13 maggio 2012 - VI Domenica di Pasqua: Appartenere a Cristo: unica possibilità l'amore

News del 07/05/2012 Torna all'elenco delle news

Appartenere a Cristo nella Chiesa era il tema della scorsa Domenica. I brani della liturgia odierna sviluppano ulteriormente questo assunto poiché pongono alla nostra attenzione la condizione fondamentale per cui si realizza tale appartenenza: l'amore.
Se esso vigesse davvero come imperativo etico irrinunciabile all'interno delle nostre famiglie, nelle comunità, nei gruppi e nei movimenti, e nelle parrocchie, allora si realizzerebbero le condizioni di serena convivenza e la stessa vita associata, come anche quella individuale, sarebbe molto più stabile e consistente. Accogliere e accettare l'altro senza retorica e riserve, esaltare nel fratello i suoi pregi sorvolando con pazienza sui suoi difetti e sui limiti, intervenire con carità di correzione sui suoi errori senza umiliarlo e senza mostrarci despoti ed invadenti, tentare di venire incontro ad eventuali sue necessità e riconoscere i suoi diritti equivale ad amare senza condizioni e disinteressatamente e tale atteggiamento non può che avere ripercussioni di positività in noi stessi.
Essere pronti a riconoscere e ad ammettere i propri errori senza attribuire colpa agli altri di situazioni e di sbagli che interessano magari soltanto noi, accettare la carità di chi ci corregge e le attenzioni dei fratelli nei nostri confronti è ugualmente sinonimo di attenzione e di amore, anche verso noi stessi oltre che nei confronti degli altri. Come pure essere pronti a rinunciare alle proprie preferenze personali per adeguarsi ad una struttura e ad un gruppo, senza con questo dover perdere la nostra identità o accettare illiceità, valorizzare opinioni e suggerimenti altrui, disporci a riconoscere le regioni degli altri senza pretendere di non avere mai torto noi stessi.
L'amore certamente non è esente da contrarietà e pertanto impone che si debba a volte anche subire e soffrire insinuazioni e cattiverie e magari l'invidia altrui, ma ciò non toglie che anche tutto questo possa apportare vantaggi e garanzie a chi persevera nel bene.
Ovviamente l'amore comporta anche la generosità, il saper dare, la condivisione delle nostre risorse, ma non necessariamente si riduce o si confonde con queste: esso è una virtù radicale che prescinde anche dai singoli atti e che interessa la dimensione dell'essere di ciascuno di noi.
Nella sua famosa pagina che oggi funge da seconda lettura liturgica, Giovanni descrive l'infallibilità dell'amore e la sua portata totalizzante e universale, a condizione che esso sia "da Dio", che cioè non abbia nulla in se stesso di umano o di filantropico, ma che venga da noi esercitato con la previa convinzione di essere stati resi noi stessi oggetto dell'amore da parte di Dio. Nessuno è capace di amare se non è stato amato a sua volta e non ha fatto esperienza diretta di affetto e di predilezione; solo chi è consapevole di essere stato amato da Dio, singolarmente e senza riserve, è capace di amore sincero e generoso capace di trasformare anche il mondo intero.
