La devozione a Maria Consolatrice e Avvocata del popolo di Reggio tra pietà popolare e liturgia - di don Luigi Cannizzo
News del 02/10/2010 Torna all'elenco delle news
Il culto della Madonna della Consolazione è legato a importanti episodi della vita del popolo reggino storicamente accaduti.
Si tratta di una pratica religiosa ancora viva in tutte le classi sociali. La gente del luogo, nel corso dei secoli, spesso provata dall’indigenza e dalla povertà trova in Lei il paradigma della povera d’Israele alla quale con fiducia ci si può rivolgere per essere sollevati e confortati, la gente anzi vuole percepire materialmente la vicinanza della Consolatrice: le immagini, le medaglie che raffigurano la Madonna, spesso portate addosso, acquistano il valore simbolico di proteggere chi le indossa, come pure l’abito votivo color celeste con trine rosse.
Alla radice del culto ci sia il bisogno della fuga dalle ostilità del mondo e della natura e l’attesa della sicurezza dalla protezione della grande madre di tutti, appunto la Madonna.
La invocazione della protezione ha quasi una consistenza fisica: si esprime in atteggiamenti collettivi, acquisisce le dimensioni del dolore e della gioia, diventa un processo di liberazione dalle paure e dalle angosce, dalle persecuzioni e dalle violenze. Persino quando crolla la fiducia in chi governa, il popolo si rifugia nel divino. Infatti, confidando nell’intervento soprannaturale, le miserie della realtà presente sembrano diventare più sopportabili.
Si ricorre a Maria, che essendo stata consolata da Dio con la risurrezione del figlio Gesù, è in grado di sostenere e consolare tutti quelli che sono provati dallo sconforto, dal dolore e dalla miseria quotidiana, spesso caratteristica della gente del Sud.
A Maria il popolo si rivolge per chiedere aiuto e protezione in questa terra e di poter vivere sostenuti dalla Grazia divina per ottenere la salvezza eterna: in questo Maria è riconosciuta come Aiuto dei cristiani e Porto di salvezza eterna.
La Vara, l’enorme «macchina da trasporto della venerata effigie» deve essere portata esclusivamente a spalla dapprima soltanto come privilegio riservato ai pescatori e ai marinai, che assolvono ormai da molti secoli questo compito; anche se dalla metà del XX secolo ad oggi per disposizione diocesana essa è affidata ai portatori della Vara, provenienti dai diversi ambiti sociale, che in più di cinquecento unità a turno si danno il cambio per sostenere il peso di oltre dodici quintali, lungo il tragitto della processione religiosa dall’Eremo alla Cattedrale. Essa deve ogni anno fare lo stesso percorso, deve rimanere in Duomo nel tempo stabilito e la Vergine deve essere festeggiata nel migliore dei modi. Guai a trasgredire o modificare il rituale della cerimonia. Il popolo è molto legato alla tradizione e con molta lentezza si lascia attirare dalle novità o si convince che certi atteggiamenti sono ormai superati.
La gente effettivamente tiene molto alle manifestazioni esteriori ma le pratiche liturgiche non vengono trascurate. Infatti, sia prima della festa di settembre al Santuario sia durante la permanenza del quadro in Cattedrale, molti praticano la devozione dei Sette Sabati accostandosi ai sacramenti, in particolare la riconciliazione e l’eucaristia.
Preoccupazione costante dei pastori della Comunità Diocesana è stata che il culto mariano in città venisse progressivamente svuotato da legami alla tradizione e i festeggiamenti si potessero risolvere e limitare solo alle celebrazioni liturgiche in cui Maria viene invocata Consolatrice ed Avvocata del popolo di Reggio e venisse inquadrata sempre più la figura materna della Vergine all’interno della celebrazione dell’unico mistero pasquale del Cristo.
Conciliare liturgia, spiritualità, credenza e pietà popolare non risulta affatto semplice. Se ci fermiamo a riflettere, molte sono le considerazioni che possiamo fare per comprendere il legame ad esempio tra pietà popolare e spiritualità: del resto se quest’ultima si intende e si fa coincidere con la vita cristiana, cioè come vita in Cristo, e la vita spirituale come vita vissuta nello Spirito e secondo lo Spirito, allora è necessario mettersi alla ricerca di alcuni dati caratteristici presenti nella devozione popolare per giungere alla conclusione che è necessario trovare, sperimentare e vivere nella liturgia la vita stessa di Dio in noi.
La Chiesa è chiamata a farsi garante e maestra spirituale soprattutto di coloro che fanno fatica a comprendere e vivere l’integrazione tra le due realtà.
Educare alla pietà popolare e alla liturgia e disporre la Comunità al primato della liturgia, significa in definitiva formare coscienze capaci di saper leggere la linea di demarcazione che intercorre tra le due, attraverso un cammino di conversione e di rinnovamento ecclesiale che risulta essere faticoso e lento ma che può portare soprattutto in alcune regioni del mondo, come ad esempio la città di Reggio Calabria con la sua devozione alla Madre della Consolazione, ad un rinnovamento qualitativo che metta al centro l’uomo ed il suo incontro con il Signore grazie alla presenza di Maria che consolando ed intercedendo per il suo popolo, lo aiuti nella crescita umana e spirituale e lo conduca alla salvezza.
