Messaggio d'Avvento dell'Arcivescovo Vittorio Mondello e meditazioni d'Avvento
News del 21/12/2011 Torna all'elenco delle news
Carissimi fratelli e sorelle,
sta per iniziare un nuovo Anno Liturgico che, con la prima domenica di Avvento del 27 Novembre p.v., ci invita a prepararci a vivere con impegno il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo.
È questo il mistero cristiano che fa riflettere su una realtà impossibile ad immaginarsi da mente umana, e cioè che Dio ha scelto di farsi uomo per aiutare l’uomo a diventare figlio di Dio.
L’incarnazione è per Dio la manifestazione del suo grande amore per l’uomo nonostante che questo si fosse da Lui allontanato col peccato.
Giovanni nel Prologo del suo Vangelo dice che Egli “venne ad abitare in mezzo a noi”. Questo è il tema di riflessione che la Chiesa propone per questo Avvento.
Esso pone in risalto che Dio non è venuto sulla Terra soltanto per una visita più o meno fugace, ma “pose la sua dimora in mezzo a noi”. Il testo greco di
Giovanni dice “pose la sua tenda in mezzo a noi”. Ciò significa che non solo si è fatto uomo ma ha voluto stare con noi, abitando insieme a noi sotto una tenda che per il popolo ebraico era la casa facilmente smontabile e rimontabile durante l’esodo nel deserto.
È allora interessante capire quale accoglienza Egli ha avuto dagli uomini.
Ci sono stati e ci sono coloro che sono rimasti indifferenti e ai quali non importa nulla di Dio e del suo amore per l’umanità.
Ci sono stati e ci sono coloro che pur incontrandoLo si sono rivolti contro di Lui perché la Sua presenza li disturbava nelle realizzazioni delle proprie passioni.
Giovanni nota, quasi con amarezza, “et sui eum non receperunt” (i suoi non l’hanno ricevuto).
Ci sono stati e ci sono coloro che Lo hanno accolto con fede ed hanno tentato in tutti i modi, con l’aiuto di Dio stesso, di rispondere al Suo amore col donarsi pienamente a Lui e ai propri fratelli.
Costoro, dice ancora Giovanni, sono stati costituiti figli di Dio per intervento dell’unico Figlio naturale di Dio: Gesù Cristo.
Il periodo dell’Avvento dovrebbe perciò aiutarci a comprendere sempre meglio il significato di essere divenuti figli nel Figlio e quindi entrati a far parte della famiglia del Dio uno e trino.
Questo ci permetterà di prepararci meglio all’incontro col Dio bambino e di sentirci non solo fratelli con lui ma anche fratelli dell’intera umanità, specialmente dei più poveri, degli ammalati, degli anziani, degli immigrati e di quanti in genere soffrono per mancanza di beni materiali ma soprattutto per mancanza di amore.
Questo Avvento dovrebbe spingere tutti i cristiani che vogliono veramente rispondere all’amore di Cristo, a manifestare il loro amore ai fratelli più bisognosi.
Per tale motivo celebriamo ogni anno l’Avvento come Avvento di fraternità, impegnandoci a fare qualche piccolo sacrificio e a donarne il frutto, più o meno abbondante, per i nostri fratelli più bisognosi.
Il Signore ci sostenga con la sua grazia perché tale cammino verso il Natale ci
permetta di incontrarLo e di incontrare in Lui tutti i nostri fratelli.
Di vero cuore invio a tutti la mia pastorale benedizione.
Vittorio Mondello
Arcivescovo Metropolita
Reggio Calabria, 16 novembre 2011
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Ai fedeli dell’Arcidiocesi
Messaggio d'Avvento 2011
Meditazione per la IV settimana di Avvento:
Maria dimora della Parola
Le tre letture della IV domenica di Avvento (2Sam 7,1-5.8b-12.14-16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38) convergono nel presentare la fedeltà di Dio che stipula un’alleanza con David assicurando al discendente regale la stabilità del regno (2Sam 7) e che adempie tale promessa stringendo un’alleanza con Maria e costituendola madre del Messia (Lc 1). Questo è il disegno sapiente di Dio, il mistero a lungo taciuto, ma che trova nel Cristo il suo svelamento (Rm 16). L’insieme delle letture invita a volgere ormai lo sguardo verso l’incarnazione, evento in cui sfocia la fedeltà di Dio all’umanità. Le tre letture formano una dinamica di questo tipo: alla promessa di Dio che si rivolge all’uomo e che instaura un’attesa verso il futuro (2Sam 7), segue la narrazione della ricezione personale della promessa, mediante la quale la parola di Dio trova un interlocutore umano che la accoglie e le dà carne (Lc 1); infine abbiamo la celebrazione della Parola, la dossologia che canta il compimento della promessa (Rm 16). Si disegna così un itinerario che è il cammino stesso della parola da Dio all’uomo e dall’uomo di nuovo a Dio: promessa di Dio – sua realizzazione storica e personale – liturgia.
