuta da Gesù prima del tempo in cui sarà visibile; Emmaus è l azione di Gesù risorto dopo il tempo della sua visibilità, e Luca ci educa a imparare a credere in Colui che opera nel silenzio della sua apparente assenza. 

Omelia di mons. Gianfranco Poma
 

Dio viene come vita e come gioia

Nel Vangelo profetiz­zano per prime le madri, due donne con il grembo carico di cie­lo, abitate da figli inesplica­bili. Maria ed Elisabetta so­no i primi profeti del Nuovo Testamento: la prima pa­rola di Dio è la vita.
Dio viene come vita. Due donne, la vergine e la sterile, entrambe incinte in mo­do «impossibile» annun­ciano che viene nel mondo un «di più», viene ciò che l'uomo da solo non può darsi.
Dio viene come gioia. Per due volte Luca ripete che il bambino salta di gioia nel grembo. In quel bambino è l'umanità intera che speri­menta che Dio dà gioia, la terra intera che freme per le energie divine che in essa sono deposte ogni giorno.
Dio viene come abbraccio. La preghiera di Maria non nasce nella solitudine, ma nell'abbraccio di due don­ne, in uno spazio di affetto. Dio viene nelle mie relazio­ni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da ab­bracci. «Le mie braccia allargate sono appena l'ini­zio del cerchio. Un Amore più vasto lo compirà» (M. Guidacci).
«Benedetta tu fra le donne!» La prima parola di Elisa­betta è una benedizione che da Maria discende su tutte le donne. Benedetta sei tu fra le donne che sono, tutte, benedette. Ad ogni frammento, ad ogni atomo di Maria, sparso nel mon­do e che ha nome donna (G. Vannucci) vorrei ripete­re la profezia di Elisabetta: che tu sia benedetta, che benefico agli umani sia il frutto dell'intera tua vita.
Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe avere il «primato della benedizio­ne». Dire a qualcuno «ti be­nedico!» significa vedere il bene in lui, prima di tutto il bene e la luce, e il buon gra­no, con uno sguardo di stu­pore, senza rivalità, senza invidia. Se non imparo a benedire chi ho accanto, la vita, non potrò mai essere felice.
Ogni prima parola con Dio abbia il primato del ringra­ziamento. Come fa Maria con il suo Magnificat, che è il suo Vangelo: la lieta noti­zia dell'innamoramento di Dio, che ha posto le sue ma­ni nel folto della vita. Per dieci volte Maria ripete: è lui, è lui che guarda, è lui che innalza, è lui che riem­pie, è lui. Il centro del cri­stianesimo è ciò che Dio fa per me, non ciò che io fac­cio per Dio. Anch'io abiterò la vita con tutta la mia complessità, con la parte di Zaccaria che fatica a credere, di Elisa­betta che sa benedire, con la parte di Maria che sa lo­dare, di Giovanni che sa danzare, portando in mol­ti modi il Signore nel mon­do. E forse verrà pronunciata anche per me la paro­la: Benedetto sei tu perché porti il Signore, come Ma­ria. 

Omelia di padre Ermes Ronchi
 

La Visitazione: modello di ogni incontro (Omelia di don Giovanni Berti)

