"Ecco, io vi mando": ognuno di noi è uno dei 72!

News del 03/07/2010 Torna all'elenco delle news

I cristiani, ascoltando oggi il brano di Isaia (66,10-14: I lettura) riconoscono che l'annuncio splendido rivolto a Gerusalemme li riguarda direttamente.
E' la Chiesa questa città raffigurata come una madre che accoglie con esultanza i suoi figli, prima dispersi, e li nutre. In che modo? Con la Parola e i Sacramenti, attraverso i quali essi "succhiano con delizia all'abbondanza del suo seno". E bevono al "fiume", al "torrente in piena" che è lo Spirito Santo. Come bambini evangelici, cioè veri figli, fanno l'esperienza dell'amore...materno di Dio. "I suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati": da Lui, si intende. E ancora: "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò" (cfr. Mt 5,4). Felicità inaudita e sovrabbondanza di vita che si rinnova senza tregua: "Gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come erba fresca". Non si finirebbe di riascoltare questa promessa. Pare incredibile, ma è rivolta a noi. Sembra uno scenario da sogno. Eppure è la realtà che attendiamo nella sua pienezza beatificante, mentre già la viviamo, sebbene imperfettamente, dentro la Chiesa. Esperienza che secondo Paolo (Gal 6,14-18: II lettura) consiste nell' "essere nuova creatura" e nel gustare quei doni superlativi di Dio che sono la "pace e la misericordia".
Il vangelo odierno ci ricorda che tale realtà siamo chiamati a condividerla con altri, ad annunziarla ad altri: la realtà del "Regno di Dio" che si fa presente in Gesù. Gesù ha già inviato in missione il gruppo dei Dodici (Lc 9,1-6). Ora manda "altri settantadue discepoli". E' una missione temporanea, che prepara e annuncia quella definitiva che essi riceveranno da Gesù risorto (Lc 24, 45-49; At. 1,8). Il numero 72 si richiama al numero dei popoli che abitano la terra secondo Gn. 10 (nel testo ebraico: 70; nella versione greca:72). Il numero 72 esprime quindi simbolicamente il fatto che il Vangelo di Gesù è destinato a tutti i popoli. A ogni uomo della terra i discepoli di Gesù devono annunciare il loro Signore e Salvatore. Non solo, ma a tutti i discepoli, nessuno escluso, Gesù affida il suo Vangelo. Ogni battezzato è "mandato", è un missionario. In questo senso la missione è universale: è affidata a tutti i discepoli, è destinata a tutti gli uomini.
La missione non è un'attività periferica, marginale; un'occupazione riservata ad alcuni volenterosi; un hobby per chi non saprebbe come impiegare meglio il suo tempo...Ma definisce la realtà e l'identità stessa della Chiesa. La Chiesa esiste e opera solo per evangelizzare e nella misura in cui evangelizza.
Che cosa annunciare? "Dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio". Cioè Dio stesso è qui, vi cerca, vuole unirvi a Lui per farvi felici. Annunciate questo avvenimento. Ciò è possibile se siamo testimoni, cioè persone nella cui vita è arrivato il Vangelo, la buona notizia che Gesù è risorto: è Lui il Regno; in Lui Dio si fa presente, si rivela e si dona. La buona notizia che Dio è Amore, è Padre che cerca ostinatamente i suoi figli, anche quelli che non ne vogliono sapere o non sanno neppure di avere un Padre che li ama e non può fare a meno di loro come essi di Lui.
La notizia strabiliante che il destino ultimo dell'uomo, di ogni uomo, è la vita e non la morte, è la felicità e non la disperazione, è la comunione e non la solitudine e l'incomunicabilità.
Chi ha incontrato il Regno di Dio in Gesù, chi ha ricevuto la Buona Notizia, non può non desiderare e impegnarsi perché ogni uomo della terra diventi partecipe della sua stessa scoperta, della sua stessa gioia. Se non succede, non sarà un indizio inquietante che il Vangelo mi ha soltanto sfiorato, ma non riesce ancora a invadere e a unificare la mia vita? Si tratta allora, in primo luogo, di lasciarci evangelizzare noi stessi nuovamente e continuamente (cfr.NMI 40).
Se l'oggetto dell'evangelizzazione è la persona di Gesù, in che modo e con quali gesti si compie l'annuncio?
- "...Pregate il padrone della messe...". L'iniziativa rimane di Dio. È sua l'opera di evangelizzazione. Il dialogo della preghiera è invocazione rivolta a Lui perché susciti e sostenga gli operai del Vangelo, perché renda efficace la loro parola e tocchi il cuore di chi ascolta. Quando non è possibile parlare di Gesù alla gente, e comunque sempre prima di parlare, è decisivo parlare con Gesù della gente, affidandogli i destinatari della nostra parola.
- "...Non portate borsa né bisaccia...". Gesù indica lo stile di sobrietà, di povertà, di semplicità, di essenzialità, che deve caretterizzare gli inviati. Essi testimoniano, così, che l'unico tesoro a cui è legato il loro cuore è il Signore che annunziano. Quando il Vangelo trasforma la vita di chi lo annunzia, tale testimonianza è senza dubbio l'annuncio più efficace.
- "...Curate i malati...": la solidarietà e l'attenzione concreta a chi soffre. Solo l'amore è credibile e rende feconda la missione.
- "...Li inviò a due a due...": in compagnia, perché si sostengano a vicenda; perché la testimonianza comune sia più valida e incisiva; perché, vivendo l'amore reciproco e realizzando così la comunione, consentano a Gesù di essere presente tra loro e con loro (cfr Mt 18,20). E' la Chiesa-comunione che evangelizza e non il singolo. Anche quando fossi solo a testimoniare Gesù e a parlare di Lui, io coinvolgo sempre la comunità cristiana, di cui faccio parte, e ciò nella misura in cui sono inserito in essa e vivo la "comunione". L'evangelizzatore è Gesù. L'essenziale è che dove arriviamo noi arrivi anche Lui. Attraverso la nostra persona, la nostra vita, la nostra relazione fraterna, la nostra parola, è Gesù risorto che raggiunge e conquista fette sempre più grandi di umanità.
- Gli inviati di Gesù sono animati da un'umile ma sicura consapevolezza: è Lui che li manda, sia pure in condizioni di grave precarietà ("come agnelli in mezzo a lupi"). Il servizio di annuncio e di testimonianza che svolgono, se per loro è compito e urgenza a cui non possono sottrarsi, per i destinatari è appello che li coinvolge direttamente e che non possono rifiutare senza caricarsi di una grave responsabilità davanti a Dio. E' il senso del gesto di scuotere la polvere dai piedi che i "missionari" sono invitati a compiere, quando non vengono accolti. La consapevolezza che attraverso la loro opera il Regno di Dio avanza vincendo il potere di satana: "Io vedevo satana cadere dal cielo...". Questi successi – che i discepoli, tornati dalla missione, raccontano al Signore – li colmano di gioia. E' naturale che sia così. Gesù, però, li invita a scoprire altrove la vera gioia: "i vostri nomi sono scritti nei cieli", cioè appartenete ormai a Gesù e con Lui siete nel cuore di Dio. Qui sta il fondamento stabile della loro pace e felicità.
Gli aspetti della missione messi in luce in questo brano di Vangelo ci sono familiari? Ne siamo consapevoli? In che misura li realizziamo?

