Io sono il buon Pastore

News del 03/05/2009 Torna all'elenco delle news

La Chiesa dedica questa domenica, chiamata del Buon Pastore, alla preghiera e alla riflessione per le vocazioni sacerdotali e religiose. Al centro della liturgia della Parola c’è l’appassionato discorso ove Gesù, in piena polemica con la classe dirigente d’Israele, si presenta come il "buon pastore", ossia come colui che raccoglie e guida le pecore sino ad offrire la sua stessa vita per la loro salvezza. E aggiunge: "Chi non offre la vita per le pecore non è pastore bensì mercenario". In effetti, l’opposizione tra il pastore e il mercenario nasce proprio da questa motivazione: il pastore svolge la sua opera per amore, rinunciando al proprio interesse anche a costo della vita, mentre il mercenario agisce per interesse personale e per denaro, ed è quindi logico che nel momento del pericolo abbandoni le pecore al loro destino. L’evangelista, per indicare il pericolo, usa l’immagine del lupo che "rapisce e disperde" le pecore. È una sferzata durissima ai farisei, accusati di "pascere se stessi... e non il gregge" (Ez 34,2), mentre egli è venuto per "raccogliere in unità i figli dispersi" (Gv 11,52).
Viene il Signore Gesù e con autorità grande afferma: "Io sono il buon pastore, o offro la vita per le mie pecore". Non solo lo ha detto. Lo ha anche mostrato con i fatti, particolarmente nei giorni della Settimana Santa, quando ha amato i suoi fino alla fine, sino all’effusione del sangue. Sì, finalmente è arrivato in mezzo agli uomini chi spezza la triste e amara alleanza tra il lupo e il mercenario, tra l’interesse per sé e il disinteresse per gli altri. Chi ha bisogno di conforto e di aiuto ora sa dove rivolgersi, sa dove bussare, sa dove muovere i suoi occhi e il suo cuore.
Il Vangelo sembra dire che o si è pastori in questo modo o altrimenti non si può che essere mercenari. È vero, solo Gesù è "buon pastore": o si somiglia a lui o si tradisce la sua stessa missione. Sappiamo bene di essere inadeguati, ed è il suo Spirito effuso nei nostri cuori che ci trasforma perché possiamo avere "in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Fil 2,5). La odierna pagina evangelica - come questa domenica suggerisce - si applica anzitutto a coloro che hanno responsabilità "pastorali" nella Chiesa, in particolare ai vescovi e ai sacerdoti. Ed è opportuno, anzi doveroso pregare, e non solo oggi, perché i "pastori" somiglino sempre più a Gesù vero ed unico "buon pastore". Ed è anche urgente intensificare la nostra preghiera perché il Signore doni alla sua Chiesa giovani che ascoltino l’invito ad essere "pastori" secondo il suo cuore, secondo la sua stessa passione d’amore.
Ogni comunità cristiana è chiamata tuttavia a guardare l’abbondanza della "messe" e la scarsità degli "operai". Potremmo dire che c’è una responsabilità "pastorale" che appartiene a tutti i credenti, non solo ai sacerdoti. Ogni discepolo, infatti, è nello stesso tempo membro del gregge del Signore ma, a suo modo, anche "pastore", ossia responsabile dei fratelli, delle sorelle e del prossimo. In tante altre pagine della Scrittura emerge questa responsabilità "pastorale" di ogni credente.
L’amore inserisce nelle preoccupazioni stesse del Signore: "Ho altre pecore che non appartengono a quest’ovile: anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e si farà un solo gregge e un solo pastore". L’amore di Dio intenerisce il cuore: ci fa commuovere su coloro che vagano nelle nostre città in cerca di un approdo, su quelli che non sanno ove trovare conforto, sui milioni di disperati che coprono la faccia della terra, su quell’uomo o quella donna vicina o lontana che aspetta consolazione e non la trova.
Tutta la comunità cristiana è unita al Signore Gesù che si commuove ancora sulle folle di questo mondo. E con lui prega perché non manchino gli operai per la vigna del Signore. Ma nello stesso tempo, ogni credente, davanti a Dio e davanti "ai campi che già biondeggiano per la mietitura" (Gv 4,35) deve dire con il profeta: "Ecco, Signore, manda me!" (Is 6,8). 

omelia di Mons. Vincenzo Paglia 
testo integrale

Liturgia e commento a cura di Enzo Petrolino