La Beatitudine della Santità 

News del 27/10/2014 Torna all'elenco delle news

La liturgia della Festa di Tutti i Santi ci propone il Vangelo delle beatitudini: i santi sono coloro che hanno vissuto lo spirito di questa famosa ma sempre misteriosa pagina evangelica.
I santi sono poveri in spirito. Attingono la loro forza non da se stessi, dalle proprie ricchezze e risorse di qualunque genere, ma unicamente dal Signore.
I santi sono afflitti. Sentono i problemi del Regno e li soffrono come propri. Non si installano soddisfatti del loro piccolo mondo, ma - in sintonia coi sentimenti di Cristo - avvertono come sofferenza tutto quello che, dappertutto, va contro il progetto di Dio.
I santi sono miti. Non ricorrono alla violenza, di nessun tipo, ma affidano fiduciosi la loro causa a Dio. Rispettano gli altri, non cercano di dominarli, di assoggettarli ai loro progetti e vantaggi.
I santi hanno fame e sete di giustizia. Non sono paghi, sentono il bisogno di un di più; non un "di più" di cose, beni, potere, etc..., bensì di "giustizia", cioè, biblicamente, di santità, la giustizia di fronte a Dio.
I santi sono misericordiosi. Si sanno salvati dall'amore gratuito del Padre, e si fanno strumento di questa misericordia prolungandola sugli altri.
I santi sono puri di cuore. Hanno bruciato tutti gli idoli, si danno senza riserve a Dio, non "zoppicano da entrambi i piedi", non cercano di tenere il piede in due staffe, di dare un colpo al cerchio e uno alla botte.
I santi sono operatori di pace. Le loro azioni, parole, il loro modo di essere contribuisce a quella situazione di benedizione, di vita abbondante, positiva, di fraternità, che la Bibbia chiama "shalom", pace.
I santi sono perseguitati per la giustizia. Decisamente schierati per il Regno, trovano ostilità e opposizioni che non incontrerebbero se pensassero semplicemente ai propri affari. Questa persecuzione, però, è il segno che sono dalla parte di Cristo.
Questa la vita dei santi, una vita "beata". Non semplicemente "felice": non si tratta di una felicità umana - la si persegue con ben altri mezzi -, ma della condivisione (sia pure in forma germinale) della beatitudine eterna e infinita del Padre, del Figlio e dello Spirito.
Questa la chiamata battesimale, la nostra. Affrettiamo nella speranza il nostro cammino verso la patria comune, la Gerusalemme celeste, pellegrini sulla terra nello spirito delle beatitudini.

Omelia di don Marco Pratesi


Nelle Beatitudini la regola della santità

Non ci stanchiamo mai di ascoltare le nove beatitu­dini, anche se le sappia­mo bene, anche se certi di non ca­pirle. Esse riaccendono la nostal­gia prepotente di un mondo fatto di bontà, di non violenza, di sin­cerità, di solidarietà. Disegnano un modo tutto diverso di essere uomini, amici del genere umano e al tempo stesso amici di Dio, che amano il cielo e che custodiscono la terra, sedotti dall'eterno eppu­re innamorati di questo tempo difficile e confuso: sono i santi.
La storia si aggrappa ai santi per non ritornare indietro, si aggrap­pa alle beatitudini. Beati i miti perché erediteranno la terra, sol­tanto chi ha il cuore in pace ga­rantisce il futuro della terra, e per­fino la possibilità stessa di un fu­turo. Nell'immenso pellegrinag­gio verso la vita, i giusti, coloro che più hanno sofferto conducono gli altri, li trascinano in avanti e in al­to. Lo vediamo dovunque, nelle nostre famiglie come nella storia profonda del mondo: chi ha il cuore più limpido indica la stra­da, chi ha molto pianto vede più lontano, chi è più misericordioso aiuta tutti a ricominciare.
Dio interviene nella storia, an­nuncia e porta pace. Ma come in­terviene?
Lo fa attraverso i suoi a­mici pacificati che diventano pa­cificatori, attraverso gliuomini delle beatitudini.
Il Vangelo ci presenta nelle beati­tudini la regola della santità; esse non evocano cose straordinarie, ma vicende di tutti i giorni, una trama di situazioni comuni, fatiche, speranze, lacrime: nostro pa­ne quotidiano. Nel suo elenco ci siamo tutti: i po­veri, i piangenti, gli incompresi, quelli dagli occhi puri, che non contano niente agli occhi impuri e avidi del mondo, ma che sono capaci di posare una carezza sul fondo dell'anima, sono capaci di regalarti un'emozione profonda e vera. E c'è perfino la santità delle lacrime, di coloro che molto han­no pianto, che sono il tesoro di Dio.
Le beatitudini compongono no­ve tratti del volto di Cristo e del volto dell'uomo: fra quelle nove parole ce n'è una proclamata e scritta per me, che devo indivi­duare e realizzare, che ha in sé la forza di farmi più uomo, che con­tiene la mia missione nel mondo e la mia felicità. Su di essa sono chiamato a fare il mio percorso, a partire da me ma non per me, per un mondo che ha bisogno di e­sempi raccontabili, di storie del bene che contrastino le storie del male, di cuori puri e liberi che si occupino della felicità di qualcu­no. E Dio si occuperà della loro: «Beati voi!». 

