21 agosto 2011- XXI Domenica del Tempo Ordinario : Chi è Gesù per me?

News del 19/08/2011 Torna all'elenco delle news

Chi sono per te oggi? Al centro del vangelo una domanda.
Siamo più o meno a metà percorso, anche dal punto di vista della stesura del racconto: ci troviamo al capitolo sedicesimo sul totale dei ventotto capitoli matteani.
L'esperienza di Gesù a Cesarea di Filippo è un punto di non ritorno, e lo comprenderemo ancor meglio domenica prossima.
Siamo spesso abituati a girare intorno ai problemi, educati a stare sul vago anche sulle questioni essenziali della vita. Non si sa mai, prendere posizione è sempre compromettente. Schierarsi, in qualsiasi campo, comporta assumersi delle responsabilità concrete. Questo è possibile anche nelle relazioni: possiamo girare intorno agli altri senza mai lasciarci veramente coinvolgere.
I dodici stanno seguendo Gesù da tempo, ammirati dai miracoli, affascinati dalle parole di questo rabbino che attinge da una sorgente nuova tutto il suo stile di vita.
E chissà quante ne hanno sentite su Gesù, chissà quante domande hanno ricevuto sul suo conto dietro le quinte, quanti segni di stima o di scetticismo hanno udito nella loro sequela.
Si sa, il paese è piccolo e la gente mormora. Oh, quante se ne sono dette su Gesù di Nazareth, e quante se ne dicono anche oggi.

Quanti sono coloro che ci hanno parlato di Cristo? Dalle suore dell'asilo al nostro parroco, dai genitori alla zia devota, dal prof di religione a quello di filosofia, dalla catechista al politico. Nelle chiese e nei teatri, attorno ad un tavolo imbandito come in un'aula universitaria, di fronte al sorgere del sole come al suo tramonto. Ovunque ho sentito parlare di Gesù.
E con riconoscenza guardo a tutto ciò, grato ad ognuno per avermi condotto a lui: chi non è sinceramente affascinato dal nazareno, chi non si è confrontato con la sua figura? Credenti o non credenti, Gesù continua ad interessare, anche là dove è considerato un'invenzione del cristianesimo.
Sì, ho sentito molto parlare di Gesù e molto ho parlato di lui. Credo dunque in lui, la mia vita è quotidianamente scossa dalla sua parola? Sono un uomo innamorato del Maestro?
Non basta sapere, sentire, parlare del nazareno.
Gesù sapeva già allora tutto ciò.
E, oggi come allora, non ci sta ai discorsi vaghi, non si accontenta che su di lui si dica qualcosa o si intavolino belle discussioni. Si smarca da ogni tentativo di ridurlo ad un bel personaggio della storia.
Parte certo con l'interrogativo vago intorno alle opinioni della gente. Ma non è questo ciò che gli interessa.

Perché a Gesù interessi tu. Interessa la tua opinione.
Voi chi dite che io sia, preludio di una personale domanda: tu chi dici che io sia?
La vita è una presa di posizione, è mettersi in gioco al cento per cento.
Oppure? oppure? si può anche barare, si può rimanere sul vago fino all'ultimo respiro. Possiamo anche vivere la nostra fede come un grande bluff, girarci intorno senza mai affrontare la questione sul serio.
Come prete posso parlare ogni giorno di Gesù Cristo, eppure non essere schiodato dalla mia comoda vita neanche di un millimetro. La mia fede può impantanarsi nell'ambiguità perenne di colui che si dice cristiano (di Cristo) e poi concretamente appartiene a tutt'altro. Posso nascondermi dietro una scelta che appartiene al passato, ignorando così il mio presente. Non si vive di ricordi e la fede non si riduce a tutto ciò che ho sentito dire su Gesù. E neppure da tutto ciò che ho pensato io stesso su Cristo.
Per questo rileggiamo sempre il vangelo. Oggi Gesù si interessa a me, oggi mi domanda di rispondere a quell'interrogativo.
Io chi sono per te? Chi sono per te, oggi?
Un ricordo dell'infanzia, del giorno dell'ordinazione, degli anni del catechismo? Un personaggio unico della storia?