Liturgia e pietà popolare infine, non vanno ignorate, ma l’azione educatrice della Chiesa deve permettere che le ricchezze di ciascun popolo e cultura divengano valori oggettivi che esprimano il giusto atteggiamento dell’uomo dinanzi a Dio.
E’ oggi più che mai necessario recuperare o meglio mettere in pratica, se eventualmente non si fosse mai fatto, la giusta comprensione del culto rivolto a Maria Vergine alla luce della liturgia che attraverso gesti e parole vuole celebrare nella storia e nella Chiesa l’unico Mistero Pasquale di Cristo, incarnato, morto e risorto per la salvezza dell’umanità.
La considerazione è immediata: nonostante il culto riservato alla Vergine Maria nella liturgia e nelle pratiche di devozione e pietà popolare, si sia diffuso fin dal nascere della Chiesa come necessità dell’assemblea credente, che riteneva particolarmente vicina Maria nelle prove e nelle difficoltà della vita, ancora oggi spesso esso fatica ad essere letto e compreso alla luce del Cristo, che la liturgia celebra nei ritmi e nel tempo ed assumere la giusta collocazione all’interno di esso.
Guardare a Maria significherà allora non fermarsi a vivere la devozione nei suoi confronti riducendola a puro sentimentalismo e devozionalismo, ma accogliere da Lei l’esempio per una perfetta e totale conformazione a Gesù Cristo. Le due grandi dimensioni del culto mariano espresse nella comunione e nella esemplarità dovranno essere la strada maestra da imboccare per cogliere la ricchezza del culto mariano nella Chiesa.
Alla luce di ciò si comprende come il culto nei confronti di Maria Madre della Consolazione potrà diventare un utile mezzo per raggiungere questa meta: Ella diviene modello ed immagine della Chiesa in cammino verso il Signore facendosi prossima a tutti coloro che la invocano e chiedono il suo aiuto e la sua materna intercessione, che potrà essere raggiunta per mezzo delle azioni liturgiche.
La liturgia diviene allora il luogo ed il mezzo affinché il credente per intercessione di Maria possa raggiungere ed incontrare il Signore, il Dio che si desidera sentire vicino soprattutto nei momenti di particolare prova e difficoltà. Il compito di Maria sarà quello di portare l’uomo a Cristo, soprattutto i deboli ed i sofferenti.
Maria diviene per l’umanità la consolatrice del genere umano in quanto in prima persona ha sperimentato la consolazione da parte di Dio: nell’incarnazione del Verbo nel suo grembo verginale, nel momento massimo di sofferenza ai piedi della croce del Figlio morente che gli affidava la maternità universale della Chiesa e quando accolse assieme ai discepoli nel cenacolo lo Spirito Santo Consolatore.
Maria è dunque per la Chiesa la Madre Consolata e Consolatrice, l’uomo partecipa della sua stessa consolazione nella misura in cui si rende disponibile all’azione trasformante dello Spirito che permette l’incontro vivificante col Cristo presente ed operante nella liturgia.
Le tradizioni e la storia del popolo reggino, ci fanno capire quanto l’uomo senta il bisogno di sperimentare la consolazione di Dio che passa attraverso l’intercessione di Maria Consolatrice. Nelle prove, durante le pestilenze ed i terremoti la popolazione accoglie l’intervento della Vergine che la salva dalle disgrazie e dalla mortalità. Il segno di gratitudine è dunque l’invocazione, la preghiera e le forme devozionali di penitenza e di richiesta di sostegno, che con il passare del tempo vengono istituzionalizzate in forme che poi diverranno azioni di culto anche se miste a manifestazioni di devozione e di pietà che il popolo farà fatica ad armonizzare ed integrare.
È necessario porre una chiara linea di demarcazione tra le forme di culto liturgico e le varie manifestazioni di pietà popolare che ancora oggi coesistono.
Armonizzare le due possibili forme è la sfida dei nostri giorni per permettere che le espressioni di pietà vengano liberate da accentuazioni che talvolta sono totalmente distanti dagli insegnamenti della Chiesa.
Allo stesso momento è a mio avviso necessario conservare le forme tradizionali del culto popolare purificandole da eccessive forzature che talvolta sfociano nel paganesimo. Ciò e amplificato dal dato oggettivo che la celebrazione locale di tale culto liturgico spesso fatica a cogliere le disposizioni magisteriali attuali e conseguentemente la ricezione viene rallentata. Questo potrà portare a dar vita a modelli nuovi di celebrazione che evidenzino come le tradizioni locali e popolari possano integrarsi col culto ufficiale della Chiesa, pensando alla formulazione di testi che recepiscano le istanze e le ricchezze tramandate nei secoli della devozione popolare reggina.
Tratto da "Il culto di Maria Madre della Consolazione Avvocata del popolo reggino” di don Luigi Cannizzo