XXX Domenica del Tempo Ordinario - 23 ottobre 2011: Amare, l'unico comandamento

News del 22/10/2011 Torna all'elenco delle news

Il Vangelo di Matteo che abbiamo letto nelle domeniche del tempo ordinario di quest'anno liturgico che si avvia alla conclusione, è l'annuncio di Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, inviato dal Padre per condurre a compimento l'Alleanza stretta da Dio con l'antico popolo ebraico: Matteo mostra in ogni sua pagina che Gesù non rinnega nulla della prima Alleanza, ma in modo nuovo ed imprevedibile, la porta a compimento, e nello stesso tempo guida la comunità cristiana a trovare con sempre maggiore chiarezza la propria identità. E sta in questo l'importanza e l'interesse con cui noi oggi leggiamo il Vangelo di Matteo: la novità e la pienezza di Gesù, è inesauribile e quindi va continuamente ricompresa e di conseguenza l'identità della comunità, della Chiesa, che vive di Lui, va continuamente riscoperta.
Le pagine del Vangelo che la Liturgia ci propone in queste domeniche ci invitano a ripercorrere questo itinerario di riscoperta della affascinante novità di Gesù e dell'identità cristiana che ne consegue.
Gesù è ormai a Gerusalemme, nel cuore dell'ebraismo. Il confronto con i capi religiosi e politici si fa sempre più serrato. I farisei, i sadducei, i dottori della Legge, tutti i rappresentanti delle categorie più significative esprimono il loro sconcerto di fronte a Gesù, cercano di prenderlo in fallo, cercano dei motivi per farlo condannare, per eliminarlo: è davvero grande dunque, e sconcertante in rapporto alle loro concezioni religiose e di vita, la novità che essi percepiscono in Gesù.
Se pensiamo che quando Matteo scrive, il contesto è ormai decisamente cambiato, significa che la novità di Gesù continua ad incontrare difficoltà e a suscitare scandalo pure all'interno della comunità cristiana alla quale egli si rivolge: il rischio di riportare Gesù a livello di un normale dottore della Legge, se pure magari di una Legge rivisitata, è costante nella vita della sua comunità. La sfida a cui Gesù provoca è la novità che i suoi interlocutori hanno percepito ed hanno rifiutato: chi crede in Lui la comprende, ne coglie la bellezza e la accoglie. La novità sta nel fatto che non si tratta di una teoria, di una dottrina, ma della sua persona da incontrare, in cui credere per entrare in una esperienza che chiede di essere sempre nuova.
Il brano che la Liturgia della domenica XXX del tempo ordinario ci propone (Matt.22,34-40), ci interpella in modo particolarmente forte: siamo coscienti della novità cristiana a cui siamo chiamati? Siamo coscienti della "differenza cristiana" che qualifica l'identità della comunità, della Chiesa, nella quale troviamo la vita?
Matteo ci parla dei dottori della Legge che vogliono mettere alla prova Gesù: vogliono verificare la sua competenza giuridica e di conseguenza la sua autorevolezza nell'illuminare le persone che si rivolgono a Lui. Essi sanno che i rabbini hanno contato fino a 613 precetti presenti nella Torah, divisi in "positivi" (248) e "negativi" (365), considerati come la rivelazione della volontà di Dio per Israele. I dottori della Legge disputano poi tra loro, discutono sul modo di intendere, di mettere in relazione gerarchica i precetti.Vogliono provocare Gesù perché si dichiari, si schieri con una scuola: ancora una volta vogliono catturarlo dentro i loro schemi oppure vogliono screditarlo di fronte a tutti.
Uno dei dottori parla per tutti: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?" E' una domanda posta con precisione tecnica all'interno dei circoli e dei partiti che si confrontano per il primo posto sulla scena del tempo.
La risposta di Gesù, apparentemente non dice niente di diverso da quello che i Farisei già sanno. Essi conoscono bene i due precetti presenti nella Legge: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente", è la citazione della professione di fede ebraica, lo "Shema Israel" (Deut.6,4); "Amerai il tuo prossimo come te stesso" è la citazione del libro del Levitico 19,18.

Il dottore della Legge ha interrogato Gesù sulla Legge: egli risponde con due frasi della Legge. La sua fedeltà alla Legge è indiscussa: Gesù non ne rinnega nulla, anzi, la valorizza, sottolineando l'importanza dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo.

