Santo del giorno 17 agosto: santa Chiara da Montefalco
News del 17/08/2024 Torna all'elenco delle news
Chiara, detta anche della Croce, monaca agostiniana, mistica e taumaturga, nata nel 1268 a Montefalco in provincia di Perugia in Umbria dove già tanti giovani si erano messi sulle orme di san Francesco d'Assisi. Già a sei anni entra nel reclusorio dove già vive la sorella maggiore Giovanna in silenzio, povertà, castità e obbedienza, ma osservando la regola in modo ancor più rigoroso: la sua rigidezza nell’ascesi è tale da essere definita dai biografi del tempo: “magis admiranda quam imtanda”. (più da ammirare che da imitare).
All’inizio dell’anno 1294, in pieno inverno, nel giardino del “piccolo monastero” le appare Cristo, pellegrino e sofferente con la croce sulle spalle. Le rivolge la parola: “Se vuoi essere mia figlia è necessario che tu muoia in croce! Io cerco un luogo forte, nel quale possa piantare la croce, e qui trovo il luogo adatto per piantarla". quel luogo è il cuore di Chiara, che da allora ripeterà spesso: “Ho Gesù nel mio cuore”. La tradizione narra che Cristo viandante le avrebbe donato il proprio bastone e che, avendolo piantato, ne sarebbe nato un albero, ancora oggi florido, i cui acini legnosi, da secoli, vengono utilizzati per realizzare rosari.
Dopo la sua morte nel cuore vengono scoperti i segni della Passione di Cristo. Un suo biografo scrive: “C’erano dentro il cuore, in forma di duri nervi di carne da una parte la croce, tre chiodi, la spugna e la canna; e dall’altra parte la colonna, la frusta e la corona di spine. Nel sacchetto della bile, vi trovarono tre calcoli, in tutto uguali, che rimandavano alla Santissima Trinità: il peso di uno dei calcoli è equivalente al peso di due e di tre. Un vero enigma inspiegabile ancora oggi per gli uomini di scienza e gli increduli. Il suo corpo incorrotto, riposa nella chiesa nuova fatta costruire dai devoti “montefalchesi”. La fama di Chiara si è diffusa via via nei secoli per i tanti miracoli e grazie elargiti al suo capezzale.
Una santa popolare in Umbria e in ambienti agostiniani ma non ancora da tutti conosciuta.
La Chiesa di Santa Chiara Di Montefalco del Monastero Agostiniano custodisce il corpo incorrotto della santa dentro un'urna d'argento.
“L’amore divino trasforma.. scioglie i cuori più duri“.
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Martirologio Romano: A Montefalco in Umbria, santa Chiara della Croce, vergine dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che resse il monastero di Santa Croce e fu ardente di amore per la passione di Cristo.
Santa Chiara nacque a Montefalco (Perugia) nel 1268. A sei anni entrò nel reclusorio dove la sorella Giovanna viveva con alcune compagne in grande austerità di vita. Nel 1290 il reclusorio venne costituito in monastero con la Regola di sant’Agostino. Morta la sorella Giovanna il 22 novembre 1291, Chiara della Croce venne eletta superiora del monastero, ufficio che svolse fino alla morte avvenuta il 17 agosto 1308. Arricchita dei doni spirituali della scienza infusa e del discernimento, difese con passione l’ortodossia della fede contro insidiose deviazioni ereticali. Fu consigliera spirituale di persone anche influenti della chiesa e della società del tempo. La sua spiritualità si incentrò sulla meditazione della passione di Cristo e sulla devozione alla Croce. Dopo la sua morte le consorelle, premurose di conservare il suo corpo, le aprirono il cuore e vi trovarono impressi i segni della Passione. Il suo corpo è venerato nel santuario di Montefalco e custodito dalle monache agostiniane.
Seconda figlia di Damiano e di Giacoma, Chiara nacque a Montefalco, in provincia di Perugia, nel 1268. Presa d'amor divino, fin dall'età di quattro anni mostrò una così forte inclinazione all'esercizio della preghiera da trascorrere intere ore immersa nell'orazione, ritirata nei luoghi più riposti della casa paterna. Sin da allora ella ebbe anche una profonda devozione per la Passione di Nostro Signore e ia sola vista di un Crocifisso era per lei come un monito di continua mortificazione, a cui si abbandonava volentieri infliggendo al corpo innocente le più dure macerazioni con dolorosi cilici, tanto che sembrava quasi incredibile che una bimba di sei anni potesse avere non già il pensiero, ma la forza di sopportarne il tormento.
