Signore, insegnaci a pregare!

News del 23/07/2010 Torna all'elenco delle news

Il vangelo della XVII Domenica del Tempo Ordinario comincia con queste parole: "Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". Ed egli disse loro: Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno".

Cosa diventava il volto e tutta la persona di Gesù quando era immerso in preghiera, lo possiamo immaginare dal fatto che i discepoli, solo vedendolo pregare si innamorano della preghiera e chiedono al Maestro di insegnare anche a loro a pregare. E Gesù li accontenta, come abbiamo sentito, insegnando loro la preghiera del Padre nostro.

Anche questa volta vogliamo riflettere sul vangelo ispirandoci al libro di papa Benedetto su Gesù. "Senza il radicamento in Dio, scrive il papa, la persona di Gesù rimane fuggevole, irreale e inspiegabile. Questo è il punto di appoggio su cui si basa questo mio libro: esso considera Gesù a partire dalla sua comunione con il Padre. Questo è il vero centro della sua personalità".

I vangeli giustificano ampiamente queste affermazioni. Nessuno può contestare dunque storicamente che il Gesù dei vangeli vive e opera in continuo riferimento al Padre celeste, che prega e insegna a pregare, che fonda tutto sulla fede in Dio. Se si elimina questa dimensione dal Gesù dei vangeli non resta di lui assolutamente niente.

Testo di padre Raniero Cantalamessa (ridotto)


Insegnaci a pregare!

I discepoli non erano certo degli sprovveduti nell'esperienza della preghiera, eppure sentono il bisogno di chiedere a Gesù: "insegnaci a pregare". Sono convinto che i dodici erano profondamente colpiti dall'intensità della preghiera del Rabbì. Mi immagino i loro sguardi affascinati mentre il Maestro saliva sul monte a pregare. I dodici l'avevano intuito: da quel rapporto unico e speciale con il Padre è scaturita quell'unica preghiera insegnata dal Rabbì, che oggi la liturgia ci offre nella versione lucana.

Prima di tutto bisogna dire che il personaggio centrale non è l'amico che bussa, ma quello che si alza. Il centro della parabola non è un invito all'insistenza, ma la certezza di essere ascoltati. La perseveranza, secondo il Vangelo, non è frutto di ascesi mistica o di forza di volontà, ma della certezza che il Padre ci ascolta e ci accoglie.
Ecco un atteggiamento fondamentale dello "stile" della preghiera insegnato da Gesù: pregare è stare davanti ad un Padre, ad un interlocutore amorevole, attento, disponibile. La preghiera del discepolo ha bisogno di perseveranza, di quotidianità. Le grandi abbuffate in occasioni speciali (prima degli esami, per un appuntamento importante…) servono a poco. O forse a niente.
Gesù invita alla perseveranza, a dedicare ogni giorno un tempo all'incontro con Lui e con la Sua Parola, con la certezza di essere ascoltati. Sempre.

Testo di don Roberto Seregni


Pregare: incontrare il volto del Padre

Incontriamo un tema molto importante per la nostra vita in questa domenica: il tema della preghiera. La preghiera di Abramo, nella prima lettura, una preghiera che potremmo definire così: una intercessione coraggiosa e sfrontata. E' lo stesso Abramo a riconoscere questa sfrontatezza: Vedi come ardisco parlare al mio Signore. Una delle caratteristiche della preghiera è proprio il coraggio sembra dire il grande padre Abramo... la sua infatti è una preghiera che non viene fatta per dei giusti, ma per una città di delinquenti ed idolatri, con i quali Abramo non condivide praticamente nulla. Domenica scorsa lo abbiamo visto accogliere ospiti senza sapere chi fossero, ora prega per persone di cui sa per certo soltanto una cosa: non sono dei giusti. Fa leva sui giusti della città, è vero, ma intanto chiede che tutti possano vivere.

