11 febbraio 2011: XIX Giornata Mondiale del malato e memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes

News del 09/02/2011 Torna all'elenco delle news

La Giornata mondiale del malato, fissata significativamente per l’11 febbraio, giorno della memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, è stata istituita da Giovanni Paolo II agli inizi degli anni ‘90, dietro richiesta del presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale degli operatori sanitari di quel tempo. Perciò quest’anno ne ricorre la XIX edizione.

Essa si propone le finalità indicate dallo stesso papa: la sensibilizzazione della necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; l’aiuto ai malati a valorizzare sul piano umano e soprannaturale la sofferenza; il coinvolgimento delle diocesi, delle comunità cristiane e delle famiglie religiose nella pastorale della salute; la promozione dell’impegno del volontariato; l’importanza della formazione spirituale ed etica degli operatori sanitari; l’impegno di far comprendere sempre meglio l’importanza dell’assistenza  religiosa ai malati da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, e di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera al card. F. Angelini, 13/5/1992).

I quattro ambiti della celebrazione

La celebrazione annuale della Giornata non si riduce ad un semplice raduno di malati per la celebrazione dell’Eucaristia e dell’Unzione degli infermi, ma può essere vissuta creativamente dalle parrocchie e dalle cappellanie ospedaliere in quattro ambiti:

1.quello dell’animazione dei molteplici ambienti di vita e di lavoro della società  e della comunità cristiana alla tematica della Giornata (per esempio: scuole, ospedali, associazioni ecclesiali o di volontariato, condomini e famiglie, luoghi delle istituzioni, carceri, farmacie, mercati,…);
2.quello della formazione ai problemi del mondo della sanità e della cura (con conferenze, tavole rotonde, dibattiti, corsi, aggiornamento professionale ed educazione sanitaria,…);
3.quello della celebrazione liturgica con momenti di catechesi (Messa ed Olio dei malati, Via Crucis, recita del Rosario, processioni con Gesù eucaristico o con la statua della Madonna di Lourdes per le strade del quartiere o per i corridoi degli ospedali,…);
4.infine quello della testimonianza della carità con specifici segni di attenzione e premura verso chi soffre e le loro famiglie (momenti di festa comunitaria, visite domiciliari, preparazione e offerta di semplici doni, oppure una iniziativa a favore dei malati, che si estenda per tutto l’anno).
     In questo modo l’appuntamento annuale della Giornata diventa un momento di crescita umana e spirituale della stessa comunità, risulta più feconda di frutti e permette di vivere la beatitudine di Cristo: “Ero malato e mi avete visitato/curato/amato…Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi” (cfr. Mt 25, 31-46).

Il tema della Giornata: “Gesù, il guaritore ferito”

Ogni anno il papa sceglie una tematica per aiutare le comunità cristiane a riflettere e a celebrare la Giornata in modo sempre nuovo; per il 2011 ha proposto : “Il guaritore ferito: Dalle sue piaghe siete stati guariti”. A sua volta il Pontificio Consiglio di settore lo ha indicato a tutte le Chiese particolari, invitandole ad attualizzare il tema nella propria nazione.

Con l’affermazione di Pietro (1Pt 2,24), che è l’eco delle parole di Isaia (Is 53,3-5),  si è voluto indicare il Signore Gesù non soltanto come Maestro che parla e insegna, ma anche come il pastore pieno di misericordia che si fa toccare dalle miserie dei peccatori, come il terapeuta che entra in contatto diretto con l’umanità sofferente, come il guaritore che si prende cura assumendo personalmente il nostro dolore. Egli è in grado di aver compassione dei suoi fratelli, perché, come loro, è “rivestito di debolezza” (Eb 5,2).

In altre parole, Gesù può essere chiamato giustamente il “guaritore ferito”, perché è stato salvatore dell’umanità non con la sua onnipotenza divina ma con le “ferite di amore” dei limiti della natura umana vissuti nell’obbedienza al Padre e nell’amore verso i fratelli. Egli è riuscito a “guarire”/“salvare” la debolezza dell’uomo con la sua fragilità vissuta nella passione  e morte in croce, coronate dalla risurrezione: le “piaghe” del Risorto ricordano per sempre le strade percorse dal suo amore per salvare l’uomo e tutto l’uomo.

