Dio sacrifica se stesso per l'uomo

News del 15/01/2011 Torna all'elenco delle news

Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Ecco l'agnello, ecco il piccolo animale sacri­ficato, il sangue sparso, la vit­tima innocente. Ma di che co­sa è vittima Gesù?
Forse dell'ira di Dio per i no­stri peccati, che si placa solo con il sangue dei sacrifici? Della giustizia di Dio che co­me risarcimento esige la morte dell'unico innocente? No, Dio aveva già detto per bocca di Isaia: sono stanco dei tuoi sacrifici senza numero. Io non bevo il sangue dei tuoi a­gnelli, io non mangio la loro carne (cf. Isaia 1, 11).
Appare invece il capovolgi­mento totale portato da Ge­sù: in tutte le religioni l'uomo sacrifica qualcosa per Dio, o­ra è Dio che sacrifica se stes­so per l'uomo. Dio non esige la vita del peccatore, dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. E dal suo costato a­perto sulla croce non esce vendetta o rabbia, ma sangue e acqua, sangue d'amore, ac­qua di vita, la capacità di a­mare sempre e comunque.
Di che cosa è vittima allora l'Agnello di Dio?
Gesù è vittima d'amore. Scri­ve Origene: «Dio prima ha sofferto, poi si è incarnato. Ha sofferto perché caritas est pas­sio», la sofferenza di Dio è fi­glia della sua passione d'a­more; ha sofferto vedendo il male che l'uomo ha e fa', sen­tendolo far piaga nel suo cuo­re; ha sofferto per amore.
Gesù è vittima della violenza.
Ha sfidato e smascherato la violenza, padrona e signora della terra, con l'amore. E la violenza non ha potuto sop­portare l'unico uomo che ne era totalmente libero. E ha convocato i suoi adepti e ha ucciso l'agnello, il mite, l'uo­mo della tenerezza. Gesù è l'ultima vittima della violen­za, perché non ci siano più vittime. Doveva essere l'ulti­mo ucciso, perché nessuno fosse più ucciso. Giovanni di­ceva parole folgoranti: «Ecco la morte di Dio perché non ci sia più morte», e la nostra mente può solo affacciarsi ai bordi di questo abisso.
Ecco colui che toglie il pecca­to; non un verbo al futuro, nell'attesa; non al passato, co­me un fatto concluso, ma al presente: ecco colui che in­stancabilmente continua a togliere, a raschiare via il mio peccato di adesso. E come? Con il castigo? No, con il be­ne. Per vincere la notte inco­mincia a soffiare la luce del giorno, per vincere la steppa sterile semina milioni di se­mi, per disarmare la vendet­ta porge l'altra guancia, per vincere la zizzania del cam­po si prende cura del buon grano.
Noi siamo inviati per essere breccia di questo amore, braccia aperte donate da Dio al mondo, piccolo segno che ogni creatura sotto il sole è a­mata teneramente dal nostro Dio, agnello mite e forte che dona se stesso. 

Testo di padre Ermes Ronchi 


Vediamo insieme cosa dice Giovanni Battista.
Comincia con il chiamare Gesù Agnello di Dio. Agnello è simbolo di colui che si lascia uccidere senza lamentarsi. Quindi Gesù è il dono mandato da Dio agli uomini, disposto ad essere sacrificato per loro. A che scopo? Per togliere il peccato del mondo.

A questo punto s'impone la domanda: "Qual è questo peccato del mondo?"

Sappiamo che il peccato è tutto ciò che ci allontana dalla comunione con Dio e con i fratelli che ci ha dato, ma questo è già una conseguenza del peccato del mondo.

Io penso che questo peccato che Gesù desidera togliere dal mondo, tanto da essere disposto a lasciarsi uccidere pur di riuscirci, è l'ignoranza del vero volto di Dio, è ogni cattiva idea che l'uomo si è fatto del suo Dio, e che lo porta ad allontanarsi da Lui.

Se mi permettete un confronto umano, è un po come quando diciamo: Che peccato che quello non ha capito chi aveva accanto e così si è messo nei guai, oppure che peccato che non si è fidato della persona giusta.

Questo sacrificio a che serve? Non bastava che Gesù ci spiegasse chi è suo Padre? No, perché l'uomo ha bisogno di prove, e siccome l'uomo è da sempre convinto che Dio vuole chissà che cosa da lui e che è sempre pronto a punirlo mandandogli qualche castigo, che tante volte sento definire come l'essere la volontà di Dio, era necessario che Dio dimostrasse all'uomo quanto gli vuole bene donandogli addirittura suo figlio lasciandolo libero di trattarlo come voleva.

