6 gennaio - Epifania del Signore

News del 06/01/2024 Torna all'elenco delle news

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Celebriamo l'Epifania del Signore, la manifestazione di Dio all'intera umanità, espressa dalla venuta dei Magi alla Grotta di Betlemme, guidati da una stella. In questa solennità che chiude il ciclo delle feste natalizie e che ci ricorda pure la giornata dedicata alla santa infanzia o infanzia missionaria noi cogliamo in essa un messaggio di grande rilevanza morale e spirituale: Gesù Cristo è stella della nostra vita, Egli ci orienta e guida e noi siamo orientati, ovvero diretti verso di Lui.

La manifestazione di Gesù Cristo, che è chiamata universale alla salvezza, da cui non possono prescindere gli uomini di cultura e di scienza, ci dice esattamente che Gesù Cristo può e deve diventare la linea guida anche per coloro che sono alla continua ricerca della verità mediante l'uso della ragione e della scienza.
Non c'è contrapposizione tra fede e ragione, anzi possiamo comprendere che ai piedi di Cristo l'uomo della fede, come i pastori di Betlemme e l'uomo della scienza, come i Magi dell'Oriente, possono incontrasi ed adorare l'unico Dio che è la vera verità e la base di ogni verità. E' interessante capire come il cammino o percorso della ragione per incontrare Cristo sia non facile e che necessita di prove e verifiche continue. La stessa cosa, su un piano diverso avviene per la ricerca di Dio nella fede e con la fede. Il vangelo della venuta dei Magi ci esprime plasticamente questo itinerario non facile da svolgere e portare a conclusione. Questi sapienti dell'Oriente ci indicano che è possibile incontrare Dio nella fede, dopo aver cercato con la ragione e la scienza, se ad un certo punto si lascia di ragione e si fa quel salto di qualità che impegna il cuore e la mente oltre i confini delle proprie conoscenze facendo spazio a Dio e quindi alla fede in Lui.

La stella della nostra vita è Cristo e incontrarla provoca in noi una gioia sconfinata. I santi hanno potuto assaporare questa gioia e nonostante la loro vasta cultura di fronte agli insondabili misteri della fede hanno dato la loro piena e libera adesione, ben sapendo che scommettevano non sul vuoto, ma sul certo, scommettevano su Dio stesso.

E' molto bello ascoltare quello che l'Apostolo Paolo dice di se stesso circa la missione affidatagli da Cristo dopo la sua conversione. Lo scrive nel brano della Lettera ali Efesìni che ascoltiamo nella solennità di oggi. Il ministero affidato a Paolo è quello di educare i cristiani ad accogliere Cristo e a rispondere a Lui nella fede e con la fede, in quanto la salvezza di Cristo è per tutti e non per una sola parte dell'umanità. Le genti sono chiamate a condividere la salvezza eterna, a formare una sola famiglia e fare proprie le promesse di Cristo. Nessuno uomo è escluso da questo progetto di amore e redenzione. Cogliamo in esso un appello alla speranza cristiana fondata su Cristo salvatore, come ci ha ricordato il Santo Padre, Benedetto XVI, nella sua seconda Enciclica "Spe Salvi" dedicata alla speranza cristiana.

Ed un forte richiamo a questa prospettiva di gioia e di salvezza, di luce e felicità ci viene dalla prima lettura questa solennità tratta dal libro del profeta Isaìa. L'invito ad alzarci, a risollevarci dalla condizione di debolezza e peccato, dalla fragilità umana ci viene da un profeta dell'antico testamento, che ben otto secoli prima di Cristo, guarda al giorno della venuta del Messia come ad un giorno di luce, di superamento di ogni buio e tenebra, soprattutto interiore, di apertura ad una speranza nuova fondata sul sicuro e sulla certezza che l'unico vero Dio viene in aiuto all'umanità smarrita e perduta nei suoi progetti e pensieri che non arrivano mai a conclusioni certe e definitive, proprio perché non riferite a Lui.

L'Epifania che oggi celebriamo è aprire la nostra vita all'incontro con Cristo ed aprire tutti gli spazi possibili perché egli prenda possesso del nostro cuore e della nostra mente, per assaporare la gioia di appartenergli e di vivere per Lui, con Lui ed in Lui.
Sia questa la nostra preghiera nei giorni che proseguiranno dell'anno 2010 appena iniziato, dopo aver celebrato in questo periodo di Natale i misteri della Natività di Cristo, insieme ai misteri della vita di Maria e di Giuseppe, suo castissimo sposo:

"La tua luce, o Dio, ci accompagni sempre e in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci hai fatto partecipi". Amen. 

