Sfide missionarie della Chiesa

News del 01/10/2010 Torna all'elenco delle news

Puntualmente, all'ingresso nel mese missionario di ottobre, la Parola di Dio offre un messaggio forte sulla fede del credente, in particolare del cristiano e di ogni persona che vive e irradia con coerenza la sua adesione al Padre della Vita.

Va ripetuto subito e chiaramente che la fede cristiana non si limita alla conoscenza e all'accettazione intellettuale delle verità scritte nella Bibbia o nel catechismo; non è una questione di riti, cerimonie e altre opere… La fede è anzitutto adesione piena a una Persona, fiducia totale nella sua Parola, abbandono della propria esistenza nelle mani di un Padre amoroso.

La nostra fede non è una questione di saperne di più, ma di vivere, assaporare, gustare, fidarsi e affidarsi. La fede comporta un coinvolgimento di tutto l'essere e di ogni essere (spirito, anima, corpo, persone, cosmo…), che si illuminano di una luce nuova che ce li fa apprezzare in base alla scala di valori che mette Dio al primo posto.

La fede è quella "luce gentile", della quale si era innamorato il recente Beato John Henry Newman, lasciandosi guidare alla verità più piena.

La fede è vita, è salvezza! Il profeta Abacuc (I lettura), contemporaneo di Geremia (VII-VI s. av. C.), lo gridava alla gente, che in epoca di repressione, iniquità, rapina, violenza, liti, contese… (v. 3), si domandava: chi si salverà? La risposta del profeta è chiara: "Il giusto vivrà per la sua fede" (v. 4). L'indicazione è precisa; resta poi la fatica del cammino, la sfida del compimento da parte dell'uomo. Perché "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). Chi si lascia guidare e sorreggere da Lui ha la forza di superare le incertezze e i passi stanchi.

Dopo le proposte esigenti di Gesù nel Vangelo delle domeniche scorse (rinuncia ai beni, porta stretta, onestà a tutta prova, perdono senza condizioni…), i discepoli sono coscienti della loro fragilità e ne hanno paura. Per cui rivolgono al Maestro una preghiera accorata, che ciascuno di noi, nel suo percorso spirituale, sente come vera e sincera dal profondo del cuore: "Accresci in noi la fede!" (v. 6).

Le sfide che Gesù lancia alla nostra fede vacillante sono paradossali e proverbiali: sradicare un gelso e trapiantarlo in mare (v. 6), o trasportare una montagna (Mc 11,23). Perché "tutto è possibile per chi crede" (Mc 9,23).

La vita del credente si svolge nelle situazioni concrete di ogni giorno, senza bisogno di quei segni straordinari, ma nella fatica quotidiana (v. 7), nel compimento fedele e gratuito dei propri doveri. Senza pretese, né rivendicazioni o gratificazioni.

Nella consapevolezza di essere semplici servi, gente comune, ordinaria, fedele nelle cose di ogni giorno. Appunto, "servi inutili" (v. 10), contenti solo di servire, con una fedeltà che può arrivare fino al martirio! Dio stesso sarà felice di farsi servitore di quei servi fedeli, li metterà a tavola e passerà a servirli (Lc 12,37).

La fede è un dono prezioso di Dio da testimoniare nella vita, da ravvivare, custodire e irradiare nel mondo, come insegna Paolo a Timoteo (II lettura).

Un dono che abbiamo ricevuto gratuitamente dal Padre della Vita: lo potremo rafforzare in noi solo nella misura in cui lo condividiamo. Perché "la fede si rafforza donandola!" (Redemptoris Missio 2).

Già il Papa Pio XII insegnava chiaramente che l'impegno missionario è la prima risposta della nostra gratitudine verso Dio (*): Egli chiama ciascuno a riconoscere e a rivelare le meraviglie del Suo amore.

"Il dono della fede, cui, per divina elargizione, va congiunta un'incomparabile abbondanza di beni, domanda apertamente la nostra perenne gratitudine al suo divino Autore. La fede, infatti, ci introduce nei segreti misteri della vita divina; in essa si fondano tutte le nostre speranze; essa fin da questa vita terrena rafforza e rinsalda il vincolo della comunità cristiana (Ef 4,5). La fede è per eccellenza il dono che pone sul nostro labbro l'inno della riconoscenza (Sal 115,12). Che cosa offriremo al Signore in cambio di questo dono divino, oltre l'ossequio della mente, se non il nostro zelo per diffondere tra gli uomini lo splendore della divina verità? Lo spirito missionario, animato dal fuoco della carità, è la prima risposta della nostra gratitudine verso Dio, nel comunicare ai nostri fratelli la fede che noi abbiamo ricevuta" (Pio XII, Enciclica Fidei Donum, 21 aprile 1957.1)


Sui passi dei Missionari

3 ottobre
BB. Ambrogio Francesco Ferro, sacerdote, e 27 compagni martiri (+1645) nel Natal, Brasile.

