21 novembre 2010: Solennità di Cristo Re dell'Universo

News del 19/11/2010 Torna all'elenco delle news

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): l’ultima Domenica dell’Anno liturgico in cui si celebra sempre la Festa di Cristo Re, introdotta da papa Pio XI nel 1925 per sottolineare che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui ogni uomo e ogni creatura sono sottomessi. Egli è l’Alfa e l’Omega.

Regalità di Gesù: un potere che si fa dono

C'è un anno 'solare', che tutti conosciamo, e un anno 'liturgico', che segna la storia di Dio con e per l'uomo ed è scandito dai fatti salienti della vita di Gesù, indicando così 'il tempo della vita dello spirito'. Inizia con l'attesa del Messia, ossia con l'Avvento, che porta al Natale, e si chiude con questa Solennità di Gesù Cristo, Re dell'universo.
Un vero 'calendario - guida dello spirito', per noi che seguiamo il Cristo: un tempo vissuto per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Dovrebbe farci riflettere questa centralità di Gesù, nella nostra vita di fede. E dirGli un GRAZIE.
Vero è che la Sua Presenza tra noi e in noi è silenziosa, ma meravigliosa come una carezza che risveglia il cuore: è proprio in questa umiltà la bellezza dell'Amore e della Presenza di Gesù tra di noi.

Così ne parla oggi S. Paolo, innamorato di Gesù fino alla follia, dopo che aveva cercato di combatterlo: "Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre, e ci ha trasferiti nel regno del Suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.... Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui...Egli è anche il Capo del Corpo che è la Chiesa..perchè piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a Sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della Sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli".(Col. 1, 12-20)
Parole di un Apostolo veramente innamorato di Gesù, che riassumeva il senso della sua vita e missione proclamando: 'Per me vivere è Cristo'.

Gesù il Re dei cuori, ha scelto, per affermare la sua regalità, che non ammette ombra, i momenti più drammatici della Sua vita tra noi.
Davanti a Pilato, che aveva il potere di giudicarlo e condannarlo, Gesù si difese da questa 'colpa', cioè l'affermazione della Sua regalità, che agli occhi del governatore romano era imperdonabile. Ma Gesù fu chiaro: la Sua regalità non ha niente a che fare con il significato con cui la intendiamo noi uomini qui in terra, cioè basata sulla potenza e sul dominio sugli altri, ma la regalità del Cristo si fa servizio e amore fino a donarsi totalmente.
Altra era la potenza, infatti, di Pilato, che rappresentava l'Impero romano, pronto a fare sentire il suo peso oppressivo, altro era Gesù, solo, abbandonato da tutti, forte solamente del suo essere Figlio di Dio, venuto a salvare e volutamente alieno da ogni esercizio di supremazia, di arroganza o dominio terreno.

La potenza di Gesù, la Sua regalità, è l'Amore, che non è mai imposizione, ma solo dono, incredibile dono, che non ha paura di andare incontro ad ogni conseguenza per essere tale.
L'Amore, quando è vero, non si ferma davanti alle difficoltà, ma va fino in fondo... pagando di persona. Questo Amore che si dona, oggi, viene raccontato dall'Evangelista Luca:
"In quel tempo, il popolo stava a vedere, i capi invece schernivano Gesù dicendo: 'Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il Suo eletto'. Anche i soldati lo schernivano e Gli si accostavano per porgerGli l'aceto, e dicevano: 'Se tu sei il re dei Giudei salva te stesso'.
C'era anche una scritta sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei'
.
A questo punto, proprio nel momento più drammatico, più difficile e incomprensibile per noi uomini, sollecitati dalla superbia ad affermarci sempre sugli altri, Gesù offre una meravigliosa prova della natura del Suo Amore, della Sua Regalità.
"Uno dei malfattori – continua il Vangelo – appeso alla croce, Lo insultava: 'Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi! Ma l'altro lo rimproverava: 'Neanche tu hai timore di Dio, benché sia condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, Egli invece non ha fatto nulla di male'. E aggiunse: 'Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno'. Gli rispose: 'In verità in verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso'. (Lc. 23, 35-43)

La vicenda del 'buon ladrone' fa nascere un profondo stupore interiore. Ecco un uomo che ammette i suoi errori, riconosce quello che ha fatto di male e, di fronte all'innocenza di Gesù, che dà la vita per salvare chi è perduto, comprendendone misteriosamente il senso e il valore, Gli rivolge quella stupenda preghiera: 'Ricordati di me nel tuo Regno': una preghiera che compendia una conversione e che subito riceve la risposta, che giunge a ciascuno di noi, quando imitiamo il buon ladrone: 'Oggi sarai con me in Paradiso'.