E Gesù? Cosa mi insegna Gesù sulla preghiera? La prima cosa che mi sembra di capire è che ogni volta che definisco il Padre Nostro come una formula, sbaglio. Intanto perché le versioni sono due (Luca e Matteo) e diverse tra loro e poi perché, e qui c'è una ragione più teologica, la preghiera passa attraverso la persona di Gesù e il suo rapporto con il Padre. I discepoli vedono Gesù che prega e allora chiedono anche loro di poter entrare in quel tipo di comunione, in quel tipo di intimità. Il desiderio di imparare a pregare non nasce perché i discepoli hanno ascoltato una formula, ma perché hanno visto Gesù che pregava. La preghiera non è una teoria, ma una pratica: si impara a pregare pregando...si impara a pregare mettendosi alla scuola di Gesù. (Don Daniele Simonazzi).
E' bello questo, perché non lo sento un discorso elitario... sento che la preghiera non è una cosa da fare per la quale è necessaria chissà quale specializzazione ma è stare davanti a Dio come un figlio sta davanti a suo padre. Stai davanti a Dio come ci stava Gesù, con un atteggiamento di fiducia, di abbandono, di obbedienza, chiamandolo papà perché lui lo chiamava così.
Ecco la grande novità che ha da dirci Gesù sulla preghiera: puoi dare un volto a Dio... è il volto dell'abbà...più avanti racconta una parabola nella quale ci dice che il volto di Dio è il volto dell'amico, quello alla cui porta puoi bussare anche di notte, quando la porta è chiusa e tutti dormono nell'unica stanza della casa.
Insegnaci a pregare chiedono i discepoli, ed è bello che Gesù in un certo modo dica loro: imparate a tornare bambini, fatevi piccoli per poter dire con tutta lo confidenza possibile anche voi: abbà! Balbettate (come fanno i bambini quando vogliono attirare l'attenzione del loro papà) quella parola rivolti a Dio... per incontrare Dio non c'è bisogno di formule molto elaborate; è Gesù stesso a suggerirci la semplicità. Una cosa sembra necessaria però: farsi piccoli, farsi bambini. Il Dio Altissimo, Onnipotente, infinitamente Grande, Signore del cielo e della terra può essere invocato con un diminutivo familiare ed infantile... allora per pregare non si tratta di inventare formule ben costruite intessute di chissà quali paroloni... per pregare è necessario ritrovare lo spirito d'infanzia.

Torniamo per un attimo al volto del Padre provando a prendere il vangelo di Luca per leggervi in quali altri momenti Gesù chiama Dio in questo modo così confidenziale: al cap. 22: Padre, se puoi allontana da me questo calice...; al cap. 23,34: Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno...; al cap. 23,45: Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito... La preghiera in Gesù è diventata vita e la vita per Gesù altro non è che incontrare il Padre... Gesù incontra il Padre quando insegna ai discepoli a pregare, ma lo incontra anche nel momento della sofferenza, nel momento dell'angoscia, nel momento della morte (d. Daniele Simonazzi)... nel momento in cui solitamente neghiamo la presenza e la paternità di Dio (la sofferenza dell'innocente, la morte dell'innocente), ecco che Gesù incontra il Padre.

C'è anche uno spazio importante che riguarda noi e il nostro volto... è una riflessione che traggo da un ascolto di una scuola di preghiera tenuta da mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza... chiedendo a Gesù di insegnarci a pregare, come discepoli chiediamo di entrare anche noi in questo dialogo cosi misterioso, intimo... chiediamo, in buona sostanza di presentarci davanti a Dio con il volto di Gesù, con il volto del figlio. Gesù ci concede tutto questo invitandoci a dire: Padre. Poter usare questa parola significa essere partecipi dell'esperienza di Cristo. La preghiera non è una semplice attività che l'uomo possa compiere accanto ad altre... nella preghiera l'uomo diventa se stesso nel modo più autentico, si trova senza maschere, esprime il nucleo più intimo della sua persona. Per il cristiano, questo nucleo più intimo è il suo essere figlio. 