4 ottobre:  Giornata Mondiale per l'Habitat 
S. Francesco d'Assisi
(1182-1226), amante di Cristo povero, fondatore della famiglia francescana, missionario tra i musulmani; inviò gruppi di frati ad evangelizzare in varie parti.

5 ottobre
SS. Froilano e Attilano, vescovi spagnoli del X secolo, che lasciarono la vita eremitica per dedicarsi all'evangelizzazione delle regioni liberate dal dominio degli arabi musulmani.

S. Faustina Kowalska (1905-1938), religiosa polacca, destinataria di speciali rivelazioni sulla Divina Misericordia: una devozione che ha avuto una rapida diffusione mondiale.

Ricordo di Annalena Tonelli (1943-2003), laica missionaria italiana in Kenya e Somalia per 30 anni, uccisa a Borama (Somalia) da uno sconosciuto. Ecco alcune sue parole: "Ho fatto una scelta di povertà radicale". - "Un giorno il bene trionferà".

6 ottobre
S. Bruno (Germania 1030-1101 Italia), professore di teologia, poi eremita, fondatore della Grande Chartreuse (Grenoble), promotore della vita monastica, eremitica e cenobitica.

7 ottobre: Festa della Madonna del Rosario
preghiera popolare atta a far rivivere i misteri della vita di Cristo e di Maria, in sintonia con le gioie, le speranze e i problemi missionari del mondo intero.

8 ottobre
 S. Giovanni Calabria (1873-1954), sacerdote di Verona, fondatore di due Congregazioni della Divina Provvidenza, per i giovani, i poveri e gli ammalati.

9 ottobre
S. Giovanni Leonardi (1541-1609), fondatore dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Con il prelato spagnolo G. B. Vives, fondò a Roma una scuola per futuri missionari ad gentes, precorritrice del Collegio di Propaganda Fide (1627).

S. Ludovico Beltràn (1526-1581), sacerdote domenicano spagnolo, missionario in Colombia, dove evangelizzò i popoli indigeni e ne prese le difese davanti agli oppressori. 

Testo di padre Romeo Ballan 



"Aumenta la nostra fede!".

Che cosa spinge gli Apostoli a rivolgere tale supplica a Gesù? Hanno colto la radicalità delle sue esigenze: es. l'impegno di metterlo avanti a chiunque altro e a qualunque altra cosa nella propria vita; il distacco totale dalla ricchezza e la condivisione dei beni con i poveri (cfr. la parabola dell'amministratore disonesto e quella del ricco gaudente, ascoltate nelle domeniche precedenti).

Gli Apostoli comprendono la sublimità di questo ideale di vita, ma sanno che con le forze umane non sono in grado di realizzarlo. Intuiscono che il segreto sarebbe la fede in Dio. Ma si rendono conto di quanto questa loro fede sia fragile. Ecco perché si rivolgono al Signore nella preghiera e chiedono una fede più grande.

Nella sua risposta Gesù mette in risalto nel modo più forte possibile l'importanza e anzi la necessità della fede, ma soprattutto la potenza inaudita della fede. Afferma che, se avessero tanta fede quanto un granellino di senapa (proverbialmente ritenuto come il più piccolo dei semi delle graminacee: grande appena quanto una capocchia di spillo), avrebbero la forza con la semplice parola di far sradicare un albero di gelso e trapiantarlo nel mare. Si noti che il gelso palestinese ha radici profonde, per cui può resistere a qualsiasi vento o tempesta: un trapianto quindi assurdo, incredibile. Se c'è un'autentica e reale fiducia in Dio (ecco la fede!), avviene ciò che secondo la valutazione umana è impossibile.

In effetti, non esistono limiti alla potenza di Dio. Anche se Lui ci affida compiti apparentemente impossibili, può rendere capaci di assolverli. Anche se promette ciò che per noi uomini è assolutamente impensabile (come per es. la risurrezione dei morti), Lui può compierlo. La condizione perché di fatto operi la potenza di Dio è, da parte nostra, la fede, la fiducia in Lui. Si pensi quante volte nel Vangelo di Luca Gesù dice a coloro che ha liberato da varie forme di male: "La tua fede ti ha salvato" (Lc 7,50; 8,48; 17,19; 18,42). Con la fede, appunto, l'uomo si unisce a Dio e si appropria, quindi, della sua stessa potenza infinita.

La fede fa vivere sia in senso fisico sia soprattutto spirituale nel senso che dona la forza di restare fedeli a Dio pur nella tentazione di abbandonarlo. San Paolo, poi, sulla base di questo testo svilupperà la sua dottrina che Dio ci "giustifica" (cioè ci rende giusti, graditi a Lui, suoi amici) grazie alla fede (cfr. Rm 1,17; Gal 3,11).

