La parabola dell'amministratore indefele: nessun servo può servire due padroni

News del 17/09/2010 Torna all'elenco delle news

Iniziamo con questa XXV Domenica del Tempo Ordinario la lettura del cap.16 del Vangelo di Luca e riprendiamo, con Gesù, il cammino verso Gerusalemme. Non dobbiamo dimenticare la meta verso cui tendiamo che è la partecipazione al mistero pasquale di Cristo come senso dell'esistenza cristiana: il dono totale di sé come via per entrare nella pienezza della vita.

Con gradualità pedagogica raffinata, il Vangelo ci dischiude gli orizzonti sempre più vasti della vita che ci è offerta e ci educa perché sappiamo attuarla: una vita di libertà e di amore, non ripiegata su sterili gelosie o invidie, una vita di fraternità e di concreta condivisione, possibile perché è la vita di figli amati da un Padre con infinita gratuità e misericordia.

Il Vangelo di Luca ci ha fatto sedere alla mensa del Padre, chiedendoci di non aver paura di metterci agli ultimi posti; ci ha fatto gustare la gioia dell'abbraccio del Padre e ci ha chiesto di imparare a vivere concretamente lo stile di fratelli mostrando il volto gioioso di chi sente amato e diffonde l'amore del Padre.
La meta verso cui il Vangelo ci guida è lo splendore del volto pasquale di Cristo che risplende sulla quotidianità del nostro volto: ma non ci nasconde che per arrivare alla gioia della libertà e dell'amore occorre passare attraverso il dono totale di sé del venerdì santo.
Luca non si stanca di ripeterci che il Vangelo ci chiede tutto per poter donarci tutto: con estremo rigore e realismo pedagogico ci guida nel cammino della nostra liberazione da ciò che ci chiude in noi stessi, le nostre paure, il nostro egoismo, gli idoli a cui ci aggrappiamo, illudendoci della nostra possibilità di autoliberarci.

Il cap.16 del Vangelo di Luca ha una grande importanza in questo senso: ci presenta la necessità di scelte radicali, senza compromessi; ci svela con estrema chiarezza che la ricchezza può diventare un idolo che rendendoci schiavi ci chiude la strada verso la libertà; ci mette di fronte alla nostra responsabilità perché, in piena libertà, decidiamo quale senso dare alla nostra vita.
Occorre tuttavia osservare che, se è molto chiaro ciò a cui tende questa pagina evangelica, è molto più difficile coglierne la ricca complessità del pensiero: qui più che mai appaiono le caratteristiche del Vangelo di Luca, la chiarezza nel porre la radicalità della proposta evangelica e nello stesso tempo la necessità della mediazione culturale che rende possibile che la forza trasformante del Vangelo si innesti nel concreto della storia. "Nessun domestico può servire due padroni: o odierà uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà a uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e mammona". (E' significativo questo termine "mammona" che indica la ricchezza, ma che nella sua radice ebraica significa la fede, quasi ad indicare che la ricchezza può diventare una fede che compete con la fede in Dio).

