Davanti al Signore, il tuo Dio, ti prostrerai, Lui solo adorerai

News del 12/03/2011 Torna all'elenco delle news

Ci mettiamo dunque in cammino per vivere, nella Chiesa, nella comunione con i nostri fratelli, la quaresima, e la viviamo "oggi", percependo la difficoltà ma anche la bellezza della riscoperta dell'esperienza di Dio, l'impegno esigente ma liberante del ripudio degli idoli, il coraggio di vincere le proprie paure per gustare la gioia profonda della misericordia del Signore.
La Liturgia, nella prima domenica di quaresima ci presenta il racconto delle tentazioni di Gesù: si tratta di una pagina intensa, ricca, che gli esegeti commentano cercando sempre una nuova chiave di interpretazione. La tradizione di Matteo che quest'anno leggiamo, Matt.4,1-11, va collocata nella prospettiva propria di Matteo, il "compimento" della storia del popolo di Dio e la "apertura universale" della salvezza operata in Gesù, per tutta l'umanità: Gesù, nelle tentazioni, rivela la sua identità di Figlio di Dio, ascoltando la Parola del Padre, ed invitando i suoi discepoli a seguirlo per portare a "compimento" la strada verso la pienezza della libertà. Ma quando Matteo scrive il suo Vangelo, Gesù ha già percorso la sua strada: il Figlio di Dio ha ascoltato la Parola del Padre, si è affidato completamente al suo amore ed è arrivato alla Croce. Sullo sfondo del racconto delle tentazioni, impersonato dal diavolo, stanno tutte le componenti della razionalità che alla dignità del Figlio di Dio vorrebbe che corrispondessero manifestazioni di potere, di efficienza. E' perfettamente "logico" pensare che il Figlio di Dio, l' "amato da Dio", colui nel quale Dio "ha posto il suo compiacimento", goda della potenza infinita di Dio, possa chiedergli ed ottenere da Lui tutto ciò che vuole. Quando Matteo scrive il suo Vangelo, Gesù è già salito sul Golgota, sulla terra è già sceso il buio, Gesù ha gridato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", il centurione ha detto: "Davvero costui era Figlio di Dio", gli undici si sono recati in Galilea, lo hanno visto e si sono prostrati davanti a Lui, Ma, sottolinea Matteo: "Essi però dubitarono". Questo dubbio è sempre vivo, profondo, attraversa i secoli e mette continuamente in crisi la razionalità umana: "Se tu sei il Figlio di Dio…" perché il silenzio del Padre? Perché il grido che lacera il Tempio: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Perché la Croce del Figlio di Dio che rimane piantata nella storia che continua a ripetersi nel tempo?
"Se tu sei il Figlio di Dio…": è la grande domanda che ha interpellato Gesù nella radicalità più profonda della sua identità. Nel momento nel quale Gesù ha accettato di discendere, di essere soltanto il Figlio che "riceve" la vita, il Padre lo ha riconosciuto "Figlio" e gli ha donato il suo Spirito. Ma adesso che è riconosciuto Figlio di Dio, può servirsi della propria divinità per dimostrare la onnipotenza divina? Oppure deve solo "discendere", lasciare operare il Padre per essere il Figlio che riceve tutto dal Padre? Il diavolo e Dio sono così sottilmente vicini: il diavolo è un filo sottile che separa il Figlio dal Padre. Dio è Padre che dona tutto al Figlio perché il Figlio cominci a servirsi della potenza di Dio per compiere "opere sue" oppure Dio è il Padre che ama il Figlio perché il Figlio convinca il mondo che tutto è solo Amore? E la Chiesa è lì, attraversata dal dubbio dei primi discepoli: "Se tu sei il Figlio di Dio…": con la forza del Figlio di Dio, la Chiesa, forte, può aspirare a compiere opere più grandi di quelle del Padre, oppure la Chiesa è il Corpo di Cristo abbandonato nelle braccia del Padre per amore del mondo?
Per Matteo non c'è dubbio: Gesù (e la Chiesa) è il Figlio che vive solo e sempre per la vita che riceve dal Padre. Proprio per la rinuncia totale all' affermazione di qualsiasi diritto divino, ha una regalità che passa attraverso l'obbedienza filiale a Dio, l'agonia e la morte in Croce, ed è preoccupata soltanto che giunga agli uomini l'amore del Padre.
Il racconto delle tentazioni è per Matteo il momento nel quale Gesù ascolta fino in fondo la Parola del Padre e decide che la sua esistenza è solo e totalmente vita accolta dal Padre e affidata a Lui.
"Se tu sei il Figlio di Dio…": per due volte il diavolo si rivolge con questa espressione a Gesù "portato dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo". Il deserto è qui il luogo simbolico della fragilità dell'esistenza umana nella quale il Figlio di Dio ha accettato di vivere, di cui la prova a cui il diavolo lo sottopone fa parte essenziale. Per due volte: infatti, la seconda e la terza tentazione sono collegate tra loro e sono la doppia faccia di uno stesso problema. Gesù è il Messia, il Figlio di Dio: ma di quale messianismo si tratta? Il popolo aspettava un Messia: un Messia che restaurasse il regno terreno di Davide? Gesù sceglie di essere solo il Figlio di Dio: nell'annientamento della Croce si realizza la sapienza e la potenza di Dio..
"Dì che queste pietre diventino pane": chi non vorrebbe un re che potesse dare ogni bene al suo popolo? Se Gesù è il Figlio di Dio, perché non usare della forza di Dio per realizzare un regno in cui tutto il bene materiale è a disposizione? La scelta di Gesù è di non ridurre il suo messianismo ad una sola dimensione: la vita dell'uomo si realizza nella relazione personale con Dio. Gesù realizza il suo messianismo vivendo totalmente la sua relazione di Figlio che ascolta la Parola del Padre.
"Se tu sei il Figlio di Dio…" E il diavolo trasporta Gesù sul punto più alto del Tempio: se Gesù ha Dio con sé, perché non realizzare finalmente sulla terra il "Regno di Dio", non cancellare la debolezza umana dal momento che ha gli angeli a sua disposizione? Gesù realizza il suo messianismo non per instaurare sulla terra un regno che per essere divino è disumano, ma perché Dio possa condividere con il suo amore la debolezza umana.
E il diavolo trasporta Gesù ancora più in alto, su un monte altissimo, (ritorna il simbolismo del monte) dal quale si vedono "tutti i regni del mondo e la loro gloria". Come nella seconda tentazione, il problema è: perché non realizzare un messianismo che instauri il regno di Dio sulla terra: Dio non può non avere il potere assoluto. Quanto "potere" esiste sulla terra, economico, politico, psicologico…che domina su tutto ciò che è umano: perché "se Gesù è il Figlio di Dio" non esercita un "potere" che elimini ogni potere? "Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti ai miei piedi, mi adorerai". E' drammatica la dimensione sublime di questa tentazione: adorare il potere per avere un potere da esercitare senza limite, in modo divino. Ma Gesù è il Messia che sceglie di essere ubbidiente al Padre, per essere autenticamente libero: non è il potere la manifestazione di Dio nella storia, non il trono ma la Croce. Solo l' Amore che il Padre dona al Figlio completamente abbandonato in Lui, libera il mondo dal peso di ogni potere. 

Testo di mons. Gianfranco Poma