Consacratasi interamente a Dio, Chiara volle seguire l'esempio della sorella Giovanna, chiedendo di entrare nel locale reclusorio, dove fu accolta nel 1275. La santità della piccola e le elette virtù di Giovanna fecero accorrere nel reclusorio di Montefalco sempre nuove aspiranti, per cui ben presto si dovette intraprendere la costruzione di uno più grande che, cominciata nel 1282, si protrasse per otto anni tra opposizioni, contrasti e difficoltà di varia natura. A causa delle ristrettezze finanziarie, per qualche tempo durante i lavori Chiara fu incaricata anche di andare alla questua. Nel 1290, allorchè il nuovo reclusorio fu terminato, si pensò che sarebbe stato più opportuno fosse eretto un monastero, affinché la comunità potesse entrare a far parte di qualche religione approvata. Giovanna ne interessò il vescovo Gerardo Artesino che, con decreto del 10 giugno 1290, riconobbe la nuova famiglia religiosa, dando ad essa la regola di s. Agostino e autorizzando in pari tempo l'accettazione di novizie. Il novello monastero fu chiamato "della Croce", su proposta della stessa Giovanna, che ne venne subito eletta badessa.
Alla morte della sorella (22 novembre 1291), Chiara fu chiamata immediatamente a succederle nella carica, contro la sua volontà e nonostante la giovane età. Durante il suo governo, che esercitò sempre con illuminata fermezza, seppe tenere sempre vivo nella comunità, con la parola e con l'esempio, un gran desiderio di perfezione. Ebbe da Dio singolari grazie mistiche, come visioni ed estasi, e doni soprannaturali che profuse dentro e fuori il monastero, venendo,- inoltre, favorita dal Signore col dono della scienza infusa, per cui poté offrire dotte soluzioni alle più ardue questioni propostele da teologi, filosofi e letterati. Alla sua pronta azione, si deve poi la scoperta e l'eliminazione, tra la fine del 1306 e gli inizi del 1307, di una setta eretica chiamata dello "Spirito di libertà", che andava diffondendo per tutta l'Umbria errori quietistici.
Tanta era la fama di sé e delle sue virtù suscitata in vita da Chiara che subito dopo la morte, avvenuta nel suo monastero della Croce in Montefalco il 17 agosto 1308, fu venerata come santa.
Una tradizione leggendaria, fondata su una accesa pietà e su una ingenua nozione dell'anatomia, riferisce che nel cuore di Chiara, di eccezionali dimensioni, si credette di scorgere i simboli della Passione: il Crocifisso, il flagello, la colonna, la corona di spine, i tre chiodi e la lancia, la canna con la spugna. Inoltre nella cistifellea della santa si sarebbero riconosciuti tre globi di uguali dimensioni, peso e colore, disposti in forma di triangolo, come un simbolo della S.ma Trinità.
Erano trascorsi solo dieci mesi dalla morte di Chiara, quando il vescovo di Spoleto, Pietro Paolo Trinci, ordinò il 18 giugno 1309 di iniziare il processo informativo sulla sua vita e sulle virtù; poiché, però, avvenivano sempre nuovi miracoli e aumentava la devozione per la pia suora di Montefalco, molti fecero viva istanza presso la S. Sede per la canonizzazione di Chiara; procuratore della causa fu Berengario di S. Africano, che a tal fine si recò nel 1316 ad Avignone da Giovanni XXII, il quale deputò il cardinale Napoleone Orsini, legato a Perugia, a informarsi e riferire. Il nuovo processo, cominciato il 6 settembre 1318 e dal quale sarebbe dipesa certamente la canonizzazione di Chiara, per cause del tutto esterne non poté tuttavia aver seguito. Fu solo nel 1624 che Urbano VIII concesse, dapprima all'Ordine (14 agosto), poi alla diocesi di Spoleto (28 settembre), di recitare l'Ufficio e la Messa con preghiera propria in onore di Chiara, il cui nome Clemente X fece inserire, il 19 aprile 1673, nel Martirologio Romano. Nel 1736, Clemente XII ordinò la ripresa della causa e l'anno seguente la S. Congregazione dei Riti approvò il culto ab-immemorabili; nel 1738, fu istruito il nuovo processo apostolico sulle virtù e i miracoli, ratificato dalla S. Congregazione dei Riti il 17 settembre 1743. In tal modo si poteva procedere all'approvazione delle virtù eroiche, che si ebbe, tuttavia, solo un secolo più tardi, dopo un ulteriore processo apostolico, incominciato il 22 ottobre 1850, conclusosi il 21 novembre 1851 e approvato dalla S. Congregazione dei Riti il 25 settembre 1852; solo l'8 dicembre 1881, però, la beata Chiara da Montefalco fu solennemente canonizzata da Leone XIII.
