Gesù, Luce per l'unità  dei cristiani

News del 22/01/2011 Torna all'elenco delle news

"Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Così, richiamando il profeta Isaia, l'evangelista (Matteo 4,12-23) introduce l'inizio della vita pubblica di Gesù, e ne dà una sintesi: egli "percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e infermità nel popolo".

E' Gesù la luce del mondo, perché lui, solo lui, è il Signore e salvatore. Lo afferma anche Paolo nella seconda lettura di oggi (1Corinzi 1,10-13.17). Dopo i convenevoli, sentiti domenica scorsa, scrivendo ai cristiani di Corinto l'apostolo affronta subito l'argomento principale della lettera: le divisioni che si sono introdotte nella comunità. Richiamandosi a coloro per la cui predicazione essi sono giunti alla fede, qualcuno di loro si proclama "di Paolo", qualcun altro "di Apollo" (uno stimato evangelizzatore, cui si accenna anche in altre parti del Nuovo Testamento), o "di Cefa" (cioè Pietro), e solo una parte si ritiene "di Cristo". Situazione inammissibile, di fronte alla quale l'apostolo assume toni severi: "E' forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?" Situazione inammissibile, perché ferisce le radici stesse della fede e ne presenta al mondo un'immagine distorta. Di qui la calda esortazione: "Non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire".

Questa domenica cade nel mezzo dell'annuale Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani: settimana, che indirettamente manifesta l'attualità della lettera ai Corinzi. Come è noto, nel corso dei duemila anni di cristianesimo si sono prodotte numerose divisioni tra i seguaci di Gesù Cristo, alcune riassorbite, ma altre tuttora esistenti, non importa se di carattere dottrinale o disciplinare: sussistono infatti, distinti tra loro, cattolici, ortodossi, anglicani, protestanti (a loro volta divisi tra luterani, calvinisti, battisti e molti altri), copti, armeni e via elencando. Ancor prima di Paolo, lo stesso Gesù, e in un momento solenne quale quello dell'ultima Cena, ha espresso la volontà che i suoi vivano nell'unità: consapevoli che le divisioni sono dunque contro la volontà del Signore, da oltre cent'anni tra i cristiani di ogni confessione (almeno in questo, uniti) si prega a questo scopo. Si prega, perché tutti quelli che si dicono cristiani si lascino illuminare: aprano le menti e i cuori a comprendere appieno ciò che Dio si aspetta dai suoi.

I frutti di questo impegno non sono mancati: dopo secoli di indifferenza, quando non di ostilità, oggi gli aderenti alle diverse Chiese si riconoscono fratelli; si rispettano, si incontrano, assumono iniziative comuni, vanno scoprendo il tanto che hanno in comune (ad esempio, la fede nell'unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e in Gesù Cristo redentore; la Parola di Dio raccolta nella Bibbia; il battesimo; la prospettiva della vita eterna). Superando gli steccati, si sostengono a vicenda, come prova l'insistente voce del papa contro le discriminazioni cui i cristiani, di ogni denominazione, sono soggetti in tante parti del mondo e, appena pochi giorni fa', l'espressione del suo dolore per i copti d'Egitto colpiti da vili attentati. Tuttavia le differenze, pur se assai meno rilevanti del patrimonio comune, permangono, sicché i cristiani danno al mondo un'immagine di divisione. Di qui la necessità di continuare a pregare, e non solo durante questa settimana particolare. "Non vi siano divisioni tra voi": l'esortazione di Paolo ai Corinzi mantiene tutta la sua validità; è una condizione di grande importanza anche perché chi non è giunto alla fede, o chi l'ha oscurata se non perduta, possa lasciarsi illuminare dalla luce che non tramonta. 

Testo di mons. Roberto Brunelli 


Chiamati all'unità e alla missione

Fin dalle prime apparizioni pubbliche (Vangelo), Gesù si presenta come un missionario itinerante: insegna, predica la buona notizia del Regno, guarisce malati, chiama discepoli... (v. 23). Inizia la sua missione non in luoghi importanti e religiosi come Gerusalemme, ma in zone periferiche, fra i lontani, gli eterodossi, i meno religiosi, semipagani, gli impuri a contatto con i pagani. Tali erano (considerati) gli abitanti della Galilea (v. 15). Gesù lascia Nazaret e va ad abitare a Cafarnao, cittadina di frontiera, con una dogana per le mercanzie in transito lungo la "via del mare" (v. 13.15), la strada imperiale che univa Egitto, Palestina, Siria e la Mesopotamia. Fin dall'antichità, quindi, la Galilea era una zona di incrocio di popoli, sottoposta al passaggio di truppe e al controllo dei traffici, con le conseguenti contaminazioni e ricadute morali. Si capisce così l'appello che il profeta Isaia rivolge agli abitanti della regione (I lettura): passare dall'esperienza umiliante della schiavitù (v. 23) e dal giogo dell'oppressione (v. 3) alla vita con libertà, in grande luce (v. 1) e gioia (v. 2). Matteo (Vangelo) vede che la profezia di Isaia si è compiuta con la presenza di Gesù (v. 14-17), la cui missione ha un inizio carico di speranza (v. 23), sulla base, però, di un esigente programma di conversione a Dio e di impegno per il suo Regno (v. 17).

