Santo del giorno 10 settembre: san Nicola da Tolentino

News del 10/09/2024 Torna all'elenco delle news

San Nicola da Tolentino, sacedote dell'Ordine degli eremitani di Sant’Agostino o Agostiniani. 

Le sue reliquie sono venerate nel "Cappellone" del Santuario Basilica di San Nicola da Tolentino, dove per gran parte della sua vita esercitò l’apostolato del confessionale e dell’assistenza ai poveri in umiltà e rigorosa penitenza e dove mori il 10 settembre 1305: qui oggi si celebra la sua festa.

È protettore dei bambini, delle difficoltà dell’infanzia e della maternità soprattutto in età avanzata. Il ventaglio di ausilio miracoloso attribuito a San Nicola dalla vastissima devozione popolare è molto ampio: dalle malattie alle ingiustizie, dalla tirannia ai danni patrimoniali, dagli incendi alla liberazione delle anime purganti, ma in particolare l’intercessione nella maternità, specialmente se in età avanzata.

 

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Martirologio Romano: A Tolentino nelle Marche, san Nicola, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che, dedito a una severa astinenza e assiduo nella preghiera, fu severo con se stesso, ma clemente con gli altri, e spesso imponeva a sé le penitenze altrui.

 

San Nicola da Tolentino nacque nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano (Macerata). I suoi genitori scelsero per lui questo nome in omaggio al miracoloso aiuto offerto dal Santo patrono di Bari al quale si erano rivolti per avere un figlio. Il Santo entrò giovanissimo nell’Ordine degli eremitani di Sant’Agostino e all’età di 12 anni fu novizio. Dopo aver compiuto gli studi necessari per il sacerdozio, Nicola ottenne l’ordinazione e, nel 1269, fu ordinato sacerdote dal Vescovo di Osimo, Benvenuto Scotivoli.

La sua vocazione spirituale fu accompagnata in maniera decisiva da un avvenimento per lui importantissimo. Ciò che lo spinse a intraprendere vita religiosa fu l’ascolto di una predica di un eremita agostiniano. La frase che lo colpì fu la seguente: “non amate il mondo, né le cose che sono del mondo, perché il mondo passa e passa la sua concupiscenza”. San Nicola avvertì quella vocazione, che da sempre risiedeva nel suo cuore.

Dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale, San Nicola si trasferì a Tolentino (Macerata). Nel convento agostiniano di Tolentino trascorse gran parte della sua vita, rimanendovi fino alla fine della sua vita terrena. Ivi, intraprese quell’attività che lo avrebbe poi accompagnato per tutto il suo apostolato: la predicazione.

San Nicola fu un grande predicatore, veniva spesso accolto nei vari conventi agostiniani durante la sua predicazione itinerante. La sua vita fu poi caratterizzata anche da intense ore di preghiera dall’attività di confessore, molti infatti accorrevano da lui (anche da molto lontano) per ricevere la confessione.

Nicola conduce una vita di rinunce: mangia solo verdura, indossa sempre lo stesso saio che rammenda a più non posso, prega anche otto ore di seguito. Dovrebbe essere stanco e triste per questo stile di vita così severo. Invece per tutti non ha che gioiosi sorrisi, parole buone, aiuto morale e materiale. Il monaco non si limita a donare il pane a chi non ha nulla da mangiare, dona tutto se stesso. Grazie a lui le coppie litigiose fanno pace, i bambini festosi lo seguono. Con la preghiera Nicola guarisce le malattie del cuore e del fisico. Egli sente cantare gli angioletti, ha visioni della Madonna e di Gesù.

Un giorno, mentre è a letto gravemente ammalato, gli appare la Madre Celeste col Bambino e gli dice che sarebbe guarito se avesse mangiato del pane donatogli in elemosina, ammollato nell’acqua. Il monaco mangia un pezzo di pane che gli regala una donna e guarisce. Da quel momento lui stesso dona il pane da lui benedetto agli ammalati che visita. Si narra di tanti suoi miracoli: con le sue preghiere fa sgorgare l’acqua e una donna cieca riacquista la vista. Nicola viene rimproverato dai superiori di regalare troppo pane ai mendicanti. Quando un giorno, all’uscita del convento, gli chiedono che cosa nascondesse, dalle maniche del saio invece del pane da regalare ai poveri affamati, escono profumati petali di rose. E a chi lo ringrazia umilmente risponde: «Non sono io, è il buon Dio, io non sono che un povero peccatore».

San Nicola trascorse gli ultimi anni della sua vita nel convento di Tolentino. Lo colpì una grave malattia che mise a dura prova la sua sopportazione, ma il Santo, spinto dalla fede e dalla preghiera continuò le sue mortificazioni fino ai suoi ultimi giorni. Sappiamo infatti che San Nicola accompagnava alla preghiera lunghi digiuni. Il Santo si spense il 10 settembre del 1305, a Tolentino, dopo aver dedicato quasi interamente la sua vita all’apostolato nel confessionale, all’assistenzialismo e alla predicazione.

Tanti i miracoli avvenuti dopo la sua morte: un incendio domato, una tempesta placata, una peste esaurita.

La sua fama di Santità si diffuse rapidamente e il suo processo di canonizzazione si aprì nel 1325 con Papa Giovanni XXII. Tuttavia fu un processo molto lungo, che si concluse solo nel 1446, con Papa Eugenio VI, che lo dichiarò Santo. Papa Bonifacio IX concesse l’indulgenza plenaria a tutti coloro che avevano visitato la tomba di San Nicola da Tolentino. Il Santo è considerato tra l’altro un Santo Mariano, questo perché egli sostenne di aver avuto la visione degli Angeli che trasportavano la Santa Dimora di Maria a Loreto. 

In seguito alla definitiva canonizzazione nel 1446 il suo culto si diffuse in tutta Italia, in molti altri Paesi d’Europa e poi nelle Americhe, in parte anche per il graduale affermarsi dell’Ordine agostiniano. Già però Tolentino gli aveva costruito una basilica, ancora attualmente meta di pellegrinaggi e ricca di opere d’arte. I suoi resti mortali sono in gran parte custoditi nella cripta, tranne le “Sante Braccia” staccatesi e sanguinanti quarant’anni dopo la morte del santo. 

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