Meraviglioso e fedele Amore di Dio che non si fa deviare, ridurre, bloccare, consumare – come il nostro povero amore umano – dalle nostre negligenze o peccati, ma diviene tenerezza e calore, quando Lo riconosciamo, accogliamo, e a Lui ci affidiamo.
Appartenere al Regno di Dio, e quindi accettare la Sua regalità, è quello che i martiri desideravano e per cui davanti alla morte gioivano, come se questa, subita per amore a Lui, fosse un premio e non una pena. Lo comprendono tanti che, per rispondere all'Amore di Gesù che 'chiama', si lasciano affascinare e donano totalmente se stessi, consacrandosi a Lui.
Un giorno, una persona consacrata, a cui chiesi come considerava la sua vita da 'esclusa da questo mondo', mi rispose: 'Sono felice perché non esisto più per me, ma per Gesù'.
Lo comprendono tanti laici cristiani, che pur essendo immersi nelle tante forme di vita attiva sulla terra, non mettono in un angolo l'amore a Dio, ma lo vivono e rendono la loro vita 'normale', 'quotidiana' un continuo: `Ti amo e mi dono'.
Davvero inconcepibile pensare di definirsi cristiani, vivendo come se Gesù non esistesse. Che senso ha? Se davvero Lo si ama, sperimentando la gioia che si riceve da Lui che ci ama, si dà alla vita, già ora, la pace e fecondità di appartenere alla Sua regalità,. E poiché la regalità di Gesù è amare, non si può non partecipare i doni che si ricevono, diventando dono di amore a Lui e ai fratelli.
Vero che noi a Gesù possiamo donare solo un 'sì', come è nello stile dell'amore, ma poi è un farsi portare sulle Sue braccia, anche se qualche volta ci invitano a distendersi con le sue sulla croce.
Ma, se ci pensiamo bene, con Lui o senza di Lui, nella vita le croci sono inevitabili... meglio allora, con Lui!
Non dobbiamo avere paura di amare e farci amare da Gesù. Dobbiamo temere di metterLo in un angolo, come non esistesse... perché è come mettere in un angolo il dono che Dio fa del Suo Amore, unica nostra forza, speranza e senso della vita.
Abbiamo bisogno, e tanto, di Lui, carissimi.

Vorrei pregare Gesù con le parole che Paolo VI, cardinale a Milano, disse nella Quaresima del 1955. Una invocazione che molti già conoscono, ma così densa ed attuale, da non smettere mai di meditare e pregare:
"O GESÙ, nostro unico Mediatore, Tu CI SEI NECESSARIO, per vivere in comunione con Dio Padre, per diventare come Te, che sei unico Figlio e Signore nostro, Suoi figli adottivi.
O Cristo, Tu ci sei necessario, o solo vero Maestro delle verità recondite, e indispensabile per la vita, per conoscere il nostro essere, il nostro destino, la via per conseguirlo.
O Gesù, Tu ci sei necessario, Redentore nostro, per coprire la nostra miseria e per guarirla, per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità, per deplorare i nostri peccati e per avere perdono.
O Gesù, Tu ci sei necessario, Fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene della pace.
O Gesù, Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza, e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.
O Gesù, Tu ci sei necessario, Tu Vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e per avere certezze che non tradiscono in eterno.
O Gesù, Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore e Dio-con-noi-, per imparare l'amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della carità, lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli
". (Quaresima 1955)

Testo di mons. Antonio Riboldi


Nesso tra le letture

"Re di Israele, re dei giudei, regno del Figlio" sono le espressioni con cui la liturgia ci ricorda solennemente la gioiosa realtà di Gesù Cristo, re dell'universo. Il titolo della croce sulla quale Gesù morì per redimere gli uomini era il seguente: "Gesù nazareno, re dei giudei" (vangelo). Storicamente questo titolo risaliva fino a David, re di Israele (prima lettura) dal quale Gesù discendeva secondo la carne. Paolo, ricordando ai colossesi l'opera redentrice di Cristo, scrive loro: "Il Padre ci ha trasferito nel Regno del suo Figlio diletto, in cui abbiamo la redenzione: il perdono dei peccati" (seconda lettura).