Il 17 agosto si commemora la santa, mentre il 30 ottobre si celebra la festa "Impressio Crucifixi in corde s. Clarae".
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Montefalco è un comune della provincia di Perugia di 5500 abitanti circa, più un borgo che una città. Siamo nel 1268, in pieno Medioevo. Già la fama di Francesco di Assisi ha fatto strage di cuori, qui in Umbria, la sua terra natia, tanto amata. Anche Chiara ha sentito parlare del poverello di Assisi e come tanti giovani e ragazze dell’epoca non ci mise molto a volerne seguire le orme. Secondogenita di messer Damiano e di monna Giacoma, che avranno poi un terzo figlio, Francesco. Già all’età di quattro anni è “rapita” dall’amor divino, così forte da travolgere la vita della piccolina che trascorre intere ore immersa nella preghiera nascosta nei luoghi più riposti della casa paterna. Sin da quell’età la Passione del Cristo crocifisso le aveva toccato le corde del suo piccolo cuore tanto da mortificarsi con piccole penitenze.
In gran segreto senza farne parola con nessuno, la nostra Chiara, si era consacrata: “tutta di Dio”. A sei anni , chiese e ottenne, il permesso dei genitori di seguire la sorella maggiore Giovanna nel reclusorio di san Leonardo. Una specie di romitorio dove Giovanna e le sue “compagne”, tra cui Chiara, vivevano in povertà, castità, obbedienza e umiltà, osservando il digiuno corporale e il silenzio regolare ed evangelico. Nella comunità, Chiara poté finalmente realizzare il suo desiderio di penitenza e di mortificazione. Avrebbe preferito subire i tormenti dell’Inferno per tutta la sua esistenza terrena, piuttosto che perdere la verginità, austerità quasi disumana della vita, rifiuto totale di quanto poteva procurarle piacere, povertà assoluta e raccoglimento totale nella preghiera che, spesso, giungeva fino all’annullamento mistico in Dio, con conseguente perdita di ogni sensibilità.
Non bastasse, Chiara vestiva il cilicio o cilizio, una cinta chiodata o una corda di peli di crine che avvolgeva il corpo martoriandolo. E come se non bastasse, si batteva le tenere spalle con una “disciplina”, una sferza o frustino fatto di catene o corde con ferri annodati. La sua rigidezza nell’ascesi fu tale da essere definita dai biografi del tempo: “magis admiranda quam imtanda”. (più da ammirare che da imitare). Passano gli anni e la piccola comunità di sorelle si trasferisce in un nuovo reclusorio, purtroppo ancora incompleto, vivendo sempre “sine regula”. Nel 1290 Giovanna chiese all’autorità ecclesiastica di poter professare una regola monastica, e in quello stesso anno gli verrà concesso, dal vescovo di Spoleto, di seguire la regola di sant’Agostino. Giovanna mantenne il ruolo di guida delle sorelle col titolo di badessa fino alla sua morte o quasi. Chiara fu eletta dalle sorelle badessa, la sua fama di santità, delle sue prerogative taumaturgiche, (le attribuivano moltissime guarigioni, la lettura dei cuori, e perfino la profezia). All’inizio dell’anno 1294, in pieno inverno, nel giardino del “piccolo monastero” le appare Cristo, pellegrino e sofferente con la croce sulle spalle. Le rivolge la parola: “Io cerco un luogo forte, nel quale possa piantare la croce, e qui trovo il luogo adatto per piantarla.” È il cuore di Chiara, che da allora ripeterà spesso: “Ho Gesù nel mio cuore”. La tradizione narra che Cristo viandante le avrebbe donato il proprio bastone e che, avendolo piantato, ne sarebbe nato un albero, ancora oggi florido, i cui acini legnosi, da secoli, vengono utilizzati per realizzare rosari.