L’icona di Gesù, guaritore ferito, diventa il modello pastorale dei responsabili delle parrocchie, delle cappellanie ospedaliere, di ogni cristiano impegnato nella pastorale ordinaria e di settore. “Tutti siamo vulnerabili: nel campo di battaglia che è la vita ognuno riporta delle ferite, anzi, la stessa condizione creaturale è segnata da un primordiale e radicale vulnus. Riconoscere questo rappresenta il primo passo; il secondo passo consiste nell’integrare le ferite nella nostra vita. L’ultimo passaggio avviene quando le nostre ferite diventano risorse per prenderci cura degli altri feriti…Quando si parla di guaritore ferito come modello pastorale si sta indicando una persona le cui ferite hanno già beneficiato degli effetti della ‘risurrezione’, ossia che ha già superato la fase della passione e morte, ed ora le sue ferite possono costituire una fonte di vita sia per lui che le porta sia per chi entra in contatto con lui” (R. Salvatore, Presentazione, in L. Sandrin (a cura di), Il guaritore ferito. Modello pastorale, Edizioni Camilliane, Torino 2011).

Messaggio del papa

Benedetto XVI si sofferma a meditare sull’amore di Gesù in croce che diventa la chiave interpretativa e di senso dell’intera esistenza umana. Rivolgendosi ai giovani, poi, aggiunge: “Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il ‘sì’ di Dio all’uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna”. Continuando, li invita a scoprire e incontrare Gesù sia nell’Eucaristia ma a riconoscerlo e a servirlo anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà.   
Messaggio per la Giornata della vita - Il Consiglio permanente della CEI, per la 33a Giornata nazionale per la vita (6 febbraio 2011) ha inviato un messaggio sul tema “Educare alla pienezza della vita”. Questa Giornata si collega in modo profondo con la Giornata del malato per il contenuto del messaggio e per la vicinanza delle due ricorrenze. I nostri vescovi  invitano a prendere consapevolezza della grande responsabilità educativa che abbiamo nei riguardi del bene e del valore della vita. Ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo perché le fragilità delle varie fasi della vita (nascita, giovinezza, malattia, anzianità) siano prese in carico con coraggio e abnegazione.
Manifesto murale e depliant – L’icona scelta per illustrare visivamente il tema della Giornata è stata presa dalla Basilica di San Marco, Volta ovest della cupola dell’Ascensione, in Venezia. L’immagine del XII secolo si chiama “La Santa Anàstasi” e presenta il Cristo risorto, che con la mano sinistra stringe la croce, mezzo della salvezza, e con quella destra solleva e tira a sé un morto che sta negli inferi. Il messaggio molto bello e significativo, a livello teologico, è quello dei segni dei chiodi lasciati sulle mani e sui piedi con evidenza voluta: attraverso questi segni di amore Egli ha potuto portare a termine la salvezza dell’umanità.
Scheda illustrativa – L’Ufficio nazionale si è preoccupato di preparare due schede: la prima per illustrare il cammino triennale degli operatori della pastorale della salute che ruoterà sui temi: “Prima di tutto…la vita”, “Curare tutto l’uomo”, “La salute, un bene per tutti”. La seconda scheda, di contenuto liturgico, propone una celebrazione della Parola da realizzare in un momento più opportuno con la propria comunità o con associazioni specifiche.
Immagine – Sul davanti ripete l’immagine del Cristo risorto del manifesto e sul retro una breve preghiera trinitaria:

Padre, che ami la vita, Ti imploriamo nella salute e nella malattia. Tu non vuoi il nostro male, né ci lasci soli nel dolore. / La Pasqua del tuo Figlio, Gesù Cristo, ci ha salvato per sempre dalla morte. Dalle sue piaghe siamo veramente guariti! / Spirito del risorto, consolaci e rendici fratelli nella sofferenza. Fa’ che le mani di chi cura siano piene dell’amore e della tenerezza di Maria, madre della Misericordia. Amen!”.  

 

Il tema della XIX Giornata Mondiale del Malato è:

"Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,24)
 
Il tema si inquadra nel percorso triennale di programmazione pastorale “Educare alla vita nella fragilità. Sfida e profezia per la pastorale della salute”, sulla base degli Orientamenti Pastorali CEI per il prossimo decennio “Educare alla vita buona del Vangelo”. 
 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

Cari fratelli e sorelle!

Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Lett. enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.

1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell'apparente fallimento di Gesù, diventa, nell'incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: “Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede” (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).

2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l'Amore: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: “Mio Signore e mio Dio!”, seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.

San Bernardo afferma: “Dio non può patire, ma può compatire”. Dio, la Verità e l'Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39).

A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.

3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il “sì” di Dio all'uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a “vedere” e a “incontrare” Gesù nell'Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale, 15 novembre 2006).

4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), “simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza" (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: “Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi” (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).

BENEDICTUS PP. XVI

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