La famiglia accoglie Dio
News del 26/12/2010 Torna all'elenco delle news
Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto
Oggi il Natale torna, e torna perché nessuno si lasci sorprendere dalla smemoratezza. L'angelo, come già fece con Giuseppe, dice anche a noi: "Prendi con te il bambino e sua madre!".
Sì! Dobbiamo prendere con noi il bambino, accoglierlo nel nostro cuore, nella nostra vita, nei nostri pensieri. Natale è prendere con sé il bambino. Non è una esortazione morale, come a dire: a Natale tutti siamo un po' più buoni. Il Natale è una questione di vita o di morte. C'è infatti chi vuole uccidere il bambino. Il Vangelo parla di Erode, il quale è certo una persona fisica, il primo di altri Erode che si avvicenderanno lungo il corso della vita di Gesù e anche in quella della prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli. Erode, potremmo dire, non è finito; è la strategia del male che continua ad operare nel mondo, che non cessa di mietere vittime deboli e innocenti. Quanti sono i bambini mutilati a causa dei combattimenti! E quanti sono vittime delle varie forme di violenza! Le minacce di morte non sono relegate solo alla pagina evangelica dell'uccisione dei bambini innocenti, gli Erode di questo mondo continuano a fare stragi. Per questo il Vangelo di Natale torna, e con forza continua a dire: "Prendete il bambino e sua madre". Gesù è ancora minacciato; minacciato nella vita dei più deboli. Talora è minacciato anche dal nostro cuore. È facile escluderlo dal cuore, allontanarlo dalle nostre preoccupazioni. È facile dimenticarsi di questo bambino. Eppure in lui è racchiusa tutta la nostra salvezza.
Oggi la liturgia ci presenta la Santa Famiglia di Nazareth per ricordarci che i bambini, i piccoli, gli indifesi, hanno bisogno di una famiglia per essere salvati. Pensiamo ai bambini delle nostre famiglie e ai tanti bambini abbandonati sia nel nostro paese che nel mondo. Senza una famiglia i piccoli non potranno crescere nella salute del corpo e in quella del cuore. Si può anche dire che la famiglia a volta non basta. È vero, soprattutto quando manca l'amore. Ebbene, il Natale torna per dire a tutti, a tutte le famiglie, di accogliere Gesù, ossia l'amore. Possiamo dire che il Vangelo di oggi è come l'angelo che parlò in sogno a Giuseppe per dirgli di prendere con sé il bambino e la madre. È un invito rivolto anche a noi. Sì! Dobbiamo prendere con noi il bambino, accoglierlo nel nostro cuore, nella nostra vita, nei nostri pensieri. La liturgia della Chiesa vuole che noi in questo giorno contempliamo Maria e Giuseppe con Gesù. È la famiglia di Nazareth. Il Vangelo di Matteo ci dice che la famiglia è stata necessaria anche per Gesù; anche lui ha avuto bisogno di una famiglia.
Ma, nello stesso tempo, si deve anche dire che Maria e Giuseppe hanno avuto bisogno di Gesù. Senza di lui questa famiglia neppure sarebbe iniziata; si sarebbe rotta sul nascere. Gesù è il vero tesoro della famiglia di Nazareth, la ragione della vita di Maria e di Giuseppe. In questo senso sono ambedue esemplari per le famiglie cristiane. I genitori sono chiamati a imitare l'obbedienza di Maria e di Giuseppe alla parola dell'angelo, ossia alla Parola di Dio, per essere padri e madri secondo il Vangelo; devono avere la loro stessa preoccupazione di seguire Gesù, di non perderlo e comunque di cercarlo sempre. I figli possono guardare l'amore di Gesù per Giuseppe e Maria. Come non ricordare le parole di Gesù sulla croce quando affida l'anziana madre al giovane discepolo? Gesù resta il centro della famiglia e il maestro dell'amore. Senza Gesù, ossia senza l'amore, la famiglia di Nazareth si sarebbe rotta sul nascere. Giuseppe obbedì all'angelo, prese con sé Maria e il bambino e divenne partecipe del grande disegno di Dio.