Le relazioni muoiono quando non rispondiamo più a questo interrogativo, quando siamo vaghi, quando giriamo intorno alla domanda. Quando non ci si guarda più negli occhi.
Così accade anche nella nostra fede, proprio perché il cristianesimo non è l'adesione ad una dottrina ma l'incontro con una persona.
Così, a bruciapelo, oggi Gesù domanda a te e a me: chi sono io per te? Cosa sei disposto a giocarti su di me? Punti tutta la tua vita o giochi al ribasso? Ti decidi o stai sul vago? Quanto conto sul serio nella tua vita di tutti i giorni? Mi rispondi o prendi nuovamente tempo?!

Pietro rischia, osa tutto. Questo significa dire a Gesù che è il Cristo, il Messia tanto atteso, il senso vero della vita. Ma attenzione, siamo talmente abituati a rispondere correttamente, a pensare la fede come una rispostina scolastica, che non basta sapere con la lingua che Gesù è il Messia. E che significa questo per me? Che significa che Gesù è il Cristo?
Nulla, può significare semplicemente un fico secco. E infatti noi si continua a vivere esattamente come sempre.

Amico, non c'è una risposta giusta.
Regalati un attimo di silenzio e rispondi con il cuore, prendi posizione. Dillo a Gesù quanto sei disposto a giocarti su di lui. Non stare sul vago, non accontentarti di quello che gli altri dicono di lui, non bluffare?
Sapremo riconoscere in lui la sorgente della nostra felicità?
Pietro riconosce semplicemente questo: dietro a Cristo ha scoperto il proprio cammino di felicità.
E tu?

Migliaia di giovani vivranno oggi l'eucaristia a Madrid con Benedetto XVI, a conclusione della Giornata mondiale. Si ritroveranno con quell'interrogativo bruciante e personale di Gesù, preghiamo perché tornino nelle nostre Diocesi dopo aver osato una risposta che cambi la vita! 

Testo di don Carlo Occelli


Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli

Il Vangelo che abbiamo ascoltato riporta due domande di Gesù. Ma non slegate l'una dall'altra. La prima riguarda gli altri, la folla di uomini e donne verso la quale provava compassione: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". L'altra, la stessa domanda, è rivolta a ciascuno di noi: "Voi chi dite che io sia?". Non si può cercare una risposta per gli altri senza trovarla per sé. Non si può parlare di Lui senza viverlo, riconoscerlo, amarlo. Gesù ci aiuta a sapere guardare fuori, il mondo intorno; a non essere indifferenti. Il Signore vuole rispondere alla fame del cuore, alle attese profonde che agitano gli uomini, alla richiesta di speranza e futuro. Per questo è venuto, per essere il pastore che raduna quelle pecore stanche ed affaticate. Gesù ci insegna a capire cosa gli uomini hanno nel cuore e ci coinvolge nella sua faticosa scelta di dovere essere riconosciuto perché non si impone a nessuno.
I discepoli riportano le voci che avevano raccolto: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Sono tutte risposte deludenti per Gesù. Gli uomini lo identificano con il passato; non credono che "il tempo è compiuto"; non riescono a vedere nella sua concreta umanità, nella sua carne, nell'oggi, nel seme che è lui stesso, il Figlio di Dio, la realizzazione tutta intera dell'amore del Padre che inizia oggi. Chi è per la gente, oggi, il Figlio dell'uomo? Chi è Gesù? Forse un incontro anche importante, ma non risolutivo, come nessuno. Forse uno dei maestri disponibili per parlare sempre di noi, per fare girare tutto intorno alla mia vita, secondo un vorace egocentrismo spirituale. Forse uno che dona "energie positive", da seguire un po'.
"E voi chi dite che io sia?". Pietro, a nome di tutti ("corifeo" lo chiama la Chiesa d'Oriente), risponde con la professione di fede: "Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente". E Gesù gli risponde: "Beato te!". Pietro ha ricevuto la rivelazione di Dio; fa parte di quel gruppo di "piccoli" ai quali è rivelato il mistero nascosto sin dalla fondazione del mondo (Mt 11,25-26). Poi gli dona un nuovo nome: "Simone, ti chiamerai Kefa" ("Pietro" in italiano). Ricevere un nuovo nome significa ricevere una nuova vocazione, iniziare una nuova storia. Il nuovo nome che Gesù dà a Simone, richiama l'idea della costruzione. È vero che "la pietra" è certamente solo Gesù; su di lui "pietra angolare" si costruisce la casa. Ma Pietro diviene il prototipo dei discepoli, esempio per i credenti di ogni luogo e di ogni tempo: tutti dobbiamo partecipare alla sua fede. Egli stesso ce lo suggerisce quando scrive: "Stringendovi a lui, pietra viva... anche voi venite impiegati come pietre vive per una costruzione spirituale" (1 Pt 2,4-5).
Ogni credente deve partecipare al nome, alla storia, alla vocazione di Pietro per la costruzione dell'edificio spirituale. In questo impegno di costruzione tutti, in certo modo, riceviamo il "potere delle chiavi", ossia il potere di "sciogliere" e di "legare". Si tratta di sciogliere i legami che ci tengono stretti al nostro egoismo, che ci legano alla sponda dell'amore per noi stessi, che costringono quasi inesorabilmente ad essere soggetti agli egoismi personali o di gruppo, di clan, di etnia, di nazione. È necessario, invece, sganciarsi dalle sponde dell'amore per sé per legarsi all'orizzonte largo del regno di Dio, ove l'amicizia, la solidarietà, il servizio vicendevole sono la nuova legge. Questi "legami" realizzati sulla terra sono confermati nel cielo. Non saranno cioè intaccati e resteranno saldi anche oltre la morte. È davvero una grande consolazione sapere che tutto ciò che legheremo sulla terra sarà legato per sempre. È come dire che quel che conta è l'amore, quel che resta è l'amicizia. È su "questa pietra", su pietre di questa qualità, che Gesù costruisce la sua Chiesa. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia 

