Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro

News del 19/02/2011 Torna all'elenco delle news

Il brano che la Liturgia della domenica VII del tempo ordinario ci presenta (Matt.5,38-48), contiene le ultime delle "antitesi" pronunciate da Gesù in rapporto alla Legge "detta agli antichi". In realtà più che di "antitesi" che riguardano l'assassinio, l'adulterio, il divorzio, il giuramento, il taglione, l'amore e l'odio, si tratta di "compimento".
Gesù, "la sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all'umanità": è Lui che parla adesso "non per abolire, ma per dare pieno compimento" alla Legge e ai Profeti. Ai suoi discepoli rivela in pienezza il progetto di Dio sull'umanità: con la sua esperienza di Figlio di Dio che conosce il Padre e con la sua esperienza di figlio dell'uomo che conosce le aspirazioni e le fragilità umane, egli può condurre i suoi discepoli a comprendere dall'interno il senso delle Parole dette da Dio nella Legge e ai Profeti perché l'umanità possa realizzare in pienezza la propria esistenza. Così possiamo comprendere quelle che impropriamente chiamiamo le "antitesi" del discorso della montagna: si tratta della interpretazione piena fatta dal Figlio di Dio, della volontà del Padre e si tratta di una interpretazione che egli ci mostra vivendola nella propria carne.
Scrive il Papa nella esortazione "Verbum Domini" (n.11-12): "La fede apostolica testimonia che la Parola eterna si è fatta uno di noi. La parola divina si esprime davvero in parole umane…Adesso la Parola non solo è udibile, non solo possiede una voce, ora la Parola ha un volto che dunque possiamo vedere: Gesù di Nazaret… Egli realizza nella sua perfetta umanità la volontà del Padre istante per istante: Gesù ascolta la sua voce e vi obbedisce con tutto se stesso; egli conosce il Padre e osserva la sua parola, racconta a noi le cose del Padre. Pertanto Gesù mostra di essere il Logos divino che si dona a noi, ma anche il nuovo Adamo, l'uomo vero, colui che compie in ogni istante non la propria volontà ma quella del Padre".
Il discorso della montagna, rivela che cosa significa che Gesù è la Parola di Dio che si dona a noi perché possiamo comprendere la volontà del Padre non più come Legge che impone, ma come luce che illumina e grazia che dà la forza, e mostra che Gesù è il nuovo Adamo che rende possibile la realizzazione del progetto di Dio sull'umanità.
"Avete ascoltato che è stato detto agli antichi…Ma io dico a voi…": solo una attenta e accurata esegesi del testo, molto ricco di sfumature, può mostrarci come Gesù segua il metodo rabbinico di interpretazione, non per abolire ma per portare a compimento la Legge.

E' interessante sottolineare l'unità di tutto il brano che ci presenta le sei "antitesi".
Le prime tre invitano ad oltrepassare la Legge riportando tutto al "principio interiore", "il proprio ricordo", "la riconciliazione personale", "il motivo di scandalo personale" e quindi impegnano la persona del discepolo ad un cammino nuovo ed insistono sulla responsabilità personale e sul rischio di fallimento ("la Geènna", "pagare fino all'ultimo spicciolo").
Le altre tre invitano invece ad oltrepassare la Legge impegnando la propria responsabile autenticità resa possibile dalla relazione con Dio inaugurata dalla Parola di Gesù. Ai suoi discepoli Gesù indica anzitutto come fondare la autenticità. In una frase di grande profondità, che le traduzioni rendono in modo molto superficiale, Gesù dice: "Il vostro logos sia: Sì, sì, No, no"; ciò che eccede queste cose viene dal Maligno". Prima ai suoi discepoli aveva detto: "Non giurate affatto" e aveva motivato questo con l'invito alla non strumentalizzazione di Dio in nessun senso. E' pure molto forte l'avvertimento alla possibilità di un uso demoniaco di Dio. "Il vostro logos…": non è solo "il vostro parlare", ma è "la vostra persona" con tutta la sua ricchezza di contenuti, con tutta la sua possibilità di relazione. Ai suoi discepoli Gesù (che è il "Logos" di Dio), chiede autenticità essenziale, chiede di essere veri, attraverso una relazione libera con Dio che genera verità nella persona umana ("logos" che partecipa di Gesù).
Ai suoi discepoli Gesù chiede di andare oltre la Legge del talione vivendo relazioni di amore. Le relazioni di stretta giustizia sono superate con relazioni di gratuità di amore. Sullo sfondo della Parola di Gesù non ci sono solo le Leggi dell'Esodo, del Levitico e del Deuteronomio, ma c'è il progetto di Dio sull'umanità del libro della Genesi. Questo progetto di Dio raggiunge ora il suo "compimento" in una umanità fraterna, che non si realizza attraverso relazioni che solo evitano eccessi di vendetta.
Gesù conosce la povertà umana, la sua cattiveria, il suo peccato, sa che la convivenza umana è fatta di relazioni fragili: egli sa che solo la gratuità può rompere la catena distruttiva della vendetta; solo l'amore gratuito può guarire la fragile impotenza umana. Ma solo Lui può parlare di amore gratuito per gli uomini, Lui che vive della gratuità infinita del Padre, Lui che "ha amato sino al pieno compimento", ha dato tutto fino alla morte di Croce.
Per questo, alla fine ai suoi discepoli dice: "Avete ascoltato che è stato detto agli antichi: Amerai il tuo prossimo (e odierai il tuo nemico)", ma io dico a voi: "Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano". Il "compimento" della Legge è l'amore: l'amore gratuito, che è tale perché non aspetta ritorno; un amore che, al vertice, si esprime nella preghiera, simile a quella di Gesù in Croce.
E ormai comprendiamo: il cammino di superamento della Legge che Gesù ha percorso è essenzialmente una esperienza nuova di Dio, quella indicata dai profeti, Geremia ed Ezechiele in particolare. A loro Dio ha promesso una Legge nuova, non più scritta su tavole di pietra, ma nel cuore, ha promesso un cuore di carne, ha promesso uno Spirito nuovo. Gesù ai suoi discepoli dice che adesso la profezia ha raggiunto il suo "compimento": a loro fa percorrere un cammino interiore, a chi lo segue, egli dona un cuore nuovo e li rende partecipi del suo Spirito di Figlio.
Gesù riconduce i suoi discepoli all'inizio, in quel giardino in cui tutto era cominciato, e svela che quel Dio che ha creato il cielo e la terra, il sole e la pioggia è un Padre che ama il mondo, tanto da donare il proprio Figlio, è un Padre che solo ama e fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi.
Gesù ai suoi discepoli rivela che "tutto è compiuto": il progetto di Dio è giunto "al pieno compimento", l'umanità è avvolta dall'amore del Padre che il Figlio ha portato nel cuore del mondo. E Gesù chiede (con un'altra frase che va ben compresa): "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Gesù ci rende partecipi della sua esperienza del Padre, come esperienza piena (la perfezione) di Dio e ci chiede di vivere in una pienezza mai compiuta la nostra vita: Dio è solo Amore che si dona e noi con Gesù siamo solo accoglienza di un amore che solo chiede di essere donato. 