Testo di don Maurizio Prandi 
  

Nesso tra le letture

I testi liturgici di questa domenica ci insegnano diversi modi di pregare. Abramo appare nella prima lettura come modello di preghiera e di intercessione per gli abitanti di Sodoma. Nel vangelo Gesù Cristo ci insegna con il Padrenostro due modi di pregare: la preghiera di desiderio, nella prima parte, e la preghiera di supplica nella seconda. Il testo della lettera ai colossesi non tratta direttamente della preghiera, ma potremmo dire che offre il fondamento di ogni orazione cristiana, soprattutto di quella liturgica, che è il mistero della morte e resurrezione di Gesù Cristo. O forse si potrebbe parlare della preghiera che si fa vita, dono di sé per amore.

La preghiera di intercessione. Intercedere è unirsi a Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, e partecipare in qualche modo alla sua mediazione salvifica. Nell'intercessione, in effetti, l'orante non cerca il proprio interesse, ma quello degli altri; intercede perfino per coloro che gli fanno del male. Normalmente si intercede per qualcuno che è in necessità, in pericolo o in difficoltà. Così fa Abramo di fronte alla situazione di Sodoma e Gomorra, sul punto di essere distrutte per la loro malvagità. Quella di Abramo è un'intercessione piena di coraggio e di audacia verso Dio, ma allo stesso tempo di grandissima umiltà. "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere? Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?". La preghiera di intercessione compiace Dio, perché è quella propria di un cuore conforme alla misericordia dello stesso Dio. Però l'efficacia divina, ottenuta dall'intercessore, può trovare accoglienza o rifiuto nella persona per cui si intercede. Davanti all'intercessione di Abramo, Dio intercede e salva Lot e le sue figlie, ma Sodoma e Gomorra sono rase al suolo dal fuoco.

L'orazione di desiderio. Ciò che è proprio dell'amore è pensare innanzitutto a Colui che amiamo. Per questo, nel Padrenostro che Gesù Cristo ci ha insegnato, il cuore del credente eleva fino a Dio il desiderio ardente, l'ansia del figlio per la gloria del Padre, seguendo le orme di Gesù. Che cosa è ciò che il cristiano può desiderare di più in questo mondo? Il vangelo ci risponde: Che sia santificato il nome di Dio, che venga il suo Regno. Il cristiano desidera ardentemente che Dio sia riconosciuto come santo, come totalmente differente dal mondo, come il totalmente Altro, come il Trascendente che sostiene la nostra libertà e incoraggia la nostra fame di trascendenza. Il cristiano anela fortemente a che si stabilisca il regno e la sovranità di Dio sulla terra, il regno del Messia che apre le porte a tutti i popoli e a tutte le nazioni. Sono questi tutti i desideri dei cristiani? Ne sono un compendio; pertanto, tutti gli altri buoni desideri cristiani, perché siano tali, dovranno dire relazione ad uno di questi due. Un'orazione di desiderio, al margine di Dio e del suo regno, non può essere cristiana.

L'orazione di supplica o petizione. Nella seconda parte del Padrenostro, supplichiamo Dio per le necessità fondamentali dell'esistenza umana. Supplichiamo non individualmente, ma comunitariamente. È la chiesa che è in me e con me quella che chiede a Dio il pane quotidiano, il perdono dei peccati, la forza davanti alla tentazione per tutti cristiani, per tutti gli uomini. Sono petizioni che si fanno a Dio come Padre, e per questo con totale fiducia e sicurezza di essere ascoltati; ma sono anche petizioni audaci, perché chiediamo cose niente affatto facili, soprattutto se teniamo conto del mistero della libertà di Dio e della libertà dell'uomo. Sono petizioni che "riguardano la nostra vita per nutrirla e guarirla dal peccato, e si ricollegano al nostro combattimento per la vittoria del Bene sul Male" (CCC 2857).

