Testimonianza di amore e carità cristiana
News del 05/02/2011 Torna all'elenco delle news
Con timore e trepidazione
"Voi siete il sale della terra, la luce del mondo" dice Gesù ai suoi discepoli nel passo odierno (Matteo 5,13-16) del discorso della montagna. Con queste parole egli affida a chi vuole porsi al suo seguito un compito grandioso, entusiasmante: dare sapore, cioè un senso, uno scopo alto, alle realtà che invece troppi vivono come avvilenti perché subìte o banali; fare luce allo spirito di chi è disperato, di chi è cieco o semplicemente addormentato, e perciò non vede il bene esistente intorno a sé, né quello che è possibile realizzare. Essere sale, essere luce per il mondo: magnifica prospettiva, ma difficile; anzi, chi ha coscienza dei propri limiti è tentato di ritenerlo impossibile.
Una risposta all'obiezione viene dalla seconda lettura, costituita da un altro passo della lettera di Paolo che la liturgia ci presenta in questo periodo. Anche lui si sentiva inadeguato ad essere sale e luce del mondo; ma non per questo si trattenne dal fare quanto era in suo potere per testimoniare Colui che l'aveva mandato. In proposito, scrisse: "Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (1Corinzi 2,1-5).
Si legge negli Atti degli apostoli (17,16-34) che, prima di giungere a Corinto, Paolo era passato dalla vicina Atene, considerata il principale centro intellettuale del mondo antico. L'ansia apostolica che lo pervadeva indusse Paolo ad annunciare il vangelo anche là, e dinanzi a un'accolta di filosofi tenne un discorso erudito, ricco degli accorgimenti retorici che rientravano allora nel bagaglio degli oratori; ma malgrado ciò, egli fece fiasco: tranne pochissimi, gli ascoltatori se ne andarono con commenti sarcastici. Paolo imparò la lezione: passato a Corinto, abbandonò ogni sapienza umana e annunciò il vangelo, come poi scrisse loro, con un discorso diretto, presentando le realtà della fede nella loro immediata concretezza, pur se poteva apparire sconcertante: invitò a seguire uno che era finito sulla croce, vale a dire uno che gli ascoltatori potevano considerare un fallito.
Umanamente sembra, quella dell'apostolo, una condotta poco accorta, quasi autolesionistica. Ma, come egli stesso spiega nella lettera, così facendo emerge che in realtà la fede non deriva dai bei discorsi di qualcuno: deriva dalla "potenza di Dio". L'apostolo, il missionario, il sacerdote, il catechista, la mamma premurosa che insegna le preghiere al suo bambino, e chiunque altro si renda disponibile a testimoniare il vangelo con le parole e l'esempio, può benissimo avere coscienza di essere debole, può senz'altro affrontare l'impegno "con molto timore e trepidazione". Ma deve procedere, nell'ancor più forte coscienza di essere soltanto uno strumento nelle mani di Dio: chi sa penetrare nelle menti e nei cuori degli uomini è solo Lui. Dunque, essere sale e luce del mondo è possibile ad ogni cristiano, non per virtù sua, per chissà quali doti o meriti o privilegi, ma perché tramite lui ad operare in realtà è Dio. Anche tutte le iniziative (le scuole, i giornali, le reti televisive, i siti internet eccetera) che i cristiani doverosamente mettono in campo per parlare agli uomini di oggi valgono solo se, e fino a quando, sanno essere non strumenti di potere, non megafoni delle opinioni di qualcuno, ma veicoli del vangelo, strumenti della voce di Dio.
Testo di mons. Roberto Brunelli
Sale della terra, luce del mondo
Domenica scorsa dicevamo che la santità consiste nel vivere lo spirito delle Beatitudini: poveri, miti, misericordiosi, puri di cuore, costruttori di pace, assetati di giustizia, aperti, anche con sacrificio, al Regno di Dio. Oggi Gesù ci dice: se fate così - nella semplicità di ogni giorno - voi siete come quel pizzico di sale che basta a dar sapore a tutto il minestrone; voi siete - come dice un proverbio ebraico - quel lumino che tutte le tenebre non possono spegnere ma che da solo le vince tutte.
Grandezza e responsabilità della nostra fede! Di Gesù abbiamo sempre detto che è "la luce vera che illumina ogni uomo"; Lui stesso dice di sé: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12). Oggi ci viene a dire: "Voi siete la luce del mondo.., voi siete il sale della terra! Risplenda la vostra luce perché gli uomini diano gloria al Padre vostro che è nei cieli!".