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Santi per vocazione

Uno dei sogni più profondi dell'uomo - anzi, direi il più profondo - è essere come Dio. Ricordiamo la storia del peccato delle origini: "Se mangerete sarete come Dio". Particolarmente oggi abbiamo tutti la voglia di essere come dèi: eternamente giovani, con una risorsa e una soluzione per tutto. In concreto questo significa cercare di acquistare sempre più mezzi, più ricchezza, forza, etc... Questa è la nostra "scalata al cielo". Ricordiamo ancora che questo sforzo è già alle origini dell'umanità: la famosa torre di Babele è costruita per questo. Così facendo noi cerchiamo di diventare come Dio, così come noi lo immaginiamo: è il più forte, il più ricco, il più grande.
Questa però è l'immagine dei falsi dèi, gli idoli, inventati dall'uomo sin dall'inizio della sua storia. Quel Dio siamo noi stessi, solo un po' "ingranditi". Non cerchiamo davvero - anzi ce ne guardiamo bene! - di diventare come il Dio della Bibbia, il Dio di Gesù Cristo, ma come gli idoli creati dall'uomo a propria immagine.
Dimentichiamo facilmente che la Parola di Dio ci dà un'immagine diversa di Dio. C'è una parola che ricorre nella Scrittura per dire come è Dio, per dire che è diverso da tutto il resto e dagli altri dèi: "santo". Dire "Dio è santo" sembra una banalità, ma significa che Dio è diverso da tutto il resto: inimmaginabile, inconcepibile, imprevedibile. Non è una proiezione di noi stessi, una riproduzione ingrandita del nostro modo di fare. È diverso dall'uomo e dagli dèi costruiti dall'uomo, differente da quello che di lui possiamo immaginare. Per questo nell'Antica Alleanza c'era il divieto di farsi delle immagini, delle figure di Dio.
Possiamo soltanto sapere che Dio non è come lo immaginiamo? Non possiamo andare oltre? L'immagine visibile del Dio invisibile è Gesù di Nazareth. Gesù ci dice: "Se vuoi sapere chi è Dio, com'è davvero, guardami. Tu hai in me la sola immagine totalmente vera del Padre. Guarda come vivo, come parlo, come reagisco nelle varie situazioni; e soprattutto come muoio. Allora vedrai che Dio non è tanto il potente fulminatore che vive in un grandioso disinteresse per tutto; lo splendido monarca assoluto rinchiuso nel suo isolamento beato. È invece mite e pacifico, misericordioso, che vuole la pace e la giustizia, che vuole per gli uomini la liberazione da ogni male, il Dio delle beatitudini".
Questo Dio Santo chiama anche noi a essere come Lui, santi: i battezzati sono "santi per vocazione".
Nel corso dei secoli ci sono stati tanti santi e ciascuno ha percorso una strada personale, ma tutti erano animati da un unico Spirito, quello sintetizzato nelle beatitudini. Anche noi cerchiamo il nostro modo di vivere a immagine del Dio vivente. Per questo chiediamo l'aiuto e l'intercessione di questi amici, fratelli e sorelle di cui oggi contempliamo l'assemblea varia e festosa.

Omelia di don Marco Pratesi 

 

I veri Beati

"Beati" è la prima parola del Rabbì di Nazareth nel suo discorso dal monte. E' la prima parola del ribaltamento dei poteri e delle gerarchie. Gesù si è schierato, i beati sono loro. In questa sovversione sta la radice della santità che oggi celebriamo.
Ognuno di noi è chiamato a far sua questa logica nuova, a fare piazza pulita delle presunte e illusorie beatitudini che ci circondano.
Beh, diciamocelo onestamente, quando ci vien da pensare "Beato te…" la prima immagine che scorre per la testa non è certo quella di un povero in spirito o un perseguitato per la giustizia. Per noi i "beati" sono quelli che hanno un posto di lavoro sicuro; quelli che riescono a fare la settimana bianca; quelle che hanno un marito che si ricorda sempre le date degli anniversari, dei compleanni ed è pure bravo a stendere i panni; quelli che prendono trenta agli esami e nel frattempo riescono pure a lavorare, fare gli allenamenti di calcio e portare la fidanzata alle terme. Questi per noi sono i beati!
Ma Gesù - per fortuna! - sembra di un altro parere. La sua logica è sovversiva rispetto ai criteri di cui siamo imbevuti. Nelle parole del Rabbi di Nazareth c'è una carica profetica, una promessa che spoglia le felicità promesse dai nuovi idoli del nostro tempo e che svela ciò che sono per davvero: menzogne e illusioni.
I beati del Regno di Dio sono i poveri in spirito, gli afflitti, gli affamati di giustizia, i perseguitati... Questo è il Vangelo! Questa è la buona notizia! Se Gesù avesse detto che beati sono i ricchi, i sani, i belli, i forti,... che novità ci sarebbe stata? Se Gesù avesse detto che i beati sono quelli realizzati, felici e pasciuti,… che carica profetica ci sarebbe stata nel suo annuncio?
Nuovamente la Parola ci chiama ad una scelta da rinnovare ogni giorno, ci mette nel cuore il coraggio per credere alla promessa di Gesù e percorrere i sentieri della santità.

La logica corrente ti impone di procedere a spallate per conquistare ciò che desideri? Costruisci pace.

Sei provocato dall'aggressività che ti circonda? Rimani mite.

Ti senti l'unico fesso del pianeta che fa tutte le cose in regola senza evadere da nessuna parte? Cerca la giustizia.

Ti senti guardato come un marziano perché tutte le settimane vai alla catechesi? Regala un sorriso.

Ti senti pronto a seguire le tracce del risorto, ti rendi davvero conto che con Lui o senza di Lui non è la stessa cosa, senti il desiderio di portare tutto nelle mani del Padre e lasciare che lo Spirito guidi di i tuoi passi? Se è così, allora auguri, caro amico, oggi è la tua festa!

Omelia di don Roberto Seregni
 


tratti da www.lachiesa.it