Meditazioni d'Avvento a cura di don Nicola Casuscelli: gli occhi

News del 12/12/2010 Torna all'elenco delle news

Siamo giunti alla domenica della gioia.

Gesù nel Vangelo ci presenta suo cugino Giovanni come il testimone più forte di tutti i profeti che nel popolo d’Israele Dio ha suscitato.

Il Battista annuncia la verità, e non lo fa solo con le parole, ma principalmente con la sua vita, austera e di preghiera.

Dinanzi al male, a quello che vede nel popolo, specialmente in coloro che invece di essere guide sagge e timorate di Dio sono lupi rapaci che si preoccupano solamente dei propri interessi, il cugino di Gesù non si spaventa di denunciare il malfatto, e diventa scomodo!

Purtroppo la verità, per coloro che sono ingordi di pensieri ed azioni inique, diventa un ostacolo da abbattere. E quando coloro che operano a favore di essa diventano scomodi, il modo migliore per liberarsene è farli tacere.

Quanti poveri gridano fame, quanti implorano dignità. I poveri vedono il loro essere calpestati e muoiono. I ricchi vedono i poveri e li zittiscono. Forse anche per paura! Il grido del povero è il giudizio di Dio su coloro che sono annebbiati dalla ricchezza, dallo sperpero, dalla sfrontatezza.

È tutto un incontrarsi ed uno scontrarsi di sguardi, sui quali si erge il Dio della giustizia che benedirà sia coloro che gridano fame e sete sia gli operatori della pace, e porrà nella maledizione che si sono procurata tutti gli operatori di ogni forma di iniquità.

Dobbiamo chiedere al Signore di purificare i nostri occhi, perché impariamo a non giudicare i nostri fratelli pregiudicandoli.
Gli occhi sono lo strumento del nostro corpo perché possiamo distinguere i contorni dell’esistenza, le sue bellezze, ma anche tutte le sue ferite.
Quindi sono un monito per la nostra coscienza ad intervenire quando veniamo a conoscenza di situazioni che offendono la dignità di ogni uomo: dell’embrione e del nascituro come del morente, del bambino come del malato, del sano nella salute come del sofferente nell’anima.

Dacci occhi per vedere le sofferenze dei fratelli” recita una preghiera della Messa. Veramente dovremmo pregare in questo modo: in parrocchia, nei gruppi, nelle famiglie, al lavoro, per strada, ovunque. Dovremmo imparare a riconoscere la sofferenza dei fratelli per diventare per loro, anche col nostro piccolo, un segno di speranza e quella voce che a loro spesse volte è tolta, o per incapacità personali o perché qualcuno lo ha loro impedito.

Come mi comporto dinanzi ai drammi che accadono nel mondo?
Nel mio piccolo sono in grado di sostenere le iniziative in favore dei più bisognosi?
Mi interpella seriamente la povertà?
I miei occhi di cosa sono strumento? Giudico la realtà per intervenire prontamente ed essere uno strumento nelle mani di Dio? Oppure: giudico la realtà e preferisco “starmene per i fatti miei” (quella comunemente chiamata indifferenza o, peggio, omertà!)? Oppure: giudico e critico negativamente coloro che si sforzano di risollevare questa umanità sofferente (forse semplicemente per invidia, o perché non sono capace di essere me stesso)?
Ed ancora, i miei occhi si commuovono davanti al bene, alla generosità, all’offerta generosa e totale della vita di molti fratelli? 

Commento di don Nicola Casuscelli, Presidente della Commissione Diocesana per la Pastorale Liturgica

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