Testo di padre Antonio Rungi 
 


Nesso tra le letture

"Tre meraviglie segnano questo giorno che noi celebriamo: oggi la stella condusse i Magi alla mangiatoia; oggi l'acqua fu mutata in vino alla festa di nozze; oggi Cristo volle esser battezzato da Giovanni nel fiume Giordano per portarci la salvezza". Con queste parole la liturgia delle ore descrive il contenuto della festa di oggi, e il suo significato: è la tripla rivelazione di Cristo, non solo al popolo ebraico, ma a tutte le nazioni (seconda lettura).

Questa è una luce brillante per tutti coloro che dimoravano nell'oscurità della loro inconsapevolezza della presenza di Dio (prima lettura); guidati dalla stella, essi sono venuti da lontano per conoscere e adorare Dio, così come egli è e si è rivelato (Vangelo).

Cristo è per tutti. L'Epifania è la celebrazione dell'indirizzo universale del messaggio cristiano. La Chiesa deve essere una città posta sulla cima di una montagna, affinché tutti possano vederla e tutti possano andare a visitarla. Questo coinvolge ciascuno di noi. Si dice spesso che la Chiesa è ogni cristiano e, ancor più, ogni cattolico e, indubbiamente, ciò è vero, sebbene venga pure frequentemente frainteso o usato impropriamente. Anche se uno non svolge (e non dovrebbe svolgere) ogni funzione nella Chiesa, ognuno è certamente Chiesa nel senso di luogo in cui Cristo dimora e deve essere rivelato a coloro che non lo conoscono.

Fede che conduce a Cristo. Il vangelo è un tipo di racconto midrasico, la cui caratteristica, secondo gli esperti, è che ogni parola o espressione è arricchita da un significato e da un'immagine evocativa. In questo senso, è più ricco di una parabola, e veicolo per una meditazione contemplativa. Il viaggio, le prestigiose personalità che vengono da una terra lontana, la loro regalità, la stella, la sua scomparsa e la riapparizione, l'omaggio, i doni, le difficoltà, il sogno...

Tutti questi elementi hanno un significato valido in una meditazione cristiana, che ci conduce proprio dove condusse i Magi: alla fede in Cristo. La fede è davvero un lungo viaggio - un'intera vita! Ci porta lontano dalle certezze delle "terre" che ci sono familiari, fino ad un remoto paese in cui le regole del gioco sono assai diverse. Ci vuole coraggio per affrontare il cammino, quando ci si potrebbe aggrappare al conforto e alla sicurezza della prorpia casa e di "quello che fanno tutti"; e serve perseveranza per proseguire, specialmente quando non è chiaro dove esso ci conduca (e con la vera fede, non è mai nitidamente chiaro, nei dettagli concreti).

Perché ci si riesca, è necessario far riferimento alla Sacra Scrittura e ai loro legittimi interpreti, anche quando questi ultimi sono men che pii - come è accaduto, in certi periodi, nel viaggio della Chiesa. La mèta della ricerca può dapprima rivelarsi essere come sorprendentemente modesta, come il figlio neonato di una giovane coppia senza dimora. Eppure, la grazia di Dio può portare un uomo o una donna o un bambino a piegare le ginocchia, il capo e la vita in adorazione, davanti a questo Bambino, e riconoscerlo come Re. L'incontro col Bambino servirà pure a fortificare il viaggiatore, così che accetti prontamente gli inconvenienti e le sofferenze necessarie a proteggere quel che ha trovato, e tornare a casa seguendo un percorso diverso da quello previsto.

Catechesi. I grandi eroi della storia della salvezza vissero grazie alla fede (CCC 142-165).

Una responsabilità personale per la fede. La fede in Cristo è una grazia, meglio, è la grazia delle grazie. Un dono datoci, ma che non possiamo tenere solo per noi. Il primo requisito per condividere la fede è la testimonianza personale. Siamo tenuti a fare quel che possiamo, nella sfera della nostra vita quotidiana, affinché la luce di Cristo splenda realmente dalla città sulla cima del monte. Chi è costantemente di cattivo umore, o egocentrico, o triste, non è segno della presenza Dio nella città; o se lo è, non è però un segnale tale da far sì che qualcuno possa desiderare di stare con lui.