Luca non lascia spazi all'illusione della conciliabilità dell'amore per Dio e dell'amore per la ricchezza: amare Dio è libertà, amare la ricchezza è schiavitù. E' ugualmente cosciente il Vangelo della complessità concreta del vivere la logica evangelica nella storia: il rischio di inutili e facili moralismi, integralismi è evitato con la dialettica che Luca riesce a stabilire tra la radicalità escatologica del Vangelo e l'attualità della mediazione culturale in continua tensione.
Questo richiede, di conseguenza, uno studio attento, non semplicistico delle pagine evangeliche: per Luca il problema non è la demonizzazione della ricchezza come tale, ma la coscienza che la ricchezza può diventare facilmente l'idolo attraverso il quale l'uomo pensa di poter diventare onnipotente mentre ne diventa solo schiavo.
La radicale scelta di Dio rende l'uomo libero a tal punto che può usare anche delle ricchezze senza esserne schiavo: la pedagogia lucana tende a far sperimentare al discepolo di Cristo un Amore talmente totale per Dio da farne un uomo che nella libertà sa usare di tutto.
I
n questa prospettiva va letto il nostro brano: Lc.16,1-13. Purtroppo la lettura liturgica si ferma a questo punto, omettendo i versetti successivi che sono molto importanti per l'interpretazione di tutta la pagina evangelica: "I farisei che erano amanti del denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole". Luca ancora una volta dice senza mezzi termini che la proposta evangelica appare risibile a chi non vive quella profonda esperienza di Dio che ha descritto nel Magnificat: Dio è colui che compie meraviglie per il povero che si affida a lui, che riempie di beni gli affamati e manda i ricchi a mani vuote… E Luca ancora ci presenta Gesù come colui che rende visibile nella storia questa presenza di Dio.

A questo proposito diventa molto importante la parabola iniziale che con grande superficialità chiamiamo dell' "amministratore infedele": in realtà, anche questa parabola, come tutte, parla di Gesù e della sua presenza nel mondo. "Un uomo era ricco e aveva un amministratore e questo fu denunciato a lui come dissipatore dei suoi beni…": non è certamente di facile spiegazione questa parabola che termina con l'elogio dell'amministratore denunciato come "dissipatore dei beni". Il suo significato si chiarisce se ricordiamo che, secondo l'uso comune nel mondo mediterraneo orientale, l'amministratore si pagava da sé aumentando quanto era dovuto al proprietario. L'accusa rivolta all' amministratore è di trattenere troppo per se impedendo il progresso degli affari del proprietario.
Dopo che il proprietario gli ha chiesto ragione della sua azione, l'amministratore riflette e decide di diminuire a ciascuno i suoi debiti, riducendo il proprio compenso e rinunciando al suo supposto arricchimento. Per questo comportamento viene elogiato e viene di nuovo accolto come amministratore: per la sua accortezza nel riflettere e la sua abilità nell'uso dei beni questo amministratore diventa un esempio per i discepoli di Gesù. La parabola, in linea con i capitoli precedenti, presenta ancora il progetto di Dio sull'umanità: una comunità che gode dei beni del Signore: Gesù vuole mostrare che questa non è una utopia irrealizzabile di cui ridere con compatimento. Nella sua vita egli ha mostrato di essere l'amministratore che sa riflettere concretamente sulla realtà, che sa che i beni gli sono affidati per il bene di tutti, sa non mettere il proprio tornaconto al centro di tutto, sperimentando che la logica della condivisione è l'unica che assicura il vero bene per tutti. Ma solo chi fa l'esperienza dell'amore del Padre, ha il cuore, la mente e le braccia del Figlio per gustare con i fratelli la gioia della condivisione dei suoi doni. 

Testo di mons. Gianfranco Poma 


E' una parabola che provoca in noi una certa meraviglia perche' si parla di un amministratore disonesto che viene lodato: a ben vedere il Signore ci riserva un serio e quanto mai salutare insegnamento.
Come sempre Egli trae spunto da fatti di cronaca quotidiana: narra di un amministratore che sta sul punto di essere licenziato per disonesta gestione degli affari del suo padrone e, per assicurarsi il futuro, cerca con furbizia di accordarsi con i debitori.
E' certamente un disonesto, ma astuto: il Vangelo non ce lo presenta come modello da seguire nella sua disonesta', ma come esempio da imitare per la sua previdente scaltrezza. La breve parabola si conclude infatti con queste parole: 'Il padrone lodo' quell'amministratore disonesto perche' aveva agito con scaltrezza'".
Alla parabola del fattore infedele - ha risposto - l'evangelista fa seguire una breve serie di detti e di ammonimenti circa il rapporto che dobbiamo avere con il denaro e i beni di questa terra. Sono piccole frasi che invitano ad una scelta che presuppone una decisione radicale, una costante tensione interiore. La vita e' in verita' sempre una scelta: tra onesta' e disonesta', tra fedelta' e infedelta', tra egoismo e altruismo, tra bene e male".