Al di là delle immagini, che cosa significa e che cosa bisogna fare per sostenere, in quanto cristiani, un tale ruolo così decisivo di fronte al mondo? Le letture di oggi ce lo esemplificano.
"Voi siete il sale della terra". Il sale dà sapore e gusto; il cristiano - dice uno dei primi Testi cristiani - è l'anima del mondo. "Vivono in città come tutti, adeguandosi ai costumi del luogo in quanto a cibo e vestito, ma testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. A dirla in breve, come l'anima è nel corpo, così nel mondo sono i cristiani" (Lettera a Diogneto, 5). Può essere detto ciò anche di noi, oggi? Ci distinguiamo per una nostra precisa identità e stile di vita? Il sale basta poco: ciò che conta non è il numero, ma la qualità perché il cristiano possa cambiare il mondo.
Prosegue Gesù: "Se il sale perdesse il suo sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini". Guai a perdere la nostra specifica identità, adeguandoci allo stile del mondo: in visione della vita, in motivazioni e certezze, in stile e atteggiamenti morali..! Il mondo perderebbe tutta la ricchezza della salvezza portata da Cristo, e noi non avremmo più motivo di esserci nel mondo. V'è un pericolo ricorrente nella Chiesa, si chiama cristianesimo anonimo, si chiama assunzione di metodi e contenuti d'analisi e prassi politica che svuotano lo spirito del vangelo, si chiama soprattutto indifferenza che deriva da assoluta ignoranza di ciò che è specifico cristiano sia nella vita privata sia nella vita sociale.
San Paolo con sfida e orgoglio dice di sé: "Io, fratelli, quando sono stato tra voi, non mi sono presentato ad annunciarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso". Noi siamo chiamati a testimoniare tutto e solo Gesù Cristo, non altra sapienza umana, non altra cultura umana. Il resto - cultura, prassi, ideologie... - sono enormemente inferiori e lontane dall'esprimere quell'umanesimo plenario, quella verità piena dell'uomo che solo Cristo, il prototipo, il primogenito, il salvatore, è venuto a portare alla nostra esperienza fallimentare di umanità! Dobbiamo avere questa fierezza: sapere di possedere la risposta unica alla domanda di senso e soluzione al problema-uomo! Al tempo stesso credere che questa VERITA' è efficace per sé - per la potenza dello Spirito di Dio -, una volta che viene a contatto con un cuore che sinceramente la cerca. Senza altri puntelli umani: "La mia parola e il mio messaggio - dice ancora Paolo - non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza.., perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio".
"Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa". Solo se il cristiano è sale, ossia qualcosa di veramente specifico, può essere luce. La Chiesa è come il "vessillo innalzato tra le nazioni", è quella luce di Cristo che, riflessa sul volto del credente, deve irradiarsi su tutti gli uomini (cfr. LG 1). Gli uomini che camminano "come a tentoni nel buio" (At 17,27) alla ricerca di Dio, devono trovare in noi un riferimento preciso, un segnale dove incontrare la vera luce, Cristo e in lui il volto del Padre. "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli".
Sono le opere che devono far luce. Ce lo richiama fortemente la prima lettura: "Spezza il tuo pane all'affamato, introduci in casa i miseri, senza tetto, vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente: allora la tua luce sorgerà come l'aurora". Ancora: "Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai pane all'affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio". Giustizia e carità sono luce, richiamo, credibilità per gli altri. Inoltre Isaia polemizza con quanti vivono la fede solo come culto, senza una vita coerente di opere e di carità. Coerenza tra fede e vita, impegno di solidarietà con gli altri sono i segni di una fede autentica.
Carlo de Foucauld ha espresso tutta la sua esistenza in un motto: Gridare il vangelo con tutta la vita! Paolo VI ripeteva spesso: il nostro mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri! La qualità della vita dice il valore e l'utilità della fede. Non sono i discorsi, ma le scelte d'ogni momento che sanno contagiare i vicini della bellezza del vangelo. Quando uno - ad esempio - si trova gratuitamente perdonato..., rizza le orecchie e dice: qui c'è qualcosa di diverso; anche a me piacerebbe vivere così, e si fa cristiano..! L'invito è anche ad un cristianesimo impegnato nella storia: è compito del laico lievitare tutta la realtà umana con lo spirito del vangelo, in ogni campo. Lo stesso Gesù ha usato l'immagine del lievito.
Il nostro ruolo di cristiani è diventato più urgente di fronte ad un mondo che va perdendo i valori umani fondamentali: la difesa della persona umana, della vita in ogni suo momento, la concezione dell'economia come solidarietà, la pace, la salvaguardia del creato...! Ciascuno deve compiere la sua parte: per genitori e scuola più educazione, più valori da trasmettere, più rigore e austerità; per noi cristiani essere seminatori e costruttori di cose grandi e vere, di valori evangelici.