La preghiera della vita donata per amore. La nostra preghiera è paradossalmente anche una risposta, ci dice molto bene il catechismo. Una risposta al lamento del Dio vivo: "Essi hanno abbandonato me, sorgente d'acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate; risposta di fede alla promessa gratuita della salvezza, risposta d'amore alla sete del Figlio unigenito" (CCC 2561). È la preghiera della vita, delle opere della fede e dell'amore, opere quotidiane unite misteriosamente al grande orante con la vita, che è Gesù Cristo. In noi, data la nostra miseria, debolezza e limitazione umane, non poche volte la preghiera va da una parte e la vita dall'altra. In Gesù la preghiera è vita e la vita è preghiera. Ecco come poté cancellare il debito che gravava su di noi e inchiodarlo alla croce, perdonandoci tutti i nostri peccati. Gesù Cristo ha pregato ed è morto per i nostri peccati, e, con la sua preghiera e morte, ci ha ottenuto la vita.

Dimmi come preghi e ti dirò chi sei. Ci sono quelli che pensano che il valore dell'uomo e la sua identità si misurino dal suo conto in banca, dal suo rango sociale, dal suo potere sugli altri, dal suo sapere, dalla sua fama, ecc... Piuttosto si dovrà dire che l'uomo è ciò che prega, vale ciò che prega. Preghi? Preghi veramente, con tutta l'anima? Preghi molto, spesso? Preghi con orazione di desiderio, cercando sinceramente Dio nella tua preghiera? Preghi disinteressatamente, per coloro che hanno necessità di Dio, della sua misericordia e del suo amore? Preghi con fiducia, con abbandono al potere e alla sapienza de Dio che conosce ciò che è meglio per gli uomini? Preghi con un cuore ecclesiale, aperto a tutti? Preghi, come Gesù Cristo, con la tua vita fatta oblazione per la salvezza degli uomini? Se preghi, e preghi così, sei cristiano autentico. Se non preghi, o se la tua preghiera è priva di queste qualità, il tuo documento di identità cristiana è molto malconcio e sfigurato. Per tutto ciò, conviene ricordare che la famiglia, la scuola, la parrocchia debbono essere anche e - perché no?- principalmente, scuole di preghiera. Non ci succede, forse, che insegniamo molte cose ai bambini, e ci dimentichiamo di insegnare loro a pregare?

Il "piacere" di pregare. La preghiera indubbiamente non deve essere un capriccio, qualcosa che dipende dall'averne voglia o no. Ma evidentemente non deve neppure essere un tormento, qualcosa che faccio malvolentieri, perché c'è una legge della Chiesa o un'abitudine di famiglia. Pregare deve essere qualcosa che mi piaccia, come ci piacciono le cose buone. Ci piace parlare con gli amici, c'è un amico migliore di Dio? Ci piace imparare delle cose, c'è migliore maestro che non lo stesso Dio? Ci piace sentirci amati e benvoluti, c'è qualcuno che ci ami e ci voglia bene più di Dio Nostro Signore? Questo piacere, siccome molte volte non è sensibile, ci risulta un poco più difficile. Siccome è un piacere spirituale, è un piacere che solo lo Spirito Santo ci può regalare. Pertanto, più che sforzarsi di gustare la preghiera, dovremo sforzarci di chiedere allo Spirito il gusto di pregare. Egli, che conosce l'intimo di ogni uomo, è colui che infonde nell'interiorità di ciascuno questo gusto per la preghiera. Ti "piace" la preghiera nel recinto segreto del tuo cuore, da solo con Dio? Ti "piace" la preghiera comunitaria, per esempio, il rosario in famiglia o in Chiesa, e, soprattutto, la santa messa, preghiera suprema della Chiesa al Padre per mezzo di Gesù Cristo? Se ancora non ce l'hai, scopri il piacere della preghiera, e chiedi al Signore che lo conceda a tutti noi cristiani. Il piacere di pregare è una ricchezza per ogni cristiano e per tutta la Chiesa. 

Testo di Totustuus 
 

Liturgia della XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 25 luglio 2010

Liturgia della Parola della XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

tratti da www.lachiesa.it