...così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio
News del 31/07/2010 Torna all'elenco delle news
In queste domeniche, che man mano hanno visto non pochi di noi uscire dalle città per le vacanze, il Vangelo di Luca, settimanalmente, ci ha come coinvolti dentro un altro viaggio, quello di Gesù. Con lui abbiamo attraversato città e villaggi.
Viene quindi il momento nel quale Gesù confida ai suoi amici che sarà messo a morte, ma risorgerà. E' l'orizzonte finale presente già all'inizio del suo cammino verso Gerusalemme. Un orizzonte segnato dal dramma: ma Gesù non fugge. Sentiamo anzi l'evangelista dire che "si diresse decisamente" verso la città santa. E' il cammino indicato ad ogni discepolo: un cammino di pace, ma anche di lotta; una strada ove sconfiggere la solitudine, ove soccorrere chi è lasciato mezzo morto lungo la strada, ove fermarsi come Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro, ai piedi di Gesù. Ma egli ci rende partecipi della sua figliolanza al punto da sconvolgere la tradizione di pietà ebraica e ci fa' chiamare Dio con il nome di Padre.
E' bene ripercorrere, seppure con brevissimi cenni, i brani evangelici proposti in queste ultime domeniche: fare memoria significa voler bene e comprendere la saggezza che c'è nel seguire Gesù.
Il Vangelo di questa diciottesima domenica ci fa piombare dentro uno dei nodi della vita quotidiana. Si apre con la domanda di due fratelli che chiedono a Gesù di intervenire per una questione di eredità. In effetti quanti parenti, di fronte ai testamenti, si guardano con ostilità, pronti a prevaricare l'uno sull'altro per accaparrarsi la parte migliore! Gesù rifiuta di intervenire a questo livello. Egli non è maestro di spartizioni. Egli interviene sui cuori non sull'eredità. Per quei due fratelli il vero problema non è nelle cose, ma nei loro cuori pieni di cupidigia. Gesù, rivolgendosi a tutti, dice: "guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni". Come dire che la tranquillità non dipende dai beni, anche se consistenti. Gesù non vuole disprezzare i beni della terra; sa bene quanto sono utili. Ma chi poggia la ricerca della felicità solo su di essi, sbaglia di grosso; investe falsamente.
La parabola che segue ne è l'illustrazione. Il protagonista è un ricco proprietario al quale gli affari sono andati benissimo. Deve persino costruire altri fabbricati per mettervi l'ingente raccolto. Il problema non è nella produzione della ricchezza, ovviamente, ma nel comportamento del proprietario. Per lui l'accumulo dei beni per sé – e al massimo per la sua famiglia - equivale alla tranquillità e alla felicità.
Ma c'è una stoltezza nei suoi calcoli; ha fatto tutti i conti, ma ha omesso quello più importante, la scelta dell'ora della morte. Ha pensato ai suoi giorni, ma non all'ultimo. E tutti sappiamo bene che con la morte non ci porteremo nulla dietro, se non l'amore e il bene che abbiamo fatto.
Dice l'apostolo Paolo, nella Lettera ai Colossesi: "pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra".
Le cose di lassù non sono quelle astratte, sono l'amore e le opere buone che facciamo su questa terra. Queste sono le vere ricchezze che non saranno né consumate né toccate. I beni della terra possono essere utili per il cielo se sono sottomessi all'amore e alla compassione. Se i nostri beni sono messi a disposizione dei poveri e dei deboli, essi diventeranno ricchezza vera per il cielo. Si potrebbe dire che dare i beni ai poveri significa metterli in banca al massimo interesse.
Chi accumula non solo per sé, arricchisce davanti a Dio, dice Gesù. Nel nostro mondo, ove accumulare per sé sembra divenuta l'unica vera regola di vita, questo Vangelo suona di scandalo. In verità è la via più saggia per superare divisioni e scontri, e per costruire una vita più solidale e più felice.
testo di mons. Vincenzo Paglia
tratto da www.lachiesa.it