Perché Maria sale in fretta verso i monti a trovare la cugina Elisabetta? Cosa è successo?
Chissà, forse è questa la domanda che molti si sono posti, a partire da Giuseppe che da quel che possiamo immaginare dalla cronologia dei fatti, è ancora all'oscuro di quel che sta accadendo alla sua promessa sposa.
Noi invece sappiamo perché la giovane donna di Nazareth si mette in viaggio (un lungo viaggio stando alla collocazione tradizionale che viene fatta della città di Elisabetta, ad Ain-Karim, a circa 150 km da Nazareth).
Nel Vangelo letto il giorno dell'Immacolata, Luca ci racconta dell'Angelo che annuncia il concepimento del Messia nel grembo di Maria ad opera dello Spirito di Dio. E come segno che quello che ha detto è vero e realizzabile, ha dato a Maria la gravidanza di Elisabetta. Il fatto che questa anziana parente, da tutti ritenuta irrimediabilmente sterile, sia in attesa di un bambino, è davvero segno che "nulla è impossibile a Dio", nulla può fermare Dio che entra vivo nella storia... Non c'è difetto fisico o sociale e non c'è umano pregiudizio che possano fermare l'azione di Dio.
Maria quindi corre ad Ain-Karim perché in questo incontro la sua fede e la sua vita avranno un motivo di crescita.
Ecco la particolarità di questo incontro tra le due donne che Luca racconta in modo abbastanza normale. Non succede nulla di straordinario all'esterno che possa far gridare al miracolo. La straordinarietà è tutta all'interno delle due donne che si incontrano e che in questo incontro crescono spiritualmente e umanamente.
Nel racconto della visitazione possiamo davvero verificare la nostra vita nella normalità dei nostri incontri. Quante persone incontriamo per i più svariati motivi: ci incontriamo in famiglia, tra amici, sul posto di lavoro, ci incontriamo nelle attività parrocchiali o di volontariato, e abbiamo anche incontri casuali tra persone. Nel racconto del Vangelo di Maria che incontra Elisabetta possiamo davvero trovare modo di verificarci e crescere.
Prima di tutto questo incontro non è banale e superficiale. Maria cerca in Elisabetta un segno di Dio, ed Elisabetta nella visita improvvisa di Maria si sente visitata dal Signore. Basta un saluto per far sentire Elisabetta amata da Dio attraverso la voce di questa sua giovane parente di Nazareth.
Questo incontro però, da parte di Maria, non è né facile né immediato. Maria compie un lungo cammino in salita.
Incontrare veramente una persona ci "obbliga" ad uscire dalla nostra casa, dai nostri schemi che sono a volte rigidi e spessi come le pareti di un fortino. Per incontrare devo uscire e salire, superando le montagne di pregiudizi che io o altri mettiamo in mezzo. A volte incontriamo persone che sono segnate da rifiuti sociali o famigliari, allora la montagna da salire è quella del perdono e della comprensione (a volte ripida come pareti rocciose di alta quota). Se accettiamo di metterci in cammino verso l'altro non possiamo non accettare la fatica che può esser anche imprevista.
Il cammino di Maria è dunque un cammino fatto in fiducia e in amore. Si fida dell'angelo ed è spinta dall'amore verso questa sua parente anziana. Senza fiducia e amore non incontreremo mai nessuno, al limite ci fermeremo a "scontrarci" senza incontrarci.
E quando finalmente avviene l'incontro, dopo il lungo viaggio, la gioia prevale. Elisabetta in ogni parte del suo corpo è nella gioia, una gioia fisica e visibile. Il Magnificat di Maria sono certo che è ispirato anche dalla felicità di Elisabetta. La gioia è contagiosa e dà ristoro alle fatiche del viaggio.
Nell'incontro di queste due donne non c'è traccia di competizione. A volte i nostri incontri nascondono un inconfessabile desiderio di prevalere l'uno sull'altro. Sembra che siamo sempre in gara e ci trasformiamo in giudici e giudicati.
L'incontro vero, che Maria ed Elisabetta ci testimoniano, non ha nessuna pretesa di far uscire l'una vincitrice e l'altra vinta, oppure l'una con la ragione e l'altra con il torto. Come accade spesso a noi...
Il Natale, al quale anche questo passo ci prepara, sia davvero occasione per incontrarci in modo vero ed evangelico. Non pensiamo solo a cosa avremo materialmente tra le mani da portare in dono. Abbiamo prima di tutto noi stessi e portiamo in dono all'altro anche il nostro amore, il nostro non giudizio, la nostra pazienza e perdono. In molte rappresentazioni di questo passo del Vangelo, le due figure di Maria ed Elisabetta si abbracciano e si toccano. Penso che il dono più bello che possiamo portare ad un altro che incontriamo sia proprio lui stesso amato e nella gioia. E il dono più bello che possiamo ricevere è la nostra persona amata dall'altro.

VERO INCONTRO
Nelle mie mani porto il dono che sei tu
e ti regalo a te stesso
rinnovato dall'amore che ti voglio comunicare.
Nelle tue mani tu porti in dono me
perché non mi giudichi
e mi fai sentire amato per quel che sono.
Questi doni che ci scambiamo non costano nulla in denaro
ma hanno un valore infinito
perché non finiscono mai di rinnovare e di donare gioia.

Liturgia della IV Domenica di Avvento (Anno C): 23 dicembre 2012

Liturgia della Parola della IV Domenica di Avvento (Anno C): 23 dicembre 2012