Chi ha un comportamento o un modo di parlare rozzo o sfrontato, e che profana ogni cosa su cui poggia gli occhi, o ogni argomento che affronta, non è segno che la sacralità e la bellezza del bene regnano presso di lui. Chi distrugge quotidianamente la reputazione del suo vicino di casa, non ispira la gente a dire "guarda come si amano l'un l'altro". Chi vive solamente per possedere sempre più esemplari delle "cose di questo mondo", difficilmente aiuterà le altre persone a prendersi cura del prossimo. Di cosa ho bisogno io per cambiare, per essere una finestra più trasparente nella città di Dio?

La maggior parte di noi è nata in una famiglia cristiana; è difficile per noi renderci conto di quale grande grazia è la fede, e facile, invece, dar per scontato di non riuscire ad esercitarla. Perciò, può crescere debole, ed essere capace di fare solamente brevi viaggi, con pochi ostacoli, o nessuno. Forse, non può nemmeno viaggiare e superare gli ostacoli quotidiani, per trovare Cristo nostro Signore: questo attuale problemino di salute, il difficile rapporto con mia cognata, il modo in cui il prete celebra la Messa, quella particolare abitudine di mio marito, la pressione del "tutte-le-cose-che-devo-fare" quando dovrei dedicare qualche momento alla preghiera, o del "cosa-diranno-i-miei-amici" (o, meglio, del "cosa-io-penso-che-loro-penseranno"...).

Dai Magi, che stavano facendo il loro viaggio per la prima volta, possiamo imparare come la fede persevera, anche quando la stella è nascosta, fino a quando appare di nuovo, e incontriamo il Redentore del mondo. 

 
Testo di Totustuus


Commento Matteo 2,1-12

"Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio"(Is 60,4). Queste parole del profeta aprono la festa dell'Epifania, la festa della manifestazione del Signore. Il 25 dicembre abbiamo celebrato la nascita di Gesù nella nostra carne: Dio ha squarciato i cieli ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Oggi, la Santa Liturgia mostra piuttosto il cammino degli uomini verso il Signore. E c'è come un'ansia di universalità e assieme di urgenza che percorre questo giorno: è il desiderio profondo che i popoli e le nazioni della terra non debbano aspettare ancora troppo tempo per incontrare Gesù. Egli è appena nato, non sa ancora parlare, ma tutti i popoli possono già incontrarlo, vederlo, accoglierlo e adorarlo. Tutti i popoli accorrono per vedere e per accogliere quel Bambino.
"Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo", dissero i magi ad Erode appena giusero a Gerusalemme. I magi erano uomini di regioni lontane, ricchi e intellettuali, incamminatisi dall'Oriente verso la terra d'Israele per adorare il "re" ch'era nato. Il Vangelo non indica né il numero, né la patria, né i nomi di questi singolari personaggi; ci fa capire però che non erano ebrei e che pertanto non conoscevano le Scritture. La Chiesa da sempre ha visto in essi l'intera umanità e, con la celebrazione dell'Epifania, vuole quasi guidare ogni uomo e ogni donna verso il Bambino ch'è nato. Nella notte di Natale Gesù si è manifestato ai pastori, uomini d'Israele, anche se tra i più disprezzati; furono loro i primi a portare un po' di calore in quella fredda stalla di Betlemme. Ora giungono i magi dal lontano Oriente e anch'essi possono vedere quel Bambino.
I pastori e i magi, molto diversi tra loro, hanno però una cosa in comune: il cielo. I pastori non si mossero perché erano buoni, ma perché alzando gli occhi al cielo videro gli angeli, ascoltarono la loro voce ed obbedirono. Così pure i magi. Non lasciarono la loro terra per una nuova avventura o per chissà quale strano desiderio; certo, speravano e attendevano un mondo diverso, più giusto, e per questo scrutavano il cielo: videro una "stella" e fedelmente la seguirono. Gli uni e gli altri suggeriscono che per incontrare Gesù è necessario alzare lo sguardo da se stessi, che non si deve restare incollati alle proprie sicurezze e alle proprie abitudini, bisogna invece scrutare le parole e i segni che il Signore ci pone lungo il nostro cammino.
Per i magi, come del resto per i pastori, non fu tutto chiaro fin dall'inizio. L'evangelista non a caso nota che la stella ad un certo punto scomparve. E tuttavia quei pellegrini non si persero d'animo; il loro desiderio di salvezza non era superficiale e neppure banale e la stella aveva davvero toccato in profondità il loro cuore. Giunti a Gerusalemme andarono da Erode a chiedere spiegazioni; le ascoltarono con attenzione e continuarono subito il loro cammino. Si potrebbe dire che la Scrittura aveva sostituito la stella. Ma il Signore non è avaro di segni: all'uscire da Gerusalemme la stella ricomparve, "ed essi provarono una grandissima gioia", nota l'evangelista. A noi, che tanto spesso ci autocondanniamo ad essere guide di noi stessi, oppure a sentirci adulti e indipendenti ad ogni costo, viene rubata la gioia di avere la "stella". Sì, c'è un sollievo nel vedere la stella, ossia nel sentirsi guidati e non abbandonati a se stessi e al proprio destino. La corsa sfrenata verso l'autosufficienza, la testarda convinzione di credere solo a se stessi, non portano consolazione ma solo timore e paura, durezza e tristezza.

