Di nuovo un inizio

News del 08/01/2011 Torna all'elenco delle news

Un lungo periodo di silenzio separa l'adorazione dei Magi, che abbiamo appena celebrato nell'Epifania, dal Battesimo del Signore, che celebriamo in questa domenica.

In tre giorni le nostre feste coprono lo spazio di trent'anni, e questo solo basterebbe a farci riflettere. E' uno strano modo di cominciare: in punta di piedi, si direbbe, senza far clamori. Ed obbliga anche noi a ricominciare, a rivedere i nostri progetti e il nostro modo di pensare.

Il Natale, l'anno nuovo, la ripresa del lavoro e della scuola dopo le feste... tutto ci invita a ripartire. Per qualcuno l'inizio sarà più duro, non sarà facile riprendere speranza, trovare un nuovo avvio. Eppure proprio a questo la Parola di Dio ci invita. Anche se la sua partenza è diversa dalle nostre...

Senza fretta Sembra che Gesù non abbia fretta di manifestarsi al mondo. Il suo primo gesto coglie impreparato il Battista, che nel Vangelo di Matto ha un'espressione di sorpresa: "Io ho bisogno di essere battezzato da te... e tu vieni a me?". La stranezza di quel gesto non era sfuggita alle prime comunità cristiane. Forse faceva addirittura problema: Gesù si era sottomesso al Battista? Che senso aveva ricevere un battesimo di conversione e di penitenza, in mezzo ai peccatori? D'altra parte, era chiaro che proprio quello era il modo di cominciare gradito a Dio; anzi, proprio in quel gesto il Padre e lo Spirito si erano manifestati, e l'amore di Dio aveva avuto una singolare dimostrazione. Soffermiamoci però sulla cautela con cui Dio si manifesta, sul'apparente lentezza della sua rivelazione. Che non nasce da un difetto nel suo amore, ma dalla durezza del nostro cuore, segnato dal peccato. Dalla profondità del nostro bisogno di salvezza, e dalla profondità con cui Dio vuole salvarci. Non è sufficiente un rinnovamento esteriore, né la creazione di un ambiente favorevole, né semplicemente un dire parole buone o dare un buon esempio. Gesù entra in profondità, fin dall'inizio, a fianco dell'umanità peccatrice. Senza fretta, perché tutto l'umano sia accolto e salvato. E da noi suoi discepoli richiede la stessa pazienza, la stessa disponibilità, la stessa umiltà.

Adempiere la giustizia Di fronte alla rimostranza del Battista, la risposta di Gesù fa riferimento alla "giustizia" da compiere.
E' una frase colma di risonanze bibliche: la "giustizia" era al centro della predicazione profetica. Sempre richiesta, desiderata, mai pienamente compiuta.
Le catastrofi che di volta in volta colpivano il popolo, fino al disastro estremo dell'esilio, erano state tutte riferite alla mancanza di "giustizia", di autentica solidarietà, di lealtà nei confronti dell'alleanza. E il servo di Dio atteso, di cui abbiamo ascoltato l'annuncio nella prima lettura, sarebbe stato colui che avrebbe adempiuto la "giustizia": fedele a Dio, rispettoso dei poveri, privo di parzialità, pienamente in linea con l'alleanza tra Dio e il popolo. Nel linguaggio dell'evangelista Matteo la "giustizia" diviene poi un'espressione sintetica per indicare la volontà divina, il progetto a cui l'uomo deve corrispondere con le sue azioni.

Il Figlio prediletto La "giustizia" dunque rappresenta un "vuoto", che viene scoperchiato da tutta la vicenda dell'Antica Alleanza, che il popolo di Israele non è mai riuscito a riempire: per mancanza di solidarietà, per sete di potere, per orgoglio esclusivistico.
Ma quel vuoto riguarda anche noi: di per sé non abbiamo nessun particolare privilegio nei confronti dei nostri padri nella fede, che rifiutarono i profeti, e rifiutarono Gesù, e in cui possiamo rispecchiare le nostre durezze di cuore, l'incapacità di compassione, di farci carico di chi è debole.
Solo Gesù può riempire quel vuoto: il vuoto dei nostri cuori, e il vuoto delle nostre azioni. E in tal modo manifesta l'amore di Dio, il suo volto di Padre, la forza dello Spirito che vuole invadere ogni cosa.
Questo può essere, per noi oggi, un nuovo inizio.


