La gioia di servire: "Quando avete fatto tutto dite: siamo servi inutili"
News del 01/10/2010 Torna all'elenco delle news
Davanti a Dio siamo 'servi inutili'
Deve essere stata una straordinaria esperienza quella degli Apostoli, che condividevano la vita con Gesù. Lo vedevano, stupiti, immergersi a volte nella preghiera per l'intera notte, perché 'parlare con il Padre' era familiarità desiderata, che suppone un rapporto e un dialogo come avviene tra due persone che si amano e così si sentono una 'cosa sola'.
La Sua parola non aveva nulla di nebuloso, come sono a volte le nostre che diciamo o sentiamo ogni giorno.
`Apriva' ed 'apre' davanti a loro e noi la Parola del Padre, che diventa così come una finestra spalancata su un inaspettato spettacolo di verità e felicità. Non banali parole, come sono spesso le nostre, ma rivelazione dell'Alto.
Una Parola che contiene tutta la tenerezza del Cuore del Padre, che si manifesta agli uomini, invitandoli ad entrare nel Suo 'mondo', nella Sua Vita: a volte con l'energia e la severità di chi invita perentoriamente alla conversione, dà orientamenti, propone vere vie di vita e sempre chiede a noi creature di accoglierle nella libertà dell'amore, il più grande dei doni.
Così dice il profeta Abacuc:
"Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: 'Violenza! ' e non salvi? Perché mi fai vedere l'iniquità e resti spettatore dell'oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese.
Il Signore rispose e mi disse: 'Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. É una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l'animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede. "(Ab. 1,2-3; 2, 2-4) Non resta a noi che saper cogliere la bellezza e verità della Parola di Dio.
L'amore, poi, di Gesù per chi soffre non ha limiti. Se trova la fede varca l'impossibile fino a far risorgere i morti. E non pesava a Gesù il Suo farsi vicino, sempre, tra la gente più disparata, ieri e oggi, ovunque, sempre in cerca dell'uomo per fargli conoscere personalmente la Buona Novella, spoglia di ogni potenza o certezza umana, ma ricca di Grazia e di Misericordia.
Ma come imitare tutto questo - si saranno chiesto gli Apostoli, e ce lo chiediamo anche noi cristiani – ogni giorno, di fronte ai tanti ciechi, alle tante povertà, che fanno ressa al nostro cuore? Come ripetere quanto faceva il Maestro, e fa ancora oggi, mandandoci ad operare il bene tra quelli che non lo conoscono più?
A volte sono persistenti e così attuali anche oggi le parole del profeta Abacuc: "Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: 'Violenza! ' e non salvi?'.
Viene spontanea l'affermazione degli Apostoli, citata nel Vangelo di oggi, che ha l'aria di appassionata preghiera:
"Gli Apostoli dissero al Signore: 'Accresci in noi la fede!: Il Signore rispose: 'Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: 'Sradicati e vai a piantarti nel mare' ed esso vi obbedirebbe... quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: 'Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". (Lo 17, 5-10)
Dio non chiede mai nulla che voglia compiere, anche i miracoli più grandi, sempre che questo rientri nella sua ineffabile volontà di bene, che è sapienza del cuore.
Tutto può essere dato da Lui, se lo chiederemo nel Nome di Gesù, ma occorre almeno un `granellino' di fede: fede come fiducia nel Padre, che sa sempre quello che è bene per la vita eterna e quello che non lo è... ma in ogni caso renderà sempre la sua volontà efficace per il nostro bene ultimo. Così come quando, se riusciamo, facciamo del bene a qualche nostro fratello, dovremmo sempre ricordarci che il cuore aperto del fratello a riceverlo, è sempre opera Sua.
È l'avvertimento di Gesù, da non dimenticare: 'Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: 'Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".
Testo di mons. Antonio Riboldi
Quei miracoli compiuti da servi inutili
Sràdicati e piàntati nel mare!
Eppure io posso dire di aver visto il mare riempirsi di alberi.
Molte volte ho visto l'impossibile: erano intere piantagioni di testimoni, di uomini di buona volontà, radicati in luoghi impossibili, in mari infuriati, a dissodare il presente e il futuro, non con risultati spettacolari, ma con il prodigio quotidiano di un amore che non si arrende; che anche se non ferma la violenza, non si arrende; che anche se rapine e contese continuano, non si piega.