"Se aveste fede quanto un granellino di senapa...". La fede non è una realtà che si possa misurare quantitativamente. Se c'è, ha una forza prodigiosa di trasformazione e di irradiamento che le viene da Dio (come il seme di senapa, pur essendo tanto piccolo, ha un'incredibile vitalità).

La fede trasforma completamente il cuore umano, provocando un modo nuovo di pensare, di capire, di amare, di vivere. È una scelta totalizzante di Dio.

In effetti, la parola "credere" nella radice ebraica ("amen") indica anzitutto l'appoggiarsi esclusivamente su Dio, l'affidarsi interamente a Lui, il preferirlo a ogni realtà di questo mondo. Nella lingua latina "credere" significa propriamente "cor-dare" = fare dono del proprio cuore a Dio.
Una fede così fa succedere cose incredibili e genera un'esistenza nuova e contagiosa. Si pensi es. a san Francesco d'Assisi: uno che, quando la fede comincia ad animarlo, vive con la passione e la gioia di un innamorato. Dio diventa la sua beatificante "ossessione" e quale rivoluzione si accende attorno a Lui nella Chiesa e nella società!

Una fede che rende capaci di accettare serenamente i ritardi di Dio, il suo silenzio, la sua apparente assenza e indifferenza nei nostri confronti. Una fede che, nell'attuale situazione di angoscia, di paura, di tragedia prolungata per gran parte dell'umanità, riconosce che Dio non è lontano ma più vicino che mai. Quando tutto crolla, resta solo Lui e il suo amore. La fede è abbandono a Lui.
 

Una fede che fa scoprire l'immensa fecondità di ogni sofferenza, se unita alla passione di Gesù: dalla sofferenza dei malati a quella che è legata allo sforzo di vivere il Vangelo e al compimento dei propri doveri. Neppure una briciola di questo dolore deve andare perduta. "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo". Così san Paolo scrive dalla prigione al discepolo Timoteo (2Tm 1, 6-14: II lettura). Santa Teresa di Gesù Bambino, già malata, a una consorella che la vedeva camminare con fatica nel giardino del monastero (il medico le aveva prescritto una passeggiata quotidiana) e le chiedeva perché lo facesse, diede questa risposta: "Cammino per sollevare le fatiche di un missionario. Penso che là, molto lontano, ci possa essere qualcuno quasi sfinito a causa dei suoi viaggi apostolici, e offro a Dio le mie fatiche per ridurre le sue".
 

Fede che si traduce nel prendere pubblicamente posizione nei confronti di Gesù e nel difendere con coraggio i valori umani e cristiani: "Non vergognarti della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui..." (ancora 2Tm 1, 8: II lettura).

Questa fede, se è genuina, ci comunica e ci alimenta dentro un desiderio vivo che ogni uomo la possa condividere con noi. È quanto ci richiama il mese di ottobre, "mese missionario": i cristiani sono responsabili di annunciare il Vangelo a tutti gli uomini. Nella lucida consapevolezza che "la fede si rafforza donandola" (GPII: RM ). In particolare, in questa prima settimana siamo invitati a sottolineare la necessità e l'efficacia della preghiera per la causa missionaria. Questa preghiera di intercessione universale sta veramente entrando come abitudine nella nostra vita, nelle nostre case, nella nostra parrocchia?

Una fede dinamica, non sonnolenta: non per nulla il tema della fede nel Vangelo di oggi sfocia nell'immagine di un servo operoso che riempie la sua giornata di lavoro e rimane sempre a disposizione del suo padrone senza accampare diritti. La parabola non va fraintesa. Gesù non dice che Dio è un padrone che comanda soltanto, si fa servire senza ringraziare e dà da mangiare al suo servo solo gli avanzi. No, ma parla dell'atteggiamento che noi dobbiamo avere verso di Lui. Lui è il nostro Signore. Noi dipendiamo in tutto da Lui. Dobbiamo usare bene i moltissimi doni che ci ha fatto e ci fa. Siamo responsabili nei suoi confronti e dobbiamo rendere conto a Lui. Quando compiamo la sua volontà e osserviamo i suoi comandamenti,, dobbiamo essere consapevoli che, così facendo, assolviamo semplicemente il nostro dovere.

"Siamo servi inutili!". L'espressione significa: siamo servi e basta, soltanto servi. Servi che lavorano, servono senza pausa e senza pretese. Gesù vuole escludere ogni rapporto di tipo contrattuale con Dio, come se per ogni prestazione Lui ci dovesse una ricompensa. In realtà, per Gesù noi viviamo in regime di famiglia con Dio. Siamo figli. Lui non è un padrone dispotico, ma un padre tenerissimo, che non si lascia superare in bontà e generosità: è il Signore che fa sedere a mensa i suoi servi fedeli e li serve (cfr. Lc 12,37). È un servizio, quindi, che si svolge con amore, in un clima di fiducia.

Testo di mons. Ilvo Corniglia