14 agosto 2011 - XX Domenica del Tempo Ordinario: Signore aiutami...per la mia fede!
News del 13/08/2011 Torna all'elenco delle news
La parola di Dio nel Vangelo ci presenta la figura della donna cananea che chiede a Gesù di guarire la sua figlia affetta da possessione diabolica.
E' uno dei testi più significativi del Vangelo per una pluralità di messaggi che Gesù lancia in questa circostanza: egli è venuto per le pecore perdute di Israele, ma di fronte alla fede di coloro che non sono di questo popolo e della fede dei padri egli si mostra comunque attento e misericordioso ed interviene con la guarigione; l'altro aspetto è il tema della possessione diabolica che anche in questa circostanza particolare viene esaltata nel Vangelo a conferma di una diffusa convinzione che il diavolo la facesse da padrone in quelle situazioni in cui la fede era debole o inesistente e proprio come mediante la fede in Cristo si guarisce dal male più grave che è quello di essere nel peccato.
Il testo del Vangelo di Matteo è molto espressivo e vivace, come fu vivace e dinamico l'atteggiamento della donna che va in cerca del miracolo per la figlia con tutta la sua esemplificazione nel chiedere l'intervento del Signore, in questo caso estremo.
La pedagogia di Cristo nel portare alla piena adesione a lui le persone si comprende bene alla luce di questo testo evangelico: dalla resistenza iniziale al dono totale e gratuito della grazia della guarigione.
Nella seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani, ritroviamo i temi già più volte trattati dall'Apostolo e cioè della misericordia di Dio e della sua bontà e tenerezza verso ogni creatura. In tale misericordia noi confidiamo, non per abusare della nostra libertà e deviare nella retta condotta umana, ma nel rispondere in pieno alla chiamata di Dio che ci vuole tutti salvi e santi.
Interessante nel contesto della parola di Dio di oggi è la prima lettura, nella quale ci viene presentata la figura del profeta Isaia che richiama il popolo israelitico all'osservanza della legge di Dio, l'unica che può dare garanzia di serenità e pace nella società di allora come quella di oggi. La parola di Dio, infatti, è sempre attuale e sempre adattabile alla situazione concreta dell'oggi. Nella misura in cui l'uomo aderisce alla legge del Signore egli può elevare a Dio la preghiera che è degna di essere accolta e soddisfatta, come nel caso della Cananea di cui oggi di parla il testo del Vangelo.
Possiamo allora elevarla questa preghiera al Signore con la stessa intensità della fede della Cananea e di quanti credono fermamente nella potenza di Dio: "O Padre, che nell'accondiscendenza del tuo Figlio mite e umile di cuore hai compiuto il disegno universale di salvezza, rivestici dei suoi sentimenti, perché rendiamo continua testimonianza con le parole e con le opere al tuo amore eterno e fedele". Amen.
Testo di padre Antonio Rungi (Il Signore è il nostro aiuto)
Diventiamo testimoni della fede
Il vangelo di oggi comincia come finiva quello di domenica scorsa, quando Pietro che sta affondando nel mare grida: "Signore, salvami!". Oggi è una madre disperata che grida e chiede aiuto per la figlia malata. Grida tanto da intenerire o infastidire i discepoli che intercedono per lei presso Gesù.
Gesù si comporta come se non la sentisse, ma la lascia fare. Ai discepoli dice che è stato mandato solo per il popolo eletto, perché questa è una straniera, ma la lascia gridare.
Perché quest'atteggiamento cosi inconsueto e per noi scandaloso?
Forse perché desidera aiutare questa donna a crescere nella fede e a saperla manifestare davanti a tutti.
Come dicevamo domenica scorsa Gesù desidera aiutarci a crescere nella fede proprio perché sa che per noi è un'ancora di salvezza preziosa nel momento del bisogno. Lasciandoci pregare, come fa con questa donna, c'insegna appunto a pregare, e chi ha pregato tanto, poi quando ottiene si rende conto della potenza della preghiera, mentre chi prega poco, quando poi viene esaudito dice: "è un caso, mi è andata bene", e la sua fede e fiducia nel Signore non cresce.
Oggi il mondo ha bisogno di testimoni, di cristiani che credano e sappiano manifestare la loro fede, per aiutare chi non ce l'ha e ne ha bisogno.
In molti paesi, indipendentemente dalla religione di appartenenza, la gente testimonia la propria fede spontaneamente e molto naturalmente. Prima era così anche qui, ce lo testimoniano i nostri fratelli più anziani, ma oggi, nel nostro mondo occidentale, sta diventando un tabù.
La nostra reticenza a manifestare la nostra fede è anche dovuta al fatto che vorremo poter dimostrare che ciò in cui crediamo è vero, ma è proprio il fatto che ne parliamo con semplicità e umiltà, senza voler dimostrare niente se non l'aiuto che la fede ci da personalmente a renderla vera. Per questo dicevo c'è bisogno di TESTIMONI, cioè persone che hanno visto e semplicemente raccontano che la fede li ha aiutati.
Testo di padre Paul Devreux
La grande fede della donna delle briciole
Gesù, uomo di incontri. Incontri che trasformano. E la svolta avviene attorno all'immagine dei cagnolini e delle briciole. Gesù dapprima si sottrae: Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini.
Nella mentalità comune dei giudei i pagani erano considerati cani. E poi la risposta geniale della madre Cananea: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. La donna sembra dire «fai delle briciole di miracolo, briciole di guarigione anche per noi, gli ultimi». Qualcosa commuove Gesù e ne cambia l'atteggiamento: è la convinzione assoluta di quella donna che tutti, anche i pagani sono amati, che per Dio non esistono figli e no; è l'umiltà di chi va in cerca solo di briciole, di pane perduto.
Donna, grande è la tua fede!
Non frequenta la sinagoga, invoca altri dèi, Baal e Astarte, ma per Gesù è donna di grande fede. Non tanto o non solo per il suo indomito amore di madre, che non si arrende ai silenzi di Gesù, al suo atteggiamento prima gelido («non le rivolse nemmeno una parola») e poi ruvido. Lo farebbe qualsiasi madre! La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda, che la incalza: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che professano.
Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per la carne della loro carne: esse conoscono Dio dal di dentro, lo sentono pulsare nel profondo delle loro piaghe, all'unisono con il loro cuore di madre. Credono che il diritto supremo davanti a Dio è dato dalla sofferenza e dal bisogno, non dalla razza o dalla religione. E che questo diritto appartiene a tutti i figli di Dio, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, sotto il cielo di Tiro o sotto quello di Nazaret. E Gesù cambia, si modificano l'ampiezza della sua missione e il volto del Padre. Una donna pagana «converte» Gesù; lo porta ad accogliere come figli i cagnolini di Tiro e di Sidone, lo apre ad una dimensione universale: No, tu non sei venuto solo per quelli di Israele, tu sei pastore del dolore del mondo. Gesù cammina e cresce nella fede, imparando qualcosa su Dio e sull'uomo dall'amore e dall'intelligenza di una madre straniera. Da questo incontro di frontiera, da un dialogo fra stranieri prima brusco e poi rasserenante, emerge un sogno: la terra vista come un'unica grande casa, una tavola ricca di pane, una corona di figli. Una casa dove nessuno, neppure i cuccioli, ha più fame. Dove non ci sono noi e gli altri, uomini e no, ma solo figli e fame da saziare. Dove ognuno, come Gesù, impara da ognuno. Sogno che abita Dio e ogni cuore buono.
Testo di padre Ermes Ronchi
Liturgia della XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 14 agosto 2011
Liturgia della Parola della XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 14 agosto 2011