Santo del giorno 20 giugno: san Giovanni da Matera

News del 20/06/2024 Torna all'elenco delle news

San Giovanni da Matera, considerato uno dei precursori degli Ordini mendicanti (Francescani e Domenicani) per aver proposto una vita povera, penitenziale e comunitaria. Fondò nell' Abbazia di Santa Maria di Pulsano nei pressi di Monte Santangelo la Congregazione degli Eremiti Pulsanesi che si rifaceva alla regola di San Benedetto, ma più severa.  Le sue reliquie sono conservate nella Basilica Cattedrale di Matera di cui è compatrono.

Conduce un’austera vita eremitica senza trascurare, però, la predicazione.

Proviene da una nobile famiglia, ricca di mezzi materiali e di fede cristiana. Da ragazzo, dopo aver scambiato i suoi vestiti con quelli di un povero, abbandona la casa paterna e si mette in viaggio verso Taranto, in cerca di un legame più stretto con Dio. Entra tra i monaci basiliani dell’isola di San Pietro, che gli affidano la custodia del gregge, fonda nel 1100 presso Ginosa il monastero di San Giacomo. Sui monti dell’Irpinia incontra san Guglielmo da Vercelli: insieme fondano la Congregazione ne dei Monaci Pulsanesi (dall’abbazia di Pulsano), attiva fino al XIV secolo. Muore nel monastero di San Giacomo a Foggia, dopo aver guidato la sua comunità come abate per dieci anni. Le sue spoglie, dapprima sepolte all’abbazia di Pulsano, nel 1830 sono state traslate nella cattedrale di Matera. È canonizzato nel 1177 da papa Alessandro III.

 

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Martirologio Romano: Nel monastero di San Giacomo di Foggia in Puglia, san Giovanni da Matera, abate, che, insigne per austerità di vita e per la predicazione al popolo, fondò sul Gargano la Congregazione di Pulsano di osservanza benedettina.

 

Come farà San Francesco d’Assisi un secolo dopo, in Basilicata, a Matera, un ragazzo ricco e di nobile famiglia si spoglia di tutto, anche dell’elegante vestito che indossa, e va via da casa, alla ricerca di Dio. Giovanni Scalcione, nato a Matera nel 1070 circa, riceve un’educazione cristiana e, fin da ragazzino, ama stare da solo e pregare. Diventato un giovanotto, lascia tutte le sue ricchezze perché non lo rendono felice e, dopo aver scambiato i suoi vestiti con quelli di un mendicante, in groppa a un asino si dirige a Taranto e si ferma nell’isola di San Pietro, presso un monastero. Per sua scelta Giovanni svolge lavori umili e pascola le pecore. Non parla mai e per questo motivo viene considerato scontroso e deriso dai compagni.

Desideroso di maggiore solitudine, Giovanni si mette in viaggio verso la Calabria e la Sicilia. Si rifugia nelle grotte, vive da eremita cibandosi di erbe e frutti selvatici, fa voto del silenzio per due anni. Confortato da Visioni Celesti che lo esortano a diventare un evangelizzatore, il monaco torna in Puglia e si ferma a Ginosa (Taranto), attirato dal paesaggio rupestre. Mentre prega in una piccola chiesa diroccata dedicata a San Pietro, l’apostolo si manifesta a Giovanni e gli chiede di restaurare il rudere. Proprio come San Francesco che, dopo aver pregato davanti a un crocifisso nella “Porziuncola”, sente Gesù che lo esorta a restaurare la sua dimora, anche Giovanni si mette all’opera e, grazie alle donazioni di persone generose, ricostruisce la piccola Chiesa di San Pietro.

Giovanni vorrebbe andare in Palestina a visitare la Terra Santa, ma arrivato in Puglia, a Bari, il monaco capisce che la sua missione è in Italia. Predica, parla di Gesù e il suo incessante camminare lo porta fino al Monte Gargano (Puglia), dove sorge il santuario dedicato all’arcangelo San Michele. Qui compie il famoso “miracolo dell’acqua”. Nel Tavoliere della Puglia non piove da tanto tempo e la siccità mette a rischio il raccolto. Giovanni interviene e arriva la tanto attesa pioggia. A Pulsano (Taranto) e a Foggia fonda, poi, due monasteri per accogliere i suoi discepoli. La loro severa Regola detta degli “scalzi” si ispira a quella benedettina. Essi vivono di elemosina e di lavori agricoli, camminano scalzi, non bevono vino. Giovanni muore nel 1139 a Foggia, ma il suo corpo oggi riposa nella Cattedrale di Matera di cui è il santo compatrono.

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