Con fede da granellino di senapa; non quella sicura e spavalda, ma quella che nella sua fragilità ha ancora più bisogno di Lui, che nella sua piccolezza ha ancora più fiducia in Lui.
Se aveste fede quanto un granellino di senapa...
Come posso sapere se ho fede?
Gesù risponde indicando qual è la misura della fede: essere servo. «Quando avete fatto tutto, dite: siamo servi inutili».
Inutili noi, ma mai è inutile il servizio. Perché la forza è nella Parola, non nel predicatore, la forza è nel seme non nel seminatore; perché chi gonfia di vita i granelli fino a che ne sgorgano alberi è il Signore.
«Inutile», in origine significa: «senza pretese, senza esigenze, senza rivendicazioni», siamo servi che di nulla hanno bisogno se non d'essere se stessi, la loro gloria è di aver servito.
Appello alla più grande semplificazione: una vita di servizio non è inutile, è senza pretese. Non ha bisogno d'applausi, di consenso, di gratificazioni, di successo.
Neppure di un Dio che «mi metta a tavola e passi a servirmi». È il servizio che è vero, non la ricompensa. Vera fede è amare Dio più delle consolazioni di Dio. Io ho solo bisogno di essere me stesso, lavorando per le cose che amo, con la mia fragile umanità, con la gioia e la fatica del credere, con i miei granelli di fede, con la mia parte di doni e la mia porzione di fuoco, con un cuore che di tanto in tanto si accende per Dio, e spero che accada sempre più spesso. Non ho bisogno di nient'altro. Anzi, di un'altra cosa ho bisogno: di grandi campi da arare, e della spettacolare pazienza di Dio che tanto ha seminato in me, per tirar su quasi niente.
Io servo perché anche Dio è il servitore della vita. E servire mi fa sua immagine e somiglianza. Io servo perché Gesù è il Servo sofferente. E ha scelto la sofferenza, il mezzo più scandalosamente inutile, per guarire le nostre piaghe.
Io servo perché questo è il solo modo per creare una storia che umanizza, che libera, che pianta alberi di vita nel deserto e nel mare.
Io servo, non per premio o per castigo, come i bambini; non per sanzioni o per ricompense, come i paurosi, ma per necessità vitale. Mi bastano grandi campi, un granellino di fede, e gli occhi di un profeta per vedere il sogno di Dio come una goccia di luce impigliata nel cuore vivo di tutte le cose.
Testo di padre Ermes Ronchi
Servi inutili
Due temi si intrecciano nel breve brano evangelico odierno. Il primo è quello della fede, anzitutto per ricordare come, a differenza dei beni materiali che si hanno o non si hanno, il bene sommo della fede sia qualcosa di impalpabile e oscillante; va e viene secondo gli umori e le circostanze; talora risplende, guidando i pensieri e i comportamenti, ma talaltra evidentemente si oscura, se pensieri e comportamenti non sono in linea con il vangelo. Di qui la domanda formulata un giorno dagli apostoli: "Signore, accresci in noi la fede!" La desideravano più solida, più chiara, rendendosi conto che con la fede si trova in Dio la forza necessaria ad affrontare le delusioni, le avversità e ogni altra tribolazione, così come il rischio di smarrirsi tra le mille tentazioni, interne ed esterne, della vita presente; con la fede si può superare l'egoismo e vivere l'amore autentico; solo con la fede si ottiene nella vita ventura la salvezza. Perciò, quanto più la fede è solida e chiara, tanto meglio; e dunque la preghiera degli apostoli dovrebbe divenire preghiera quotidiana di tutti i cristiani, consapevoli della comune fragilità.
Il secondo tema è introdotto dalla breve parabola di un padrone esigente e insensibile, che pretende da un suo sottoposto un servizio instancabile; e si conclude con espressioni inquietanti: il padrone "avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".
