8 Gennaio 2012 - Festa del Battesimo del Signore: Sulle rive del Giordano un'altra epifania

News del 07/01/2012 Torna all'elenco delle news

L'epifania, celebrata l'altro ieri, a differenza di quanto comunemente si pensa non è la festa dei Re Magi. Epifania significa manifestazione; la festa - dopo il Natale che celebra il fatto della nascita di Gesù - vuole ricordare il perché egli è nato: non per restare nascosto, o per rivelarsi a qualche privilegiato, ma per farsi conoscere da tutti, perché tutti possano beneficiare di quello che il Figlio di Dio è venuto a compiere. Vuole manifestarsi: l'ha fatto con i Magi, ma prima di loro con i pastori, e dopo di loro con i dottori nel tempio, e con le folle?
Anche la festa di oggi è una epifania, anzi una delle principali. Si celebra il Battesimo del Signore, cioè l'episodio con cui Gesù diede inizio alla sua vita pubblica. Lasciata Nazaret, dov'era vissuto, per così dire, in incognito sino all'età di circa trent'anni (così si esprimono i vangeli; in realtà doveva averne 33 o 34), egli scese sulle rive del Giordano dove Giovanni Battista preparava le folle all'imminente arrivo del Messia, e quando lo vide arrivare lo indicò ai presenti con parole che esprimevano la sua missione: "Ecco l'Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" Giovanni ne aveva preparato la venuta, invitando tutti a pentirsi delle proprie colpe e manifestarlo pubblicamente col ricevere da lui il battesimo, ma avvertendo (Marco 1,7-11): "Viene dopo di me colui che è più forte di me" (vale a dire più grande, più importante); "io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo". Gesù poteva "togliere il peccato" perché lui non aveva peccati; non aveva dunque bisogno del battesimo che impartiva Giovanni; nondimeno, vincendo le resistenze di quest'ultimo, volle anche lui sottoporsi al rito. Alla luce di quanto è successo poi, si comprende il perché: mettendosi tra i peccatori, Gesù voleva significare che assumeva su di sé le loro colpe, per espiarle col sacrificio della croce.
L'episodio però dice anche altro. "Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento'". Dietro queste parole si intuisce la difficoltà di tradurre nel linguaggio umano un'esperienza ineffabile; si comprende tuttavia che vogliono esprimere una epifania. E' la manifestazione delle due basilari verità cristiane. La voce è quella del Padre, che si rivolge al Figlio, presente lo Spirito Santo: ecco la Trinità, l'unico Dio è tre Persone. Quell'uomo che esce dall'acqua è riconosciuto dal Padre come il suo amato Figlio: Gesù è uomo e Dio.

L'adesione alla fede avviene con il battesimo: non quello dato da Giovanni Battista là sulle rive del Giordano, ma quello da lui stesso preannunciato, il battesimo "in Spirito Santo", che poi effettivamente Gesù ha istituito ("Andate, fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo"). I due riti hanno lo stesso nome, ma tra essi corre un radicale differenza. Il primo era esclusivamente opera umana: chi si avvicinava al Battista per farsi versare da lui acqua sul capo, semplicemente dichiarava di riconoscersi peccatore e di voler cambiare vita; poteva solo sperare che Dio accogliesse benevolmente i suoi propositi. Nel battesimo voluto da Gesù prevale invece l'opera di Dio, che per i meriti del suo Figlio cancella le colpe di chi glielo chiede. Di più: liberato dal male, il battezzato viene ricolmato della grazia di Dio, cioè della sua stessa vita: Dio può così compiacersi di lui, amarlo e adottarlo come figlio. Il cristiano può davvero vantarsi di essere figlio di Dio: figlio adottivo, ma pur sempre figlio, e come tale amato e invitato a condividere un giorno la vita stessa del Padre.
Figli di Dio! Se i cristiani ricordassero la dignità ricevuta con il battesimo, forse avrebbero non poco da cambiare nella propria vita.  
 