Prendiamo Gesù con noi e saremo salvi. Prendiamo Gesù con noi e sapremo vivere assieme, in famiglia e con gli altri. Ascoltiamo la parola dell'angelo, ossia il Vangelo, e sapremo percorrere le vie della vita, sapremo evitare i pericoli, e comunque trovare il nostro Egitto, il nostro rifugio, anche se ci costa sacrifici e dolori. Se sappiamo guardare quel bambino debole e prenderlo con noi, sapremo - come scrive il Siracide - onorare il padre e la madre anziani, e nelle loro difficoltà li compatiremo e non li disprezzeremo. Il bambino di Betlemme ci insegna a guardare e amare i bambini, i nostri e gli altri; e i genitori saranno più capaci di volersi bene. Chi prende con sé Gesù impara ad amare; al contrario, chi prende con sé solo se stesso, resta chiuso nel suo egocentrismo e si incattivisce. Il Vangelo del Natale torna perché ognuno di noi si rivesta dei sentimenti di Gesù. L'apostolo Paolo ce lo ricorda: "Rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente". Mentre ci avviamo al termine di quest'anno e stiamo per iniziarne un altro, vogliamo porre il nostro uscire e il nostro entrare sotto lo sguardo del Signore. L'apostolo Paolo ci esorta: "Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre".
Testo di mons. Vincenzo Paglia
Una famiglia in difficoltà
La celebrazione del Natale è accompagnata da altre che invitano a riflettere sulle sue valenze: le domeniche di Avvento hanno parlato della fedeltà di Dio, che ha mantenuto la promessa di mandare agli uomini un liberatore; Il primo gennaio sarà una festa di fede, non perché è capodanno ma perché, di quel Liberatore, si considera la Madre; l'Epifania punterà l'attenzione sul fatto che Egli è venuto nel mondo non per restarvi nascosto ma per farsi conoscere da tutti gli uomini. Questa domenica è dedicata a considerare che, fattosi uomo, il Figlio di Dio ha voluto avere una famiglia umana.
Per riflettere sulla famiglia in cui è nato, la liturgia propone quest'anno l'episodio della fuga in Egitto: saputo che il re Erode cercava il bambino per ucciderlo (e allo scopo, si sa, il tiranno non esitò a far mettere a morte tutti gli innocenti neonati di Betlemme), Giuseppe prende la sposa e il bambino e li porta al sicuro "all'estero", dove rimane sino a quando non potrà riportarli nella sua casa di Nazaret.
Una famiglia tribolata, quella scelta da Gesù: dapprima un decreto del governo romano costringe Giuseppe a lasciare il suo paese per affrontare un lungo viaggio, con la sposa che, quasi al termine della gravidanza, non è certo nelle migliori condizioni per sostenerne i disagi; giunti a Betlemme, non trovano di meglio che far nascere il bambino in una stalla; neppure il tempo di rimettersi, ed ecco la necessità di fuggire, con tutte le incognite, le paure e i problemi dell'andare verso l'ignoto. Una famiglia tribolata, che richiama tante altre situazioni anche del nostro tempo: dai profughi del Darfur costretti da anni alla paura sotto una tenda nel deserto, agli emigranti costretti a separarsi dai loro cari, e magari annegati nel Mediterraneo prima ancora di raggiungere la meta; dai perseguitati e incarcerati sotto regimi tirannici, ai genitori straziati dal non avere di che nutrire i loro bambini. Gesù ha assunto l'umanità, anche partecipando a tutti i suoi dolori.
La famiglia di Nazaret richiama anche le tante famiglie disastrate non per mali cui soggiacciono senza colpa, ma solo per l'egoismo di uno o di entrambi i coniugi: l'egoismo di chi pensa a sé, accantonando attenzione, comprensione, pazienza; l'egoismo di chi chiude gli occhi e il cuore davanti alle sofferenze che provoca, in particolare nei figli; l'egoismo di chi rinuncia a intendere l'amore nel suo significato pieno e davvero appagante. Gesù ha voluto nascere in una famiglia, anche per richiamare il valore dell'amore autentico, di un uomo e una donna tra loro e verso i figli. E nella famiglia di Nazaret si può comprendere che cosa motiva e sostiene l'amore: la ricerca della volontà di Dio, l'accoglienza del suo progetto su di loro, che