Testo di papa Benedetto XVI
 

Nesso tra le letture

Nel fondo dei testi liturgici si pone la domanda su dove si trovi la vera ricchezza. Non può coincidere con l'ambizione e l'avidità, a discapito dei più poveri e bisognosi, ci risponde la prima lettura. E non risiede neppure nell'abilità di farsi "amici" con le ricchezze di altri. La vera ricchezza è la ricchezza della fede, che possiedono i figli della luce (vangelo). Questa maniera di vedere le cose non è naturale, ma la raggiungiamo solo nell'ambito della preghiera (seconda lettura).

Che cosa succede ai figli della luce? L'espressione "figli della luce" sembra riferirsi ai primi cristiani, che erano stati illuminati da Cristo risorto e glorioso mediante il battesimo. A codesta espressione si contrappone quella di "figli di questo mondo", con cui si vogliono indicare tutti coloro la cui vita è retta da una mentalità mondana, "economica" più che religiosa. La sentenza evangelica impressiona fortemente e ci fa venire perfino la pelle d'oca: "I figli di questo mondo sono più sagaci, più abili con la propria gente che non i figli della luce". Perché questo fenomeno che non è unicamente di uno ieri lontano, ma che ha sembianze di essere di una tremenda attualità? Che cosa è ciò che accade ai figli della luce? I figli di questo mondo sanno fare un uso straordinario delle proprie abilità e della loro ambizione per manipolare ingiustamente le bilance e per ingannare manifestamente i poveri, perfino per ridurre altri uomini alla schiavitù per mancanza di solvenza economica (prima lettura). I figli di questo mondo, in circostanze avverse, mettono immediatamente in gioco tutte le loro capacità per uscire dalla situazione in forma vantaggiosa (vangelo). Ai figli della luce Gesù rimprovera di non avere la sana ambizione di ricorrere a tutti i mezzi leciti per diffondere la luce della fede; di non mettere tutte le loro capacità per inventare dei modi di vincere le avversità, di superare gli ostacoli, e soprattutto di portare la luce a molti altri uomini. Il Dio di Gesù Cristo e il "dio denaro" non possono dividersi il dominio. Il Dio di Gesù Cristo ha tutto il diritto di prevalere sul "dio denaro", che alla fine non è altro che un idolo. La missione di far prevalere il vero Dio, il Supremo Bene e Ricchezza dell'uomo, sull'idolo della ricchezza, è propria dei figli della luce. Se nella società l'idolo del denaro e del consumismo ha sempre più adoratori, non dobbiamo forse domandarci che cosa sta succedendo ai figli della luce?

La preghiera, luogo della vera autocomprensione. La luce e la forza per lavorare per la vera Ricchezza dell'uomo viene al cristiano dalla preghiera. Il cristiano prega per tutti, per i re e per coloro che detengono il potere. Il fatto stesso di pregare per tutti è subordinarli al potere del Dio vivo, alla Ricchezza che non si distrugge né si esaurisce. Nella preghiera, comprendiamo che Dio giudicherà la prepotenza del ricco, i cui abusi gridano giustizia al Dio del cielo (prima lettura). Nella preghiera è più facile intendere che la ricchezza dell'uomo consiste nella ricchezza della sua fede. È effettivamente nel forno della preghiera dove si cuoce quotidianamente il pane della fede e della solidarietà fraterna. L'orante che alza al cielo mani pure, senza ira e senza rivalità, scopre la ricchezza della salvezza e della grazia, che Gesù Cristo Mediatore ci regala, e relativizza con maggior facilità qualsiasi altra ricchezza di questo mondo. È illuminato per comprendere che tutti i beni terreni vengono da Dio, che l'uomo ne è unicamente l'amministratore, e che deve amministrarli bene. Potrà forse l'uomo orante truffare Dio, datore di ogni ricchezza, mostrarsi prepotente con coloro che mancano di beni e di ricchezze? Alla scuola della preghiera giungiamo a renderci conto che le ricchezze e i beni mondani sono solo un mezzo per poter servire meglio gli altri; un mezzo perché, quando lasceremo l'amministrazione di questo mondo e ci presenteremo davanti al giudizio di Dio, siamo bene accolti nelle dimore eterne.