Omelia di mons. Roberto Brunelli
 


Ognuno è il prediletto di Dio

Gesù è il figlio che si fa fratello, che si immerge solidale non tanto nel Giordano, quanto nel fiume dell'u­manità, che sempre scorre a rischio sul confine tra de­serto e terra promessa, tra fallimento e fecondità del­la vita. Lo fa perché ogni fratello possa diventare fi­glio. Il cuore del Vangelo di Marco è in questa parola: «Tu sei mio figlio amato». La lieta notizia è una calda voce di padre che ti chia­ma figlio. Sostanza di ogni battesimo: ognuno è il fi­glio prediletto di Dio. Dio preferisce ciascuno.
Uscendo dall'acqua vide i cieli aprirsi. Il mondo nuo­vo si presenta come una a­pertura del cielo: il cielo si apre, vita ne entra, vita ne esce. Si apre e accoglie, co­me quando si aprono le braccia agli amici, ai figli, ai poveri, all'amato. Il cie­lo si apre, sotto l'urgenza dell'amore di Dio, l'impa­zienza di Adamo, l'assedio dei poveri, e nessuno lo ri­chiuderà più. Si apre e do­na. Su ogni figlio scende u­na colomba simbolo dello Spirito, respiro di Dio.
Questa immagine del cie­lo aperto continua a indi­care la nostra vocazione: alzare gli occhi su pensie­ri altri, su vie alte che so­vrastano le nostre vie; sen­tire che nella nostra vita sono in gioco forze più grandi di noi; che dipen­diamo da energie che ven­gono da altrove, da una fonte fedele e che non vie­ne meno, che alimenta la nostra vita; che non ab­biamo in noi la sorgente di ciò che siamo. Con questa fede possiamo anche noi aprire spazi di cielo sere­no, da cui si affacci la giu­stizia per la nostra terra, dono che diventa conqui­sta. Possiamo aprire spe­ranza, abitare la terra con quella parte di cielo che la compone.
Allora ti prende come una nostalgia, un desiderio di fare qualcosa che assomi­gli a ciò che è detto di Ge­sù: «Passò facendo del be­ne, guarendo la vita da o­gni sorta di male» ( At 10); sintesi ultima, essenziale, struggente e bellissima della vicenda di Gesù, ma anche di ognuna delle no­stre vite. Passare facendo del bene è il senso del no­stro pellegrinaggio sulla terra. Passare fra le cose e le persone senza prende­re, solamente amando, do­nando, perdonando, ac­cendendo, aprendo spazi di cielo sereno.
Lo farò ricordando che «Dio non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta» ( Is 42) che a Lui basta un po' di fumo, lo la­vora, lo circonda di cure e di speranza, «gli alita so­pra» ( cf Gn 2, 7) fino a che ne sgorghi di nuovo la fiamma. L'uomo non è mai finito per sempre.
Ricordando il Dio dell'u­mile presagio di fuoco, Dio della nostra fragilità, Si­gnore della debole fiamma e della grande speranza! 

Omelia di padre Ermes Ronchi
 

Immersi in Dio, amati per sempre

Il racconto del Giordano ci riporta alla genesi, quando la Bibbia prende avvio con una immagine d'acqua: in principio... lo spi­rito di Dio aleggiava sulle ac­que (Gen 1,2) come un gran­de uccello in cova su di un mare gonfio di vita inespres­sa. L'origine del creato è scrit­ta sull'acqua. Allo stesso mo­do anche la vita di ognuno di noi ha inizio nelle acque di un grembo materno.

Essere immersi di nuovo nel­l'acqua è come esserlo nel­l'origine, il battesimo parla di nascita, come fa la voce dal cielo che scende su Ge­sù: tu sei mio Figlio. Voce che è anche per me; voce in cui brucia il cuore ardente del cristianesimo: io sono figlio; il mio nome è: amato per sempre. Io ho una sorgente nel cielo, che si prende cura di me come nessun altro al mondo. E nasco della specie di Dio, perché Dio genera fi­gli secondo la propria spe­cie.

