Santo del giorno 9 febbraio: Beato Leopodo da Alpandeire

News del 09/02/2025 Torna all'elenco delle news

Beato Leopoldo da Alpandeire, frate cappuccino che “testimoniò il mistero di Cristo povero e crocifisso con l'esempio e la parola, al ritmo umile e orante della vita quotidiana”. La sua tomba nella cripta del Convento di #granada dove trascorse più di 40 anni in preghiera e penitenza, dedicandosi al servizio dei più poveri e sofferenti, è meta ininterrotta di migliaia di pellegrini.

La vita di quest’uomo ci fa capire come, a volte, non serve essere ricchi, nobili, colti, aver compiuto grandi opere o andare missionari in terre lontane per diventare santi. Fra Leopoldo da Alpandeire viene proclamato beato per i suoi umili gesti quotidiani. Egli non ha mai lasciato i confini della sua patria. Con il cuore rimasto bambino, ha sempre aiutato il prossimo.

 

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“Vedi, fratello, diventiamo religiosi per allontanarci dal mondo, e ora finiamo perfino sui giornali”, fu il commento che fece fra' Leopoldo da Alpandeire Marquez Sánchez (1864-1956) a un confratello nel suo 50° anniversario di vita religiosa, fatto che venne riportato da alcuni giornali della sua città.

Dopo più di mezzo secolo dalla sua morte, questo umile frate cappuccino, con la barba bianca e lo sguardo sereno, è stato beatificato domenica 12 settembre 2010 a Granada in una cerimonia presieduta da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.

“La sua santità non ha consistito nel realizzare grandi opere sociali, creando ospedali o grandi ONG”, ha detto parlando a ZENIT di fra' Leopoldo il suo vicepostulatore, padre Alfonso Ramírez Peralbo OFMCap. “Non apparteneva a dinastie nobili, non parlava da cattedre o pulpiti, perché non brillava per il suo sapere. Non aveva neanche lasciato il suo convento per diventare missionario in terre lontane”.

Per padre Ramírez, fra' Leopoldo ha raggiunto la santità nelle piccole cose: “Faceva ogni cosa come se fosse la prima volta. Era quella freschezza di ogni suo atto, ripetuto in modo monotono, che dava un senso soprannaturale e riempiva tutta la sua vita”.

 

Francisco Tomás nasce nel 1864 ad Alpandeire (Spagna) in una famiglia di modesti contadini, buoni cristiani. Non va a scuola. Lavoratore instancabile, ogni mattina si reca a Messa, poi pascola le pecore e coltiva l’orto. È simpatico, allegro e generoso. Condivide la sua merenda con i bambini poveri oppure non esita a regalare le proprie scarpe a chi non ne ha. Francisco Tomás prova troppa pena per loro. Soffre nel vedere quelle mani tese, imploranti, di gente tutt’ossa perché non pranza né cena, vestita di stracci, senza poter fare qualcosa per aiutarli.

Un giorno, ascoltando due frati predicare il Vangelo, Francisco capisce quale deve essere il compito della sua vita. A trentacinque anni diventa frate cappuccino con il nuovo nome Leopoldo. Dopo essere stato nei conventi di Siviglia e Antequera, svolgendo le mansioni più umili, nel 1903 si ferma a Granada e lavora come ortolano. Il suo compito è anche quello di chiedere l’elemosina casa per casa, nella città di Granada e nei paesi vicini, per il convento e per i bisognosi. Cammina scalzo percorrendo strade polverose, sentieri di montagna, colline tortuose, sempre a piedi, con una bisaccia in spalla dove mette ciò che gli viene donato: pane, frutta, verdura, denaro. Il suo ringraziamento, rivolto a chi generosamente offre qualcosa con il cuore, è recitare tre Ave Maria.

Fra Leopoldo, ogni giorno, incontra tante persone, cerca di convertire i peccatori, insegna il catechismo ai bambini, parla del Vangelo e di Gesù, rimprovera chi bestemmia. Il frate, con la sua barba lunga e bianca, lo sguardo penetrante che infonde pace e serenità, il Rosario in mano, spesso viene chiamato a casa dalla gente per chiedere una guarigione. Fra Leopoldo recita tre Ave Maria, la preghiera dedicata alla Madonna, e le malattie spariscono. Muore nel 1956 all’età di 92 anni, facendo sprofondare la città di Granada nel dolore. Sepolto nella cripta del Convento di Granada, la sua tomba è meta ininterrotta di migliaia di pellegrini che vanno anche per chiedere una grazia al beato.

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