Poi Giovanni dice che dopo di lui viene uno che è più importante di lui perché esisteva già prima di lui, come dice anche il Prologo e ribadiamo nel credo, e continua dicendo che ha visto lo Spirito scendere e rimanere su Gesù, a dimostrazione che questo è il figlio di Dio, mandato a battezzare in Spirito Santo noi, cioè mandato a rimetterci in comunione con Dio, come gli aveva preannunciato colui che lo ha mandato a battezzare; e su questo tale non sappiamo nulla.

Vorrei concludere dicendo che l'opera più grande di Giovanni Battista secondo me è stata proprio quella che è racchiusa in queste poche righe: rivela la presenza di Gesù. Grazie a questo Gesù avrà i suoi primi discepoli; quei due giovanotti che gli domanderanno maldestramente: "Maestro, dove abiti?".

Questo è un servizio molto importante perché capita anche oggi che Gesù è presente vicino a qualcuno e l'interessato non se ne rende conto. Poter vedere e riconoscere Gesù presente nella nostra vita e nelle nostre situazioni è certamente un aiuto; ma non sempre riusciamo a vederlo. Ecco perché chi riesce a vederlo e a farlo vedere a chi ne ha bisogno, fa un'opera grande sia di aiuto che di evangelizzazione.

Ringrazio il Signore per tutti quelli che mi hanno fatto e mi fanno questo servizio e lo prego che sviluppi questo carisma nella Chiesa di oggi. 

Testo di padre Paul Devreux


«E io ho visto e ho testimoniato»

Ancora una volta a tu per tu con Giovanni Battista, una figura che ci ha accompagnato sia nel tempo di avvento sia domenica scorsa. Questa volta ascoltiamo dalla sua voce una testimonianza. Giovanni testimonia perché ha visto e può testimoniare solo perché ha visto: non si testimonia se non si è visto.
Abbiamo già materia per una prima riflessione: testimoni lo si può essere solo dopo un'esperienza vera e chi si atteggia a testimone senza aver fatto esperienza è un falso testimone, perché non sa quello che dice. In questioni di fede non vale il detto "parlo per averne sentito parlare", si testimonia solo se si ha un'esperienza diretta, non mediata. Esiste un ruolo di mediazione (il profeta), ma un vero mediatore non dimentica mai che la sua profezia lascia sempre all'altro la possibilità di fare una verifica diretta. Credo che uno dei problemi del cristianesimo del nostro tempo e proprio quello di aver perso la forza della sua testimonianza e tutto ciò nasce proprio dal fatto che a testimoniarlo sono spesso cristiani che non hanno l'efficacia di chi testimonia perché ha visto.
La testimonianza del Battista è centrata tutta sulla persona di Gesù e, in particolare, sulla sua identità in relazione alla salvezza di noi uomini. Egli è l'Agnello di Dio, ovvero Colui che dal Signore è stato "Unto" con il dono dello Spirito per farsi carico della diffidenza verso Dio del cuore dell'uomo. Gesù, testimonia Giovanni, è Colui che finalmente fa la verità su Dio e sull'uomo. Egli, con i suoi gesti e le sue parole, soprattutto con il suo morire per noi, forte del dono dello Spirito Santo, rivelerà ad ogni uomo quanto è forte nel cuore dell'uomo la certezza che Dio è nemico della felicità e, soprattutto, dimostrerà che questa è la peggiore delle menzogne perché Dio ama l'uomo fino alla morte. Gesù per portare a termine questa missione non ha altra via che quella di accogliere quella morte che altri hanno scelto per Lui.
Abbiamo ancora altro materiale su cui meditare: il testimone non parla di sé, ma annuncia una persona, il nome di Gesù, il Cristo ovvero l'Unto, il Messia, sul quale lo Spirito Santo si è effuso per la nostra salvezza. La testimonianza della Chiesa è annuncio di una Persona, il cui nome è Gesù, il Cristo. Non si testimonia la propria persona o le proprie virtù, ammesso che le si abbia, ma si annuncia il nome di Gesù, salvezza per ogni uomo che riconosce di avere un cuore colmo di diffidenza nei confronti di Dio e, per questo, lontano dall'esperienza dell'Amore.
Non so se Giovanni Battista vi ha convinto a prendere sul serio Gesù che si dirige verso di lui, ma una cosa è certa. Non saremo mai veri testimoni se non avremo udito, visto e toccato che Gesù è il nostro Salvatore!

Testo di
don Luca Orlando Russo