Negli atti per la canonizzazione si sottolinea che Chiara, seppur considerata “illicterata”, (riuscisse a leggere il breviario e ad insegnare a leggere alle sue compagne), aveva una straordinaria capacità di interpretare le Sacre Scritture. Nel più ligio rigore di aderire pienamente alla “regula”, sebbene fosse cagionevole di salute e minata dall’eccessivo fervore che la spingeva ad esagerare nelle penitenze, Chiara, si addormenta, in Cristo, appena quarantenne, il 17 agosto 1308 nel romitorio di Montefalco. Le consorelle decidono di conservare il suo corpo, così le vengono estratti gli organi e con grande sorpresa nel cuore vengono scoperti i segni della Passione di Cristo. Un suo biografo scrive: “C’erano dentro il cuore, in forma di duri nervi di carne da una parte la croce, tre chiodi, la spugna e la canna; e dall’altra parte la colonna, la frusta e la corona di spine. Nel sacchetto della bile, vi trovarono tre calcoli, in tutto uguali, che rimandavano alla Santissima Trinità: il peso di uno dei calcoli è equivalente al peso di due e di tre. Un vero enigma inspiegabile ancora oggi per gli uomini di scienza e gli increduli. Il suo corpo incorrotto, riposa nella chiesa nuova fatta costruire dai devoti “montefalchesi”. La fama di Chiara si è diffusa via via nei secoli per i tanti miracoli e grazie elargiti al suo capezzale.
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Chiara, detta anche della Croce per via della sua particolare venerazione cristocentrica, è stata una monaca agostiniana, seguace cioè del messaggio del santo vescovo di Ippona (354-430).
Il cristocentrismo in Chiara è davvero essenziale: tutto porta al Signore, in una prospettiva afflittiva estrema e rigorosamente ascetica.
In Chiara si danno appuntamento i carismi della fede cristiana: amore, solidarietà, spiritualità, teologia, mistica, ascesi.
Le riflessioni attorno a Santa Chiara da Montefalco portano a contatti con donne mistiche e filosofe di ogni epoca, anche del ‘900; legano la santa ai più grandi ambienti culturali e teologici, non certo solo della sua epoca.
L’ambito spirituale prettamente agostiniano fa della monaca umbra una delle più lucenti gemme della grande famiglia legata all’ipponate.
E poi c’è la dimensione del monachesimo femminile medievale, che in lei vede una delle sue principali esponenti. Per non parlare della santità in sé, femminile e non, di ogni tempo. Essa trova in Chiara invidiabili sintesi di virtù e inimitabile capacità di profusione di amore, nel pieno dettato evangelico.
Una donna medievale, una mistica claustrale, che però riesce a produrre fede ma anche cultura, una particolare cultura. Una cultura anche sociale che la proietta decisamente oltre la grata. Ma non solo in un “santino”, piuttosto in un esempio vivo.
L’esperienza biografica e storica di Chiara si inserisce nel solco del ramo femminile del monachesimo medievale, quello delle recluse innamorate di Cristo. Questo il senso del libro: iscrivere la sua biografia all’interno di questa tradizione spirituale e storiografica. Una esperienza umana improntata all’ascetismo, all’adorazione del Signore e alla fuga da ogni possibile peccato, e contiene perciò i caratteri del modello di perfezione degli exempla medievali: umile e solidale con chiunque si avvicinasse al suo monastero, lottò contro l’eresia e ogni individualismo slegato da Roma.
Tuttavia è possibile leggere Chiara anche in una dimensione sociale, vista la sua anticipazione del declino del proprio tempo e delle sue strutture di appartenenza.
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