Santo del giorno 18 maggio: San Felice da Cantalice
News del 18/05/2024 Torna all'elenco delle news
San Felice da Cantalice, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, di austerità e semplicità mirabili, che per quarant’anni a Roma si dedica a raccogliere elemosine, disseminando intorno a sé pace e carità e lì riposano le sue spoglie nella Chiesa dell’Immacolata Concezione. È patrono dei bambini e degli allevatori dei bachi da seta. Protegge contro i disturbi della circolazione. Felice lo è di nome e di fatto: sorridente, saluta e ringrazia tutti dicendo Deo Gratias (dal latino “Grazie a Dio”). Così viene chiamato anche “frate Deogratias”. E' amico di S. Filippo Neri e di Sisto V, al quale predice il papato ammonendolo a comportarsi rettamente, e che ne fa celebrare il processo canonico l'anno stesso della morte (giugno-ottobre 1587) con l'intenzione di canonizzarlo immediatamente, poiché i miracoli operati dal santo ancor vivente e subito dopo la morte erano sulla bocca di tutti.
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Martirologio Romano: A Roma, san Felice da Cantalice, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, di austerità e semplicità mirabili, che per quarant’anni si dedicò a raccogliere elemosine, disseminando intorno a sé pace e carità.
È “il Santo dei fanciulli”: li consola, li guarisce, li diverte perché il suo animo è semplice e puro come quello di un bambino. Felice Porri nasce nel 1515 a Cantalice (Rieti), in una famiglia di umili contadini e lui stesso lavora la terra fino a trent’anni. Da bambino aiuta i genitori nei lavori domestici. Ai compagni regala crocifissi di legno da lui intagliati e, a chi gli fa un dispetto, risponde con il perdono. Non sa leggere né scrivere, ma ha tanta fede e ascolta estasiato i racconti della vita dei santi. Un giorno rischia di morire travolto da alcuni cavalli. Miracolosamente si salva e per lui questo è uno speciale messaggio che gli arriva dal Cielo.
Diventa frate e, indossando il saio, si trasferisce a Fiuggi, poi a Tivoli, infine a Roma. Per tutta la vita raccoglie pane, frutta e fave da distribuire ai confratelli e agli affamati. Chiede, con la mano tesa, l’elemosina ai ricchi per aiutare i poveri, assiste i malati, dona pace e serenità a chi lo avvicina. Le briciole sono per i suoi amici uccellini che lo accompagnano sempre festosi. Cammina scalzo e accetta di calzare sandali solo da anziano. Felice lo è di nome e di fatto: sorridente, saluta e ringrazia tutti dicendo Deo Gratias (dal latino “Grazie a Dio”). Così viene chiamato anche “frate Deogratias”.
Il santo compie tanti miracoli. Guarisce soprattutto i fanciulli dalle malattie perché è spontaneo e gioioso come i bambini che chiama angioletti; per loro racconta filastrocche, inventa favole, gioca, balla, canta, regala pane e parla di Gesù e per tutti diventa “il Santo dei fanciulli”. Il cappuccino sostiene anche i contadini con i suoi prodigi: in piena estate fa scaturire l’acqua da una sorgente e, utilizzando alcune foglie bagnate, salva un allevamento di bachi da seta da una malattia. Egli ama il Natale e ogni anno, nella sua misera celletta, allestisce un piccolo presepio con la Sacra Famiglia, l’angelo, il bue e l’asinello, i pastori e i Re Magi.
Un giorno, prega davanti a un dipinto della Madonna (alla quale è devotissimo) e la implora di fargli tenere in braccio il Bambinello. Il quadro si anima e la Madonna porge al frate Gesù Bambino: piangendo il frate lo stringe a sé. Felice non è mai andato a scuola ma diventa famoso per le sue prediche fatte di parole semplici, proverbi e poesie.
Muore a Roma nel 1587 dove riposa nella Chiesa dell’Immacolata Concezione. È patrono dei bambini e degli allevatori dei bachi da seta. Protegge contro i disturbi della circolazione.
Dormiva appena due o tre ore e il resto della notte lo trascorreva in chiesa in preghiera, che per lo più era contemplazione dei misteri della vita di Gesù. Negli ultimi tre lustri della sua vita si comunicò quotidianamente. Nei giorni festivi soleva peregrinare alle "Sette Chiese" oppure visitava gli infermi nei vari ospedali romani. Nutrì una tenera devozione alla Vergine Madre, che gli apparve più volte.
Nei suoi contatti quotidiani con il popolo, fu efficace consigliere spirituale di gente umile e della stessa aristocrazia della Roma rinascimentale. Per molti anni dopo la sua morte (18 maggio 1587) ragazzi e signore seguitarono a cantare ballate da lui composte e insegnate, come queste:
"Gesù, somma speranza,
del cuor somma baldanza.