Testo di mons. Gianfranco Poma
 

Un cuore che sa amare i nemici

Avete inteso che fu detto: occhio per oc­chio... Ma io vi dico se uno ti dà uno schiaffo sul­la guancia destra, tu porgigli anche l'altra: sii disarmato, non incutere paura, mostra che non hai nulla da difen­dere, e l'altro capirà l'assur­do di esserti nemico.
Tu porgi l'altra guancia; non la passività morbosa di chi ha paura, ma una iniziativa decisa: riallaccia tu la rela­zione, fa' tu il primo passo, perdonando, ricomincian­do, rattoppando coraggio­samente il tessuto della vi­ta, continuamente lacerato. Il cristianesimo non è una religione di servi, che si mor­tificano e si umiliano e non reagiscono; non è «la mora­le dei deboli che nega la gioia di vivere» (Nietzsche). Ma la religione dei re, degli uomi­ni totalmente liberi, padro­ni delle proprie scelte anche davanti al male, capaci di di­sinnescare la spirale della vendetta e di inventare rea­zioni nuove, attraverso la creatività dell'amore, che fa saltare i piani, non ripaga con la stessa moneta, scom­bina le regole ma poi rende felici.
Amerai il prossimo e odierai il tuo nemico, Ma io vi dico: amate i vostri nemici. Gesù intende eliminare il concet­to stesso di nemico. Violen­za produce violenza come un catena infinita. Lui sce­glie di spezzarla. Mi chiede di non replicare su altri ciò che ho subito. Ed è così che mi libero. Tutto il Vangelo è qui: amatevi altrimenti vi di­struggerete.
Cosa possono significare al­lora gli imperativi di Gesù: amate, pregate, porgete, pre­state?
Non sono ordini, non si ama infatti per decreto, ma porte spalancate verso delle possibilità, offerta di un potere, trasmissione da Dio all'uomo di una forza divi­na.
E tutto questo perché siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il sole sui buo­ni e sui cattivi. Da Padre a fi­gli: c'è come una trasmis­sione di eredità, un'eredità di comportamenti, di affet­ti, di valori, di forza.
Voi potete amare anche i ne­mici, potete fare l'impossi­bile, io ve ne darò la capa­cità se lo desiderate, se me lo chiedete, e proseguite sulla strada del cambiamento in­teriore, della conformazio­ne al Padre. Allora capisco: io posso (po­trò) amare come Dio! Ci sarà dato un giorno il cuore stes­so di Dio. Ogni volta che noi chiediamo al Signore: «Do­naci un cuore nuovo», noi stiamo invocando di poter avere un giorno il cuore di Dio, di conformarci agli stes­si sentimenti del cuore di Dio.
È straordinario, verrà il gior­no in cui il nostro cuore che ha fatto tanta fatica a impa­rare l'amore, sarà il cuore di Dio e allora saremo capaci di un amore che rimane in e­terno, che sarà la nostra a­nima, per sempre, e l'anima del mondo. 

Testo di padre Ermes Ronchi
 

Liturgia della VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 20 febbraio 2011

Liturgia della Parola della VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 20 febbraio 2011