Davide, re di Israele. Gli israeliti avevano cominciato la conquista della terra promessa alla fine del secolo XIII a.C., capeggiati da Giosuè. La conquista fu progressiva e si prolungò per molto tempo. Infine, si poté considerare conclusa, almeno in termini generali, e si procedette alla distribuzione della terra per tribù. Per lunghi decenni e lustri, ognuna delle tribù mantenne la sua indipendenza e la propria autonomia. Se qualche tribù si univa con un'altra, era fondamentalmente allo scopo di difesa o di attacco dei propri nemici. Durante questo periodo, si venne stabilendo quasi spontaneamente una differenziazione tra le tribù del Nord e quelle del Sud. Quando Samuele unse re Davide, lo fece soltanto sulle tribù del Sud (Giuda, Beniamino ed Efrain), e su di esse egli regnò sette anni ad Hebron. La personalità straordinaria di Davide, il suo genio militare, che riuscì a conquistare la fortezza di Gerusalemme, ritenuta inespugnabile, e la sua capacità innegabile di condottiero, indusse i capi delle tribù del Nord a proclamarlo anche loro re. "Il re Davide fece un patto con essi ad Hebron, in presenza di Javeh, ed unsero Davide come re di Israele" (prima lettura). Fu un passo decisivo nella storia di Israele. Per la prima volta si ottenne l'unificazione delle dodici tribù, si instaurò un solo re e pertanto un solo comando politico-militare, e si scelse la città di Gerusalemme come capitale del nuovo regno di Israele e di Giuda. Il regno di Cristo, prolungamento del regno di Israele, è composto allo stesso modo da dodici tribù, unite sotto il comando di un unico re, ed ha la sua capitale a Gerusalemme, capitale del regno messianico, inaugurato da Gesù Cristo sulla croce.

Gesù, re dei giudei. Questa è la causa per cui Gesù muore su una croce innalzata sul Golgota. Il testo è scritto in ebraico, in latino e in greco, affinché lo comprendessero tutti gli abitanti che erano venuti a Gerusalemme per celebrare la Pasqua nella primavera dell'anno 30 d.C. Un crocifisso, re dei giudei? Questa ignominia era insopportabile per le autorità di Gerusalemme. Perciò ricorsero a Pilato, a chiedergli di cambiare il titolo. Pilato non cedette. "Quanto ho scritto, ho scritto". Il titolo è occasione di burla e di sarcasmo da parte dei soldati romani: "Se tu sei re dei giudei, salva te stesso!" (vangelo). Soltanto uno dei ladroni intuì che il regno di codesto crocifisso doveva essere di altra indole che non il regno della terra, e così gli disse: Ricordati di me, quando sarai nel tuo regno (vangelo). Il titolo è, quindi, veritiero, ma ci rimanda a un regno dalle altre caratteristiche: un Regno di verità e di vita, un Regno di santità e di grazia, un Regno di giustizia, di amore e di pace (prefazio). Nella sottomissione "impotente" e dolorosa di un crocifisso al regno della forza dominante si trova la chiave e il fondamento del regno dell'amore, della misericordia e del perdono.

Il Regno del Figlio suo. Il Padre, chiamandoci alla fede cristiana, ci ha trasferito nel Regno di suo Figlio mediante il battesimo. Suo Figlio è Gesù di Nazareth, il crocifisso, adesso risorto e glorioso. Il regno del Figlio non è più soltanto un popolo o una razza. Non è soltanto il regno interiore nel cuore degli uomini. È per aggiunta il regno sul cosmo, su tutta la creazione. "In lui furono create tutte le cose, nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili, troni, dominazioni, principati, potestà: tutto venne creato per mezzo di lui e per lui" (seconda lettura). Per il figlio, "re" non è meramente un titolo, corrisponde alla sua essenza. Nulla è al di fuori della sua sovranità, né il tempo, né l'aldilà del tempo. Il Figlio è il re dell'universo in tutta la sua grandezza e splendore, con tutta la sua potenza ed energia. È il re della storia, colui che domina e dirige tutti gli avvenimenti umani verso il loro fine. È il re degli individui, nei quali regna per mezzo della fede, della speranza e della carità, della giustizia, della pace e della solidarietà.