La seduzione del Dio denaro. In una società, in gran parte consumista e materialista, com'è la nostra, il Dio denaro tenta di abbagliare perfino i cristiani migliori. Se andiamo al fondo delle cose, non è forse il culto verso il Dio denaro la causa principale della persistenza della produzione della droga? Non è il culto verso il dollaro il movente più determinante della produzione e vendita di armamenti a paesi che dovrebbero utilizzare codesti fondi per la creazione di infrastrutture, e per lo sviluppo sociale e culturale della popolazione? Non è forse il Dio denaro l'incentivo più potente di alcune delle guerre etniche in vari paesi dell'Africa? E come spiegare la corruzione, in non pochi governanti, se non perché hanno innalzato un altare a questo Dio insaziabile? Il denaro seduce, acceca, provoca divisioni fratricide, risveglia istinti di ambizione, fa soccombere finanche i principi più sacrosanti e nobili, indurisce il cuore, disumanizza e perfino ci fa dimenticare di Dio. Come credenti, dobbiamo avere davanti ai nostri occhi questa realtà e questa tentazione, non facile da vincere. Con spirito vigilante e con l'assiduità nella preghiera, dobbiamo esercitarci nel relativizzare il denaro, nel porlo nel luogo che gli spetta nei piani di Dio, nel servircene come mezzo per vivere degnamente, per fare il bene ai bisognosi, per metterlo al servizio della fede e del Regno di Cristo. Non abbiamo paura di questa seduzione! Affrontiamola a viso aperto. Viviamo la nostra vita quotidiana cercando di valutare sempre più la ricchezza della fede, la Ricchezza di Dio. Perché non contrastiamo la seduzione del denaro con la seduzione di Dio? O forse Dio è soltanto un oggetto di fede, che non ci seduce più? Il Dio vivo e personale è il migliore antidoto contro tutti gli idoli che possono bussare alla porta del nostro cuore.

Preghiera per i ricchi. La fede è una ricchezza che Dio concede a tutti. La Chiesa è una comunità credente, in cui c'è spazio per tutti. È vero che nella Chiesa c'è una opzione preferenziale per i poveri, ed è più che giustificata. Ma la Chiesa è di tutti e per tutti.
Per questo vi invito a fare una preghiera per i ricchi.

Dio onnipotente ed eterno, guarda ai tuoi figli ricchi con cuore di Padre,
infondi in loro uno spirito filiale verso di te
e un cuore fraterno verso tutti gli uomini,
specialmente verso i più bisognosi di aiuto.
Dio e Signore dell'universo,
che hai destinato i beni del mondo per beneficio di tutti,
concedi a coloro che abbondano in ricchezze
la grazia di servirsene
con un cuore libero e generoso.
Signore Gesù Cristo, che essendo ricco ti sei fatto povero,
per arricchirci con la tua povertà,
sii per tutti i ricchi di questo mondo
un modello di libertà e di preferenza per i beni che non periscono.
Spirito santificatore, illumina i magnati della finanza
con la luce della fede indefettibile, della infaticabile carità
e della speranza che non delude,
affinché le loro decisioni in favore degli individui e dei popoli
siano guidate sempre dalla giustizia e dalla solidarietà. Amen. 

Testo di Totustuus
 

Liturgia della XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 19 settembre 2010

Liturgia della Parola della XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 19 settembre 2010