Chiaramente quel padrone è Dio, e l'immagine che ne risulta contrasta con le innumerevoli altre espressioni di Gesù, il quale presenta Dio come un Padre, anzi il più amoroso e premuroso dei padri. Per capire, bisogna ricondursi alle concezioni religiose di coloro ai quali Gesù parlava: essi pensavano che, se un uomo osserva la Legge di Dio, Dio "deve" contraccambiare (dandogli benessere, lunga vita, vittoria sui nemici e così via). Con il suo raccontino, invece, Gesù spiega che il rapporto tra Dio e l'uomo non è come quello tra un datore di lavoro e i suoi dipendenti, oggi tutelati dal sindacato e giustamente pronti a scioperare se il padrone non rispetta il contratto; né come quello tra i due contraenti di un patto, in cui uno ha il diritto di reclamare se l'altro non fa la sua parte. Il rapporto tra Dio e l'uomo somiglia piuttosto a quello tra due amici, tra due sposi, insomma tra persone che si amano e per il bene l'una dell'altra fanno tutto il possibile, senza stare a guardare l'orologio, senza sbandierarlo ai quattro venti, senza esigere medaglie di riconoscimento.
Un impegno senza limiti e senza fine? Sì, perché non si può essere cristiani a intervalli; la fede e l'amore per Dio non possono conoscere "vacanze" durante le quali li si mette da parte, così come anche in vacanza il cuore batte, gli occhi vedono, e non si interrompe il respiro. Senza poi dimenticare che vivere "come Dio comanda" è nel vero interesse dell'uomo, e se l'uomo lo può fare è perché Dio stesso gliene ha dato la possibilità: gli ha dato l'intelligenza, il tempo, le forze. In questo senso "siamo servi inutili": l'espressione non ha l'apparente senso dispregiativo; vuole soltanto affermare il primato di Dio, dal quale nulla si può esigere perché, se viviamo "secondo Dio", a bene guardare ci limitiamo a rendergli - e solo in parte - quanto egli, con sommo amore, ci ha donato. Crederlo (per poi di conseguenza viverlo) è fondamentale; di qui la domanda, degli apostoli come di ogni cristiano consapevole, "Signore, accresci in noi la fede!"
Testo di mons. Roberto Brunelli
La gioia di servire
È davvero sconvolgente come questo brano del vangelo fa pulizia di tutte quei pregiudizi che troppo spesso portiamo con noi e che, nei fatti, hanno il potere di fare del nostro discepolato un camminare stanco e annoiato dietro il maestro. Chi legge questa pagina del vangelo e vive di questi pregiudizi avvertirà un certo fastidio a sentirsi dire che tutto quanto egli fa di "utile", talvolta a costo di notevoli sacrifici, per la buona causa del vangelo non ha alcun "merito". Sono molti, infatti, quelli che dopo essersi impegnati con discreti risultati nella vigna del Signore, si aspettano almeno un "grazie", un piccolo riconoscimento, qualche nota di merito o, come mi piace dire, qualche bollino in più.
Niente di tutto questo: hai fatto solo quello che ti spettava, quello che ti è stato ordinato e non ti aspettare che qualcuno venga a dirti grazie o qualche avanzata di grado, magari un encomio solenne da parte di qualcuno al di sopra di te o l'applauso di una discreta folla, radunatasi per congratularsi con te. Non è difficile trovare salariati pronti a fare molti sacrifici pur di ottenere la giusta ricompensa, arduo, invece, trovare servi disposti a servire per la sola gioia di servire, contenti di aver potuto adoperarsi per la gioia di altri che, forse, non saranno mai in grado di ricambiare.
La differenza sta tutta nell'idea che di Dio ci siamo fatti!
Il Dio di Gesù è un Dio che ama gratuitamente, che non chiede ricompense né pone condizioni e nemmeno colpevolizza chi, nella sua libertà, rifiuta coscientemente il suo amore. Il Dio di Gesù è un Dio che guarda solo ed esclusivamente al bisogno dell'uomo e mai ai suoi meriti o ai suoi demeriti; il suo amore, infine, per l'uomo non si ferma davanti a nulla nemmeno davanti al sacrificio estremo, come dimostra efficacemente la morte di Gesù.
Una domanda si impone: può chi accoglie e pone la sua fiducia in un Dio così, vivere il suo servizio alla gioia degli altri con la segreta speranza di una qualche ricompensa?
Testo di don Luca Orlando Russo