In te ho posto il mio compia­cimento.

Una parola inusua­le, la cui radice porta una di­chiarazione d'amore gioioso verso ciascuno: «mio com­piacimento» significa: tu mi piaci! Una definizione della grazia di Dio: prima che tu faccia qualsiasi cosa, come sei, per quello sei, tu mi dai gioia. Prima che io risponda, prima che io sia buono o no, senz'altro motivo che la gratuità di Dio, perché la grazia è grazia e non calcolo o me­rito o guadagno, la Voce ripete ad ognuno: io ti amo.

Gesù vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere come u­na colomba. Noto la bellez­za del particolare: il cielo si squarciò, si lacerò, si strappò. Come un segno di speranza si stende sull'uma­nità questo cielo aperto, a­perto per sempre, e non chiuso come una cappa mi­nacciosa e pesante. Aperto come si aprono le braccia al­l'amico, all'amato, al povero: c'è comunicazione tra terra e cielo.

Da questo cielo aperto e non più muto viene come colom­ba lo Spirito, cioè la vita stes­sa di Dio. Si posa su di te, ti avvolge, entra dentro, a po­co a poco ti modella, ti tra­sforma pensieri, affetti, spe­ranze secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore.

Battesimo significa etimolo­gicamente: immersione. Il battezzato è uno immerso in Dio. Adesso, in questo mo­mento immerso; in ogni mo­mento, in ogni giorno immerso in Dio, come nel mio ambiente vitale, dentro una sorgente che non viene me­no, dentro un grembo che nutre, fa crescere, riscalda e protegge. E fa nascere.

Io nella sua vita e Lui nella mia vita. Come donna gravi­da di una vita nuova, io vivo due vite, la mia e quella di Dio. Sono uno e due al tem­po stesso. Ormai indissolubile da me è Dio, io non più separato da Lui.

Nel Battesimo è il movimen­to del Natale che si ripete: Dio scende ancora, entra in me, nasce in me perché io nasca in Dio; perché nasca nuovo e diverso, con in me il respiro del cielo. 