Oltre la Legge, Gesù e i Farisei conoscono altrettanto bene come anche i Profeti leghino tra loro i due precetti dell'amore di Dio e del prossimo. Per la Legge, basta pensare al decalogo: i comandamenti che riguardano il comportamento verso Dio, sono immediatamente seguiti da quelli che riguardano il rapporto con il prossimo.
Quanto ai Profeti, non fanno che richiamare il legame tra i due precetti per denunciare l'incoerenza di chi si ritiene fedele a Dio trasgredendo la giustizia verso il prossimo più debole.
Dunque, Gesù e i Farisei concordano nel ritenere che sia la Legge che i Profeti non fanno che richiamare il popolo alla fedeltà verso il Dio che lo ha liberato diventando a sua volta liberatore dei poveri.
Dunque Gesù è pienamente ebreo. Dove sta dunque la sua novità, quella per la quale i suoi interlocutore lo vogliono condannare?
Alla domanda del dottore della Legge: "Maestro, qual è il grande comandamento?", Gesù risponde, come è il suo solito, trasportando la questione su un altro piano e rifiutando di stabilire una scala di priorità di precetti. "Amerai il Signore tuo Dio.": questo è il grande e primo comandamento. E Gesù aggiunge immediatamente: "Ma il secondo è simile al primo: Amerai il tuo prossimo come te stesso". E il commento è: "Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".
Gesù invita i suoi interlocutori ad uscire da una concezione legalista: nei conflitti di doveri, i Farisei sono impegnati a discutere e a gerarchizzare i comandamenti. Gesù li invita ad una conversione radicale: con Dio non è questione di calcolare ciò che occorre fare per essere in regola. Ci sono modi si applicare le leggi che in realtà la tradiscono: la Legge che è stata data per la libertà e per la vita, può diventare schiavitù e morte. S. Paolo, l'antico fariseo scrupoloso che ha fatto l'esperienza della conversione, dice: "Voi non siete più sotto la Legge, ma sotto la grazia" (Rom.6,14). La novità allora è Gesù stesso, il Figlio che fa l'esperienza dell'amore del Padre. "Amare Dio" per Gesù non si riduce all'osservanza della Legge, ma è l'esperienza intima della comunione con Dio. L'umanità di Gesù trova tutto il suo significato, il gusto della vita, la bellezza, la giustizia, la verità, nell'essere assunta nell'intimità divina. La conversione che Paolo ha sperimentato e che è offerta a noi, oggi, è l'incontro con Cristo e attraverso Lui è l'intimità con Dio, la pienezza dell'amore, la risposta del nostro amore all'amore che Dio ha per noi: è il superamento della Legge per un dinamismo nuovo di vita. Chi entra nella logica nuova dell'Amore, comprende la Parola di Gesù: i due comandamenti dell'amore sono simili perché l'amore con il quale il Figlio risponde all'amore del Padre è lo stesso amore che lega i fratelli: l'amore per i fratelli è il farsi concreto dell'amore per il Padre.Non si tratta quindi di fare una scala dei precetti o dei valori: si tratta di convertirci alla novità di Cristo, all'amore che è la "differenza cristiana" e l' "identità" profonda della Chiesa. L'amore libera e dà il giusto valore anche alle cose più piccole. 

Omelia di mons. Gianfranco Poma (Maestro, qual è il grande comandamento?)

 

Amare, "l'unico" comandamento

Qual è il grande comandamento?
Gesù risponde indicando qualcosa che sta al centro dell'uomo: tu amerai. Lui sa che la creatura ha bisogno di molto amore per vivere bene. E offre il suo Vangelo come via per la pienezza e la felicità di questa vita.
Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto. Per tre volte Gesù ripete che l'unica misura dell'amore è amare senza misura. Ama Dio con tutto il cuore: totalità non significa esclusività. Ama Dio senza mezze misure, e vedrai che resta del cuore, anzi cresce, per amare i tuoi familiari, gli amici, te stesso. Dio non è geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica.
Ama con tutta la mente. L'amore rende intelligenti, fa capire prima, andare più a fondo e più lontano. Ama con tutte le forze. L'amore rende forti, capaci di affrontare qualsiasi ostacolo e fatica.
Da dove cominciare? Dal lasciarsi amare da Lui, che entra, dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che sono io. Noi siamo degli amati che diventano amanti.
Domandano a Gesù qual è il comandamento grande e Lui invece di un comandamento ne elenca due: amerai Dio, amerai il prossimo.
Gesù non aggiunge nulla di nuovo: il primo e il secondo comandamento sono già scritti nella Bibbia. Eppure dirà che il suo è un comando nuovo. Dove sta la novità? Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. E dice: il secondo è simile al primo. Amerai l'uomo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio. Questa è la rivoluzione di Gesù: il prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio. Il volto dell'altro è da leggere come un libro sacro, la sua parola da ascoltare come parola santa, il suo grido da fare tuo come fosse parola di Dio.
«Sul tuo corpo volteggiano angeli
come intorno a una chiesa
... e di Lui sono i tuoi occhi» (Turoldo).
Amerai il tuo prossimo come ami te stesso. È quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: «ama te stesso», perché sei come un prodigio, porti l'impronta della mano di Dio. Se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine. Se per te desideri pace e perdono, questo tu offrirai all'altro. Se per te desideri giustizia e rispetto, tu per primo li darai.
Ma perché amare, amare con tutto me stesso? Perché portare il cuore a queste vertigini? Perché dare e ricevere amore è ciò su cui posa la beatitudine della vita.
Perché Dio-amore è l'energia fondamentale del cosmo, e amando partecipi di questa energia: quando ami, è il Totalmente Altro che viene perché la storia sia totalmente altra da quello che è. 

Omelia di padre Ermes Ronchi 

Liturgia della XXX Domenica del Tempo Ordinario

Liturgia della Parola della XXX Domenica del Tempo Ordinario