Con questa scelta iniziale, Gesù mostra che i primi destinatari del suo Vangelo e del Regno non sono i giusti, gli osservanti o quelli che si ritengono tali, ma i lontani, gli esclusi... Tale è l'inizio umile di una missione che avrà orizzonti universali, e che sarà portata avanti dai discepoli e dai loro successori, chiamati a seguire Gesù per essere, in ogni parte del mondo, "pescatori di uomini" (v. 19).

La vocazione missionaria comporta sempre un esodo, una partenza, spesso anche geografica, lasciare qualcuno e qualcosa; c'è sempre un distacco, un uscire dal proprio egoismo. Qui Gesù lascia Nazaret (v. 13) e gli spazi di intimità con sua Madre, Lui che aveva scelto di essere l'Emmanuele in carne umana. Come un tempo Abramo fu invitato ad uscire dalla sua terra e dalla sua parentela, così ora due gruppi di fratelli, chiamati da Gesù a seguirlo, lasciano reti, barca e padre (v. 20.22). In ogni caso, la vocazione non è mai una partenza verso il vuoto: è un lasciare qualcosa per seguire Qualcuno, una partenza all'incontro di un Altro. Al primo posto c'è sempre l'attaccamento alla persona di Gesù.

Questa vocazione-missione affonda le sue radici in una conversione ("Convertitevi...": v. 17), un cambio di mentalità, un orientamento nuovo verso Dio e il suo Regno, di cui Gesù Cristo è la pienezza. La conversione a Cristo comporta la sequela e la missione, l'essere ben radicati in Lui e ben inseriti nelle strade del mondo: "vi farò pescatori di uomini" (v. 19). Così è avvenuto con Paolo (II lettura), del quale in questo tempo si celebra la conversione (25 gennaio). Una conversione totale e fedele fino al martirio! Sulla strada di Damasco non è nato soltanto un cristiano, ma anche il più grande missionario fra i pagani, l'innamorato predicatore di Cristo crocifisso e risorto (v. 10). (*) Il messaggio paolino è di attualità, nel contesto della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, chiamati a vivere uniti, ad evitare divisioni e discordie, ad essere in perfetta unione (v. 10-11), perché Cristo non è diviso (v. 13).
Prendere coscienza della vastità e urgenza dei problemi del mondo aiuta ad uscire da egoismi, divisioni e tensioni locali. Con sapore di attualità, S. Teresa d'Avila diceva: "Il mondo sta bruciando, non c'è tempo di trattare con Dio affari di poca importanza... Quando vedo le grandi necessità della Chiesa, queste mi affliggono così tanto che mi sembra una burla aver pena per altre cose".


Parola del Papa
(*) "La missione evangelizzatrice della Chiesa è la risposta al grido 'Vieni, Signore Gesù!', che percorre tutta la storia della salvezza e che continua a levarsi dalle labbra dei credenti... L'accoglienza della Buona Novella nella fede spinge di per sé a comunicare la salvezza ricevuta in dono... Nulla è più bello, urgente ed importante che ridonare gratuitamente agli uomini quanto gratuitamente abbiamo ricevuto da Dio! Nulla ci può esimere o sollevare da questo oneroso ed affascinante impegno... Ogni cristiano ed ogni comunità sentano la gioia di condividere con gli altri la Buona Notizia che 'Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito... perché il mondo si salvi per mezzo di lui' (Gv 3,16-17)". Benedetto XVI all'Angelus del 23 dicembre 2007


 

  • 27/1: S. Angela Merici (1474-1540), fondatrice della Compagnia di S. Orsola (Orsoline), pioniere fra le donne di vita consacrata nel mondo, al di fuori dei tradizionali monasteri conventuali.
  •  58esima Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, fondata da Raoul Follereau nel 1954. Il tema per il 2011 è: "C'è un solo cielo per tutto il mondo". Informazioni sul sito dell'AIFO. 
  • 28/1: S. Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa. La sua Summa contra Gentiles è uno dei primi manuali per missionari fra i non cristiani, in particolare i musulmani.
  • 29/1: S. Giuseppe Freinademetz (1852-1908), della Società del Verbo Divino, missionario in Cina.

 
Testo di padre Romeo Ballan 

 

Liturgia della III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 23 gennaio 2011

Liturgia della Parola della III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A): 23 gennaio 2011