Deh! dammi tanto amore,
che mi basti ad amarti ";
oppure:
" Se tu non sai la via
d'andare in paradiso,
vattene a Maria
con pietoso viso,
ch'è clemente e pia:
t'insegnerà la via
d'andare in paradiso".
Fu amico di s. Filippo Neri e di Sisto V, al quale predisse il papato ammonendolo a comportarsi rettamente, e che ne fece celebrare il processo canonico l'anno stesso della morte (giugno-ottobre 1587) con l'intenzione di canonizzarlo immediatamente, poiché i miracoli operati dal santo ancor vivente e subito dopo la morte erano sulla bocca di tutti. Ma di fatto Felice fu beatificato il 1 ottobre 1625 e canonizzato da Clemente XI il 22 maggio.
Il suo corpo riposa nella chiesa dell'Immacolata Concezione di via Veneto in Roma, dove fu trasportato il 27 aprile 1631. La festa liturgica ricorre il 18 maggio.
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A Roma, fra' Felice divenne uno spettacolo familiare, vagando a piedi nudi per le strade, con un sacco sulle spalle, bussando alle porte per cercare donazioni. Ricevette il permesso dai suoi superiori di aiutare i bisognosi, specialmente le vedove con molti bambini. Si dice che il suo sacco da mendicante fosse senza fondo come il suo cuore. Fra Felice benediceva tutti i benefattori e tutti quelli che incontrava con un umile "Deo Gratias! (grazie a Dio!), inducendo molti a riferirsi a lui come "Frate Deo Gratias". Felice ebbe un tale successo nel suo lavoro che durante la carestia del 1580, il capo politico di Roma chiese ai cappuccini se avrebbero "prestato" Felice a loro in modo che potesse raccogliere cibo e provviste per l'intera città. I cappuccini accettarono e Felice abbracciò il suo nuovo compito.
Predicava per strada, rimproverava i politici e i funzionari corrotti, ed esortava i giovani a smettere di condurre una vita dissoluta. Componeva anche semplici cantici didattici e faceva in modo che i bambini si riunissero in gruppi per cantare (come un modo per insegnare a loro il catechismo).
L'incontro di San Filippo Neri e Felice di Cantalice, Jacques Stella
Il frate semplice Felice era un buon amico di San Filippo Neri, un conoscente di Carlo Borromeo e sviluppò una reputazione come guaritore. Con l'avanzare dell'età, il suo superiore gli ordinò di indossare dei sandali per proteggere la sua salute. Il cardinale Santori si era offerto di usare la sua influenza per sollevare l'anziano Felice dal difficile compito della questua, ma egli rifiutò.
Miracoli
Felice Porri iniziò il percorso religioso dopo che un aratro trainato da alcuni buoi gli passò sopra, stracciandogli le vesti, ma lasciando intatto il suo corpo; l’allora contadino Felice, riconosciuta la grandezza dell'evento, decise di entrare nell'ordine dei francescani.
Una volta divenuto frate laico, operò numerose guarigioni (o proprio rianimazioni) di infanti e bambini.
San Felice di Cantalice fa risorgere un bambino morto, Guercino, Museo Nazionale di Varsavia
Uno dei miracoli più famosi lo vide rigenerare un allevamento di bachi da seta, marciti a causa di una malattia infettiva. Il frate portò in casa dell'allevatore alcune foglie bagnate e l'acqua, invece di uccidere i bachi, li moltiplicò e ridiede loro vita: proprio per questo San Felice è invocato a protezione degli allevatori di bachi da seta.
Percorreva tutti i giorni la Roma cinquecentesca con il suo sacco da cerca sulle spalle e, nonostante la grande mole dei doni ricevuti, affermava che il sacco non gli pesava. Una volta, per burla, alcuni studenti misero una moneta nel sacco del frate, ed egli cominciò a gridare, dicendo che il sacco era diventato pesantissimo e che c'era dentro il demonio.
I suoi piedi erano continuamente ricoperti da ulcere e pustole sanguinolente: si rifiutava infatti di indossare calzari anche d'inverno, quando il freddo e la pioggia screpolavano e dilaniavano i suoi piedi. Più volte fu visto nell'atto di ricucirsi i calcagni nella bottega di un calzolaio romano. Una volta morto, i suoi piedi tornarono miracolosamente bianchi e integri, senza cicatrici o segni.
Negli anni a seguire, dalla sua tomba sgorgò un liquido chiaro e denso, che venne raccolto da alcune suore e usato per guarire numerosi ammalati. Il sepolcro venne riaperto a distanza di mesi e il corpo del frate era ancora integro e non emanava cattivi odori.