"Il condizionale del dubbio". "Se sei re...": ecco l'eterna tentazione dell'uomo sprofondato nella sua miseria ed indigenza. "Se sei il Figlio di Dio...", così è il tentatore, e così sono stati tanti uomini nel corso della storia. "Se sei buono..." perché regna tanto male intorno a noi?, "Se mi ami...", perché, invece del fatto che regni il tuo amore in me, regna, al contrario, il disordine delle passioni, l'egoismo sfrenato? "Se sei re...", come è possibile che ci siano dei governi miscredenti ed atei, che perseguitano, incarcerano ed assassinano i loro sudditi? "Se sei re...", che tipo di sovranità è la tua, che tanto si nasconde, fino al punto di svanire e giungere quasi a scomparire? "Se sei re...". Il dubbio ci avvelena e ci scuote interiormente. Il condizionale ci morde l'anima, fino alla ferita mortale. "Questo di Cristo Re, non sarà un racconto di fate o una delle tante utopie che percorrono la storia?". "Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera" canta la Chiesa. "Questo è verità, o è piuttosto un esagerato trionfalismo?" Siamo coraggiosi, togliamo una volta per tutte il "se" condizionale dalle nostre relazioni con Gesù Cristo Re. Invece di dubitare, ringraziamo il Padre di non aver voluto instaurare un regno come avremmo voluto noi uomini, secondo la misura dei nostri desideri e delle nostre meschine concezioni delle cose. Cristo regna secondo il suo disegno e la sua misura, non secondo la nostra. Il Regno di Cristo si riceve come un regalo, come una rivelazione del cielo; non è frutto di una mente umana privilegiata, né dell'accordo decisionale degli uomini. Il Regno di Cristo si installa nella vita degli uomini, però non è un albero ormai fatto, ma una pianta che cresce. Dal momento in cui poniamo il regno di Cristo sotto le legge del condizionale, siamo pur sicuri di correre il rischio di non comprenderlo, e di rimanerne fuori.

Venga il tuo Regno! Tertulliano, nel suo commento al padrenostro, scrive: "Che il tuo Regno venga il più presto possibile, è il desiderio dei cristiani, è la confusione per le nazioni. Noi gioiamo per questo, ma ancor più preghiamo per la sua venuta". È un desiderio che noi cristiani andiamo ripetendo da 21 secoli. Venga alla nostra terra il tuo regno di pace nei Balcani, nella terra di Israele, in Malesia, nel corno d'Africa, o nella regione dei grandi laghi africani, in tutte le nazioni. Venga sulla nostra terra il tuo regno di giustizia di fronte alla corruzione invadente, di fronte a tante differenze sociali ed economiche, di fronte a tanta degradazione morale. Venga il tuo regno di amore tra gli sposi, tra padri e figli, tra membri di differenti razze o religioni; di amore verso i bambini e verso gli anziani, verso i poveri e i malati, verso tutti i più bisognosi di assistenza, di affetto, di tenerezza. Sappiamo che il Regno di Cristo vive in una situazione di tensione permanente, perché lo esige la sua stessa crescita, perché incontra delle resistenze alla sua azione di trasformazione. Ciononostante, affinché giunga questo regno di pace, di giustizia e di amore, lavoriamo, soffriamo, preghiamo, noi cristiani e tutti gli uomini di buona volontà. Venga il tuo Regno! Sia questo il grido con cui annunciamo un nuovo giorno, e con cui, alla sera, chiudiamo il duro lottare della giornata. "Affinché, diciamo con san Cipriano, noi che lo abbiamo servito in questa vita, regniamo nell'altra con Cristo Re, come egli stesso ci ha promesso". 

Testo di Totustuus 


Liturgia della XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 21 Novembre 2010

Liturgia della Parola della XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 21 Novembre 2010