Solo Dio poteva illustraci il suo amore disinteressato nei nostri confronti. Solo Lui può essere talmente onnipotente da amare l'uomo fino al sacrificio immolativo di se stesso sulla croce realizzando, con il sacrificio, ciò di cui l'uomo non sarebbe capace per il proprio fratello, appunto la donazione completa di sè, senza riserve. Per questo Giovanni può ben affermare che "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati." Questa idea rafforza in noi la consapevolezza di essere stati amati, ci spinge alla conversione, alla presa di coscienza di essere debitori nei confronti di Dio e pertanto ci motiva verso i fratelli. L'amore è opera dello Spirito Santo del Cristo crocifisso e risorto che nel dono di Pentecoste ravviva la Chiesa promuovendo l'unità e discendendo sui singoli soggetti per rinnovarli e fortificarli del coraggio e della solerzia di Dio, come avviene nell'episodio descritto dagli Atti degli Apostoli (I Lettura), nel quale lo Spirito non conosce distinzioni etniche o culturali, ma riveste della sua potenza ogni uomo, giudeo o pagano che sia.
Concepito, stimato e vissuto come dono, l'amore di Dio consolida la nostra appartenenza a Cristo e ci rende spediti e sereni verso i fratelli nel farci appartenere alla Chiesa, istituzione divina di salvezza nella quale si fomenta il vincolo di unità dello Spirito.
Se fossimo davvero innamorati di Cristo che ha donato se stesso per la nostra causa, saremmo di conseguenza solleciti e disinvolti nell'amore verso i fratelli, ma la lacuna maggiore delle nostre parrocchie e delle nostre comunità ecclesiali è il fatto che (forse) non siamo effettivamente innamorati di Cristo. Al di fuori della liturgia e degli incontri di catechesi e di formazione, ben poche volte siamo soliti interessarci di lui, della sua vita, del valore della sua Parola per noi e raramente consideriamo il suo insegnamento tutte le volte che ci troviamo nel vivo delle nostre attività quotifdioane. Poche volte ci si domanda a casa, sul lavoro, al supermercato: "Cosa farebbe Gesù in questa circostanza?" Cosa mi chiederebbe?" E' mia esperienza diretta che nella vita pastorale la Novena ai Santi, le pie pratiche e le devozioni suscitino tanto interesse quanto non ne suscitino gli argomenti sulla Sacra Scritura o sulla formazione ed è propria soprattutto dei sacerdoti (non tanto dei laici) la scusa banale che l'omelia domenicale non debba essere "eccessivamente lunga" per non stancare i fedeli.
Siamo soliti tacciare (a volte ingiustamente) di fanatismo i gruppi carismatici e i membri che ne fanno parte solo per qualche forma di esaltazione o di esagerazione nella loro prassi, ma siamo poco solleciti a considerare che proprio in questi movimenti si fomenta quell'interesse teologico per il Signore nella Scrittura e nella vita sacramentale che non si nota nella pastorale ordinaria. Se prestiamo maggiore attenzione, le persone atte alla generosità, all'ascolto, alla carità incondizionata (fatta eccezione per qualche singolo caso) sono proprio quelle attente verso la vita e gli insegnamenti di Gesù, quelle maggiormente votate alla Scrittura.
Se fossimo davvero innamorati di Gesù non disdegneremmo nulla di quanto la Chiesa ci propone in ordine alla formazione e alla catechesi e proprio l'interesse nei Suoi confronti ci spronerebbe alla conversione e all'amore effettivo. Ci si spronerebbe tutti nell'amore vicendevole e nella comune donazione, nell'apertura franca e spontanea. Se vi fosse maggiore interesse nei confronti del Signore, dei suoi insegnament e se non fossimo così refrattari ad interessarci costantemente della sua Parola, inevitabilmente si promuoverebbe in noi la volontà di conversione che scaturirebbe nell'amore libero, reale ed effettivo. Perché reale ed effetiva sarebbe la nostra appartenza a Cristo nella Chiesa. 

