5 dicembre 2010 Seconda Domenica di Avvento: la vera conversione

News del 04/12/2010 Torna all'elenco delle news

"Bisogna rimettere Dio al primo posto, allora tutto cambierà" (Papa Benedetto XVI). La vera conversione di cui parla oggi la liturgia della Seconda Domenica di Avvento consiste essenzialmente in questo.
Bisogna ricominciare a "cercare le parole di Dio per farle riflettere come realtà nella propria vita. Dobbiamo, per così dire, osare di nuovo l'esperimento di Dio per permettere che operi nella nostra società"(Papa Benedetto XVI, Luce del mondo).

Il tempo di Avvento è questo tempo di ascolto e di attuazione della parola di Dio. Al centro della nostra esistenza quotidiana deve necessariamente porsi questo bisogno di ascoltare Dio che ci parla attraverso il Figlio, Verbo Incarnato, ci parla attraverso la Chiesa e attraverso tanti avvenimenti, belli e tristi, del nostro tempo.

La prima conversione deve partire da questa necessità di interiorità che spesso smarriamo per andare alla ricerca di soddisfazioni che non possono dare la vera gioia del cuore né dare una svolta consistente alla nostra vita. Al limite possiamo avere qualcosa in più, ma non avremo mai un salto di qualità di vita spirituale e morale se non ripartiamo da Cristo e dall'ascolto della sua parola di vita.

L'appello alla conversione che ci viene rivolto con forza da Giovanni Battista nel Vangelo di oggi è evidente nei contenti e suoi risvolti personali ed ecclesiali. Preparare la via al Signore che viene nell'annuale solennità del Natale significa "raddrizzare i sentieri".

Troppe storture nella nostra vita e nel mondo d'oggi frutto di una mentalità edonistica, materialistica ed egoistica che porta ad una crescente disaffezione verso il sacro. Il tempo di Avvento che stiamo vivendo ci dà questa enorme possibilità di andare alla radice dei nostri mali e dei mali del mondo e porvi rimedio con un correttivo di rotta e di destinazione ultima del nosto agire ed operare.

Cristo è il nostro punto di partenza e Cristo è il nostro punto di arrivo nel cammino della vita umana e spirituale. Pace, giustizia sociale, fratellanza universale, riconciliazione, onestà, rettitudine, sincerità di rapporti sono questi i frutti di una conversione che parte dall'incontro con il Signore.

Il Signore "ci conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo", è quanto ci rammenta l'Apostolo Paolo nella sua lettera di oggi.

Per raggiungere questo stato di grazia personale e comunitario dobbiamo invocare su di noi i doni dello Spirito Santo, quei doni indicati dal Profeta Isaia nel brano di oggi. Quello "spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore", che il profeta dell'Antico Testamento vede strettamente rapportato alla figura del tanto atteso Messia di Israele.

Sappiamo benissimo che nonostante il dono del Battesimo e della Cresima questo spirito del Signore ricevuto con la grazia battesimale e della confermazione non sempre è operante in noi, per una sorta di ostacolo e di frapposizione all'azione della grazia che noi poniamo in essere ogni volta che, invece di essere docili a Dio, siamo docili a noi stessi all'Io.

La vera conversione allora sarà piena quando abbandoniamo una visione egocentrica ed egoistica della nostra vita e facciamo spazio a Dio nella nostra esistenza quotidiana.

Chiediamo al Signore che si attui in noi e nel mondo "il desiderio di una vera conversione, perché rinnovati dal tuo Santo Spirito sappiamo attuare in ogni rapporto umano la giustizia, la mitezza e la pace, che l'incarnazione del tuo Verbo ha fatto germogliare sulla nostra terra".

Il Signore esadisca questo nostro profondo desiderio di bene e con la protezione della Vergine Santissima che in questi giorni celebriamo come Immacolata il cammino di conversione sia accelerato e soprattutto raggiunga la sua meta ideale e finale che è l'incontro con Cristo, nostra vera vita. 

Testo di padre Antonio Rungi 


Razza di vipere, chi vi ha detto di sottrarvi all'ira imminente?

Mentre muoviamo i primi passi verso il Natale del Signore, ci viene incontro la figura di un grande profeta, Giovanni Battista: l'evangelista lo presenta come un uomo vestito di peli di cammello e con una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo sono locuste e miele selvatico. Si ritira nel deserto di Giuda, lontano da Gerusalemme, e parla un linguaggio insolito, seppure chiarissimo.
"Razza di vipere", dice a chi opprime i più deboli, predicendo su di loro l'ira imminente di Dio. Per tutti aggiunge che la scure è ormai posta alla radice degli alberi: chi non produce frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco. Insomma, le sue invettive mettono in guardia gli abitanti di Gerusalemme per la loro lontananza da Dio e dal suo amore.

Giovanni aveva preso le distanze da Gerusalemme. Si era spogliato di tutto; voleva essere forte solo della parola: "Voce di uno che grida nel deserto". Sì, il suo vero nome è "Voce di uno che grida". È solo una voce, che indica però la via della salvezza: "preparate la via al Signore".