Un amore che sfugge alle parole

La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo? La risposta­ bella e al tempo stesso sbagliata: dicono che sei un profeta, voce di Dio e suo respiro.
Gesù pone la seconda domanda, preceduta da un ma: Ma voi ? come se i Dodici fossero di un altro mondo, mai omologati al pensiero dominante ? voi chi dite che io sia? La terza domanda­ à implicita, diretta a me: tu chi dici che io sia?
Gesù non chiede: Cosa avete imparato? Che parola vi ha colpito? Qual è ­il centro del mio insegnamento? Ma: chi sono io per te? Tu con il tuo cuore, con la tua fatica, la tua gioia e il tuo peccato, tu cosa dici di Gesù Cristo?
Le parole più vere sono sempre al singolare, e mai parole d'altri. Non servono libri o catechismi, non studi, letture, o risposte imparate, ma ciascuno dissetato alle fonti di Dio, inciso un giorno dalla spada a due tagli della sua Parola, ciascuno, caduto e risorto, può dare la sua risposta.
Tu sei per me un­ 'crocifisso amore'. L'amore ha scritto il suo racconto sul tuo corpo con l'alfabeto delle ferite, indelebili come l'amore.
Tu sei per me un '­disarmato amore', che mai sei entrato nei palazzi dei re, mai hai radunato eserciti, e in questo mondo di arroganti hai detto: ­Beati i miti, gli inermi, i tessitori di pace.
Tu sei per me un­ 'inseparato amore', perché nulla mai, né angeli né demoni, né cielo né abisso, nulla mai ci separerà dal tuo amore di Dio (cf. Rm 8, 39). Nulla, mai. Due parole assolute, perfette, totali: inseparabile sono dall'amore.
I due simboli di oggi sono la chiave e la roccia. Pietro è ­roccia nella misura in cui ancora trasmette Cristo, tesoro per l'intera umanità. E' roccia nella misura in cui mostra che Dio­ è vivo fra noi, crocifisso amore, disarmato amore, inseparato amore.

Ma ogni discepolo è ­roccia e chiave. Chiave che apre le porte belle di Dio, roccia su cui far conto per costruire la casa comune. Chiamato a legare e sciogliere, a creare nel mondo strutture di riconciliazione.
Voi chi dite che io sia? Non mi basta dire Dio; Cristo non è ciò che dico di lui, ma ciò che vivo di lui, come la vita non sta nelle mie parole sulla vita, ma nel mio patirla:
Mi guardano negli occhi / e rimangono estatici / perché capiscono che io ti ho visto / ti ho sentito / e che qualche volta almeno / ti ho anche tradito (Alda Merini). Non una dottrina, non una morale, il cristianesimo­ è una Persona, un dolcissimo sogno sempre tradito, ma di cui non ci è concesso stancarci. 

Testo di padre Ermes Ronchi 

Liturgia della XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 21 agosto 2011

Liturgia della Parola della XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 21 agosto 2011