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta 


La misura dell'amore è dare senza limiti

La liturgia propone una di quelle pagine in cui pare custodita l?essenza del cristianesimo.
Tutto ha inizio da un fatto: tu sei amato (... così io ho amato voi); ne deriva una conseguenza: o­gni essere vivente respira non soltanto aria, ma amore; se que­sto respiro cessa, non vive.
Tutto procede verso un traguardo, dolce e amico: questo vi dico perché la gioia vostra sia piena.
L'amore ha ali di fuoco (sant'Ambrogio) che incidono di gioia il cuore. La gioia è un at­timo immenso, un sintomo grande: il tuo è un cammino buono.
Gesù indica le condizioni per stare dentro l'amore: osservate i miei comandamenti. Che non sono il decalogo, ma prima an­cora il modo di agire di Dio, co­lui che libera e fonda alleanze, che pianta la sua tenda in mez­zo al nostro accampamento. Re­sto nell'amore se faccio le cose che Dio fa.
Il brano è tutto un alternarsi di misura umana e di misura divi­na nell'amore. Gesù non dice semplicemente: amate. Non ba­sta amare, potrebbe essere solo mero opportunismo, dipen­denza oscura o necessità stori­ca, perché se non ci amiamo ci distruggiamo. Non dice nean­che: amate gli altri con la misu­ra con cui amate voi stessi. Co­nosco gli sbandamenti del cuo­re, i testacoda della volontà, io non sono misura a nessuno. Di­ce invece: amatevi come io vi ho amato. E diventa Dio la misura dell'amore.
Ma poi ecco che è Lui ad assu­mere un nostro modo di amare, l'amicizia, lui a vestirsi di una misura umana ( voi siete miei a­mici).
L'amicizia è un mettersi alla pari, dentro il gruppo e non al di sopra, dice uguaglianza e gioia.
L'amicizia è umanissimo stru­mento di rivelazione: tutto ho fatto conoscere a voi: il tutto di u­na vita non si impara da lezioni o da comandi, ma solo per co­munione ed empatia d'amico.
E poi di nuovo la misura asso­luta dell'amore, dentro un ver­bo brevissimo, che spiega tutto: dare. Nel Vangelo il verbo ama­re è sempre tradotto con il ver­bo dare (non c'è amore più gran­de che dare la vita); non già sen­tire o emozionarsi, ma dare; quasi un affare di mani, di pane, di acqua, di veste, di tempo do­nato, di porte varcate, di strade condivise. Dare la vita, cioè tut­to, perché l'unica misura dell'a­more è amare senza misura.
Amore che non protegge, ma e­spone; amore che ti assedia ed è a sua volta assediato, come lampada nel buio, come agnel­lo tra i lupi.
Minacciato amore, sottile come il respiro, possente come le grandi acque, da me custodito e che mi custodisce, materia di cui è fatto Dio e respiro dell'uo­mo. 