Il testo evangelico presenta l’irrompere della parola di Dio nel quotidiano della vita di gente semplice (una coppia di fidanzati: vv. 26-27): il quotidiano è il luogo teologico per eccellenza. E l’accostamento della prima lettura (ripresa nel passo lucano: vv. 32-33) con il vangelo mostra l’evidente scarto tra promessa e compimento. Dallo stile alto della storiografia di corte si passa alla narrazione di una situazione della più ordinaria quotidianità. Il luogo in cui la promessa si realizza è il corpo, la storia, il tempo, la relazione tra persone, l’interiorità di un cuore, la trama delle quotidiane vicende dell’esistenza, e in quell’impatto la promessa stessa si ridisegna assumendo una forma finalmente reale, ma anche imprevista. Il compimento della promessa è anch’esso novità, è anch’esso rivelazione.
A Maria è rivolta una promessa da Dio e suo compito è credere alla promessa. Ovvero, credere l’incredibile: lei, vergine, avrà un figlio. Promettere è far sperare, è dare un senso e una direzione al tempo, è suscitare un’attesa. Ed è sempre impegnare se stesso al futuro: il Dio della promessa è il Dio fedele, che impegna e dona se stesso, la propria presenza. Così la nascita del Messia apparirà come il farsi carne e persona della fedeltà di Dio. Segno che viene dato a Maria, la vergine di Nazaret, è quanto avvenuto a Elisabetta, la sterile. Trova compimento grazie al sì di Maria quella storia della promessa divina che già nell’Antico Testamento si è fatta strada grazie a nascite prodigiose da donne sterili. La storia della salvezza è la storia dell’impossibile che Dio rende possibile.
Maria appare donna di fede: essa è chiamata a credere di più alla promessa incredibile di Dio e alla potenza della sua parola che all’evidenza della sua impotenza umana a realizzarla (“Non conosco uomo!”). La fede si fa strada in Maria attraverso un cammino articolato: al turbamento e alla perplessità di fronte all’annuncio (v. 29), segue la domanda che esprime la fede che interroga e cerca (v. 34), e infine avviene l’assenso, l’abbandono di fede: “Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola” (v. 38).
La fede di Maria è quella di una donna che ascolta la parola di Dio. Maria si fa dimora della Parola arrivando a concepire il Verbo “nello spirito prima che nel corpo” (Agostino). È l’ascolto che crea il servo: come avviene del Servo del Signore, reso tale dal quotidiano ascolto della parola di Dio (cf. Is 50,4), così avviene di Maria, resa serva dalla sua accoglienza incondizionata della parola. E questo ci ricorda che nella chiesa ciò che è essenziale non è fare dei servizi (in una prospettiva di efficacia ed efficienza), ma divenire dei servi (nella prospettiva della santità, della conversione del cuore). Maria stessa, come figura della chiesa, è figura di una ecclesia audiens, sottomessa al primato della parola di Dio, e dunque “serva”, appartenente al suo Signore, obbediente a lui. (testo di Luciano Manicardi, Comunità di Bose)
Meditazione per la III settimana di Avvento:
Chi sei? Chi sono io?
Il Vangelo della III domenica di Avvento ci presenta Giovanni Battista come testimone, uno che ha visto venire la luce e l'annuncia a tutti.
La gente che lo ascolta è entusiasta e siccome è impaziente, spera che quello che deve venire sia proprio lui. Ecco perché chi viene ad interrogarlo gli domanda se lui è Elia o un profeta, ma Giovanni risponde con fermezza e in un modo sempre più sintetico che lui non è niente di tutto ciò che sperano. In realtà avrebbe potuto dire che era un profeta o un nuovo Elia, come dirà di lui lo stesso Gesù quando afferma ai suoi discepoli che "Elia è già tornato ma ne hanno fatto ciò che hanno voluto".
Non è facile rispondere alla domanda: "Chi sei?", e se poi gli altri provano ad esaltarti dicendoti che sei una persona importante, è facile montarsi la testa e pensare di essere importanti veramente. Giovanni non cade in questo tranello. Rimane molto umile, e alla fine dice che lui è solo "Voce".
Lui è solo uno strumento nelle mani di Dio per essere porta-voce di Dio, per annunciare la sua venuta e per invitare tutti a prepararsi ad accoglierlo.
E' bene che anche noi ci lasciamo porre questa domanda: chi sono io?
Dice anche che quello che deve venire è già in mezzo a noi, ma noi non lo conosciamo, e di conseguenza non lo vediamo. Per questo è importante anche oggi annunciare e preparare la sua venuta. Nessuno può mai dire: "Ormai lo conosco, so tutto di Lui". Facciamo tutto il possibile per scoprire la sua presenza intorno a noi.
Signore vieni e aiutaci a conoscerti.
Il segno che sto operando per preparare la via del Signore, sarà la contentezza.
Omelia di padre Paul Devreux