"Il cristiano è un uomo a cui Dio affida tutti gli uomini" (s. Giovanni Crisostomo).

Penso mai, in qualunque ambiente mi trovo, che quelle persone (familiari, colleghi, compagni etc.) sono fortunate per il fatto che, a contatto con un cristiano, possono ricevere il dono più grande che è il Vangelo? Come donarlo? Sono due i cardini dell'evangelizzazione: essere e parlare.
Essere, vivere: "Gridare il Vangelo con la vita" (Charles de Foucauld). Se cioè coltivo una relazione profonda con Dio e con i fratelli, questa vita si irradia, risplende. Così, nel nostro agire la gente potrebbe sentire la pulsazione del cuore di Dio.
Parlare. Quante occasioni una giornata ci offre per comunicare a chi ci è vicino il pensiero di Gesù, facendogli dono, soprattutto, della nostra esperienza personale.
"Andate e incendiate tutto!" (s. Ignazio di Lojola). Ma "chi non arde non incendia" ( s. Agostino). La missione è sempre il traboccare del Vangelo sugli altri, nella misura in cui riempie e trasforma la nostra vita. E' pur vero però che la condizione per continuare ad ardere è "incendiare": "La fede si rafforza donandola" (GPII).

Proverò a sentirmi uno dei settantadue discepoli: "Ecco io vi mando". Me lo lascerò ripetere: "Io mando te!". E ogni volta questa parola mi scuoterà.
"Coraggio giovani! Cristo vi chiama e il mondo vi attende...Non abbiate paura di assumere le vostre responsabilità: la Chiesa ha bisogno di voi...il Papa ha bisogno di voi e, all'inizio di questo nuovo millennio, vi chiede di portare il Vangelo sulle strade del mondo" (GPII). 
 
Testo di mons. Ilvo Corniglia