Omelia di padre Ermes Ronchi 
 


La filosofia e la pedagogia dell'amore cristiano

Celebriamo oggi la sesta domenica del periodo liturgico di Pasqua e la parola di Dio ritorna sul tema dell'amore cristiano. Un amore che trova la sua sorgente in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e si manifesta visibilmente nella pienezza dei tempi con la venuta di Cristo sulla terra, con la sua missione e con la sua morte e risurrezione. Il riferimento concreto di questo amore, la sua esemplarità la troviamo espressa nella vita e nella missione di Cristo. Di conseguenza l'amore che deve circolare nelle vene spirituali degli esseri umani e soprattutto di quelli che si dicono cristiani è quello che si ispira a Cristo stesso, salvatore e redentore dell'uomo. Possiamo ben dire che c'è una filosofia e pedagogia dell'amore in senso cristiano che è urgente capire e trasmettere, come i genitori con i propri figli e gli educatori nei confronti dei loro discenti. Senza amore non si va da nessuna parte ed il mondo non si salva. Il testo del vangelo di Giovani ci apre proprio questo orizzonte di vita relazionale senza il quale le tenebre prevalgono sulla luce e sulla verità.
Capire dove e in quale parte sta la vera gioia e l'assoluta verità dei fatti della vita è fare tesoro di quello che il vangelo oggi ci dice. Dio ha mandato Cristo e Cristo manda noi messaggeri di pace, amore e riconciliazione. L'amore è essenziale per ogni uomo e credente e chi vive e permane nell'amore non fa altro che vivere e rimanere saldo nella legge del Signore, quei comandamenti di Dio e di Cristo offerti a noi come vie di libertà, di gioia e di salvezza. Il cristiano aspira a vivere nella gioia e con gioia la sua esistenza ed il modo per realizzare tutto questo sta appunto nel mettere in pratica i comandamenti di Dio. Chi ama veramente è capace, poi, di grandi gesti e il massimo possibile di questi è dare la vita, come d'altra parte Cristo ha dato la vita per la salvezza dell'umanità. Dio ci ama veramente e ci ha portato alla condizione di suoi figli adottivi, per cui non siamo servi, ma figli di Dio e in quanto tali abbiamo il dovere morale di agire da figli e non da schiavi, da amici e non da nemici di Cristo. Se siamo stati scelti per una vita di comunione nella grazia con il Signore questo è un dono ed un impegno. E' una grazia, ma anche una missione d'amore che abbiamo da compiere ovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo.
Sul tema della carità si concentra anche la seconda lettura, tratta dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo, dove è espresso chiaramente quale debba essere il comportamento caratterizzante di ogni credente.
L'amore è conoscenza, è contemplazione, è amicizia, è comunione, chi vive nell'amore è una persona credente per necessità di cose, in quanto l'amore è strettamente congiunto alla sua sorgente che è Dio. Non possiamo parlare di vero amore se non rapportando il discorso e la vita a Dio, al Figlio di Dio che è vittima di espiazione per i nostri peccati. Chi non ama vive nelle tenebre e vive in peccato, in quanto una persona senza amore è un individuo senza identità, senza il suo essere fondamentale. Come Dio è amore, così in Dio l'uomo è amore e non può fare a meno dell'amore. Per questo amore che deve crescere e diffondersi, per questo amore che deve essere conosciuto, la chiesa di ieri e di oggi è impegnata nell'evangelizzazione e nella promozione umana. Dal dovere di evangelizzare deriva l'obbligo dell'accogliere: tutti hanno diritto alla salvezza e a a nessuno è preclusa la possibilità della salvezza, in quanto Cristo è morto per tutti.
Gli Atti degli Apostoli ci danno precise indicazioni su come operare ed agire per essere in linea con la parola di Dio, il magistero della Chiesa, la tradizione e il senso della fede. Il dono dello Spirito Santo non è esclusiva proprietà di qualcuno o di un gruppo, ma è per tutti, basta essere docili alla sua azione.
Come Pietro anche noi cristiani del terzo millennio dobbiamo renderci conto che almeno davanti a Dio siamo tutti uguali e Dio non fa preferenze, né accetta raccomandazioni per promuovere qualcuno e danneggiare altri, ma tutti sono degni di rispetto ed accoglienza nel cuore paterno di Dio che vuole che tutti gli uomini si salvino e nessuno vada perduto o gettato nella geenna. Ecco perché quanti si dicono cristiani non debbono sentirsi privilegiati, ma solamente più responsabili davanti alle situazioni del mondo di oggi. E' bene ricordare a noi stessi che Dio accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Come dire che nell'infinita misericordia di Dio tutti possono salvarsi vivendo da cristiani in modo naturale, oppure da cristiani per libera scelta e di adesione alla persona di Cristo che trova fondante nel battesimo.
Signore insegnaci ad amare come ci hai amato Tu, senza limiti e confini, senza odi e risentimenti, senza pregiudizi, distaccati da ogni umano e vile interesse personale. Facci amare con un amore libero e potente fino a varcare le soglie dell'indifferenza. Signore insegnaci ad amare coloro che non ci amano, i nostri nemici di ieri e di sempre, i nostri nemici veri ed apparenti, i nostri nemici che hanno giocato con la nostra vita e continuano a giocare con i nostri valori e sentimenti. Signore dacci la forza di amare coloro che ci amano solo per un momento e solo in determinate circostanze, sfruttando l'amicizia, la fiducia, la confidenza e strumentalizzando il vero bene che manifestiamo nei loro riguardi anche quando sono presi da altri interessi. Signore facci amare gli orgogliosi, i presuntuosi, i presunti sapienti di ogni generazione, condizione sociale e provenienza, i critici che seminano zizzania anche nei luoghi sacri, lontani come sono dalla verità e dai grandi ideali. Signore, quando non abbiamo più la forza di amare questi e tanti altri nostri fratelli che percepiamo come nostri nemici, prendici per mano a facci salire sulla Croce con Te, per gridare da questo speciale pulpito dell'Amore, nei nostri momenti di dolore, solitudine ed abbandono, Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno, incapaci come sono di vedere, pensare e fare il bene. Signore dacci sempre questo Amore che promana dalla Tua Croce, testimonianza di un amore senza limiti e senza confini. Amen. 

Omelia di padre Antonio Rungi 

"Rimanete nel mio amore" di Carlo Broccardo
 

Liturgia della VI Domenica di Pasqua (Anno B): 13 maggio 2012

Liturgia della Parola della VI Domenica di Pasqua (Anno B): 13 maggio 2012