Omelia di padre Ermes Ronchi 
 

Il Battesimo di Gesù, mistero di luce e di speranza

Celebriamo oggi la festa del Battesimo di Gesù, uno dei tanti misteri della vita del Cristo che è entrato a far parte anche del patrimonio spirituale mariano, tanto che il Santo Padre, il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, ha inserito il Battesimo di Gesù tra i misteri della luce.
Il Battesimo di Gesù alle acque del Giordano per opera di Giovanni Battista, il suo parente e precursore, lo si comprende riflettendo sulla parola di Dio che ci riporta proprio a questo momento di ulteriore manifestazione pubblica di Cristo, come Figlio di Dio e Salvatore del mondo. A pochi giorni dall'Epifania, quando Cristo, allora Bambino, si rivela ai sapienti del tempo e fa comprendere l'universalità della salvezza per cui si è incarnato nella storia dell'umanità, in questa Festa del Battesimo, ci ritroviamo verso i 30 anni della vita di Gesù. Quindi in un tempo anagrafico molto distante rispetto al mistero della natività. Ci troviamo di fronte a Gesù giovane che inizia il suo ministero pubblico e anche in questa circostanza, una nuova teofania, ovvero manifestazione di Dio, si registra proprio mentre Gesù sta ricevendo il battesimo dalle mani di Giovanni. Il testo del Vangelo di Marco che ascoltiamo oggi ci descrive non solo l?evento, ma anche il senso dello stesso evento. Gesù è il Figlio amato dal Padre, nel quale Dio ha riposto ogni progetto di salvezza, speranza per l'umanità. E' evidente il forte richiamo al tema della fede e della speranza cristiana che trovano in Gesù Cristo il punto di convergenza. Perciò il Battesimo di Cristo è mistero di luce perché ci offre in Lui la via maestra per la nostra personale santificazione. E il punto di partenza è proprio il sacramento del Battesimo che accende in noi il fuoco dell'amore e della carità, ovvero il nostro riconoscere Cristo, Colui che è Vita, Speranza e Risurrezione nostra.
Tutto questo lo comprendiamo meglio se diamo ascolto a quanto ci dice il Profeta Isaia nel brano della prima lettura della parola di Dio di questa festa. L'efficacia della presenza di Dio nella storia dell'umanità è rapportata alla presenza di Cristo. Egli è il Verbo incarnato del padre, che scende dal cielo e mette tenda su questa terra, perché la terra riabbia la vista della fede e riprenda il cammino della speranza nel segno della carità e dell'amore verso Dio e verso ogni uomo. Bisogna mettersi alla ricerca di questa luce, che pure esistendo è spesso nascosta o ostacolata perché rifulga davvero nella nostra vita e in questo nostro tempo. Una luce affievolita dall'orgoglio, dall'ira, dalla superbia della vita, che non rischiara e non riscalda più né il cuore, né la mente, per bene agire al presente ed in vista della salvezza. Ecco perché diventa difficile la conversione, il ritorno a Dio, anche quando questo Dio invia segni e messaggi precisi perché l'uomo abbandoni la via del male e segua la via del bene; faccia decadere i progetti della cattiveria, dell'odio e della violenza, per far emergere quelli di amore, pace e riconciliazione. Un Dio vicino ad ogni uomo, anzi dentro ogni uomo, non può che generare comportamenti di misericordia e perdono. Se questo non avviene significa che Dio è distante dalla nostra vita, perché siamo noi a collocarlo in un angolo nascosto e ad emarginarlo come una qualsiasi entità che ci riguarda e che non ha peso e valore per noi. E purtroppo nella classifica della nostra vita, in base a come agiamo ed ai frutti della nostra azione, Dio davvero deve occupare un posto molto, ma molto secondario. La guerra, l'odio, le ingiustizie, le violenze, le offese di ogni genere non vengono da Dio, ma dal maligno.
San Giovanni apostolo ed evangelista, nella sua prima lettera, ci lascia un messaggio preciso per capire dove stiamo, con chi stiamo, dove stiamo andando, cosa davvero siamo oggi. Questo testo è un esame di coscienza costante che possiamo utilizzare per verificare il nostro cammino spirituale, avendo fisso lo sguardo in Cristo,
L'essenza del cristianesimo sta in questo: Dio è amore e se Dio amore per dire che amiamo Dio e rendere evidente questo amore nei nostri comportamenti è necessario osservare i comandamenti, che apparentemente sono pesanti e gravosi, ma sostanzialmente sono liberanti e aprono alla vera gioia e alla vera felicità, perché chi sta nell'amore è una persona veramente felice.
Il dono del Battesimo che abbiamo ricevuto all'inizio della nostra vita terrena e che ci identifica come figli di Dio, perché fatti a sua immagine e somiglianza, perché elevati allo stato di grazia soprannaturale è il sacramento della fede, ma soprattutto dell'amore, è il sacramentum caritatis, perché un vincolo più profondo d'amore si è instaurato con il nostro Salvatore. In Lui siamo stati consacrati, attraverso il crisma, come sacerdoti, re e profeti, chiamati a rendere visibile con il nostro agire lo stato di grazia che ci deriva dalla condizione di essere battezzati.
Possiamo allora pregare con la stessa orazione della festa di oggi: Padre onnipotente ed eterno, che dopo il battesimo nel fiume Giordano proclamasti il Cristo tuo diletto Figlio, mentre discendeva su di lui lo Spirito Santo, concedi ai tuoi figli, rinati all?acqua e dallo Spirito, di vivere sempre nel tuo amore. 

Omelia di padre Antonio Rungi
 

Liturgia della Festa del Battesimo del Signore (Anno B): 8 gennaio 2012

Liturgia della Parola della Festa del Battesimo del Signore (Anno B): 8 gennaio 2012