Oggi questo profeta torna tra noi. Ma chi è? È il Vangelo. Questa parola è una voce che indica vie diverse da quelle della sopraffazione, dell'interesse solo per se stessi, del disprezzo, della violenza, della indifferenza. Giovanni ripete: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".
Le nostre vie sono spesso lontane dal Vangelo. Convertirci vuol dire, perciò, chiedere anzitutto perdono per la distanza che abbiamo frapposto tra noi e il Vangelo, tra noi e il Signore Gesù. E il Signore dona il suo perdono spalancando davanti ai nostri occhi la sua visione, quella stessa che vide Isaia: un mondo ove "il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese".

È un mondo svuotato di violenza e pieno di benevolenza e di amicizia. È il regno di Dio che soppianta quello triste e violento di questo nostro mondo, ove gli uomini continuano a combattersi, ove la violenza del terrorismo semina angoscia, ove un popolo si scaglia contro il vicino, ove una parte della stessa nazione si mette contro l'altra, ove ciascuno si rinchiude nel proprio egocentrismo e bada solo a difendere i propri interessi.

Abbiamo bisogno dell'avvento di Dio e del suo regno. E Dio viene, anzi, è ormai alle porte. Questa è la buona notizia del Natale e ha il volto di un bambino. Sì, il Bambino di Betlemme guiderà verso il regno. Il piccolo libro del Vangelo, se lo leggiamo con amore, ci illuminerà e ci guiderà.
Lo Spirito Santo che oggi viene effuso nei nostri cuori è come un fuoco: riscalderà il nostro cuore perché non siamo più schiavi dell'egoismo; guiderà i nostri passi perché non giriamo sempre e solo attorno a noi stessi; sorreggerà le nostre mani perché le stendiamo per aiutare chi ha bisogno; irrobustirà i nostri piedi perché percorriamo le vie dell'amore; illuminerà la nostra mente perché riconosciamo le cose vere e belle della vita. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia


La buona notizia del Dio vicino

La frase centrale dell'an­nuncio del Battista suo­na così: il regno dei cie­li è vicino, convertitevi. Sono le stesse parole con cui ini­zierà la predicazione di Ge­sù.
Dio è vicino, prima buona notizia. Il grande Pellegrino ha camminato, ha consumato distanze. Per ora, solo il profeta vede i passi di Dio. Ma «non è la Rivelazione che s'attarda / sono i nostri oc­chi non ancora pronti» (E. Dickinson).
Avvento è l'annuncio che Dio è vicino, vicino a tutti, rete che raccoglie insieme, in ar­monia, il lupo e l'agnello, il leone e il bue, il bambino e il serpente (parola di Isaia), uo­mo e donna, arabo ed ebreo, musulmano e cristiano, bianco e nero, per una nuo­va architettura del mondo e dei rapporti umani. Il Regno dei cieli e la terra come Dio la sogna. Non si è ancora rea­lizzata? Non importa, il so­gno di Dio è il nostro futuro che ci chiama. Noi andiamo chiamati dal futuro.
La seconda buona notizia: allora la mia vita cambia.
Ciò che converte il freddo in calore è la vicinanza del fuo­co. «Stare vicino a me è stare vicino al fuoco» (Vangelo a­pocrifo di Tommaso), non si torna indenni dall'incontro col fuoco. La forza che cam­bia le persone è una forza non umana, una forza im­mane, il divino in noi, Dio che viene, entra e cresce den­tro. Ciò che mi converte è un pezzetto di Cristo in me.
Convertitevi! Più che un or­dine è una opportunità: cambiate strada, azioni, pen­sieri; con me il cielo è più vi­cino e più azzurro, il sole più caldo, il suolo più fertile, e ci sono cento fratelli, e alberi forti, e miele. Con me vivrai solo inizi. Vivrai vento e fuo­co.
E frutti buoni. Rivelazione che nella vita il cambiamento è possibile sempre, che nessuna situa­zione è senza uscita, per gra­zia.
Il terzo centro dell'annuncio di Giovanni: portate frutti de­gni di conversione.
Scrive Al­da Merini: la fede è una ma­no / che ti prende le viscere/ la fede è una mano / che ti fa partorire. Partorire un frutto buono!
Quando Dio si avvicina la vi­ta diventa feconda e nessu­no è più sterile.
Dio viene al centro della vita non ai mar­gini di essa (Bonhoeffer).
Raggiunge e tocca quella mi­steriosa radice del vivere che ci mantiene diritti come al­beri forti, che permette spe­ranze nonostante le macerie, frumento buono nonostan­te la erbe cattive del nostro campo.
Viene nel cuore del­la vita, nella passione e nella fedeltà d'amore, nella fame di giustizia, nella tenacia del­l'onestà, quando mi impe­gno a ridurre la distanza tra il sogno grande dei profeti e il poco che abbiamo fra le mani. Perché il peccato non è trasgredire delle regole, ma trasgredire un sogno.

Un so­gno grande come quello di Gesù, bello come quello di I­saia, al centro della vita come quello di Giovanni. 

Testo di padre Ermes Ronchi 
 

Liturgia della Seconda Domenica di Avvento (Anno A): 5 dicembre 2010

Liturgia della Parola della Seconda Domenica di Avvento (Anno A): 5 dicembre 2010