Dio mantiene le promesse
News del 16/12/2010 Torna all'elenco delle news
"Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio,
che chiamerà Emmanuele".
La più celebre delle profezie relative all'avvento del Messia è compresa nella prima lettura (Isaia 7,10-14) di oggi, la domenica precedente il Natale.
Misteriosa, quasi provocatoria quando fu pronunciata, la profezia si è chiarita otto secoli dopo quando, per dirlo con l'evangelista Matteo (11,18-24), "Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo (…) Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio-con-noi".
Otto secoli, tra l'annuncio e il compimento.
I tempi di Dio non sono i nostri; ma l'importante è considerare che Dio è fedele: adempie le promesse.
E questo è confortante anche oltre il Natale, perché ci assicura circa le sue promesse relative al nostro futuro; in particolare la promessa di una vita dopo questa, perenne e felice. Ovviamente per chi la desidera, e lo dimostra cercando sin d'ora di seguire la sua voce.
In proposito, il vangelo di oggi presenta un caso unico, che ha impegnato i protagonisti al limite estremo della fede, e proprio per questo un caso esemplare per chiunque: a nessun altro sarà mai chiesto tanto. Della nascita di Gesù, col senno di poi noi conosciamo l'immensa portata, le incomparabili conseguenze, la stupefacente incidenza in duemila anni di storia del mondo; oggi molti sarebbero lusingati di sentirsi chiamati a renderla possibile. Ma pensiamo a che cosa potevano pensare due giovani fidanzati di uno sperduto villaggio della Palestina d'un tempo, con la sua rigida morale, quando a lei venne chiesto di diventare madre prima delle nozze, e a lui di fare da padre a un bambino che sapeva non suo. Essi avevano altri progetti: erano fidanzati, pensavano a una loro normale futura famiglia; la richiesta veniva a sovvertire la loro esistenza, e senza neppure sapere bene come, con quali prospettive. Sapevano soltanto che la richiesta veniva da Dio; potevano rifiutare un compito tanto gravoso (Dio non obbliga nessuno), e invece l'hanno accettato, e l'hanno poi svolto con fedeltà, anche in mezzo alle tribolazioni (si pensi a Giuseppe, costretto a fuggire con la famigliola verso l'esilio in Egitto; si pensi a Maria, presente alla disumana morte del suo Figlio in croce).
Hanno accettato il compito, perché glielo chiedeva Dio: la grandezza di Maria e di Giuseppe poggia qui, sulla loro disponibilità ad assecondare il progetto divino.
Consideriamo ora gli eventi dalla parte di Dio. Quel progetto Egli avrebbe potuto realizzarlo da solo: invece ha chiesto la loro collaborazione, ha ‘voluto' aver bisogno degli uomini. Possiamo riconoscere in ciò lo ‘stile' di Dio, il suo atteggiamento abituale: il bene che Egli riversa sugli uomini è condizionato dalla loro disponibilità.
Questo dice, da un lato, quanto Egli ci consideri, quanto rispetti la nostra libertà, e dall'altro quanto sarebbe sbagliato pretendere suoi interventi miracolistici a risolvere da solo i nostri guai.
A volte ci si aspetta che egli d'autorità metta fine alle guerre, alla fame del terzo mondo, agli scandali, alle mafie e ad ogni altra ingiustizia. Di certo anch'egli lo vuole; ma non lo impone: invece suggerisce alle coscienze come procedere, indica la via e sostiene con il suo aiuto chi è disponibile a percorrerla. I
Il bene del mondo è la somma del bene che i singoli vogliono realizzare. Allo scopo Dio offre a tutti i suoi multiformi aiuti, e in questo senso il Bambino nato a Betlemme è l'Emmanuele, è la costante presenza di Dio-con-noi.
Testo di mons. Roberto Brunelli