Flash sulla I lettura "Ecco il mio servo che io sostengo": nella seconda parte del libro di Isaia, una serie di oracoli riguarda il "servo" di Dio, e su di essi gli interpreti discutono accanitamente da secoli. Per alcuni essi si applicano al popolo, per altri a un qualche personaggio misterioso che non conosciamo. Certamente, né il popolo di Israele, né alcun altro personaggio fu mai di effettivamente capace di adempiere alla funzione del "servo".
"... il mio eletto in cui mi compiaccio...": mai nessuno riuscì ad essere in tutto e per tutto gradito al Signore Dio. Gli oracoli del "servo" costituiscono dunque un grande interrogativo: fanno emergere il bisogno, il desiderio di un servitore di Dio pienamente affidabile, in grado di "aprire gli occhi ai ciechi, far uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre"; e nello stesso tempo ne manifestano l'assenza, ne suscitano l'invocazione "porterà il diritto alle nazioni... proclamerà il diritto con fermezza...": non si tratta del "diritto" in senso generale, ma della sua "causa", del suo "caso giuridico", che deve essere "presentato" di fronte alle nazioni. Il caso specifico di Israele, diviene però occasione per la proclamazione del "diritto" e della "legge" di fronte a tutti i "popoli" e le "isole". Quello che sembra un "caso disperato", una canna incrinata, pronta a spezzarsi, una fiamma destinata a spegnersi, in realtà è destinato a coinvolgere tutto il mondo, pur partendo dalla desolazione e dall'abbandono dell'esilio. La grandezza di questo oracolo sta nel proclamare la speranza in un'epoca di oscurità e cecità; il suo mistero sta nella difficoltà di individuare la persona del "servo" che sarà in grado di compiere questo: per cui la profezia resta aperta, non pienamente compiuta, in attesa di colui che la realizza pienamente: Gesù, ripieno di Spirito Santo, colui nel quale il Padre si compiace, colui che nell'umiltà dà avvio all'opera della salvezza.

Flash sul salmo responsoriale "Date al Signore, figli di Dio / date al Signore gloria e potenza...": anche nella traduzione italiana è possibile apprezzare i più notevoli accorgimenti poetici del salmo: la ripetizione e la progressione. L'insistenza continua su alcuni termini non è vuota cantilena, ma contemplazione sempre più approfondita del mistero di Dio, e invito sempre più pressante a rendergli gloria.
"Il Signore tuona sulle acque / il Signore, sull'immensità delle acque": l'occasione per glorificare Dio è, paradossalmente, la tempesta, l'arrivo della pioggia e del tuono, evento che può essere devastatore, ma anche portatore di vita. La tempesta diviene simbolo della potenza di Dio, che è benefica, ma va trattata con rispetto, con la consapevolezza della propria debolezza e fragilità. L'uomo non è padrone della forza divina, ma ne viene beneficato, per grazia.
"Il Signore è assiso sulla tempesta / il Signore siede re per sempre": nella preghiera, tutto il popolo è invitato a riconoscere la sovranità di Dio, al di sopra di ogni potere e di ogni predominio umano. Solo a lui appartiene la "gloria", solo a lui spetta il diritto di giudicare, in ultima analisi: la contemplazione della grandezza di Dio (di cui gli eventi naturali sono solo un riflesso) porta al ridimensionamento di ogni pretesa umana, di ogni volontà di potere che si sostituisca a lui.

Flash sulla II lettura "Dio non fa preferenze di persone...": in casa di Cornelio, Pietro scopre che la parola del Vangelo non è rivolta solo al popolo di Israele, ma è un parola di speranza per tutti i popoli. E non si tratta solo di allargare il campo dell'azione missionaria: si tratta anche di scoprire più profondamente la verità su Dio. Dio è un padre dal cuore grande, che non fa preferenze, che non seleziona: lo sforzo più grande per Pietro non è solamente convertirsi ad una nuova missione, ma convertirsi ad una nuova idea di Dio. Anche per le nostre comunità la nuova evangelizzazione non può essere semplicmenete l'adozione di più raffinate strategie per contattare i "lontani": che saranno certamente da elaborare, ma potranno prendere avvio solamente da una riscoperta in profondità del mistero di Dio e della salvezza che Cristo offre a tutti i popoli.
"... chi lo teme e pratica la giustizia": l'atteggiamento del "timore di Dio" è quello che abbiamo già incontrato nel salmo: la capacità di vedere Dio, di riconoscere la sua presenza, di prendere atto della propria piccolezza. Ad esso si associa la capacità di "operare la giustizia": espressione sintetica che indica il conformarsi alla volontà di Dio, l'adesione profonda ad una mentalità nuova, e non solo l'obbedienza esteriore ad una legge.
"la parola che egli ha inviato ai figli di Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti": il lieto messaggio della pace ha inizio in Israele. Non è un messaggio generico, ma è rivolto a un popolo determinato in un tempo determinato.

Gesù è il Signore di tutti, ma comincia come il salvatore di Israele. Gesù è il salvatore di tutti gli uomini, ma la sua salvezza oggi deve partire da me, dalla nostra comunità parrocchiale, dall'iniziativa singola che mi sta coinvolgendo... così come in quel giorno il crocevia della salvezza passava per il dialogo ospitale tra Pietro, pescatore di Galilea, e Cornelio, il devoto centurione romano. Ma domani per quale incrocio passerà il Salvatore? 

Testo di don Fulvio Bertellini (Di nuovo un inizio)