I magi ci esortano a riscoprire la gioia di dipendere dalla stella. E la stella è anzitutto il Vangelo, la Parola del Signore, come dice il salmo: "La Tua parola è luce sul mio cammino"(119). La luce del Vangelo ci conduce verso quel Bambino; senza vedere, senza leggere, senza seguire la stella del Vangelo non è possibile incontrare Gesù. I magi terminarono il loro viaggio quando la stella si fermò e "videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono". Giunti in quella povera casa, divenuta un singolare santuario essi, che pure erano re, si inginocchiarono. Probabilmente era la prima volta che si prostravano davanti ad un bambino, loro ch'erano abituati a ricevere onori ed ossequi. Resta senza dubbio un gesto strano; ma per loro che, sapendo guardare oltre se stessi, avevano riconosciuto in quel Bambino il Salvatore, quel gesto era la cosa più vera. Assieme a Maria, a Giuseppe e ai pastori, avevano compreso che la salvezza era accogliere nel proprio cuore quel Bambino, debole e indifeso.
Ben diversa fu la reazione di Erode e degli abitanti di Gerusalemme. Appena seppero del Bambino non sentirono gioia come i magi o i pastori; al contrario, tutti si turbarono ed Erode lo fu a tal punto da decidere addirittura di ucciderlo. Il re non voleva che qualcuno insidiasse il suo potere e il popolo non desiderava che le solite e comode abitudini subissero scosse o cambiamenti. L'intera città non volle alzare gli occhi da se stessa. E non poté vedere la stella. Non volle ascoltare le Scritture, che pure parlavano così chiaramente di quel Bambino e non poté gustare la gioia della salvezza. Gesù, non solo non aveva trovato posto a Betlemme, non trovava accoglienza neppure nella città santa. Come si può notare, fin dalla nascita è già presente in nuce l'intera vita di Gesù, compresa la sua morte. Sono i magi ora a salvare quel Bambino e a sottrarlo alla ferocia di Erode, il quale pur di conservare il suo potere non ebbe scrupolo di ordinare l'uccisione di bambini innocenti.
I magi, per un'altra strada, fecero ritorno al loro paese, nota l'evangelista. Del resto, quando si ha il Signore nel cuore non si può più percorrere la strada di sempre. I magi sono oggi accanto a noi, forse un poco più avanti di noi, per aiutarci ad alzare lo sguardo da noi stessi e a dirigerlo verso la stella. Sono accanto a noi per guidarci verso le tante mangiatoie di questo mondo ove giacciono i piccoli e i deboli per portare loro il dono dell'amore, della solidarietà, della giustizia. Essi sono accanto a noi per farci gustare la gioia di coloro che difendono e amano i poveri da coloro che vogliono continuare a sfruttarli e a soggiogarli. Beati noi, se con i pastori e con i magi, ci facciamo pellegrini verso quel Bambino e con affetto ci prendiamo cura di lui. In verità, sarà lui a prendersi cura di noi. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia