La perseveranza nella fede

News del 16/10/2010 Torna all'elenco delle news

Dio ascolta il clamore dell'oppresso

La parabola della vedova perseverante può essere divisa così: introduzione redazionale di Luca (v. 1); la parabola (vv.2-5); applicazione della parabola, fatta da Gesù (vv. 6-8a); interrogativo, attribuito a Gesù, sulla perdita della fede.

1. Preghiera perseverante (v.1)

Qual è il nucleo della preghiera dei primi cristiani? All'invito di Gesù (11,9), troviamo la risposta in 11,2-4: "... venga il tuo Regno". Nella pratica, tuttavia, sembra che la venuta del Regno sia lenta; così, qualcuno abbandona la fede. Gesù insiste sulla necessità di pregare sempre. Il contenuto centrale della parabola, identificato col desiderio della vedova, è che sia fatta "giustizia" (nel testo greco questa radice appare 5 volte).

2. L'oppresso ha la certezza di essere ascoltato (vv. 2-5)

Nella parabola vediamo che oppresso ed oppressore abitano nella stessa città. Da un lato abbiamo un giudice che non temeva Dio e non aveva considerazione per le persone (v. 2). Nel caso in questione, il timore di Dio significava applicare la Legge che impediva le ingiustizie contro le vedove (Es 22,21-22; Dt 24,17). Avere considerazione per le persone significava non fare distinzioni nel giudicare, favorendo l'oppressore in detrimento della vedova e del povero. Il giudice doveva essere imparziale: "Tutti sono uguali davanti alla legge".
Dall'altro lato abbiamo una vedova - simbolo delle persone più sprotette contro la bramosia dei Dottori della Legge, cfr. Mc 12,40; Lc 20,47 - che si rivolge con insistenza al giudice chiedendo giustizia contro il suo avversario (v. 3). Tanto al tempo dell'Antico testamento, come al tempo di Gesù, la vedova non aveva un difensore legale; così rimaneva alla mercé dei giudici disonesti (IS 1,23; 10,2; 2Sam 14,4ss). Le leggi che ordinavano di difendere le vedove non furono mai prese sul serio. Non dimentichiamo che i dottori della Legge erano periti in legislazione. La forza della vedova consiste nell'insistenza, al punto da scocciare il giudice. Costui, non per causa della coerenza dei suoi principi, né per la coscienza della responsabilità della sua funzione, decide di "fare giustizia" alla vedova. E lo fa per due ragioni: è stanco delle lagne e vuole evitare uno schiaffo morale in pieno tribunale o in piazza pubblica (v.5).

3. In breve tempo, Dio farà giustizia ai suoi eletti (vv. 6-8a)

Gesù vuole applicare la parabole agli ascoltatori. Fa notare il gesto del giudice ingiusto che fa giustizia per vedersi libero dalla scocciatura. Se solamente per causa di questo finisce col fare giustizia, immaginiamo quanto di più farà Dio, che si interessa per la causa dell'oppresso! Infatti, Dio è protettore delle vedove (Ml 3,5). Queste, perciò, hanno a chi ricorrere (cfr. Es 22,21-22: "... non opprimete nessuna vedova o orfano... se mi supplicheranno io ascolterò i l loro clamore").
Gli eletti, cioè i cristiani, trovano in Dio colui che farà giustizia molto in breve.. Questa necessità di giustizia era peculiare ai primi cristiani, oppressi da persecuzioni per causa della loro fedeltà (cfr. Ap. 6,10). Dio ascolta la supplica dei suoi eletti (v. 8a; cfr. Ecl 35,18-19).

4. É difficile conservarsi nella lotta (v. 8b)

Perseverare nella testimonianza e nella preghiera incessante, affinché Dio intervenga e faccia giustizia ai suoi eletti, cioè salvandoli: questo dovrebbe essere il comportamento del cristiano. Tuttavia la parabola termina con una domanda micidiale: quando il Figlio dell'Uomo ritornerà, per fare giustizia, troverà la fede sulla terra? Troverà persone che si mantennero fedeli a Gesù, nella testimonianza e nella preghiera perseverante? É difficile conservarsi fedele nella battaglia! É necessario credere, sempre, perché tanto allora come oggi, molti sono tentato ad abbandonare la testimonianza (cfr. 2Ts 2,3; Mt 24,12).
In altre parole, siamo persone di fede, a tal punto da riconoscere la presenza della giustizia di Dio, "agendo" in mezzo a noi, oppure crediamo solo nella venuta del Figlio dell'Uomo alla fine dei tempi? Non è adesso il momento di rimboccarci le maniche e lasciare entrare il Regno di Dio nelle nostre vite?

Ci risiamo, Luca insite nuovamente sulla necessità della giustizia tra le persone, come segno della manifestazione divina e come impegno per aprire le porte al Regno.
Il problema è trovare un giudice che si lasci "scocciare" dalle insistenze dei poveri. Avvocati e giudici, oltre a tonnellate di leggi, è ciò che non manca qui in Brasile. Ma la giustizia... è un altro argomento. É inevitabile scoraggiarsi, specialmente quando assistiamo all'impunità generalizzata. Anzi, viene una voglia matta di cominciare a fare il "furbo" (qui diciamo "espertinho") e farla in barba, non appena si può. Comincio a screditare nelle istituzioni sociali, dove il minimo che ti può succedere è ritrovarti ad essere una pallina di ping pong che rimbalza da una racchetta all'altra: i giudici sono giudici, ma non "hanno sensibilità" per le cause dei poveri. Quanto, sporadicamente succede il contrario, fanno fuori il giudice. Come sempre si dice qui: "gli riempiono la bocca di formiche!", per dire, lo fanno fuori letteralmente. Oggi, a differenza del tempo delle prime comunità cristiane, non è solamente è il cristiano perseguitato, ma ogni "piccolo" che non conta niente, perché non ha un conto corrente, una carta di credito, non ha istruzione e, spesso, non ha salute e forza per "scocciare" chi deve rendere giustizia al cittadino.
Alziamo il volo, e osserviamo il senso di giustizia che regna nei rapporti commerciali tra i paesi: ciò che si vive nel piccolo, si ripete nel grande.

Questa parabola è una grande sfida per noi cristiani: la perseveranza nella fede abbinata alla coerenza della testimonianza del Vangelo. Avere fede oggi è uno sforzo immane per non cadere in anacronismi superstiziosi da una parte, e dall'altra, rivestirci di un'etica che traduca nel concreto le conseguenze del Vangelo.
Il monito di Gesù è duro: il Figlio dell'Uomo, troverà la fede su questa terra? Lo diceva 2000 anni fa. Noi cristiani, depositari di questo impegno, dobbiamo chiederci seriamente in che cosa consiste la nostra fede, in che cosa crediamo; oppure, se i segni di tanto affievolimento siano da ricercare nella nostra incapacità di pregare incessantemente, magari moltiplicando le formule, ma senza un riscontro effettivo nella pratica quotidiana.
Venga il tuo Regno di Amore, di solidarietà e di giustizia, venga il fuoco che fa ardere i nostri cuori e no li lascia riposare finché assistiamo o, peggio, facilitiamo le ingiustizie. Venga il discernimento e la sapienza di credere che ogni nostra azione è politica senza confonderla in partidarismi vari. Non nascondiamoci dietro ad etichette pluricolori, ma tutte uguali alla fin fine, nel senso che la coerenza non si allea al comodo facile di occasione, ma è una bilancia che sappia pesare le nostre intenzioni.
Ci sono moltitudini di oppressi in questo pianeta: non lasciamoci tentare dalla faciloneria di dire che anche noi apparteniamo al loro cerchio, finché abbiamo il privilegio di guardarli, al sicuro delle nostre finestre. Le "vedove" del mondo cominciano a scocciarci: esaudiamo la loro richiesta, se non per fede, almeno per salvare la faccia dei bei principi che sappiamo proporre, ma che difficilmente riusciamo a vivere.
É una lotta ardua, senza guerre sante o giuste, perché tutte, non hanno niente a che vedere con la giustizia del Vangelo. Essere giusti è cominciare ad eliminare i privilegi che ci contraddistinguono e ci dividono, è cedere del nostro per condividerlo;é avere fede! 

Testo di padre Tino Treccani 



Lasciati amare!

Da alcune domeniche il vangelo ruota, con parole differenti, intorno al tema della fede.
Ricordate l'interrogativo degli apostoli: "Signore, aumenta la nostra fede!"; domenica scorsa poi ci siamo soffermati sull'aspetto fondamentale della gratitudine, senza la quale la fede sarebbe morta!

Ed è di fede che anche questa settimana si parla con quell'interrogativo piuttosto crudino che Gesù pone ai suoi al termine della parabola: "Il figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".
La questione centrale è la fede o la preghiera?
Il centro sta sempre nell'annuncio scioccante che Gesù fa! Quale?
Ma quello che Dio è assai differente da questo giudice, no?
Dio ti ama, nonostante tutto, anche ora. Adesso. Oggi.
Uno dei cardini della preghiera che mi è stato trasmesso è questo: se non riesci ad amare Dio, lasciati amare da lui!!! È forse così difficile lasciarsi amare?
Quando la mia preghiera è arida, vuota ed insipida, quando cerco talvolta di riempirla con le parole… ad un certo punto lo Spirito Santo mi viene in aiuto e mi ricorda sempre questo semplice aspetto: "Carlo, laciati amare". Allora me ne sto avvolto nel silenzio e mi lascio amare!!!

Anche nella preghiera dobbiamo ricuperare la semplicità, non credete?
Ecco, forse in questa settimana potremmo ritrovare il coraggio di abbandonarci a Dio con grande trasparenza. Mettiamo davanti a lui ciò che in questo periodo non riusciamo a vivere, ciò che ci fa faticare, magari qualche rapporto difficile, magari la nostra stessa fede… ma non riempiamo la nostra bocca di parole… lasciamo che il nostro cuore si lasci riempire dall'Amore…
Talvolta basta ripetere alcune semplici parole, con molta calma, nell'invocazione dello Spirito: Gesù, salvami… Gesù amami… Grazie… Gesù sei tutto… Vieni Spirito Santo… Spirito di amore…

Guardate che non usciremo mai da questa quotidiana sconvolgente notizia!
Entrando in questo brano: può esserci fede senza preghiera o vera preghiera senza fede?
Mi sa di no! Allora i brani di queste domeniche sono proprio legati uno all'altro: continuiamo a dire la stessa cosa con parole diverse…
La fede è semplice fiducia: quella fiducia del bambino di cui abbiamo parlato. E la preghiera non è forse un semplice abbandono nelle mani del Padre?

Ogni volta che vivo un tempo di preghiera in un convento, in un'oasi di silenzio, durante un pellegrinaggio o per conto mio… ogni volta che ho incontrato uomini e donne che hanno dedicato alla preghiera la propria vita… ne rimango estasiato…
Penso alle suore di clausura che incontravo ogni anno portando i ragazzi della cresima (io, un sorriso così, lo vedevo sempre solo lì!), penso ai fréres di Taizé, a padre Gasparino… a tanti altri che Dio mi ha dato di incontrare… ebbene, rimango con la bocca aperta!
Mi accorgo che la preghiera può tutto, che io prego pochissimo e che ancora devo convertirmi…
Non vi è mai capitato? Alla fine di un ritiro, di una Giornata Mondiale dei giovani, di un Pellegrinaggio, di una Messa… di dirvi: "Caspita, da domani voglio aumentare la mia preghiera, perché così proprio non va, ne ho bisogno…"
Il tutto condito magari con una buona promessa al nostro Dio…
Poi, passato l'entusiasmo… tutto torna come prima… tutto fagocitato dalla nostra routine quotidiana!
Quelle promesse non erano vere? Ci eravamo ancora una volta illusi o presi in giro?
Io non credo proprio! Se c'è una cosa del nostro Dio che mi sembra di avere intuito, anche con l'aiuto di grandi uomini di preghiera, è questa: mai e poi mai Dio viene a noi per farci sentire in colpa!
Quel desiderio di preghiera che hai sentito dentro il tuo cuore è autentico. Osiamo di più: quel desiderio è già preghiera!
Sì caro amico e fratello nella fede che fatichi a pregare, che non ce la fai a concentrarti e ogni volta ti riprometti di dedicare più tempo a Dio… questo semplice tuo desiderio già ti avvicina a Dio!
Allora con questo semplice desiderio, mettiti di fronte a Lui: non ti preoccupare, Dio conosce il tuo cuore… Dio è più grande del tuo cuore!
Non lasciarti appesantire da alcuna paura: lasciati andare "come bimbo svezzato in braccio a sua madre", recita il salmo di questa liturgia.
Il vangelo di oggi ce lo ricorda: non scoraggiarti mai, insisti come quella cocciuta vedova. Sai perché? Il tuo custode, il tuo Dio, non si addormenta, non prende sonno, non si dimentica di te.

Sia questo il nostro programma settimanale: prenditi qualche minuto ogni giorno, fermandoti nella chiesa che vedi ogni giorno, in casa tua, mentre fai coda nel traffico cittadino o sul balcone di casa…
Fermati e lasciati amare nella preghiera, tranquillo…
Dio viene a te donarti gioia e pace! 

Testo di don Carlo Occelli

tratti da www.lachiesa.it