Testo di don Romeo Maggioni
Brilliamo per amore e carità verso tutti
La condivisione e la carità manifestata in gesti concreti di attenzione agli altri sono al centro del testo del libro del profeta Isaia che ascoltiamo oggi. "Spezza il tuo pane con l'affamato, introduci in casa i miseri, senza tetto, vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente". Sono espresse qui parte delle opere di misericordia corporale, che una volta venivano insegnate nel catechismo in preparazione alla Prima Comunione o agli altri sacramenti della vita cristiana e che sarebbe opportuno recuperare, anche per aiutare coloro che non conoscono l'insegnamento dottrinale della propria fede per sapere cosa fare per essere un buon cristiano.
Sono, inoltre dettate regole di vita e di comportamento morale di facile comprensione ed attuazione: "Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all'affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio". Riflettere su questi temi nei nostri giorni, significa andare al cuore dei problemi di come inculturare la fede oggi. Non si può predicare bene e poi fare altro di ciò che si dice e si suggerisce agli altri. E' necessario una testimonianza credibile e leggibile dai vicini e dai lontani.
Ad una coerenza morale ci richiama il Vangelo odierno: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli". Anche nel testo evangelico si fa riferimento alla visibilità dell'essere e dell'agire cristiano: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa". In altri termini, a nessun cristiano è permesso di pensare ed agire in completa solitudine, pensando che il suo agire non sia necessario per il bene degli altri. Al contrario, bisogna essere visibili nel bene che si fa ed evitare la pubblicizzazione se si fa il male. La luce serve per fare luce e va posta nel luogo più adatto perché venga utilizzata per la sua specifica finalità. E' evidente il richiamo ad una vita santa di ognuno, che diventa una forte attrattiva per coloro che sono in cerca di Dio o vogliono potenziare il loro cammino cristiano ed interiore.
Un significativo richiamo al mistero della Passione e Morte del Signore ci viene dalla Prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi di oggi, sul quale è opportuno riflettere con maggiore attenzione, specie coloro che nella chiesa, a vario titolo e grado, svolgono in ministero della parola, dell'annuncio, della missione ad gentes, della direzione spirituale, di confessore ed altro, compreso quello di teologo, biblistica, liturgista, pastore della chiesa locale o della comunità pastorale.
"Io fratelli, - precisa l'Apostolo della Genti - quando venni tra voi, non mi presentai ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio".
E' stato questo il motivo che ha suggerito ad un grande santo della storia della Chiesa ed in particolare del secolo XVIII, il cosiddetto secolo dei lumi, a San Paolo della Croce a fondare un istituto contemplativo-attivo, che meditasse la Passione di Cristo e l'annunciasse agli uomini di allora e dei tempi venturi, con parole ed opere.
Tale istituto di vita consacrata sono i Passionisti, che hanno preso il nome dal voto speciale che emettono alla Prima professione religiosa e che l'accompagnerà per tutta la sua esistenza di figlio spirituale di San Paolo della Croce. E ciò per consacrarsi alla Passione di Cristo in modo totale e coinvolgente per se stesso e per gli atri, a partire dai propri confratelli di Congregazione, a dare molto spazio alla meditazione personale e comunitaria sulla Passione di Cristo, per ritrovare adeguati stimoli che, nel passato, hanno reso la Cipi un organismo di estrema importanza per i Passionisti italiani e per l'intera Congregazione della Passione.
Il Vangelo della Passione, che molti sperimentano sulla loro pelle, con grande serenità interiore e con la piena disponibilità alla volontà di Dio, oggi va annunciato con coraggio e con la forza che ci viene dalla fede, se è fede vera e condivisa da quanti credono seriamente in Gesù Cristo. Per annunciare Cristo ci vogliono poche significative ed intense esperienze in merito fatte in ogni parte d'Italia. Noi non abbiamo bisogni di sacerdoti o religiosi che sappiano annunciare le verità di Cristo "con sublimità di parola o di sapienza". Sono, invece, autenticamente "profetiche" le parole dette e che seguono: "Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione".
Sapere bene di Cristo crocifisso per i tutti i cristiani oltre ad essere un giusto piacere è anche un motivo di ripensare alla propria vocazione (battesimale, religiosa) come dono di Dio, ma anche come corrispondenza a lui. Agire di conseguenza in questo campo in modo coerente è un impegno per tutti e di tutti e soprattutto un servizio all'insegna della verità e della legalità.
Testo di padre Antonio Rungi